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IL SECONDO MEMORIALE PIETROMARCHI

DOCUMENTI DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

 

9.6.1940

 

Il secondo memoriale Pietromarchi

Il ministro plenipotenziario Luca Pietromarchi, capo dell'Ufficio "Guerra economica" presso il ministero degli Esteri, ha inviato al Duce un secondo rap­porto concernente il blocco e i danni sofferti dall'Italia. Eccone il testo:

 

Duce, la relazione presentata l’11 maggio segnalava i danni arre­cati alla economia della Nazione dal controllo alleato sui traffici marittimi. Le repliche mosse a tale esposizione circostanziata dei si­stemi applicati e delle conseguenze subite non hanno potuto in­firmarne la portata giacché non era possibile contestare l'esattezza dei fatti citati.

L'affermazione, ad esempio, che gli alleati, lungi dal fare del bloc­co uno strumento di egemonia commerciale, non hanno nemmeno preteso valersi di tutti i diritti loro spettanti quali Potenze bellige­ranti, ha per il popolo italiano il sapore di un amaro sarcasmo. Lo stesso dicasi quando si pretende far "tabula rasa" delle prove ad­dotte sull'intollerabilità del controllo con lo specioso argomento che, anziché essere soffocata dal blocco, l'economia italiana ha avu­to, nel corso degli ultimi mesi, un considerevole sviluppo, quasi che al popolo italiano non resti che ringraziare le autorità di controllo dei sacrifici del blocco.

Ugualmente destituita di fondamento è l'asserzione che i fermi e i dirottamenti di navi risalgano quasi tutti ai primi mesi della guerra o che riguardino solo piroscafi di minor conto. È vero, al contrario, che una recrudescenza di dirottamenti, soprattutto nel Mediterra­neo orientale, si è verificata nel mese di aprile. In tal mese sono stati fermati o dirottati 69 piroscafi, il numero delle giornate di sosta è stato di 337, quello dei giorni perduti in dirottamenti 45 con un to­tale di 382 giorni perduti.

Dal 1° al 25 maggio i piroscafi fermati sono stati 33 con un totale

di 105 giornate di sosta. Complessivamente i fermi e i dirottamenti di navi nazionali sono giunti alla cifra di 1.347 alla data del 25 mag­gio.

E non soltanto i piroscafi mercantili o quelli di minor tonnellag­gio sono stati sottoposti ai fermi e ai dirottamenti, anche i transa­tlantici di lusso addetti alle linee celeri con le Americhe sono stati costretti a subire ritardi tali da portare grave pregiudizio all'eserci­zio delle linee stesse e agli interessi dei passeggeri. È evidente che per tali transatlantici anche poche ore di ritardo in uno scalo non previ­sto siano sufficienti a provocare il ritardo di un giorno nell'arrivo determinando un notevole perturbamento degli itinerari predispo­sti e delle corrispondenze con le altre linee, oltre a causare perdite fi­nanziarie sempre gravi alle Compagnie armatrici.

Così il transatlantico "Rex", addetto alla linea celere di gran lus­so con il Nord America, è stato trattenuto dodici ore a Gibilterra il 5 maggio, il transatlantico "Conte di Savoia" è stato trattenuto a Gi­bilterra il 6 maggio nove ore.

Tutte queste conseguenze di un duro sistema di controllo era­no state chiaramente prevedute dal Governo fascista che non attese l'aggravarsi della situazione per agire con la sua abituale risolutezza. La sua presa di posizione fu netta. Esso, pretese, fino dall'inizio, che le misure relative al controllo rimanessero nei limiti ben circoscritti del Diritto internazionale, né mancò di formulare le più precise pro­teste contro le disposizioni illegali delle quali si rifiutò di riconosce­re l'applicazione.

Desideroso d'altro canto che le proteste non restassero sterili e schivo di ogni comoda posizione di agnosticismo, esso scese imme­diatamente sul teatro delle realizzazioni pratiche, col presentare alle autorità di controllo delle proposte precise, dirette a ricondurre il sistema da esse adottato sul terreno della legalità e a promuovere, di comune accordo, una procedura semplice, pratica e sufficiente­mente elastica.

Viceversa la situazione venne costantemente ad aggravarsi. Il 28 novembre i Governi britannico e francese proibirono tutti i traspor­ti marittimi di merci dai porti germanici, nonché la esportazione di tutte le merci di origine germanica dai porti dei Paesi non belli­geranti.

Per effetto di tale divieto tutte le misure del controllo, gravanti fino allora sulle loro importazioni, vennero "ipso facto" estese alle esportazioni. In un avviso delle autorità di controllo, gli armatori dei Paesi non belligeranti furono ammoniti di dare istruzioni ai ca­pitani delle proprie navi di fare scalo nelle basi alleate giacché ove non vi avessero fatto scalo volontariamente, le navi predette avreb­bero potuto esservi dirottate per l'esame del carico.

Il controllo esteso così alla totalità delle importazioni e delle e­sportazioni, costituiva una forma larvata di blocco ai danni dei Paesi non belligeranti e in particolare dell'Italia. Delle misure urgentissi­me di difesa erano necessarie. In conformità alle istruzioni impartite in tali contingenze, venne attuato uno stretto coordinamento tra le amministrazioni più direttamente interessate e l'unità d'azione per controbattere il blocco fu accentrata nell'Ufficio della guerra econo­mica appositamente costituito. L'Ufficio riprese immediatamente le trattative in seno al Comitato permanente italo-britannico, patroci­nando i seguenti punti:

1) abolizione del dirottamento delle navi;

2) estensione del sistema dei "Navicert";

3) esclusione del controllo sulle esportazioni con far accompa­gnare le merci esportate da un certificato d'origine delle autorità corporative italiane;

4) abolizione del controllo sulle comunicazioni fra l'Italia, l'Albania, il Dodecanneso, la Libia e l'Africa orientale italiana.

Un pro-memoria, contenente precise proposte in tal senso, ven­ne presentato alla Delegazione britannica nella riunione dell’11 di­cembre 1939. In attesa che le misure proposte venissero prese in considerazione, il Governo fascista segnalò a Londra la situazione estremamente grave che si era venuta creando a danno dei traffici nazionali in conseguenza dei sequestri e dei vincoli, sempre più nu­merosi, di merci italiane.

Non solo le banchine dei porti di controllo erano ingombre di merci, ma gli stessi porti italiani erano congestionati a un punto inverosimile dalle partite vincolate dalle autorità di controllo. Non es­sendo più sufficienti le banchine, si era anche ricorso al sistema di trattenere le merci a bordo delle navi, così che queste ultime erano diventate dei depositi a disposizione delle autorità di controllo, con la conseguente impossibilità di attendere il loro normale servizio.

Eravamo in presenza di una vera paralisi dei nostri commerci: i carichi si deterioravano; i diritti di magazzinaggio salivano a cifre a­stronomiche; più di uno stabilimento industriale era costretto, per il ritardo delle materie prime, a sospendere e a ridurre la lavora­zione.
Fu perciò preteso e ottenuto un colpo di spugna per tutte le mer­ci vincolate. Il 28 dicembre ebbe inizio il decongestionamento dei porti. Il 5 gennaio le proposte italiane di una nuova procedura per l'applicazione del controllo furono discusse dal Comitato perma­nente italo-britannico.

Con quale spirito il Governo di Londra prendesse in considera­zione le proposte italiane fu dimostrato da un pro-memoria, rimes­so in data 9 gennaio dal presidente della Delegazione britannica, per far conoscere che un alleggerimento del controllo era bensì possibi­le, a condizione che l'Italia si sottomettesse a una politica di "con­tingentamento". Al paragrafo 9 di detto "memorandum" era infatti proposto di "sostituire" alle garanzie specifiche date ora dai privati italiani interessati delle garanzie globali, redatte secondo la stessa formula, per dei COMPLESSI DI MERCI, SPECIALMENTE MATERIE PRIME, DI CUI GLI IMPORTATORI INTERESSATI RITENGONO DI AVERE BISOGNO PER DATI PERIODI.

Nel paragrafo 10 era precisato che "gli accordi" circa tali garan­zie sarebbero presi direttamente dal presidente o da un membro della. Delegazione inglese del Comitato italo-britannico, NEI RIGUARDI DEI QUANTITATIVI E DEI PERIODI DI TEMPO. Nei paragrafi successivi

erano previste le modalità per modificare, ove fosse stato necessa­rio, i contingenti stabiliti.

Era ben comprensibile che il governo fascista si rifiutasse, come difatti si rifiutò, non solo di discutere, ma benanco di prendere in considerazione una proposta di tal genere, altamente lesiva della sovranità, della libertà e del prestigio dello Stato italiano. E tuttavia da ritenere lo scopo della proposta britannica: di servirsi, cioè, del controllo, esercitato nel modo più rigido e totalitario, per obbligare l'Italia ad accettare una limitazione delle sue importazioni, metterla in tal modo nell'impossibilità di costituirsi delle riserve e di portare avanti a ritmo accelerato la sua preparazione bellica, e nello stesso tempo mettere a disposizione del Governo inglese dettagliate e com­plete informazioni sul nostro programma di rifornimenti e sul fab­bisogno della produzione nazionale.

Il Governo italiano, nel respingere la proposta inglese, tornò ad insistere sul valore della garanzia che esso si era dichiarato disposto a concedere nel progetto d'accordo per il commercio ed i traffici.

Riferisco alcuni casi di fermo particolarmente ingiustificati ve­rificatisi nel più recente periodo: la nave "Campidoglio" della ga­ranzia "hold back" che gli ufficiali di controllo rifiutarono di accettare. Peraltro dopo un giorno di sosta a Malta, dal 22 al 23 aprile, la garanzia fu accettata e la nave poté riprendere il viaggio.

Il piroscafo "San Pietro", nonostante avesse ricevuto l'autorizzazione a partire dalle autorità francesi di Marsiglia, ove la nave ave­va lungamente sostato per scaricare i minerali di ferro imbarcati a Melilla, fu fermato a Gibilterra dal 24 al 25 aprile, benché viag­giasse a vuoto.

Il piroscafo "Villarperosa" è stato trattenuto a Gibilterra cinque giorni, dal 21 al 25 aprile, per una piccola differenza di 350 tonnellate riscontrata fra il quantitativo di rottami di ferro indicato nei "Navicert" e quello segnato nella polizza di carico.

La navecisterna "Alberto Fassio", recante 3.500 tonnellate di petrolio da Costanza per Napoli a destinazione dell'Agip, è stata di­rottata su Malta l'11 maggio, malgrado che l'Agip avesse fornito da oltre venti giorni regolari garanzie alle autorità britanniche.

Speciale menzione merita il caso della motocisterna "Nautilus" fermata e sottoposta a visita di controllo da una unità da guerra bri­tannica il 22 aprile, mentre navigava da Karavassai a Valona, vale a dire in pieno Adriatico, nonostante che il traffico tra l'Italia e l'Al­bania non abbia evidentemente alcuna rilevanza agli effetti del contrabbando. Il piroscafo "Alicantino", nel suo viaggio da Casalbanca a Genova, è stato fermato a Marsiglia il 10 aprile scorso ed ivi trattenuto fino al 15 dello stesso mese. Le autorità francesi di blocco hanno cioè impiegato ben cinque giorni per esercitare il controllo su meno di 150 tonnellate di merce delle quali è stato ordinato lo sbarco.

Il piroscafo "Africana", in viaggio da Genova per gli Stati Uniti d'America, è stato fermato il 20 aprile 1940 da una cannoniera inglese al largo di Punta Europa e trattenuto a Gibilterra per le openazioni di controllo fino al 3 maggio, cioè 14 giorni.

Il 5 maggio, il "Vulcania" è stato trattenuto 12 ore unicamente per il controllo postale. La lunga sosta obbligata è stata causata dalla lentezza delle operazioni di verifica, di sbarco ed imbarco dei pacchi di posta.

È noto che ritardi di tale genere sono dovuti a deficienza di personale di controllo e di mezzi appropriati.

Il piroscafo "Perseo", in navigazione da Melilla a Bagnoli, il giorno 10 maggio è stato fermato e dirottato a Biserta e solo il 12 è stato autorizzato a lasciare quel porto.

Anche nei riguardi del controllo sulla posta la situazione è peggiorata, come risulta dal seguente elenco di sacchi postali fatti sbar­care dai nostri piroscafi nei mesi di aprile e di maggio.

MESE DI APRILE: "Leme" 254 sacchi; "Saturnia" 308 sacchi; "Du­chessa d'Aosta" 7 sacchi; "Neptunia" 561 sacchi; "Oceania" 857 sacchi; "Brioni" 82 sacchi; "Conte Biancamano" 1.028 sacchi; "Fella" 9 sacchi; "Recco" 33 sacchi; "Conte di Savoia" 1.096 sac­chi; "Rex" 910 sacchi; "Rialto" 36 sacchi; "Augustus" 222 sacchi; "Conte Rosso" 107 sacchi; "Principessa Maria" 291 sacchi; "Adria­tico" 108 sacchi. Totale sacchi 5.909.

MESE DI MAGGIO: "Roma" 148 sacchi; "Conte di Savoia" 913 sac­chi; "Rex" 1.124 sacchi; "Vulcania" 1.575 sacchi; "Sistiana" 51 sacchi; "Conte Grande" 515 sacchi; "Fella" 224 sacchi; "Principes­sa Giovanna" 40 sacchi; "Principessa Maria" 842 sacchi; "Oceania" 233 sacchi; "Conte Grande" 682 sacchi. Totale 6.347 sacchi.

Oltre ai sacchi contenenti la corrispondenza da e per l'estero sono stati sottratti sacchi contenenti valori e pacchi. Né è stata ri­sparmiata la posta fra l'Italia e l'Impero.

In cifre complessive per il solo mese di aprile si hanno i seguenti totali di sacchi postali da e per l'Africa Orientale Italiana sequestrati dal controllo britannico su piroscafi italiani.

MESE D'APRILE: "Somalia" 5 sacchi; "Adria" 10 sacchi; "Ramb 2°" 7 sacchi; "Eritrea" 4 sacchi; "Ramb 4°" 4 sacchi; "Gerusalem­me" 7 sacchi; "Leonardo da Vinci" 7 sacchi. Totale 44 sacchi.

Molti degli inconvenienti per fermi e sequestro di merci verifica­tisi nei mesi precedenti si sono ripetuti nel mese di maggio. Abba­stanza frequenti "sono stati i casi nei quali anche le merci coperte dal "Navicert" sono state fermate e sequestrate.

Così una partita di generi alimentari inviata, si noti, dalla Croce Rossa Americana per la popolazione civile polacca è stata recen­temente trattenuta a Genova nonostante fosse accompagnata dal "Navicert".

Il piroscafo "Mar Bianco" ha sbarcato il 30 aprile a Genova ca­richi di carne regolarmente "navicertati" provenienti dall'Uruguay e destinati a una ditta italiana. Lo svincolo è stato atteso sino all'11 corr.; così pure 203 balle di lana spedite con regolare "Navicert" da Durban al Lanificio Marzotto con il piroscafo "Palestina" sono stati posti sotto sequestro a Venezia. Infine per sbarcare 5 casse di olio di ginepro "navicertato" il transatlantico "Roma" è rimasto un gior­no e mezzo a Gibilterra, dal 6 al 7 corrente.

I ritardi si prolungano quando hanno luogo interferenze fra i due controlli. Così l'intero carico del "Città di Siviglia" giunto a Geno­va con diversi "Navicert" rilasciati da Consolati britannici è stato colà posto sotto sequestro dal controllo francese.

Del resto il sistema del "Navicert", nonostante che sia stato in­trodotto dal dicembre 1939, non ha mai avuto una regolare appli­cazione. Avviene sovente che l'istanza per ottenere tale documento attenda inevasa per settimane e settimane col risultato che il carica­tore si trova nell'alternativa o di spedire la merce senza "Navicert" — il che comporta ulteriori ritardi e difficoltà per ottenere lo svinco­lo della merce — oppure lasciare la merce sulle banchine.

Non sono mancati, anche in quest'ultimo periodo, casi di merci trattenute nei porti di arrivo non meno di un mese prima di essere liberate. Altre merci, ancorché di nessuna importanza per quanto riguarda la possibilità del loro impiego bellico, sono state capric­ciosamente fermate. Così 248 casse di acciughe salate, giunte dal Portogallo col vapore "Sidamo" sono rimaste bloccate a Genova per oltre 45 giorni, tanto che il loro contenuto è in buona parte marcito. A Trieste sono state fermate 80 balle di sacchi vuoti giunti con il "Vulcania" per una ditta italiana. Persino dei campioni di penne stilografiche, spedite da Genova a Barcellona con il "Franca Fassio", sono stati sequestrati dal blocco a Marsiglia.

Sedici fusti di acqua ragia giunti a Genova col piroscafo "Go­thia" per la ditta Pozzo di Roma sono stati, senza alcun motivo, fatti rispedire a Marsiglia. 1.384 quintali di colofonia sono stati venduti a Marsiglia senza nemmeno che la ditta interessata fosse informata.

La conseguenza di tali ritardi, per alcune categorie di merci è disastrosa.

Un carico di orzo e grano, che il piroscafo "Brenta" scaricava ai primi di maggio, si è trovato, in seguito al lungo ritardo, in gran parte rovinato dagli insetti.

Assai più gravi per la facile deteriorabilità della merce sono i fer­mi di frutta fresca. Tale è stato il caso di un carico di 500 casse di pe­re per la Federazione Italiana Consorzi agrari giunte a Genova col "Conte Grande", che non avevano alcun bisogno di completare la maturazione in quel porto in attesa del rilascio.

Si è già accennato che la natura pacifica dei carichi non li esenta dai rigori del controllo. Un esempio significativo è offerto dalla si­tuazione del porto di Trieste.

Ecco alcuni dati relativi a partite di merci fermate o sequestrate in quel porto dal gennaio scorso.

Dai piroscafi "Volpi", "Fusijama", "Cortellazzo", "Himalaya" varie partite di tè per oltre 350 quintali. Dal piroscafo "Lovicen" 100 quintali di fichi. Dai piroscafi "Vulcania", "Neptunia", "Oceania", 850 quintali di cacao. Dal piroscafo "Cortellazzo" 158 quintali di cassia e 500 casse di salmone. Dai piroscafi "Himalaya", "Gim­ma", "Saturnia", "Oceania", "Perla", "Cortellazzo" 2.360 quintali di caffè. Dai piroscafi "Himalaya", "Vulcania", "Perla", "Moena", "Cortellazzo", "Christiaan Huygens" varie partite di pepe per l'am­montare complessivo di 3.640 quintali.

A Trieste vi sono commercianti che reclamano merci fermate fin dal mese di ottobre.

Da quali ragioni siano ispirate talune improvvise e sorprendenti deliberazioni degli organi centrali del controllo rimane quasi sem­pre un mistero. Così il 14 maggio, per la prima volta, è stato ferma­to a Gibilterra un motopeschereccio della "Genepesca", 1' "Amba Alagi", che rientrava al termine di una sua fruttuosa campagna.

Non era la prima volta che un nostro peschereccio passava sotto gli occhi del controllo. In media ne passa uno al mese. Ma nel perio­do precedente, a nessuno era venuto l'assurdo sospetto che il pesce a bordo potesse essere merce di contrabbando. Ad un tratto l'ordine di fermare i pescherecci italiani venne impartito al "Contraband Control" di Gibilterra. Ma quali documenti chiedere a dei battelli che non toccano scali regolari, ma sì spostano là dove trovano zone più pescose nella sconfinata libertà del mare aperto? Fu dovuta per­ciò imbastire un'affrettata corrispondenza per strappare dalle unghie del controllo una merce facilissimamente deperibile e che era costata settimane e settimane di gravi e rischiose fatiche. Ora è e­vidente che ogni ritardo sarebbe stato evitato se fosse venuto alla mente dei signori del controllo di chiedere anticipatamente delle garanzie che, ancorché superflue, nessuno avrebbe loro negato.

I rigori del controllo non sono un privilegio riservato alle sole merci italiane. Così il piroscafo "Cervino" ha dovuto sbarcare a Da­kar, verso i primi di maggio, della merce svizzera diretta al Brasile e cioè merce di origine e destinazione neutrali, benché accompagnata da certificati regolarmente vistati dai consoli dei Paesi alleati.

Non va taciuto a questo riguardo, che a più riprese le autorità di controllo hanno fatto presente che il trattamento riservato all'Italia era assai più favorevole di quello imposto ai Paesi neutrali confinan­ti con la Germania, i quali quasi tutti hanno dovuto subire il princi­pio del contingentamento.

Quando, tuttavia, si consideri la sfera delle responsabilità e degli interessi a raggio mondiale, propria di una grande Potenza come l'Italia, apparirà evidente che ogni confronto tra il trattamento fatto ad essa e quello riservato agli altri Paesi non è possibile, data l'entità di gran lunga superiore degli interessi italiani; ma anche ammetten­do che una preferenza di trattamento sia stata fatta all'Italia, ciò non attenua, ma anzi tanto più accentua, la intollerabilità della situazio­ne denunciata dall'Italia.

Vi è una naturale solidarietà, tra Paesi non belligeranti, basata sul comune diritto al rispetto della legge internazionale. L'Italia, per la sua tradizione, per la sua comprensione degli interessi altrui, per la stessa interdipendenza dei traffici serviti dalla vasta trama delle sue linee di navigazione in tutti i porti del mondo, ha sempre tenuto presente, nel formulare le sue rimostranze, questo vivo e ge­nerale interesse dei nostri a vedere assicurata la libertà degli scambi.

Per quanto più particolarmente riguarda il popolo italiano, i di­rottamenti, i fermi, i sequestri di merce, la censura postale, i divieti. di esportazione gli hanno mostrato tangibilmente e inconfutabilmente che, in una situazione come quella che esiste nel Mediterraneo, la sua libertà, il suo diritto di vivere, la stessa possibilità di lavorare e di svilupparsi possano essere da un momento all'altro annullati o gravemente messi in pericolo dalla volontà di una Potenza non me­diterranea. questo è il preciso insegnamento di nove mesi di "con­trollo".

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