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GUERRA DI GRECIA - 3

DOCUMENTI DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

 

LETTERA DI HITLER A MUSSOLINI

 

Vienna, 20 novembre 1940.

 

Duce,

Permettetemi di cominciare questa lettera con l'assicurarvi che il mio cuore ed i miei pensieri si sono soffermati in questi ultimi giorni presso di voi più che mai. Prendete poi cognizione di questo, Duce, che io sono disposto a fare tutto quello che nella situazione attuale può esservi di sgravio.

 

Quando io vi pregai di ricevermi a Firenze iniziai il viaggio colla speranza di potervi esporre i miei pensieri prima che avesse inizio la minacciosa controversia colla Grecia di cui avevo sentore solo in generale.

 

Volevo anzitutto pregarvi di procrastinare un poco l'azione pos­sibilmente a stagione più propizia, in ogni caso però fin dopo l'elezione del presidente americano. Ad ogni modo volevo pregarvi, Duce, di non intraprendere questa azione senza prima occupare in modo fulmineo Creta. Volevo a tale scopo portarvi proposte pra­tiche circa l'impiego di una divisione di paracadutisti e di un'altra divisione di fanteria aerea da sbarco.

 

Lo stato delle cose così creatosi ha conseguenze psicologiche e militari gravissime a proposito delle quali è importante far luce completa.

 

Riporto le singole circostanze perché da esse si possono dedurre a parer mio le contromisure che sono assolutamente necessarie.

 

A) Conseguenze psicologiche. - Le conseguenze psicologiche della situazione sono spiacevoli in quanto che essa pesa sfavorevol­mente sui preparativi diplomatici in pieno sviluppo. In generale sentiamo le conseguenze sotto la forma di un rafforzamento delle tendenze a non impegnarsi prematuramente a nostro favore nel conflitto ma piuttosto di aspettare gli ulteriori sviluppi. La Bul­garia che veramente manifestava già poca voglia di aderire al Tri­partito è ora completamente aliena dal prendere soltanto in conside­razione un simile passo.

 

Anche nei confronti della Russia è più difficile accordare gli interessi e far deviare le ambizioni russe verso l'Oriente. Il signor Molotov fece al contrario intravvedere di interessarsi in modo crescente ai Balcani.

 

Per ora non si può accertare di qua l'impressione suscitata in Jugoslavia. Ma persino in Francia avviene senza dubbio un rafforza­mento della posizione di coloro che incitano alla riserva e che assi­curano che forse l'ultima parola di questa guerra non è ancora stata detta.

 

Quali che siano le conseguenze psicologiche che ne derivano, quel che conta è il fatto che non ne nascano poi intralci alle nostre ulteriori operazioni ed in particolar modo che non avvengano prese di posizione poco amichevoli da parte di quelle potenze che, come la Jugoslavia, potrebbero provocare se non addirittura una catastrofe, almeno una spiacevole estensione del conflitto.

 

Di speciale importanza è il contegno della Turchia perché il suo atteggiamento avrà influenza decisiva su quello della Bulgaria.

 

B) Conseguenze militari. - Le conseguenze militari di questa si­tuazione sono, Duce, molto gravi.

L'Inghilterra verrà a ricevere un certo numero di basi aeree che la porteranno non solo alle immediate vicinanze del bacino petrolifero di Ploesti ma anche nelle vicinanze dirette di tutta la

Italia meridionale e specialmente dei porti di imbarco e sbarco tanto nelle terre metropolitane italiane che dell'Albania.

 

Mentre sin qui la zona petrolifera romena non era affatto rag­giungibile dai bombardieri inglesi, questi si sono ora avvicinati ad una distanza inferiore ai 500 chilometri. Non oso Pensare nem­meno alle conseguenze che ne deriverebbero. Ora, Duce, bisogna es­sere in chiaro su un punto. Che cioè non esiste protezione vera e propria di un giacimento petrolifero. Persino la nostra stessa arti­glieria antiaerea può coi suoi colpi metter in pericolo una tale zona al pari dell'avversario attaccante. Se tali raffinerie di petrolio dovessero andare distrutte il danno sarebbe irreparabile.

 

L'Italia meridionale, i suoi porti, come pure tutta l'Albania sono ora situati ad una distanza molto facilmente raggiungibile da parte dei bombardieri inglesi. È evidente che all'Inghilterra è completa­mente indifferente che l'Italia distrugga città greche nei suoi at­tacchi di rappresaglia. È l'attacco contro città italiane che sarà de­cisivo. Io considero a questo proposito una offensiva terrestre par­tendo dal territorio albanese contro i nuovi punti di appoggio in­glesi prima del principio di marzo completamente vana.

 

La distruzione delle basi aeree britanniche mediante attacchi aerei è, in base alle esperienze sinora fatte colla guerra aerea, egual­mente esclusa. È più facile distruggere qualsiasi cosa che non i campi di aviazione. Il fatto quindi è che l'Inghilterra come temevo ha ormai occupato Creta, è in procinto di prendere piede su di un gran numero di altre isole ed inoltre di stabilire basi aeree in tutta una serie di località greche, fra queste, due presso Salonicco, due altre presumibilmente in Tracia. Anche Rodi è ora ad una distanza raggiungibile dai grossi caccia inglesi e se come pare gli inglesi stabiliscono delle basi aeree anche nella Grecia occidentale pure tutte le località costiere dell'Italia meridionale saranno gravemente minacciate.

 

Dal punto di vista militare questa situazione è una minaccia. Nei riguardi economici per quel che concerne la zona petrolifera romena è addirittura paurosa.

 

Come rimedio io propongo le misure seguenti:

 

A) Misure di carattere politico:

1) La Spagna deve subito essere indotta ad entrare ora in guerra. Si può ammettere che ciò dovrebbe avvenire al più presto fra circa sei settimane. L'intervento spagnolo ci deve servire a togliere di mezzo Gibilterra ed a sbarrare lo stretto, a trasportare nel Marocco spagnolo almeno una divisione germanica o due per assicurarci in tal modo contro una eventuale defezione della Francia da parte del Marocco francese e dell'Africa del Nord. Giacché una tale defezione, Duce, assicurerebbe all'arma aerea anglo-francese le zone di partenza che diverrebbero catastrofiche per tutta l'Italia, cosa che si deve evitare e non si può abbandonare in nessun modo alla speranza e nemmeno al caso. Con la caduta di Gibilterra si metterebbe tanto di catenaccio al Mediterraneo dalla parte di po­nente. L'Inghilterra si troverebbe poi costretta a far passare tutti i suoi trasporti intorno all'Africa del sud. Subentrerà in tal modo uno sgravio del Mediterraneo orientale e il Nord Africa verrà in modo certo conservato al governo di Pétain.

 

2) Si deve tentare ora con ogni mezzo di allontanare la Russia dalla sfera balcanica ed orientale verso Est.

 

3) Bisogna tentare di addivenire ad una qualsivoglia intesa con la Turchia per sgravare la Bulgaria dalla pressione turca.

 

4) La Jugoslavia deve essere indotta al disinteressamento e quando ciò sia possibile interessarla anche alla collaborazione po­sitiva nel nostro senso per regolare la questione greca. Senza sicurezza da parte della Jugoslavia non c'è da rischiare nei Balcani operazione alcuna che possa promettere successo.

 

5) L'Ungheria dovrà permettere l'immediato trasporto verso la Romania di grandi formazioni germaniche.

 

6) La Romania dovrà accettare questo aumento delle forze armate tedesche nel senso della sua stessa protezione.

 

Io sono deciso, Duce, ad oppormi con forze decisive all'even­tuale tentativo degli inglesi di stabilire nella Tracia una vera e propria posizione e ciò a qualunque rischio.

 

Sono però disgraziatamente costretto a constatare che la con­dotta di una guerra nei Balcani prima di marzo è impossibile. Quin­di ogni pressione o minaccia alla Jugoslavia sarebbe vana poiché lo stato maggiore serbo sa a perfezione che la realizzazione pratica di una tale minaccia prima di marzo è impossibile. Dobbiamo quindi cattivarci la Jugoslavia se possibile con altri mezzi e metodi.

 

 

B) Misure di carattere militare:

La misura militare più importante mi sembra essere innanzi tutto lo sbarramento del Mediterraneo. A questo fine voglio provare, come già dissi, di indurre la, Spagna ad intervenire con sollecitudine nel conflitto per chiudere intanto il passaggio occidentale.

Ora, Duce, considero necessario che tentiate inoltre di raggiungere Marsa Matruh quando i preparativi lo consentano, allo scopo di stabilirvi una base aerea che renda possibile di cacciare anzitutto e definitivamente a forza di Stukas la flotta britannica da Alessandria, di infestare poi di mine il canale di Suez a mezzo di aerei da bombardamento a grande autonomia in modo tale da metterlo praticamente fuori dalla possibilità di svolgere un traffico effettivo.
Ritengo altresì necessario procedere ad una fortissima e sistematica concentrazione delle nostre flotte aeree riunite in quanto agli obiettivi da bombardare. La guerra attuale ha comprovato in modo incontestabile che gli attacchi sferrati contro località civili non hanno importanza alcuna. Promette invece successo soltanto l'attacco contro importanti posizioni militari ed economiche. La mira più importante nel Mediterraneo è però sempre ed anzitutto quella di scovare dalle sue tane la flotta britannica.

 

Secondo il mio modo di vedere contro di essa dovrà convergere la veemenza del nostro attacco collettivo fermo rimanendo l'appog­gio diretto alle truppe operanti in Albania. Bisogna iniziare una vigilanza ininterrotta ed un attacco continuo su tutti i legni che transitano nel Mediterraneo sotto bandiera nemica. Che questo sia possibile, Duce, lo comprova la nostra lotta nel Mare del Nord dove il naviglio britannico osa transitare solo sotto la protezione dei cac­cia legati alla costa.

 

A questo scopo vi propongo, Duce, di richiamare le forze ar­mate italiane dislocate da noi in occidente, salvo i sommergibili la cui efficacia aumenta continuamente, e di impegnarle in un settore ora più importante. Queste forze si trovano ora nel settore della Manica nella stagione più sfavorevole e soffrono delle condizioni climatiche che sono esattamente così penose per esse come lo sareb­bero per noi i climi del sud in estate.

 

Ad ogni modo io sono del parere che la questione del Mediter­raneo deve essere liquidata ancora nel corso di questo inverno perché è appunto in questa stagione che l'impiego delle forze armate tedesche è più opportuno mentre al contrario l'impiego di forze ita­liane nell'Europa occidentale o settentrionale in questa stagione dell'anno sembra poco pratico per ragioni di clima.

Vorrei però in primavera ed al più tardi ai primi di maggio riavere le mie forze armate germaniche; anche da ciò deriverà il momento opportuno per la nostra azione.

Per la collaborazione della nostra arma aerea nel Mediterraneo vorrei anzitutto inviarvi una squadriglia di Ju 88 con i necessari apparecchi da ricognizione, i grossi caccia, ecc.

 

Non ho ancora discusso i particolari di tale questione col mare­sciallo Göring e lascerei quindi a lui di fissare definitivamente i contingenti necessari a suo avviso. Si avrebbero così nel Mediterranea due grandi zone di operazioni aeree: quella italiana che in sostanza domina il cielo albanese e italiano, come pure quello egiziano, ed una zona di operazioni germanica che, a causa dei nostri bombar­dieri a grande autonomia, comprenderebbe innanzi tutto il Mediter­raneo orientale. Con un sapiente impiego delle nostre forze aeree, fra tre o quattro mesi il Mediterraneo diverrà la. tomba della flotta inglese e ciò è la premessa decisiva delle operazioni militari che a mio avviso non si potranno iniziare prima del principio di marzo per quel che concerne la Grecia stessa. Considero necessario questo spazio di tempo per il semplice fatto che non mi sarebbe possi­bile accentrare prima di quel termine in Romania delle forze tali da assicurare in ogni modo un successo inequivocabile. Solo allora ci si può aspettare un successo nel termine più breve possibile.

 

Per ora la questione dell'Egitto può rimanere aperta del tutto, ché io dopo matura riflessione mi sono convinto che un attacco sul delta del Nilo non sarà , assolutamente possibile prima dell'autunno dell'anno prossimo. La cosa più importante sembra a me quella di conquistare una posizione nei pressi di Marsa Matruh da cui si possa attaccare la flotta inglese ad Alessandria per mezzo di Stukas protetti da caccia.

 

Ma anche dal punto di vista psicologico tali misure sono idonee a determinare uno sgravio e creare nuovamente un'atmosfera posi­tiva riguardo all'Asse.

 

Questi, Duce, i pensieri che vi comunico con la più calda cor­dialità di un amico che è pronto ad aiutarvi col più grande fana­tismo perché possiate superare nel più breve tempo possibile la crisi e perché un apparente insuccesso si tramuti viepiù in una situazione che imponga all'avversario la definitiva disfatta.

 

Coi più cordiali saluti e coi sensi di fedele cameratismo.

 

ADOLF HITLER

 

 

 Guerra di Grecia

 

 

LETTERA DI MUSSOLINI A HITLER

 

Roma, 22 novembre.

Führer,

 

Duolmi che la mia lettera del 19 ottobre non sia potuta giun­gere in tempo per darvi modo di esprimere il vostro parere sulla progettata azione in Grecia, parere che, come altre volte, avrei attentamente seguito.

 

La marcia delle forze italiane in Grecia, dopo un inizio pro­mettente e veloce, si è fermata permettendo alle forze greche di prendere a loro volta l'iniziativa. Ciò si è dovuto in particolare a tre cause:

 

a) al maltempo che imperversando con piogge violente ha arrestato la marcia delle forze meccanizzate. Una divisione coraz­zata, ad esempio, è rimasta letteralmente affondata nel fango.

 

b) Alla defezione quasi totale delle forze albanesi che si sono rivolte contro le nostre unità. Una sola divisione nostra ha ad esem­pio dovuto disarmare e rinviare nelle retrovie 6000 albanesi.

 

c) All'atteggiamento della Bulgaria che ha permesso ai greci di ritirare otto divisioni che avevano in Tracia, e che sono venute a rafforzare quelle che già si trovavano a noi opposte.

 

Tutto ciò appartiene al passato e non bisogna lasciarsi forma­lizzare, sebbene mi renda conto che tali avvenimenti hanno po­tuto provocare sfavorevoli ripercussioni. Ora l'Italia sta preparando trenta divisioni colle quali potrà annientare la Grecia. Non vi è ragione di preoccupazione per i bombardamenti delle città meridio­nali che recano pochi danni.

 

Desidero richiamare la vostra attenzione su due fatti:

Spagna: la carta spagnola può essere giocata. Sono disposto a incontrarmi con Franco per esercitare su di lui le pressioni neces­sarie ad entrare in campo.

Jugoslavia: questa carta può essere oggi ancora più importante. Sono pronto a garantire le attuali frontiere e a riconoscere Salonicco alla Jugoslavia alle condizioni seguenti: a) che la Jugoslavia aderisca al patto Tripartito; b) che smilitarizzi l'Adriatico; c) che l'in­tervento sia concretato in modo che le forze jugoslave entrino in lizza solo dopo che la Grecia abbia ricevuto per opera italiana un primo colpo.

 

Aderisco fin d'ora su queste basi a quanto vorrete fare per raggiungere tale scopo.

Ritengo indispensabile, nelle condizioni attuali, intensificare la collaborazione fra le nostre forze aeree.

Ho avuto anche io la mia settimana nera ma ora il peggio è passato.

Le condizioni interne dell'Inghilterra, da notizie pervenuteci, sembrano effettivamente gravi né è da escludere la possibilità di un collasso.

Gradite, Führer, il mio cameratesco saluto.

 

MUSSOLINI

 

 

Guerra di Grecia

 

 

DISCORSO DI METAXAS ALLA RADIO

 

22 novembre 1940.

 

Ventisei giorni or sono un nemico subdolo e vile ci ha attaccati senza provocazione alcuna, e con il solo scopo di sottrarci ciò che dà valore alla nostra vita; ossia la nostra libertà, la nostra indi­pendenza nazionale e il nostro onore. Tutta la Grecia si è unita in un blocco monolitico: e, agli ordini del re, siamo corsi alle armi. Cominciarono duri combattimenti, fin dall'inizio, e il peso maggiore fu sopportato dall'esercito dell'Epiro la cui tenace resistenza protesse la mobilitazione e il raduno delle nostre forze. Quando l'esercito fu radunato vennero anche le vittorie, l'una dopo l'altra. Esercito, aviazione e marina hanno gareggiato in gesti di valore che per sempre onoreranno il nome della Grecia. Per questo da parte dell’intera nazione esprimo gratitudine agli eroici uomini dell'Esercito dell'Aviazione, della Marina, così come esprimo gratitudine agli abi­tanti delle città e dei villaggi che hanno subito l'offesa aerea del nemico. Sono inoltre certo di interpretare il desiderio generale espri­mendo la gratitudine del popolo greco ai nostri valorosi alleati, gli inglesi, per l'aiuto che di tutto cuore ci danno e per i successi che ottengono con la loro impareggiabile flotta e la loro magnifica aeronautica.

 

La lotta ha preso da 10 giorni a questa parte il suo maggiore sviluppo nel settore della Macedonia occidentale, dove la battaglia è stata dura e senza soste per tutto questo tempo, e si è conclusa, dopo la caduta del massiccio montagnoso del Morova, con la presa di Coriza e la fuga del nemico su tutto il fronte della Macedonia occidentale e dell'Epiro. Quando il dittatore italiano ha pronunciato il suo ultimo discorso, così pieno di odio e di stizza contro la Grecia, non immaginava che l'esercito greco gli avrebbe dato una tanto rapida risposta. Dopo questa risposta, che sarà per lui indi­menticabile, non occorrono molte parole mie. Debbo aggiungere solo poche cose. La Grecia non dimentica né Santarosa, né Fratti, né Garibaldi, né .i tanti altri italiani che versarono il loro sangue per lei, per la libertà e per la indipendenza dell'Italia nel secolo scorso.

 

Gli italiani che combatterono accanto a noi per la nostra lotta nazionale ci saranno sempre vicini, e se vivessero oggi sarebbero le vittime perseguitate del fascismo che non potrebbe mai acco­gliere nel suo ambito uomini mossi dagli alti ideali per cui quegli italiani combatterono, e per, cui noi oggi combattiamo. Voglio aggiungere anche questo. Il signor Mussolini, stupito perché la sua pretesa di rendere schiava la Grecia ha suscitato l'odio del popolo greco, ha posto come obbiettivo della guerra dell'Italia fascista la distruzione della Grecia. Lo assicuriamo che abbiamo preso la decisione di non farci distruggere e di vivere come nazione libera e indipendente: e vivremo, e, insieme ai nostri alleati inglesi, vince­remo. Quali saranno le conseguenze di questa vicenda per l'Italia lo giudicherà il popolo italiano quando, un giorno, regolerà i conti con il suo dittatore.

 

E adesso uomini, donne, ragazzi, bambini greci, mobilitati o no, stringiamo i denti e serriamo i pugni, forgiamo il nostro spirito per combattere con tutta la rabbia che è richiesta dal disonorevole e turpe attacco contro di noi. La nostra lotta, bisogna che tutti lo sappiamo, sarà dura e lunga, la nostra strada non sarà cosparsa di fiori, ma supereremo tutte le difficoltà, affronteremo tutti i peri­coli, e vinceremo il nemico. Lottiamo non solo per la nostra esi­stenza ma anche in favore degli altri popoli balcanici, e per la li­berazione dell'Albania. Lottiamo per dei valori la cui importanza supera i nostri confini e i confini balcanici, e si estende a tutta l'umanità.

Dobbiamo ringraziare Dio perché la sua volontà ha destinato di nuovo la Grecia a battersi per una così alta lotta.

 

 

Guerra di Grecia

 

 

DOPO IL DISCORSO DEL DUCE ZAVORRA... PICCOLO BORGHESE

 Articolo del quotidiano «Il regime Fascista.»

 

23 novembre 1940.

 

Il Duce nel suo ultimo discorso, là dove si impartiscono al Partito energiche direttive, ha sferzato a sangue quello che egli ha chiamato « zavorra piccolo borghese ». La frase è così precisa che non meriterebbe chiarimento. Ma, purtroppo, c'è chi ad arte vuol confondere una classe sociale con una mentalità.

 

« Zavorra piccolo borghese » vuol individuare quei superstiti settori borghesi che hanno conservato una piccola mentalità. Quando il subdolo giudeo effettivo o il malvagio giudeo onorario fingono di commuoversi perché Mussolini « ha voluto » colpire la borghesia, sanno di essere in perfetta malafede. I chiamati in causa non sono le medie e piccole classi sociali, che costituiscono il nerbo della Nazione, e delle quali fan parte tutti quelli che dirigono la produzione e quelli che nei cieli, sulle navi, nei quadri dell'Esercito, vivono pagine di eroismo; ma coloro che in contrasto con lo stile fascista, ancora schiavi di una mentalità, mostrano la energia solo nel criticare tutto e tutti nel tentare in ogni occasione di deprimere lo spirito pubblico.

 

La piccola mentalità borghese è quella che evita e odia e teme il rischio, ama la pace ad ogni costo, cioè il pacifismo che è poi panciafichismo; quella che ha sempre seguito la politica del piede di casa; quella che ammira la potenza e .la prepotenza degli stra­nieri.

 

Nell'ammonimento di Mussolini al Partito si sono voluti quindi individuare la nobile signora che guida le chiacchiere nel pestilen­ziale salotto, quella che soffre di non poter più visitare la sarta di Parigi, il figlio di papà che non può sfoggiare più il taglio inglese, l'arteriosclerotico che passa la giornata sprofondato su una poltrona negli oziosi circoli cittadini, lo sfaccendato che vaga da caffè in caffè, e tutti coloro che la marcia rivoluzionaria del Fascismo ha pur­troppo risparmiati.

Contro costoro bisogna essere rigidi, anche perché con la rigida giustizia si viene indirettamente a premiare il popolo lavoratore che crede fermamente nel suo Duce e nella vittoria sicura della sua Patria, e per la vittoria opera in silenzio pronto a qualsiasi sacri­ficio.

 

Senza dubbio, non tutti i tesserati che si sono affollati nel Partito in questi ultimi tempi hanno la coscienza dei loro doveri. Ma qui si può subito rimediare con un paio di colpi di ramazza. Le gerarchie — dal Segretario del Partito al Segretario del più pic­colo fascio di provincia — hanno  avuto direttive precise. Specie in questo momento l'Italia mussoliniana chiede ad esse energie im­placabili

 

Naturalmente sarebbe cosa ridicola che noi ci dovessimo allarmare dell'azione nefasta che vien fuori da questi angoli morti. Il popolo è troppo cosciente dell'ora che attraversiamo e sa troppo
bene che noi siamo impegnati nella lotta unicamente per assicurargli la vera libertà, un benessere certo e una lunga era di pace.

Esso sa che la guerra ci è stata imposta. Noi uscivamo dall'impresa etiopica e dal conflitto spagnolo ed avevamo bisogno di stare tranquilli per mettere in valore le nostre terre d'oltre mare, ma le democrazie, spinte dall'Internazionale giudaica, dopo avere spudoratamente mentito a Monaco, hanno creduto che l'ora fosse giunta per abbattere gli Stati totalitari.

 

La questione di Danzica non fu che un futile pretesto. Infatti appena la Gran Bretagna dichiarò guerra al Reich si parlò di ster­minare prima il popolo tedesco e poi quello italiano. Le forze dell'Asse non potevano rimanere impassibili quando erano in gioco la comune libertà e integrità. Il popolo italiano sa oggi tutto questo ed è conscio del suo dovere.

 

Né le notizie sulle alterne vicende di una battaglia possono lonta­namente scuotere la sua fede. Mussolini ha parlato chiaro. Musso­lini ha proclamato che la moderna Cartagine sarà sconfitta e che la Grecia finirà con le reni rotte. Noi siamo certi che tutto questo si realizzerà anche se qualche imprevidenza e intempestività del Co­mando dello Stato Maggiore Generale ha permesso a Churchill di avere uno sciocco diversivo.

 

Ma tutti i mali non vengono per nuocere. Maggiore sarà la nostra reazione, più tremenda la disfatta del nemico.

 

Guai a toccare gli italiani nel loro amor proprio.

 

La nostra storia ha la potenza di insegnare fra molte cose an­che questa.

 

 

Guerra di Grecia 

 

LA RISPOSTA DI BADOGLIO

 

Non sarei uscito dal silenzio che mi sono imposto, se la cam­pagna sostenuta contro di me, segnatamente dal noto quotidiano cremonese, non avesse assunte le forme attuali. Forme che fanno vergogna a chi le ha promosse, e che, falsamente giustificate, hanno cercato e cercano di sollevare contro la mia persona lo sdegno e il disprezzo popolare. Rompo il mio silenzio perché le critiche di cui si è fatto vessillifero l'avv. Farinacci vanno oltre la mia per­sona ed investono tutto lo Stato Maggiore Italiano.

 

Tali critiche, in un momento in cui ogni voce discorde dovrebbe tacere di fronte alle supreme necessità della Patria, hanno screditato all'interno ed all'esterno, l'opera e il valore dello S.M. Italiano. Ed è troppo presto per giudicare tali opere e tale valore nel tra­vaglio dell'ora che passa, perché i fatti che solo possono dare luce su quanto è stato compiuto dal Corpo di S.M. Italiano, debbono essere necessariamente tenuti segreti; ma io so che un giorno la Storia lascerà che dalle sue pagine erompa quella luce, perché sia fatta giustizia di certe mene odiose. Si vedrà allora con quale pa­triottismo il Corpo di S.M. Italiano abbia agito su certe delicatissime fasi della condotta politica di questa guerra.

 

Comunque: sia ben chiaro fin d'ora che a Voi, avv. Farinacci, io non riconosco il diritto né la qualità di atteggiarvi a supremo censore dell'opera dello S.M. Italiano. Né a Voi, né a quella cor­rente da Voi capitanata che si affanna a pontificare onde siano di­vulgate certe idee niente affatto nostrane. Voi sapete molto bene, avv. Farinacci, che quelle critiche non toccano lo S.M. Italiano; se per ventura non lo sapete (e questo mi meraviglierebbe assai), pro­curate, Voi certo ne avete il mezzo, di farvi illustrare da chi può, sul contenuto delle mie molte relazioni fatte nelle sedute segrete del Consiglio di guerra. Da tali relazioni risulta in modo inconfutabile quali erano gli intendimenti miei, pienamente condivisi dallo S.M. tutto, sulla condotta strategica e politica della guerra in atto. Senza voler fare delle rivelazioni posso dire che ogni mia direttiva era do­minata dall'azione indipendente. Collaborazione sì, sottomissione no.

 

Lo S.M. doveva essere lasciato assolutamente libero nelle sue responsabilità delle decisioni, libero di qualsiasi interferenza, di qualsiasi natura. Uno S.M. come il nostro non può e non deve es­sere legato a questa o quella pietra; nell'arte della guerra la libertà di movimento è un fattore essenziale. E quando dico questo, Voi avv. Farinacci, mi intendete bene; lo S.M. Italiano non è secondo a nessuno ed è il suo santo orgoglio che non ha bisogno di essere tenuto a guinzaglio da questo o da quel padrone. Quando se ne chiede il parere non lo respinge a priori per necessità di pastoie politiche; questo fatto spesso determina errori gravissimi di valuta­zione che possono avere riflessi incalcolabili su tutta la strategia della guerra. Lo S.M. deve poi sapere che in ogni momento deve avere l'autorità, la forza ed i mezzi per poter operare prontamente e con sicurezza nel solo supremo interesse della Patria.

 

Ed infine lo S.M. non deve essere gravato di elementi cui si affidano dubbie mansioni, perché non hanno dimestichezza coll'arte militare.

 

Non basta, avv. Farinacci, per essere generali, applicare la greca sul berretto! Dobbiamo fare la guerra; non basta chiamare il Capo di S.M. per dirgli: Dobbiamo fare la guerra!

 

Non basta per fare la guerra stanziare i bilanci iperbolici per poi somministrarli allo S.M. con il contagocce! Quando un popolo ha in animo di battersi, prima di tutto è necessario che l'attrezzatura industriale della Nazione subisca il lento e grave travaglio che la trasformi per essere pronta al momento opportuno a produrre per la guerra. Ogni sforzo, ogni volontà, ogni energia debbono essere coordinate e disciplinate a questo scopo vitale, diversamente al mo­mento necessario si andrà incontro ad umiliazioni brucianti, non soltanto dal punto di vista militare.

 

Una Nazione che entra in guerra deve prevedere nel limite del possibile ogni avversa fatalità onde farvi forza. Se è lecito contare anche su di un aiuto dell'eventuale alleato, non è saggio fidare in tutto sull'aiuto di questo alleato; ciò che può portare a conse­guenze storiche future di vasta portata, che peseranno potentemente sulla vita di una Nazione.

 

Avv. Farinacci, io non voglio fare dissertazioni di alta stra­tegia militare né di alta politica; non è il caso. Sia detto una volta per tutte che io nella mia qualità di Capo di S.M. sin dal 1934, am­monii il Corpo di S.M. a mettere in opera ogni volere onde si fosse in qualunque momento pronti al supremo cimento. Da al­lora io ho sempre insistito perché potesse essere mobilitato tutto il paese con tutte le sue riserve alfine di poter affrontare al mo­mento voluto l'opera dura del combattimento.

 

Questo è ampiamente ed esaurientemente documentato nelle mie periodiche relazioni nelle sedute segrete del Consiglio di guerra; il resto, avv. Farinacci, è una ignobile macchina ordita ai miei danni, e Voi lo sapete.

 

Il mio patriottismo ed il mio desiderio di consentire ad un ordine Augusto mi vieta di scendere ad altri particolari, e non è questa l'ora più adatta per seminare discordie e sbandamenti nel va­loroso popolo nostro a cui auguro luminoso destino.

 

 

Guerra di Grecia 

 
LETTERA DI HITLER A MUSSOLINI

stralcio

 

Obersalzberg, 31 dicembre 1940.

 

Duce,

Alla fine di quest'anno sento il bisogno di esprimerVi dal più profondo del cuore i miei auguri di felicità per il nuovo anno. Lo faccio con un senso di amicizia tanto più caldo, in quanto posso pensare che gli ultimi avvenimenti Vi avranno staccato da molte persone prive di significato per loro stesse, ma in compenso Vi avranno reso più sensibile al sincero cameratismo di un uomo che si sente legato a Voi nei buoni e nei cattivi giorni, nella prosperità e nelle avversità.

 

Lasciatemi, al principio di questa lettera, stabilire una cosa, cioè che gli avvenimenti che commuovono oggi noi tutti hanno innu­merevoli esempii nella storia delle guerre e dei popoli. Nella mag­gioranza dei casi le grandi Potenze hanno iniziato l'attacco contro piccoli Stati quasi sempre con mezzi troppo esigui e poi nel primo stadio di queste lotte molto spesso hanno sofferto rovesci. La storia tedesca possiede a tale riguardo una intiera serie di esempii. Ap­punto perciò ritengo necessario in simili casi, attaccare, quando è possibile, con forze superiori, anche a rischio di perdere la simpatia di coloro che nella parità delle forze vogliono vedere una premessa necessaria per il giusto riconoscimento del vincitore.

 

In seguito agli avvenimenti in Grecia, come pure in Albania ed in Nord Africa io medito continuamente le contromisure realmente efficaci che possono essere adottate specialmente da parte mia. Con la parola « efficaci », io intendo evitare tutti quegli aiuti che si esau­riscono in se stessi, ed effettuare in loro vece operazioni. veramente decisive e che quindi siano già per se stesse di sollievo.

 

Per quanto si riferisce agli aiuti diretti all'Italia, i Vostri de­siderii, Duce, mi sono noti. Essi saranno — per quanto sta nelle nostre possibilità — soddisfatti. In alcuni campi ciò non sarà pos­sibile. Ma sarà possibile procurare altri aiuti che tuttavia condur­ranno al risultato desiderato.

 

 

Guerra di Grecia

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