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Dal 25 luglio all'8 settembre -1

Ad oltre settant’anni dal loro compimento gli eventi legati alla caduta del fascismo ed all’armistizio costituiscono fonte di accesa polemica. D’altra parte una loro piena ricostruzione non è più possibile e forse non lo è mai stata premessa la volontà dei protagonisti di occultare i loro propositi ed azioni, sempre fatto salvo qualche clamoroso colpo d’archivio.

Questa collazione si prefigge di fornire una cognizione di base degli eventi con i documenti fondamentali della crisi che portò l’Italia all’armistizio ed al cambio di alleanza.


 

Crediti
Elena Aga Rossi Una nazione allo sbando Il Mulino, Bologna 2006
Gianfranco Bianchi 25 luglio crollo di un regime Ugo Mursia & C., Milano 1963 III
Dino Grandi 25 luglio 1943 quarant’anni dopo Il Mulino, Bologna 1984
Paolo Puntoni Parla Vittorio Emanuele III Il Mulino, Bologna 1993
Ruggero Zangrandi 1943: 25 luglio – 8 settembre Feltrinelli, Milano 1964

 

 

 

 

 

RICHIESTE ITALIANE DI FORNITURE BELLICHE ALLA GERMANIA

Aprile 1943

 

Il documento chiarisce le difficoltà dell’apparato bellico italiano in fatto di materiali e le relative richieste, non sempre pienamente realistiche. Da parte tedesca la cognizione della precarietà dell’alleanza ed una certa riserva sempre manifestata nella cessione di materiali bellici e strategici sono evidenti; ad esempio il mancato invio di cinquanta caccia notturni (Dornier Do.217 J) addotto per la cessata produzione del modello non risponde a verità, mentre nel caso dei bombardieri Ju.88 si tratta di macchine radiate dalla Luftwaffe. L’utilizzo del materiale tedesco comunque rende i reparti italiani subordinati a quelli germanici oltre che per la dotazione di parti di ricambio addirittura per le munizioni. Il testo pubblicato contiene le « correzioni » di « talune inesattezze » contenute nel documento originale, che furono comunicate dal Comando Supremo con lettera del 30 aprile 1943, n. 895/I Rep. La prima versione del documento è edita in Dino Alfieri, Due dittatori di fronte, Rizzoli Milano 1948 pp. 371-376.

 

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI,
AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

PROMEMORIA

 

 

Roma, 19 aprile 1943.

 

Nella riunione che è stata tenuta ieri al Ministero degli Esteri sotto la mia presidenza, alla quale hanno preso parte l'Ambasciatore di Germania, il Mare­sciallo Kesselring, il Generale Ambrosio, l'Ammiraglio Riccardi e il Generale Fougier, avente per scopo la precisazione dei dati circa i materiali di guerra richiesti alla Germania e quelli che sono stati finora forniti, sono risultati i dati seguenti che ho l'onore di comunicarVi:

 

 

REGIO ESERCITO

 

— Carri armati richiesti n. 1.250.

Il Führer consentì a Salisburgo la utilizzazione per la Sicilia dei carri armati di passaggio per la Tunisia n. 20 o 30.

Il Maresciallo Keitel aumenta la cifra a 60 però non ancora arrivati.

 

— Cannoni a traino meccanico (di vario calibro) :

richiesti n. 372; oltre assegnazione già fatta di 98; giunti n. 42.

 

— Cannoni costieri:

assegnati dalla Germania senza essere domandati n. 324; giunti finora n. 136.

 

— Cannoni anti-nave:

assegnati dalla Germania n. 80 non ancora giunti.

 

— Cannoni anticarro:

richiesti n. 1350, oltre assegnazione già fatta di n. 518; giunti n. 299.

 

— Autocarri:

richiesti n. 7.400. Risposta negativa per tutta la richiesta.

 

— Radiolocalizzatori:

richiesti n. 266, oltre cessione già avvenuta di n. 113.

 

Il Maresciallo Kesselring, confermate le cifre su esposte fornite dall'Eccel­lenza il Generale Ambrosio, fornisce a sua volta i dati seguenti:

 

— Cannoni anticarro inviati dalla Germania all'infuori della richiesta:

da 47 mm. n. 150; da 75 e 76 mm. n. 250; da 122 mm. n. 32; da 152 mm. n. 32. Assegnazione straordinaria anticarro, vario calibro per la Sardegna n. 168.

 

In Sicilia, pronti per essere utilizzati in qualunque momento, si trovano:

— Carri III 8

— Carri IV 20            carri armati n. 37.

— Carri VI 9

 

Inoltre sono in arrivo dalla Germania:

— Carri IV n. 15;

— Pezzi contraerei fissi per la Sardegna n. 26.

 

In caso di necessità tutte le armi dell'Esercito tedesco che sono di riserva a Napoli possono essere immediatamente utilizzate.

 

Inoltre il Maresciallo Keitel fa presente che ai reparti tedeschi sono state Inviate ultimamente le seguenti armi:

 

— fucili 5.000; pistole mitragliatrici 260; mitragliatrici 260; lancia-granate 50; cannoni anticarro 16; carri armati pesanti 20; carri armati « Tigre » 6.

 

Mentre durante il 1943 furono dalla Germania inviati:

 

— cannoni anti-aerei da 88 mm. n. 512; cannoni mitraglieri da 20 mm. n. 264; cannoni mitraglieri da 20 mm. a quattro canne n. 75.

 

— riflettori n. 180 (in queste cifre sono comprese le batterie per Trapani, Palermo, Reggio, Messina ecc.).

 

Il Maresciallo Kesselring ha pregato il Generale Ambrosio di voler frazionare le sue richieste in modo che tenendo presente lo stato di produzione attuale della Germania possa essere data esecuzione a quelle urgentissime e a quelle necessarie.

 

Il Generale Ambrosio, accolto questo suggerimento del Maresciallo Kesselring, procederà ad una tale discriminazione e presenterà una precisa richiesta dividendo il settore Tunisia (richieste urgentissime) dalle richieste urgenti che si riferiscono ad altri settori.

 

 

REGIA MARINA

 

Le richieste della Regia Marina alla Germania si dividono in tre categorie:

 

Ia Categoria: Nafta.

Dall'inizio della guerra la Germania ha fornito finora nafta per tonnel­late 370.000.

Tale nafta ha due provenienze: una dalla Germania che è quella di pro­duzione sintetica; l'altra dalla Romania. L'Ammiraglio Riccardi fa presente che la Germania ha dovuto sospendere ogni invio della nafta sintetica non bastando più la produzione attuale neanche a tutti i servizi della Marina te­desca. Per quella proveniente dalla Romania ogni mese viene stabilita la quantità che sarebbe necessaria, ma purtroppo essa non giunge che in quan­tità irrilevante. Dato che occorrono alla R. Marina 30 mila tonnellate al mese di nafta, bisogna fare pressioni sulla Romania perché aumenti la sua produ­zione di nafta vincendo le resistenze degli industriali i quali preferiscono invece produrre benzina, in modo da aumentare fortemente le consegne per tutte e due le Marine.

 

IIa Categoria: Materiali per costruzioni navali.

Sono in corso tra Italia e Germania degli accordi che procedono bene. L'Ammiraglio Riccardi assicura che molto è stato richiesto, molto è stato dato e che molto verrà ancora.

 

IIIa Categoria: Materiali per armi ed armamenti navali.

Anche per questa categoria vi sono dei contratti e degli scambi in corso che procedono in modo del tutto soddisfacente.

 

Il Maresciallo Kesselring prendendo atto delle dichiarazioni dell'Ammiraglio Riccardi, fa presente che la Germania, ben rendendosi conto delle necessità della Marina Mercantile soprattutto per quanto si riferisce ai trasferimenti oltremare con mezzi piccoli e celerissimi di armi e munizioni, sta approntando un rilevante numero di mezzi che entro il 1943 sarà del tutto completato.

Questi mezzi comprendono:

 

— motovelieri

85

— imbarcazioni a motore

30

— motozattere

59

— motozattere di altro tipo

87

— motozattere di tipo italiano

15

— navi da 600 tonnellate       

13

— grosse péniches da trasporto

200

— cisterne da lago

16

— navi di legno veloci da 300-500 tonnellate

78

— dragamine, posamine e caccia-sommergibili

— chiatte e chiattoni

53

— motovelieri

85

— imbarcazioni a motore

30

— motozattere

59

— motozattere di altro tipo

87

— motozattere di tipo italiano

15

— navi da 600 tonnellate       

13

— grosse péniches da trasporto

200

— cisterne da lago

16

— navi di legno veloci da 300-500 tonnellate

78

— dragamine, posamine e caccia-sommergibili

— chiatte e chiattoni

53

 

 

REGIA AERONAUTICA

 

Il Generale Fougier fa presente che la richiesta vitale dell'Aeronautica è di carburanti. La Germania invia finora tonnellate mensili n. 9 mila le quali aggiunte alla produzione nazionale di 2 mila tonnellate, non sono neanche la metà del fabbisogno mensile.

 

Le richieste che sono state fatte sono: 2 mila tonnellate in più al mese; 10 mila tonnellate una volta tanto per costituire una riserva e 12 mila ton­nellate per la Sardegna.

 

Il Maresciallo Kesselring fa presente che egli ha appoggiato queste richieste della R. Aeronautica e che nel suo prossimo viaggio in Germania egli non mancherà di reiterare la necessità di dare quanto più possibile all'aviazione italiana. Prega, se possibile, di prendere in considerazione l'offerta che egli fa di fornire una certa quantità di benzina-auto per essere trasformata in Italia in benzina-avio, e avuta risposta dal Generale Fougier che questo tentativo già fatto non ha dato purtroppo il risultato che si desiderava, ha offerto intanto di prendere a conto della Germania il rifornimento degli apparecchi di fabbricazione tedesca ceduti alla R. Aeronautica.

 

Il Generale Fougier precisa la richiesta in apparecchi fatta dalla R. Aero­nautica alla maniera seguente:

 

n. 500 apparecchi richiesti col noto telegramma al Führer, con perso­nale tedesco da inviare come rinforzo a Tunisi alle squadriglie tedesche colà operanti, oppure n. 300 apparecchi da cedersi alla R. Aeronautica che provve­derebbe a far ritirare e a consegnare a personale italiano. Inoltre furono richiesti 50 caccia notturni e 24 Juncker/88 [Junkers Ju.88] da bombardamento.

 

Dalle suddette due richieste di 500 e 300 apparecchi, delle quali la seconda era subordinata al non accoglimento della prima, è sorto un equivoco il quale però ora è stato chiarito nel senso che il Duce desiderava; quindi i piloti italiani prenderanno in consegna i 300 apparecchi nuovi che verranno ceduti alla R. Aeronautica.

 

Il Maresciallo Kesselring fa presente che i 50 caccia notturni non furono inviati perché il tipo richiesto non viene più costruito, ma che il Führer ha inviato in rinforzo dell'Aeronautica tedesca fra la seconda quindicina di marzo e questi primi giorni di aprile n. 130 apparecchi così suddivisi:

 

— un gruppo bombardieri in Sardegna;

— un gruppo di istruttori in Sicilia;

— un gruppo di assalto in Tunisia;

— un gruppo di tuffatori in Sicilia;

 

entro il mese la R. Aeronautica verrà rinforzata con:

 

— 2 gruppi di caccia (30 velivoli ciascuno) ;

— 1 gruppo stukas (30 velivoli);

— 1 gruppo JU 88 per istruzione (30 velivoli).

 

Spera inoltre di mettere a disposizione tre velivoli con radiolocalizzatore e forse un terzo gruppo di caccia.

 

Il Maresciallo Kesselring informa che nel mese di aprile la seconda Luft­flotta [Luft­flotte: maggiore unità di comando operativo della Luftwaffe,con il compito di organizzare le attività delle grandi unità ad essa sottoposte] tedesca posta ai suoi ordini ha ricevuto apparecchi n. 598.

 

Il Generale Fougier ha inoltre richiesto alla Germania n. 200 motori Benz/605 ed informa che questa richiesta sta incamminandosi a favorevole accoglimento.

 

Ha domandato anche n. 120 radio-localizzatori per i quali il Maresciallo Kesselring ha pregato di scaglionare le richieste come è stato detto per i carri armati ed intanto di cominciare a preparare le piazzuole di cemento dato che questo lavoro richiede molto tempo in modo che esse siano pronte quando gli apparecchi radio-localizzatori giungeranno sul posto.

 

Il Generale Ambrosio ha fatto presente anche la necessità che venga accolta la richiesta italiana di aumentare nella regione balcanica il numero dei treni (48 al mese) lasciati a disposizione del R. Esercito il quale avrebbe bisogno di 80 treni al mese.

 

Viene risposto al Generale Ambrosio che è stato dato ordine di aumentare il numero a 52 e successivamente di portarli a 72. Verrà anche sollecitata una risposta urgente alla richiesta di 50 treni straordinari necessari per creare l'autosufficienza alle unità dislocate nei Balcani. Il Generale Ambrosio insiste perché venga accolta la sua richiesta che siano restituite all'Italia le dieci navi che fanno servizio nell'Egeo e che furono richieste in passato dai tedeschi e non sono state mai restituite.

 

Il Maresciallo Kesselring riconoscendo appieno le necessità urgenti ed inde­rogabili che presentano le Isole italiane del Dodecanneso e particolarmente Rodi, ha dato ordini di far presente al Maresciallo Keitel che non Creta ma Rodi deve essere rifornita per prima e che intanto forse sarebbe necessario mettere cinque delle dieci navi richieste a disposizione delle autorità italiane.

 

Il Maresciallo Kesselring inoltre ha tenuto a dichiarare che in occasione del viaggio che egli farà in. Germania non appena la situazione militare glielo permetterà, non mancherà di appoggiare con tutta la sua autorità le richieste formulate dal Comando Supremo italiano.

 

 

 

 

 

APPUNTI DEL RE CIRCA LO SGANCIAMENTO DALLA GERMANIA

 

Appunto n° 1

15 maggio 1943

 

Stati a noi alleati

 

1. Germania nel suo quinto anno di guerra è stanca e sfiancata: in Russia ha forze molto meno numerose di quelle sovietiche; occupa Francia, Belgio, Olanda; Danimarca, Norvegia, Polonia, Jugoslavia e Grecia; — e se nell'estate 1943 farà un'offensiva a fondo verso la Russia, succederà come nel 1942, e in proporzioni maggiori, dato il maggiore logoramento dell’esercito tedesco —. Fallita una nuova offensiva verso la Russia, potrebbe crollare il fronte interno tedesco.

 

2. Slovacchia e Croazia vivranno se l'Asse vince; sono di nessun aiuto nella presente guerra.

 

3. Ungheria e Rumenia sono militarmente a terra: — molto incerta è la situazione interna rumena; — in Ungheria si sviluppano forti correnti antitedesche.

 

4. La Bulgaria teme la Russia; — il suo esercito è scarso di artiglierie, e sarebbe solo utile per combattere contro la Turchia.

 

5. Il Giappone è totalmente occupato in Estremo Oriente e in India; — non sembra che possa o voglia agire contro la Russia.

 

 

Paesi occupati dalle forze dell'Asse

 

1. In Polonia non è finita la lotta dei partigiani contro i tedeschi.

 

2. La Jugoslavia è in piena insurrezione.

 

3. La Grecia è pronta a insorgere.

 

4. In Francia, in Belgio e in Olanda avvengono attentati contro i te­deschi; forse questi paesi insorgerebbero contro i tedeschi se vi sbarcassero forze anglo-americane.

 

5. In Danimarca e in Norvegia quasi tutti sono antitedeschi.

 

 

Stati nemici

 

1. L'Inghilterra e l'America dominano il mare; e sapranno far fronte alla campagna dei sommergibili dell'Asse. Hanno immense risorse di ma­terie prime e molto danaro; la loro aeronautica diventa sempre più peri­colosa per l'Asse.

 

2. La Russia sembra sempre forte: — ha molte materie prime, molti uomini e buoni capi militari e civili.

 

 

Paesi neutrali

 

1. La Turchia forse rimarrà neutrale fino al termine della lotta; — si mostra benevola per gli alleati.

 

2. La Spagna non aiuterà l'Asse; — ne potrebbe anche divenire nemica.

 

3. Il Portogallo è asservito agli Inglesi.

 

4. La Svizzera e la Svezia simpatizzano per gli alleati, ma il timore della Germania le mantiene neutrali.

V. E.

 

 

Appunto n° 2

15 maggio 1943

 

Gli Anglo-Americani, dopo l'occupazione della Tunisia, quale azione svolgeranno nel Mediterraneo?

Potrebbero:

1. Sbarcare in Spagna o nelle Isole Baleari per agire contro la Francia.

2. Sbarcare in Sequania, o in Provenza.

3. Sbarcare in Grecia (in Tracia).

4. Sbarcare nelle grandi Isole Tirrene, o nella Penisola Italiana.

 

La 1a operazione sembra di non molta utilità per gli alleati.

 

La 2a sembra di probabile esecuzione, se attuata contemporaneamente a sbarchi nella Francia Atlantica.

 

La 3a dovrebbe esser la più facile e la più redditizia per gli alleati, - colpirebbero la Rumenia alle spalle e impedirebbero un intervento russo nei Balcani, intervento che non sarebbe certamente ben visto dagli alleati.

 

La 4a operazione si dovrebbe escludere perché il nemico non dovrebbe aver voglia di disperdere mezzi per occupare le Isole Italiane, e perché non si può pensare a invadere la Germania attraverso l'Italia e al massiccio alpino.

 

Potrebbe darsi che gli alleati credessero l'Italia molto depressa, e pen­sassero di farla fuori con grandi bombardamenti aerei seguiti da sbarchi.

 

Per occupare la Sicilia occorrerebbero agli alleati non meno di 200 mila uomini, forse 100 mila per la Sardegna, e altrettanti per la Corsica.

 

In Sicilia abbiamo 4 Divisioni, 3 in Sardegna, 2 in Corsica; — e la resistenza nostra nelle Isole potrebbe essere notevole.

 

— Se gli alleati occupassero la Sardegna avrebbero maggiori facilità per agire sulla nostra costa continentale.

 

— Abbiamo ora nella Penisola:

1. 3 Divisioni in Piemonte e in Liguria che non si possono spo­stare perché sono la riserva delle scarse truppe che occupano la Provenza.

2. 1 Divisione Paracadutisti in costituzione a Firenze.

3. 3 Divisioni presso Roma.

4. 1 Divisione in Calabria.

5. 1 Divisione in Puglia.

6. 7-8 Divisioni da ricostituire nella Valle Padana.

 

— Delle Divisioni che sono nella Penisola solo 2 sono complete, e 5 efficienti; — sulle altre Divisioni poco si può contare almeno fino alla fine di giugno.

 

— Tutte queste Divisioni sono su sei Battaglioni scarsamente provve­duti di armi di accompagnamento; — le artiglierie divisionali sono anti­quate — non vi sono unità di carri armati, salvo i pochi carri dei tedeschi.

 

— Questo stato di cose è certamente noto agli angloamericani, a cui sono anche note le misere condizioni della nostra flotta (ridotta a 3 navi di linea, 4 incrociatori leggeri e 12. CC.TT.) e della nostra aeronautica.

 

— Il nemico potrebbe fin d'ora tentare uno sbarco nell'Italia meridio­nale. O sulle spiagge romane, o in Toscana. — Il nemico dispone di nume­rosissimi mezzi da sbarco, e se riuscisse a mettere in terra qualche gruppo di carri armati, uno sbarco potrebbe costituire per noi un enorme pericolo. — La confusione verificatasi il 14 maggio (1943) a Civitavecchia fa pensare con terrore alla possibilità di uno sbarco sulle spiagge romane.

 

— Bisogna preparare le poche nostre forze dislocate nella Penisola ad offrire una strenua resistenza onde permettere l'intervento nella lotta di truppe nostre da togliersi dalla Balcania e l'eventuale affluire di truppe te­desche dalla Germania. — Le nostre truppe dalla Balcania giungerebbero con molto ritardo e in stato poco efficiente. — Sull'arrivo di notevoli forze tedesche poco si può contare; — forse il nemico agirebbe contemporanea- mente contro la Germania e contro. l'Italia.

 

— La nostra situazione militare non è davvero lieta e dà molto da pensare.

 

V. E.

 

 

 

 

 

LETTERA DI VITTORIO EMANUELE III AL MINISTRO ACQUARONE

 

Nella crisi del fascismo un ruolo non indifferente venne svolto dalla malattia di Mussolini. In questo autografo, Vittorio Emanuele III si interessa alla salute di Mussolini indicato anche con rara accezione, come « Duce ». Vi appare inoltre la passione del Sovrano per la numismatica. La parola tedesca überbringen, su cui il re risulta incerto significa offrire.

 

 

San Rossore, 16-10-1942

 

Caro Acquarone,

 

Mille grazie per la Sua lettera, e per le notizie della salute del Duce.

 

Sta molto bene quanto ha cauto a Ruffo. Tenuto conto che Mussolini non vuole si parli della sua malattia forse è meglio che io non mi rivolga direttamente a lui per manifestargli il mio interessamento.

 

Le ho fatto telefonare da Scalici della firma dell’Amnistia; ho tenuto la relazione del Ministro Grandi.

 

Sta bene quanto prepone di fare relativamente ad Altacomba; una volta, o l'altra si dovrà poi tirare in chiaro la situazione dell'Abbazia. Grazie per le notizie relative alla P.ssa Violette di Montenegro. Qui unito troverà una lettera del Dr. Gaettens e la fotografia di una veramente molto importante e inedita moneta di Federico Landi Principe di Val di Taro; il Dr. Gaettens è un noto studioso. Se ho capito bene vorrebbe mostrarmi la moneta (non sono sicuro del significato cieli i parola überbringen): occorrerebbe fare tradurre la lettera da persona che conosce bene il tedesco. Se il Dr. Gaettens verrà in Italia fra l’8 e il 22 novembre non avrò difficoltà a vederlo.

 

Scusi, La prego, la noia che le arreco con queste righe, e mi creda

 

Suo aff.mo

 

Vittorio Emanuele

 

 

 

 

 

LETTERA DI VITTORIO CINI A MUSSOLINI

SULLA SUA NOMINA A MINISTRO DELLE COMUNICAZIONI

 

Nella lettera, scritta su carta intestate di un albergo di Cortina d’Ampezzo, il conte Vittorio Cini declina, per ragioni di salute, la nomina a ministro delle Comunicazioni avvenuta a sua insaputa. Il suo nome era stato fatto a Mussolini dal Maresciallo Cavallero per l’assunzione di responsabilità di Governo, essendo stata sospesa l’organizzazione dell’E 42, l’Esposizione Universale di Roma, di cui Cini era Commissario.

 

 

ALBERGO BELLAVISTA

CORTINA D’AMPEZZO

 

6 febbraio 1943 - XXI

 

Duce,

la inattesa notizia della mia nomina a Ministro delle Comunicazioni, trasmessa per radio, mi trova obbligato a letto dai di­sturbi di cui Vi ho parlato e che richiederanno un periodo di ri­poso e una cura rigorosa.

Come già Vi ho detto nel colloquio di lunedì u.s., sono do­lente di non potere, in queste condizioni, assumere il peso e la responsabilità di funzioni troppo impegnative. Debbo quindi per la seconda volta ripeterVi la preghiera di dispensarmi da così importante incarico, che, specie in un momento delicatissimo come questo, richiede un massimo di efficienza anche fisica.

Sarò fra giorni di ritorno a Roma e Vi pregherò di concedermi un'udienza, anche per rinnovarVi l'espressione del mio grato animo per la prova di fiducia che mi avete dato e del mio vivo rammarico di non poter corrispondere alla vostra lusinghiera designazione.

Vogliate accogliere i sensi della mia devozione.

Vittorio Cini

 

 

Vittorio Cini - Industriale e finanziere (Ferrara 1885 - Venezia 1977), senatore del Regno (1934), commissario generale dell'Esposizione universale di Roma (1936), ministro delle Comunicazioni (marzo-luglio 1943); cavaliere del lavoro (1959). Ha dato impulso alla rinascita della marineria veneziana, allo sviluppo del porto industriale di Venezia, alla bonifica della provincia di Ferrara, alla navigazione interna della valle padana e alla siderurgia italiana. Ha creato a Venezia nell'isola di S. Giorgio Maggiore (1951), in memoria del figlio Giorgio, una fondazione con scopi di educazione sociale e di promozione della cultura (con pubblicazioni, incontri internazionali, ecc.), specialmente nel campo della storia dell'arte, delle lettere, della musica e del teatro, e dei problemi economici e sociali.

 

 

 

 

 

SECONDA LETTERA DI CINI A MUSSOLINI

SULLA SUA NOMINA A MINISTRO DELLE COMUNICAZIONI

 

Nell'originale, scritto su carta intestata del Senato, Vittorio Cini ribadisce a Mussolini il suo diniego ad assumere il Ministero delle Comunicazioni, per ragioni di incompatibilità. Mussolini, secondo il suo costume, non tenne in nessun conto le riserve del conte Cini palesemente cointeressato in aziende armatoriali che egli come Ministro, avrebbe dovuto controllare e sovven­zionare. Nonostante tali impedimenti, egli dovette assumere la carica il 15 febbraio 1943. Del pari sintomatica, nello stesso « rimpa­sto » governativo, la nomina a Ministro delle Corporazioni di un malato di mente ricoverato in casa di salute. Mussolini, sa­putolo dopo che i giornali e la radio avevano ampiamente diffuso l'annuncio della nomina, chiamerà a succedergli Tullio Cianetti.

 

 

SENATO DEL REGNO

Roma, 9 febbraio 1943 - XXI

 

Duce,

a parte le condizioni di salute di cui alla mia precedente let­tera, debbo, per un doveroso senso di delicatezza, prospettarVi una situazione che — a mio avviso — costituisce motivo di incompatibilità con la carica di Ministro delle Comunicazioni.

 

Una delle Società del « Gruppo Veneziano », al quale io sono, com'è noto, personalmente interessato, e precisamente la « So­cietà Cotonificio Veneziano - Soc. Industriale e di Investimenti » di Fiume, che esercita, sotto il controllo del Ministero delle Co­municazioni, alcuni servizi marittimi sovvenzionati dallo Stato, nonché il cinquanta per cento delle azioni della « Società Italia­na di Armamento » di Fiume, la quale, sia per le navi già co­struite e perdute per fatto di guerra, sia per quelle in esercizio ed in corso di costruzione, ha importanti rapporti economici con detto Ministero. Essa controlla inoltre la « Società Veneta per la Costruzione e l'Esercizio di Ferrovie Secondarie Italiane » di Padova ed ha un'interessenza nella « Compagnia Internazio­nale delle Carrozze con letti ».

 

Vogliate, Duce, considerare quanto sopra, poiché ripeto, tali circostanze costituiscono a mio avviso, ragione d'incompatibilità con la carica che dovrei assumere.

 

Con ossequio,

Vittorio Cini

 

 

 

 

 

 RELAZIONE DI CINI SULLO STATO DELLA FLOTTA MERCANTILE

 

Rapporto steso agli inizi del marzo 1943. L'originale — su carta intestata del Ministero delle Comunica­zioni — documenta l'irrimediabile aumento delle perdite di navi, e la paralisi dei porti italiani per effetto delle incursioni aeree nemiche.

 

 

Roma, 3 marzo 1943 - XXX

 

SITUAZIONE DELLA FLOTTA MERCANTILE

 

Duce,

assunte il 15 febbraio le funzioni della mia carica, ho subito proceduto ad un rapido esame panoramico dei vari servizi di questa vasta e complessa Amministrazione.

 

Mi riservo di riferirVi esaurientemente, settore per settore, man mano che disporrò dei dati e degli elementi necessari per fare il punto della situazione, procedere all'esame critico di essa e — quello che pii conta — per proporre i provvedimenti ri­chiesti dalle circostanze.

 

Posso intanto anticipare l'impressione che non è il caso di at­tendersi un sostanziale miglioramento della situazione; sarà anzi da considerare notevole risultato quello di tenere le attuali po­sizioni, dato che tutti i mezzi del traffico hanno raggiunto un grado di tensione e di saturazione difficilmente superabile.

 

Sulle condizioni della Marina Mercantile, che è di gran lunga la più grave e preoccupante, ho portato per primo il mio esame e sono ora in grado di riferire.

 

Indubbiamente questa limitata consistenza della flotta mer­cantile da carico è inadeguata alle attuali necessità belliche e ci­vili e tanto più inadeguata si appalesa, se considerata alla stre­gua delle maggiori necessità di domani, delle crescenti difficoltà e delle sempre più intense offese nemiche.

 

Le perdite di navi per affondamenti, nonostante che il fronte africano sia ridotto alla Tunisia, hanno assunto negli ultimi mesi un ritmo pauroso:

— nel gennaio T.S.L. 87.818, comprese le autoaffondate nel porto di Tripoli;

— nel febbraio, T.S.L. 69.438.

 

Limitatissime le reintegrazioni da contrapporre alle perdite. Su tre soli apporti si può ancora contare:

a) sulla residua acquisizione delle navi francesi da carico (50.000 T.S.L. circa), parecchie delle quali a combustione liqui­da e quindi di non utilizzo per scarsezza di combustibile;

b) sulla riduzione di tonnellaggio attualmente inutilizzato per avarie.

Al riguardo è da notare peraltro che i lavori di costruzione e di riparazione procedono con lentezza esasperante e che il nume­ro delle navi in avaria, anziché diminuire aumenta continuamen­te. Ben 310.000 T.S.L. complessivamente, risultano in avaria al 10 corrente, delle quali 251.390 da « carico secco » e cioè il 25% di tutto il naviglio da carico.

 

Navi danneggiate che hanno raggiunto il porto di riparazione nel 1941 non sono ancora pronte.

 

Navi di nuova costruzione or­dinate nel. 1939 non sono ancora consegnate o addirittura varate.

 

Necessità urgenti della R. Marina, venutesi a sovrapporre volta a volta a quelle della Marina Mercantile, hanno pregiudicato la realizzazione dei programmi di lavoro per le costruzioni e le riparazioni di navi mercantili.

 

Inoltre i Cantieri Navali hanno dovuto ridurre la loro attivi­tà, sia per difetto di mano d'opera, sia per deficienza di bacini di carenaggio.

 

In una parola, tutto quanto ha attinenza alla flotta mercan­tile non ha avuto la considerazione di necessità, anzi indispensa­bilità, che doveva avere. Ma su ciò farò seguito con relazione dettagliata.

 

Va aggiunto che la flotta da carico, oltre ad esser ridotta a consistenza assai limitata, si trova per la maggior parte delle navi in condizione di efficienza e quindi di utilizzazione molto sfavorevoli.

 

Le navi residue, tranne poche eccezioni, sono le più vecchie, le più lente, le più bisognevoli di manutenzione, essendosi uti­lizzate e perdute le navi migliori sulle rotte più esposte.

 

La necessità di intensificare al massimo l'impiego della flotta e la denunciata insufficienza dei Cantieri Navali hanno impedito ed impediscono di apportare alle unità in servizio il sollievo delle necessarie opere di manutenzione.

 

Anche il coefficiente di utilizzazione della flotta tende sem­pre più a diminuire. Le aumentate insidie belliche obbligano ad ampi dirottamenti e fermi durante il viaggio. Le necessità della difesa del traffico e la penuria dei mezzi di scorta marittima ed aerea costringono le navi a soste anche lunghe nei porti; mentre talvolta devono salpare col carico incompleto e spesso rinunziare a quello di ritorno.

 

Le operazioni di carica e discarica si svolgono con lentezza e difficoltà, sia per le offese aeree, sia perché il traffico è spostato verso approdi male attrezzati, sia perché i richiami alle armi hanno creato molti vuoti nelle Compagnie dei Lavoratori Por­tuali, riducendone la efficienza organizzativa.

 

Ho preso di urgenza provvedimenti per migliorare la situazio­ne dei porti, specie di quelli siculi e di Palermo in particolare, la cui attività era quasi paralizzata.

 

A Palermo dove si riscontrano le maggiori difficoltà per l'eccezionale mole di lavoro che ora vi fa capo per i frequenti attacchi aerei, ho inviato un Generale di Porto con pieni poteri per coordinare i vari servizi, assicurare la disponibilità della ma­no d'opera occorrente a organizzare la indispensabile assistenza a favore dei lavoratori per il vitto, gli alloggi ed i ricoveri; alle maestranze portuali ho concesso un trattamento economico suffi­cientemente remunerativo.

 

D'intesa col Comitato Supremo (Comitato di Coordinamento e Direzione superiore trasporti), valendomi della collaborazione delle organizzazioni Sindacali-Corporative competenti ed utilizzando la organizzazione della Finmare adotterò provvedimenti atti a meglio regolare la carica e la discarica delle navi, la più razionale utilizzazione di esse e l'acceleramento del ritmo delle riparazioni nei Cantieri.

 

Anche nell'Amministrazione Centrale della Marina Mercantile ho riscontrato deficienze di organizzazione soprattutto per la scar­sezza del personale. Provvederò con qualche integrazione quanti­tativa e qualitativa.

 

Tutto ciò concorrerà indubbiamente a migliorare il coeffi­ciente di utilizzazione della flotta; ma la situazione non muta sostanzialmente e la gravità permane estrema; la consistenza del naviglio è quella che è, miglioramenti apprezzabili non se ne possono apportare.

 

Alla stregua delle perdite degli ultimi mesi, anche ammesso un ritmo più ridotto di affondamenti, la situazione si presenta paurosa. Basta prevedere un'ulteriore importante percentuale di riduzione della flotta efficiente perché la crisi dei trasporti, già in atto, diventi irrimediabile e si ripercuota a sua volta sui dieci teatri di operazioni oltremare (Tunisia, Egeo, Creta, Grecia, Al­bania, Montenegro, Dalmazia, Corsica, Sardegna e Sicilia).

 

Urge affrontare l'esame della situazione con senso realistico per le decisioni che le circostanze reclamano. Tanto più che la Di­rezione Superiore dei Trasporti ha richiesto di recente ulteriori 30.000 tonnellate di navi per la Grecia e 35.000 tonnellate in sostituzione di altre affondate, mentre ha fatto presente l'even­tualità che occorra altro naviglio per la deprecabile ipotesi che sia compromessa la continuità del traffico ferroviario fra il conti­nente e la Sicilia. Richieste tutte alle quali non è dato corrispondere neppure parzialmente.

 

La visione prospettata può sembrare pessimistica, ma scaturi­sce dall'esame obiettivo dello stato delle cose che, gravissimo oggi, potrebbe essere senza riparo a brevissima distanza di tempo.

Come Vi ho proposto nel colloquio del 1° corrente, Vi confer­mo, Duce, la necessità di indire una riunione di tutti gli interes­sati al fondamentale problema affinché ognuno, compreso della necessità di adeguare i programmi e gli obiettivi alla effettiva disponibilità dei mezzi, manifesti inequivocabilmente il proprio avviso, assuma intere le proprie responsabilità.

 

Vittorio Cini

 

 

 

 

 

 NOTA DI CINI A MUSSOLINI SULLA MARINA MERCANTILE

 

Consegnato personalmente da Cini a Mussolini, in vista dell’incontro al vertice di Klessheim (7-10 aprile 1943), il documento è la drammatica testimonianza di una situazione divenuta insostenibile. Non ebbe però l'effetto di provo­care adeguate contromisure, anche perché, durante i colloqui, non risulta che sia stato esibito a Hitler e al comandante della Kriegsmarine, Grande Am­miraglio Doenitz.

 

 

Roma, lì 3 aprile 1943 – XXI

 

Duce,

 

con lettera del 3, 5, 20 marzo e verbalmente nelle riunioni de­gli S.M. del 10 e 12 dello stesso mese, avvertivo che le previsioni da me formulate potevano apparire — ma non erano — ispirate a pessimismo, bensì agli esami obiettivi degli elementi di fatto.

 

La situazione del 10 aprile presenta purtroppo un ulteriore gravissimo peggioramento rispetto a quelle previsioni.

 

Infatti l'apporto del mese di marzo, previsto in 70 mila T.S.L. per nuove costruzioni, riparazioni e navi francesi, è risultato di sole 37.882 T.S.L. a causa soprattutto della mancata consegna delle navi francesi che, secondo comunicazioni del Rappresentante del Governo Tedesco, saranno messe a disposizione gradualmen­te da aprile ad agosto.

 

Le diminuzioni dello stesso mese di marzo ammontano, inve­ce, a 132.803 T.S.L. (56.040 per affondamenti e 76.763 per avarie) in confronto alle 100 mila T.S.L. previste (60 mila per affondamenti e 40 mila per avarie).

 

E così la flotta da « carico secco » efficiente risulta ridotta al 10 aprile a sole 500 mila T.S.L. circa con un peggioramento complessivo di quasi 100 mila T.S.L. rispetto al mese prece­dente.

Aggiungasi che nessun aumento si è avuto nelle maestranze dei Cantieri per accelerare il ritmo delle nuove costruzioni e delle riparazioni. Dei 25 mila operai specializzati (7 mila da eso­nerare e 18 mila da trasferire da altre industrie) dei quali era stata assicurata la pronta disponibilità (15 mila per la marina mercantile e 10 mila per la R. Marina) solo un centinaio si è presentato per ora al lavoro.

 

Infine, anziché migliorare, il coefficiente di utilizzo della flotta è in costante riduzione per la sempre maggior deficienza di scorta ai convogli, l'accresciuta intensità delle offese nemiche, le conti­nue devastazioni dei porti, particolarmente di Napoli, Palermo e Cagliari, che neutralizzano gli sforzi per potenziare i mezzi di carica e discarica.

 

In conclusione, la situazione di fatto che si è determinata è ancora più grave e preoccupante di quella precedentemente se­gnalata e la crisi si manifesta molto più prossima.

 

Vi prego, Duce, di non perdere la favorevole occasione che vi si presenta per prospettare al Führer ed al suo S.M. nei termini più chiari ed energici, la tragicità della nostra insostenibile situazione ed insistere perché si addivenga al più presto ad una soluzione radicale.

 

Vittorio Cini

 

 

 

 

 

DICHIARAZIONI DI CINI AL CONSIGLIO DEI MINISTRI
19 giugno 1943

 

Testo integrale delle dichiarazioni fatte dal sen. Cini du­rante l'ultima seduta del Consiglio dei Ministri, convocato e presieduto da Mussolini. Costituisce il precedente dell’atteggiamento di aperta critica che verrà largamente assunto dai con firmatari dell'o.d.g. Grandi il 24-25 luglio 1943.

 

 

Abbiamo ascoltato con grande interesse e dolore dalla vostra viva voce la tristissima vicenda di Pantelleria. Abbiamo seguito con interesse la sintesi da voi tracciata sulla situazione delle gran­di isole e sulle vostre previsioni circa eventuali offensive nemi­che che discordano con quelle dello Stato Maggiore. Efficace sintesi, però frammentaria e parziale nel grande quadro della situazione generale.

 

Questo mi dà lo spunto per proporvi ciò che del resto avevo in animo di chiedervi interpretando anche il desiderio dei colle­ghi, per lo meno di alcuni; e cioè di procedere ad un ampio approfondito esame della situazione politica generale sotto i suoi molteplici aspetti interni ed esterni, politici ed economici, mili­tari e civili, materiali e spirituali.

 

Nessun organo più e meglio di questo può farlo. Anzi, è que­sto oggi, il solo organo in grado di farlo.

 

Noi abbiamo diritto di dirvi il nostro pensiero — voi avete il dovere di conoscerlo.

 

Potrà forse sembrare comodo — non a me sicuro — ma non è certo onesto; soprattutto è ingenuo e infantile credere che si possa perpetuare l'equivoco del silenzio trincerandosi dietro le responsabilità del Capo del Governo.

 

Il momento è così grave — anzi così drammatico — per il Paese da richiedere che chi ha, come noi, situazione di alta re­sponsabilità, manifesti il proprio pensiero inequivocabilmente, assuma intera la propria responsabilità.

 

D'altronde gli stessi problemi tecnici non possono prescindere dalle ragioni e dai riflessi politici.

 

Come fare programmi senza conoscere le direttrici di marcia, senza sapere dove si vuole arrivare? Quali obiettivi prossimi e lontani, quali previsioni e ipotesi da parte di chi ha la responsa­bilità della condotta della guerra? Quali risorse di cui dispo­niamo? Quali, in una parola, i coefficienti di resistenza, quali i presupposti di vittoria?

 

Solo dalla risposta a questi e ad altri interrogativi e cioè da un'ampia discussione alla quale ognuno porti il contributo della propria conoscenza, esperienza e sensibilità si possono trarre elementi per formulare programmi anche tecnici. E tanto più è ne­cessaria la conoscenza di tali elementi, in quanto la nostra estre­ma povertà non ci consente più il lusso di sbagliare... È un lusso che possono permettersi i nostri nemici.

 

Sino a quando la fortuna, sino a quando il così detto stellone accompagna, si può anche procedere ad occhi bendati (non per niente la fortuna si rappresenta così), ma quando esso comincia a declinare occorre guardare bene avanti per non precipitare nel baratro.

 

Si può tutto osare per sé come individui, non come Popolo.

 

Noi esercitiamo oggi la funzione dell'antemurale. Sopportiamo l'urto, il peso, e quindi il danno massimo della guerra. Potremo durare?

 

Esercito, aviazione, flotta da guerra e mercantile decimati; impianti ferroviari e marittimi sconvolti; centri produttivi paraliz­zati; alimentazione scarsissima; città distrutte; popolazioni colpi­te, senza rifugi, senza difese...

 

Bruciamo tutte le cartucce, esauriamo le nostre riserve. E sta bene; ma dobbiamo sapere se, gettando nella fornace sino all'ul­timo uomo e sino all'ultimo mezzo miglioriamo, o peggioriamo la situazione. Dobbiamo sapere se le nostre ultime risorse sono utilmente impiegate.

 

Non potete continuare ad essere, come lo siete da tre anni, sorpreso dagli avvenimenti.

 

Non giudico — constato — e men che meno propongo solu­zioni: chiedo che si esamini e si discuta.

 

Le soluzioni debbono scaturire dagli esami obiettivi degli ele­menti di giudizio che a noi forse difettano. Ed è appunto per averli che io propongo che si discuta la situazione generale. Alla discussione seguiranno le proposte e alle proposte le eventuali decisioni.

 

Sono pronto ad optare per la guerra o per la pace o per altra soluzione intermedia; ma secondo quanto risulterà dall'esame obiettivo della situazione.

 

Una sola cosa è per me fin da ora ben chiara: tanto nelle ipo­tesi estreme quanto nelle intermedie s'impone un mutamento di programma e di metodi; quelli adottati sin qui non hanno certo dato buoni risultati.

 

Se si deve continuare la guerra, ebbene la si faccia nel migliore dei modi, dandovi carattere nazionale, affidandone il comando e quindi la responsabilità a chi spetta, prescindendo nella sua condotta da ragioni che non siano assolutamente tecniche, assu­mendo verso l'alleato un atteggiamento più forte e fermo, ade­guando gli obiettivi alle reali possibilità e non viceversa; coordi­nando ogni mezzo e risorsa, impostando diversamente la propa­ganda, sia per l'interno che per l'esterno. All'interno per modi­ficare la mentalità e lo spirito degli Italiani, all'esterno per incu­tere maggior rispetto.

 

E se si deve fare la pace, poiché alla Pace dovrete pur pensare per non essere colto di sorpresa come vi ha colto di sorpresa la guerra... occorre prepararsi a farla come si conviene, creando i presupposti favorevoli, istituendo dei rapporti indiretti per even­tuali soluzioni, non chiudendosi le porte alle spalle, anzi predi­sponendo le possibili vie d'uscita — prescindendo da motivi per­sonali ed avendo presente solo e sempre il bene e l'interesse della Patria!

 

In ogni caso occorre avere programmi e idee chiari e soprat­tutto tempestività d'azione, che è la base di ogni successo.

 

Ripeto: non giudico, constato, non anticipo decisioni, chiedo si esamini.

 

Facciamo intanto la diagnosi. Facciamo come si suol dire il punto della situazione. Penseremo poi alle cure.

 

Certo non è questo il momento per fare solo della ordinaria amministrazione, e per di più disordinata.

 

Dopo tre lunghi anni di guerra distruggitrice quale nessun'al­tra mai — dopo immensi dolori e sacrifici — di fronte a previ­sioni sempre più nere, un esame realistico della situazione politico-militare si impone.

 

Diminuiscono le nostre possibilità di difesa, aumentano quel­le avversarie.

 

È inutile, peggio, è dannoso dissimularlo; chiudere gli occhi; turarsi le orecchie, per non udire, per non vedere.

 

Ovunque si soffre e si impreca. Ovunque situazioni tese che possono da un momento all'altro degenerare.

 

Interveniamo sino a che siamo in tempo, prima che si crei l'irreparabile; siamo ancora in tempo, ne sono convinto. Io sono fondamentalmente un ottimista perché sono un costruttore nella vita.

 

Risolviamo la situazione dall'interno prima che sia imposta la soluzione dall'esterno e non aspettiamo — come avete ammoni­to — la dodicesima ora.

 

Vittorio Cini

 

 

 

 

 

LA « GUARDIA AI LABARI »

 

L'istituzione della « Guardia ai Labari » fu l'ultimo prov­vedimento firmato da Aldo Vidussoni, il giorno stesso della sua sostituzione da Segretario del PNF.

 

 

PARTITO NAZIONALE FASCISTA
DIRETTORIO NAZIONALE

PALAZZO LITTORIO
ROMA

 

1/28/1/291

 

Roma, lì 17 aprile 1943 - XXI

 

Circolare riservata

ai Segretari Federali

 

In aggiunta alla scorta d'onore prevista dall'art. 1 del Regola­mento del P.N.F. per i Labari delle Federazioni ed i Gagliardetti dei Fasci e Gruppi Rionali, è istituita una « Scorta speciale alle Insegne del P.N.F. ed Associazioni dipendenti » da formarsi pres­so tutte le Federazioni e presso i Fasci di maggiore importanza per i Labari, Gagliardetti e Fiamme del Comando G.I.L., Gruppo Fascista Universitario, Associazione Fascista Famiglie Caduti Mutilati e Feriti per la Rivoluzione, Associazione Fascista delle Scuole, del Pubblico Impiego, dei Ferrovieri, dei Postelegrafoni­ci, degli Addetti Aziende Industriali dello Stato, Dopolavoro, U.N.U.C.I. Volontari d'Italia, Arditi d'Italia e di tutti i Reparti di Arma.

 

Ogni scorta sarà costituita da non meno di 25 elementi parti­colarmente idonei con a capo un « Comandante della Scorta ». È opportuno che vi siano chiamati a far parte accanto agli an­ziani, i giovani camerati specialmente reduci dalle guerre at­tuali, che si siano dimostrati animati dallo stesso fervore della vecchia guardia. Tengasi presente l'opportunità di reclutare gli elementi nella categoria che l'Insegna rappresenta.

 

Attuata con i dovuti accorgimenti, senza alcuna forma pub­blicitaria e curata dai Federali con l'esatta comprensione delle esigenze organizzative del momento, l'iniziativa della scorta alle Insegne potrà rappresentare la creazione di un compatto gruppo di fascisti di pieno affidamento. attorno al Segretario Federale.

 

Attendo al pi ú presto un breve rapporto su quanto sarà stato effettuato.

 

IL SEGRETARIO DEL P.N.F.

(Aldo Vidussoni)

 

 

Carlo Scorza, successore di Aldo Vidussoni alla Segreteria del PNF, completa tre mesi dopo le disposizioni circa la « Guardia ai Labari ».

 

 

PARTITO NAZIONALE FASCISTA
DIRETTORIO NAZIONALE

ROMA
SEDE LITTORIA

 

Roma, 23 giugno 1943 – XXI

 

Circolare n. DB/Cs/1bis/841

 

N. 463

 

Riservata personale

a tutti i Segretari Federali

 

Per opportuna tua personale conoscenza e per chiarire i futuri rapporti con i Comandanti della Milizia a proposito della costituzione della « Guardia ai Labari » ti comunico che ho fis­sato con il Capo di Stato Maggiore della Milizia i seguenti punti definitivi:

 

1) Che l'iscrizione alla Milizia deriva solo dalla necessità di garantire gli iscritti alla « Guardia ai Labari » di fronte alla legge.

 

2) Che la « Guardia ai Labari » resta ad assoluta ed esclu­siva disposizione dei Segretari dei Fasci, dei Segretari Federali e del Direttorio Nazionale, per svolgere quella qualunque azione che le gerarchie fasciste ritenessero indispensabile in difesa della Rivoluzione, collaborando — ove le necessità lo richiedano —con la Milizia e con le altre Forze Armate dello Stato.

 

3) La scelta, l'arruolamento, l'inquadramento, l'addestra­mento restano di esclusiva competenza dell'organizzazione poli­tica.

 

Tutto quanto precede, s'intende, è fatto per la pii ampia au­tonomia da parte dell'organizzazione della « Guardia ai Labari » e per non impegnare la Milizia ove non fosse strettamente indi­spensabile.

 

Cordiali saluti

 

IL SEGRETARIO DEL P.N.F.

(Carlo Scorza)

 

VINCERE

 

 

 

 

 

LETTERA DI DIMISSIONI DI CINI DA MINISTRO

 

In Regime fascista si diceva che le uniche dimissioni accet­tate dal Duce erano quelle che non gli erano state presentate. In questo caso, invece, l'iniziativa delle dimissioni da Ministro parte dall'interessato, il conte Cini. Mussolini farà annunciare dalla radio e dai giornali di averle accettate, solo un mese dopo, alla vigilia della riunione del Gran Consiglio.

 

 

Roma, 24 giugno 1943 - XXI

 

Duce,

 

Ho meditato a lungo ed esitato prima di prendere la decisione che Vi sottopongo.

 

Premetto alcune precisazioni che non potei fare nella seduta del Consiglio dei Ministri del 19, tolta prima che avessi il tempo di riprendere la parola.

 

In quella seduta denunciai l'estrema gravità del momento, af­fermai la necessità di mutare i metodi che hanno dato sin qui risultati sfavorevoli, proposi di procedere ad un approfondito esame della situazione generale nei suoi vari aspetti e precisai che non intendevo anticipare soluzioni, le quali solo possono e debbono scaturire dall'esame obiettivo della situazione stessa.

 

Voi, Duce, non accoglieste la mia proposta, vi accennaste solo per escluderne la pratica utilità con il riferimento alle « accade­mie »; vi soffermaste invece sul tema della « pace » quasi che io ne avessi promosso la discussione, mentre non solo non posi il problema, ma dissi anzi chiaramente che a qualsiasi soluzione non si può ragionevolmente pensare senza i necessari elementi di giudizio.

 

Il mio accenno alla pace aveva lo scopo di avvertire che essa non deve trovarci impreparati, come impreparati ci colse la guerra.

 

Voi escludeste altresì l'utilità della discussione perché giudi­cate la situazione tale da non consentire alcune possibilità di scelta, riassumendo il vostro pensiero nella risoluta perentoria espressione: « bruciare i vascelli alle spalle ». Consentitemi di pensare che tale imperativo può valere per gli individui, ma non per i popoli. Si bruciano i vascelli quando ogni altra alternativa è esclusa; quando si è alla disperazione, ma questo non è il no­stro caso.

 

Ad ogni modo, ripeto, la mia proposta non tendeva ad aprire una discussione sulla pace; tendeva a conoscere se Voi ammet­tete o meno i Vostri collaboratori a quell'esame della politica ge­nerale che ritengo premessa indispensabile di ogni responsabilità consapevole.

 

Emerse invece il chiaro vostro intendimento di limitare la nostra collaborazione al solo campo tecnico.

 

Non discuto; però sarei reticente se non esprimessi chiaro il mio dissenso su questo punto essenziale. Tutti o quasi pensano come me; nessuno osa dirvelo. Ma io preferisco spiacervi piuttosto che tradire la vostra fiducia.

 

Fatte queste necessarie precisazioni, debbo, Duce, rinnovarVi la preghiera di esonerarmi dalla carica che, come sapete, solo il senso della disciplina e del dovere mi indusse ad assumere in un momento già grave.

 

A prescindere dai motivi di salute che permangono, ragioni di profondo disagio mi fanno insistere nella mia preghiera. Vi concorre decisamente quello stesso dovere di lealtà verso di Voi che avverto tanto più profondamente, quanto maggiori sono state la considerazione e la simpatia che mi avete dimostrate.

 

La consapevolezza della situazione attuale e della mia respon­sabilità vuole che io, pur insistendo nella richiesta del mio allon­tanamento, lasci giudice Voi del momento in cui debba attuarsi.

 

Interpretate, Vi prego, la mia decisione con lo stesso animo al quale è inspirata.

 

Devotamente

 

Vittorio Cini

 

 

 

 

 

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