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Africa Orientale Italiana - II

TELEGRAMMA INVIATO IL 12 GENNAIO 1941 DA MUSSOLINI AL VICERÉ

 

« Premesso che decisioni di carattere operativo devono partire da pre­messe et relative conseguenze di carattere strettamente militare — cioè dalle maggiori o minori probabilità di vittoria — vi prego di. non preoccuparvi delle ripercussioni di carattere internazionale che potrà avere abbandono località di confine da voi segnalate. Quanto alle ripercussioni di carattere interno, intendo sulle popolazioni locali, adottate i provvedimenti del caso la cui efficacia sarà in relazione all'andamento più o meno propizio delle operazioni militari. Venendo alla situazione approvo vostro progettato ri­piegamento truppe su posizioni fra Ceigà e Metemma. Essenziale est conservarle per il combattimento non perderle per la malaria. Per quanto ri­guarda settore nord-est approvo ripiegamento su linea Tessenei-Sabderat­Cherù anche se ciò importa abbandono Cassala-Tessenei. Su questa linea impegnerete la battaglia piú o meno a fondo a seconda delle circostanze di tempo, di luogo, di forze. Nella peggiore delle ipotesi battaglia ritardatrice, che dovrebbe permettervi di concentrare le forze sulla linea Agordat-Barentù dove resistenza dovrebbe farsi a oltranza et dove, dato terreno e spazio, vi è possibilità di manovra da parte nostra e difficoltà d'impiego di forze mecca­nizzate nemiche. Abbandonare terreni est sempre doloroso, ma quando si preservano le forze vi è la probabilità di riconquistarli attraverso la vittoria; quando le forze sono menomate o sconfitte il riacquisto di territori diventa problematico. Non bisogna dimenticare che il destino dell'Africa sarà deciso da quello che si farà in Europa e convincersi che l'Asse vincerà perché non vi è altra alternativa. Riassumendo trovo le vostre disposizioni attuate e quelle che mi preannunciate logiche, inspirate da buon senso et adeguate alla situazione. Il compito che vi attende è arduo ma non superiore alle vostre qualità di capo e di combattente e soprattutto alla vostra volon­tà alla capacità dei vostri collaboratori e al valore delle vostre truppe.

Mussolini ».

 

 

 

 Africa Orientale Italiana rassegna di truppe coloniali inglesi

 

 

 

LA DIFESA DELLO SCACCHIERE NORD

 

IL COMANDANTE DELLE FF.AA. DELL'A.O.I.

N. 53/S          

Addis Abeba, 15 gennaio 1941, XIX

 

OGGETTO: Direttive per la difesa dello Scacchiere Nord.

 

All'Ecc. il Generale Gr. Cr. Luigi Frusci

comandante dello Scacchiere Nord   Asmara

 

e, per conoscenza:

 

All'Ecc. il Generale Gr. Cr. Guglielmo Nasi

comandante dello Scacchiere Est      Debra Berhan

 

I. Le notizie sul nemico continuano a confermare le previsioni fin qui fatte: attacco in forza contro l'Eritrea con primo obiettivo Agordat; non si può ancora dire se questo attacco sarà preceduto, accompagnato o seguito da altro sulla direttrice Karora-Nafca-Cheren, probabilmente sussidiato a est da altro lungo la fascia costiera. Meno decisa sembra la volontà di attac­care per Gallabat su Gondar anche se le forze su questa direttrice perman­gono imponenti; da qualche indizio si può pensare all'intenzione di un aggi­ramento attraverso all'Ermacciò.

Fra queste due direzioni di attacco vi è la terza intermedia su Om Ager per quanto per ora essa appaia meno direttamente minacciosa.

 

II. L'attacco piú importante appare, allo stato attuale delle cose, quello nel settore di Agordat e dallo schieramento avversario si può pensare a un disegno operativo attuantesi attraverso a due tenaglie una interna all'altra.

Quella piú interna che è anche la piú potente ha una branca nord par­tente dalla zona Serobatib-Goz Regeb-Eriba con probabile " obiettivo la recisione della strada Cassala-Agordat in regione Uaccai; l'altra branca par­tente da Kascin-el-Ghirba e Sarsareib con obiettivo la recisione, passando a sud di Tessenei, della strada Tessenei-Barentù. Dopo di ciò le due morse potranno darsi la mano a sud di Uaccai e proseguire indipendenti su Agordat e Barentù.

La tenaglia piú esterna, meno forte, ha le sue branche partenti dalla regione M. Maman Derudeb (a nord) e Showach (a sud) che possono con piú largo giro puntare sugli stessi obiettivi Barentù e Agordat.

 

III. Restando noi nella situazione attuale si ha per certa conseguenza la caduta di Cassala e Tessenei e la cattura dopo lotta piú o meno lunga delle truppe ivi dislocate. Si impone pertanto lo sgombero di queste località.

Si potrebbe ripiegare per accettare battaglia sulla linea Cherú-Sabderat-' bivio Tessenei, ma questa linea fortissima al centro ha i fianchi molto de­boli, soprattutto il destro tra Sabderat e Cherù in corrispondenza del quale tutto fa credere che il nemico voglia fare lo sforzo principale. Il terreno a cavallo della cortina tra Sabderat e Cherù è favorevolissimo ai mezzi mecca­nizzati nemici. Perciò la posizione Tessenei-Sabderat-Cherù se è migliore dell'attuale Cassala-Tessenei non si può dire certamente ottima.

 

IV. Molto migliore di questa appare quella retrostante Cherù-Algheden­Aicotà che non solo è molto meno estesa (circa la metà), ma ha il grande vantaggio di mandare completamente a vuoto la mossa principale nemica (Serobatib-Uaccai) e di evitare tutto il terreno di facilitazione per il nemico (fra Cherù e Sabderat), di svolgersi quasi ovunque in terreno a rilievi mon­tuosi mentre alla sua estrema sinistra l'aggiramento è meno facile potendosi appoggiare attraverso il Gasc al Gabascialai.

 

V. Vi prego pertanto disporre per un ordinato ripiegamento delle vostre forze sulla posizione di cui sopra (cap. IV). È inutile che richiami la vostra attenzione sul grosso pericolo che questo ripiegamento può correre per opera di una offensiva nemica da Serobatib su Uaccai che taglierebbe fuori le truppe di Cassala e Sabderat; bisogna pertanto sbarrare fortemente que­sta direttrice. Ciò fatto il presidio di Cassala potrà fare uno sbalzo autocar­rato su Cherù; dopo potrà ripiegare Tessenei, dopo ancora Sabderat e per ultima la cortina difensiva di M. Tellah.

 

VI. Occupata la linea Barca-Carcoè-Cherù-Algheden-Aicotà la nostra situa­zione sarà notevolmente migliorata e potremo attendere gli eventi e giudi­care se ci convenga accettare su di essa (cosa che mi sembra più conve­niente) la battaglia oppure ripiegare ancora sulla linea Agordat-Barentù.

 

VII. A ogni modo nei riguardi di questa ultima considerate il pericolo di una irruzione nemica in regione del Terchinà (nord di Barentù) che ta­gliando Barentù da Agordat elimina il sistema difensivo per creare due capo-saldi isolati in condizione di non potersi reciprocamente aiutare. Per avere un sistema è indispensabile la libera percorribilità della strada Agordat-­Barentù; perciò la battaglia dovrebbe essere impegnata sulla linea: alture a nord di Agordat-Ocherè-Uadei-Ceref-Logodat-Curcugi con un raddoppio da Logodat alle alture a sud di Barentù.

Ad ogni modo quanto è detto nei paragrafi VI e VII ha un puro valore orientativo restando fermo che per ora almeno la parte esecutiva si limita al ripiegamento e all'occupazione della linea Barca-Cherù-Aicotà (vedi capo­versi V e VI).

 

VIII. Resta la questione di Om Ager e di riflesso l'occupazione dell'Uolcait; a me sembra che, per ora almeno, anche per il ripiegamento sulla linea Cherù-Aicotà non si imponga il ripiegamento da Om Ager su Biagundi e, di conseguenza, l'abbandono dell'Uolcait che mi porterebbe la recisione in pieno della strada Tacazzè-Gondar e il netto isolamento fra Eritrea e Amhara.

So che di massima non siete di questo parere e che propendete per un abbandono completo di Om Ager e Uolcait. Desidero avere conferma di questa vostra concezione e conoscere le ragioni che la suffragano. In base ad esse mi riservo di decidere. Per ora a Om Ager (salvo arretramenti tat­tici) e nell'Uolcait lasciate le cose come si trovano.

IX. Resta confermata l'autorizzazione dello sgombero, da farsi con gran­dissima oculatezza, di Gallabat-Metemma per occupare le posizioni di Ammanit.

 

AMEDEO DI SAVOIA

 

 

 

 

 

 

 

IL PRIMO MINISTRO W. CHURCHILL AL GENERALE WAVELL

 

26 gennaio 1941

 

Il vostro telegramma del 21 scorso mi ha lasciato perplesso. Ritenevo che desideraste tenere una grande riserva strategica nel Delta in armonia con le istruzioni da noi impartite da qui. Certamente non vi è alcuna necessità di inviare un'altra divisione sudafricana ad ingrossare i 70.000 uomini di diversa specie che si trovano ora virtualmente fuori azione nel Kenia. Ho chiesto al generale Smuts, il quale si è dichiarato d'accor­do, di tenere in sospeso la destinazione della nuova divisione, poiché ho pensato che per il momento in cui i mezzi di trasporto e tutto il resto fossero pronti egli potrebbe desiderare che le sue truppe si rechino nel nord per unirsi all'armata del Nilo. Come potete attendervi ch'io im­ponga al nostro naviglio un tremendo sforzo che si ripercuoterebbe im­mediatamente sull'importazione dei viveri e delle munizioni, per tra­sportare altre divisioni dalla Gran Bretagna al Medio Oriente, quando voi sembrate contrario ad accettare una divisione sudafricana, che per venire dovrebbe percorrere solo la metà della distanza? Spero proprio che entrambe le divisioni sudafricane ora nel Kenia saranno trasferite entro pochi mesi nella zona del Delta e che la brigata dell'Africa occi­dentale verrà rispedita, come promesso, a Freetown. Per nessuna ra­gione il generale Smuts deve venire scoraggiato nella sua audace e sana politica di graduale immissione delle forze sudafricane nel principale teatro di guerra.

 

 

 

 

 

 

 

SITUAZIONE DELLO SCACCHIERE NORD

 

IL COMANDANTE DELLE FORZE ARMATE DELL'A.O.I.

N. 57/S          

 

Addis Abeba, 27 gennaio 1941, XIX

 

Al Comando Supremo - Stato Maggiore Generale   Roma

 

Riferisco su situazione Scacchiere Nord.

 

1. Gli avvenimenti successivi all'inizio del ripiegamento dalla linea Cassala­-Tessenei-Om Ager hanno confermato l'opportunità di esso e la sua tempe­stività. Se le truppe fossero restate ancora qualche giorno su quelle posizioni sarebbero state distrutte e la strada Agordat-Cheren-Asmara si sarebbe aperta al nemico. Conferma di ciò si ha nel comunicato radio inglese del 24 corrente, ore 21,30, mentre una riprova della tempestività si ha nel fatto del debolissimo intervento dell'aviazione nemica probabilmente ancora im­pegnata in Africa Settentrionale.

 

2. Tecnicamente il movimento è riuscito. Esso ci costò la perdita di parte della XLI brigata col suo comandante gen. Fongoli.

 

3. Il sacrificio della brigata può rientrare nelle previsioni di operazioni del genere. La retroguardia è spesso destinata a sacrificarsi a favore del grosso della colonna. A parte ciò, due fatti intervennero a peggiorare la situazione: uno inevitabile, l'altro accidentale.

Il primo dipende dal fatto che il nemico agisce esclusivamente con auto­mezzi: carri armati, autoblindo e le così dette camionette. Queste sono le più numerose (furono contate a centinaia) e sono costituite da autocarri leg­geri a otto ruote espressamente costruiti per muovere nel deserto, blindati tutto a torno, coperti da una rete metallica elastica contro le bombe a mano, che annulla l'unica arma efficace finora adoperata audacemente, ed armati con una mitragliatrice da 12 che agisce anche in tiro antiaereo. Equipaggio cinque persone; ogni macchina ha un radiotelefono. Sono velocissime e, forti della loro invulnerabilità, molto intraprendenti. I battaglioni, prece­duti dalle camionette, muovono esclusivamente in autocarro. Ne viene che noi non possiamo che contrapporre una manovra a 5 km all'ora ad altra manovra a 30 km.

Anche se operando in tempo e di sorpresa riusciamo a guadagnare un po' di spazio, immediatamente lo perdiamo per la maggiore velocità del nemico.

Alla fine del secondo giorno di ripiegamento avevamo due tappe di vantaggio sul nemico: alla fine del terzo eravamo sopravanzati.

L'altra causa fortuita fu il mancato funzionamento della radio. È inci­dente frequente e grave dovuto alla vetustà del materiale che in condizioni normali di stabilità riesce ancora a funzionare, messo in movimento quasi sempre si guasta. Mancata la radio si cercò invano il collegamento con i motociclisti; finalmente, un ufficiale con una camionetta, presa in passato agli inglesi, riuscì a raggiungere la brigata, ma era troppo tardi.

 

4. Il ripiegamento ha provocato nei quadri un senso di amarezza e di sconforto (per quanto la necessità di esso fosse da tutti sentita) e nelle truppe indigene un senso di demoralizzazione.

Vi contribuisce la intrapren­denza delle camionette inglesi e soprattutto il senso della nostra impotenza di fronte ad esse. Poiché esse puntano decise sulla nostra retrovia, costi­tuiscono fonte di preoccupazione anche per i comandi.

Reagisco in ogni modo a questo senso di smarrimento. Ho incomin­ciato con ordinare che per ora non si faccia più un passo indietro. Retroce­dendo ancora noi potremmo forse tecnicamente migliorare la nostra situa­zione, ma questo vantaggio sarebbe scontato con una ulteriore depressione morale.

Ho destinato al comando di Agordat il col. Lorenzini, uomo solido, voli­tivo che ha un grande ascendente sugli ascari. Non trascuro anche i più piccoli elementi che possono tonificare gli animi.

Se il nemico ci dà ancora qualche giorno di respiro spero che la crisi sarà superata.

 

 

Situazione attuale nei vari scacchieri e settori, previsioni.

 

A. Scacchiere Nord. L'attacco a fondo è contro lo scacchiere nord e si svi­luppa e si svilupperà in tre settori, presumibilmente:

— settore principale: a cavallo della strada Cassala-Agordat-Cheren-Asma­ra; prima fase (già avvenuta) nostro ripiegamento sulla congiungente Agordat-Barentù, tallonato dal nemico; seconda fase (in preparazione) avanzata e ammassamento robusto di forze inteso all'accerchiamento di Agordat, azione meno a fondo contro Barentù per ributtarne le forze in direzione di Adi Ugri;

— settore di destra: se ottenuti questi risultati, azioni in forze da nord su due direttrici: costiera obiettivo Massaua; montana per convergere al­l'attacco di Cheren che sarebbe portato qualora fosse riuscito lo sfon­damento di Agordat;

— settore di sinistra: direttrice Om Ager - valle del Tacazzè, azioni secon­darie di agganciamento delle due nostre colonne che ripiegano da Om Ager e Uolcait per raggiungere la strada Gondar-Adua.

Di fronte a queste previsioni ho dato i seguenti ordini (a partire da nord):

 

a) settore Nord (Karora): le truppe in posto (due brigate) non si muovano; rintuzzino tutti i più piccoli tentativi di infiltrazione nemica; difendano a oltranza la direttrice di Cheren e in quanto possano (la fascia costiera larga 30 km) la direttrice di Massaua. L'ammiraglio Bonetti assume il comando di Massaua, fronte a terra e fronte a mare per impedire, orga­nizzando tutte le forze di terra e di mare disponibili, l'attacco da terra e da mare di Massaua.

 

b) settore Ovest (Agordat): resistenza a oltranza ad Agordat e Barentú; intanto sto facendo affluire un reggimento granatieri a Cheren che con una brigata in posto mi deve chiudere assolutamente questa porta.

 

c) settore Sud-ovest (Om Ager): le due colonne (provenienti da Om Ager e da Uolcait) risalgano la valle Tacazzè, raggiungano la strada Gondar­Adua. Dopo di ciò la colonna gen. Rizzo (3 btg.) proveniente dall'Uolcait resti a difesa della strada; la colonna ten. col. Postiglione (3 btg.) sarà portata ad Asmara come ultima riserva dello scacchiere nord.

 

d) settore Metemma: avevo già autorizzato il ripiegamento da Gallabat ad Ammanit-Celgà che per ragioni di sicurezza e di strada (pista camio­nabile malagevole infestata da ribelli) si presentava particolarmente laborioso e delicato. Ieri sera ho sospeso temporaneamente quest'ordine perché notizie certe mi dicono che gli inglesi, subodorando la cosa, hanno pronti in prima linea carri armati e camionette ed hanno rinfor­zato- le truppe in posto con altri due battaglioni di nazionali inglesi. Perciò presumo impossibile lo sganciamento di sorpresa. Mancando que­sta, il ripiegamento fatto subito molto probabilmente si tradurrebbe •in un rovescio. Non appena possibile ritenteremo l'operazione.

 

 

B. Goggiam. Situazione è per ora calma di attesa dominata da gen. Nasi con l'aiuto di ras Hailù. Se dovessimo subire grossi rovesci tutto il Goggiam divamperebbe; non credo che l'incendio dilagherebbe in pieno sullo Scioa perché i capi locali combattono per sé e non per la gloria del Negus o a vantaggio degli inglesi e i ribelli mal volentieri si allontanano di molto e per tempi lunghi dai loro paesi. A ogni modo, se la situazione dovesse pre­cipitare, parte delle forze di Nasi andrebbero a Gondar a rinforzo di quel ridotto; il rimanente ripiegherebbe per Debra Marcos al Nilo, per impe­dire, con l'aiuto del fiume, l'avanzata nemica dal Goggiam allo Scioa. Pii a nord mi sforzerò a tenere aperta la strada Dessiè-Gondar per alimentare questo ridotto che nella peggiore delle ipotesi dovrebbe resistere a oltranza per proprio conto.

 

 

C. Scacchiere Sud. Settore Sudan (dal Nilo al lago Rodolfo): è un settore di scarsa importanza e che molto difficilmente potrà essere investito con forze notevoli. In passato di assoluta tranquillità, oggi dà segno di vita con formazioni di irregolari inquadrati da inglesi, specialmente nella vallata di Acobo.

Settore Kenia: le truppe del Kenia sono molte: si possono valutare dai 90 ai 100.000 uomini, come sempre molto bene attrezzati. È certo che prima o poi entreranno in azione; presumo che il loro intervento attivo potrebbe avvenire dopo che si fossero assicurati il loro fianco destro, avendoci respin­to fino al Giuba e avendo conquistato Chisimaio e quando altri successi al nord e all'ovest ci avessero messo in dure difficoltà.

In previsione di ciò lo scacchiere sud ha lasciato lungo la linea di con­tatto con gli inglesi deboli forze e ha ritirato i grossi sul ciglione passante per Malca-Guba-Arero-Favello-Gundile-Meta-

Amar Cocche, linea indubbia­mente più idonea per la difesa.

 

D. Scacchiere Giuba. Tutto conferma le previsioni fatte. In un avvenire più o meno lontano gli inglesi tenteranno di conquistare Chisimaio e di rag­giungere la linea del Giuba. Non credo che vogliano spingersi a est di questa linea sia perché essa è molto difficile da sorpassare sia perché l'unico obiet­tivo di importanza (Mogadiscio) è molto lontano. I tentativi di questi giorni a El Dif e a Colbio confermano l'intenzione di puntare su Chisimaio e danno fiducia nel contegno dei nostri dubat.

 

E. Settore Est. In questi ultimi giorni è cessata l'attività lungo la costa delle navi nemiche intesa più che altro a mantenere contatti con la popo­lazione del Somaliland e ad assumere informazioni.

Questa calma può far credere che gli inglesi, compiuti i preparativi, spe­rino di addormentarci con un periodo di inazione oppure che ai loro pro­getti abbiano trovata un'altra soluzione: quella di Gibuti.

Gibuti. La situazione può così riassumersi: il governatore e il suo seguito immediato sempre fedeli al governo di Pétain e perciò decisi a opporsi agli inglesi; popolazione e quadri inferiori sempre più orientati verso l'Inghil­terra; la prima perché con una occupazione inglese vedrebbe rifiorire i suoi traffici e il benessere, i secondi per un accanito rancore verso l'Italia e per­ché convinti che solo con una vittoria inglese saranno salvate le sorti della Francia. Solo un notevole miglioramento della nostra situazione generale, che induca i francesi a credere che i vincitori finali saremo noi, può tem­perare questo stato d'animo.

In particolare poi non mancano notizie, non ancora accertate, che pos­sono fare pensare che il governatore di Gibuti tenda a mettere il piede in due staffe. Si dice di contatti di ufficiali francesi e inglesi a Tagiura; si può pensare a un riattamento del cavo Gibuti-Perim-Aden; si parla di esporta­zione clandestina di bestiame su Aden, si dice di rifornimenti di benzina inglese, di arruolamenti da parte dei francesi nel Somaliland, ecc.

Tutte voci incontrollate che nel loro insieme devono far pensare. Ho provveduto per fare vigilare da questa parte la situazione che è molto delicata e che potrebbe diventare critica perché se i francesi passando dalla parte degli inglesi facessero testa di sbarco a questi, non so come potrei, in questi momenti, contenere un attacco in forze anche da questa parte.

 

Ho fatto tutto il giro dell'orizzonte e ovunque l'ho trovato ingombro di nuvole; oscure e dense. di imminente bufera in Eritrea e nell'Amhara; non ancora minacciose ma già esistenti nel Giuba- Kenia e a Gibuti. Dopo sette mesi di assedio è chiaro che le nostre energie sono notevolmente diminuite sia nel campo materiale, sia nel campo morale, e tanto più sensibilmente se confrontate col potenziale inglese in continuo aumento. Questa sensazione si diffonde tanto tra i nazionali che tra gli indigeni dei quali i fedeli ten­tennano, gli incerti passano dall'altra parte, i ribelli aumentano in baldanza.

Attaccato sui vari fronti, in mezzo a una popolazione in parte ribelle e in parte infida, con truppe stanche e rammaricate per la grande deficienza di mezzi di ogni genere, il problema si fa di giorno in giorno più grave.

È certo che nel quadro generale della guerra le sorti dell'impero si deci­dono in Europa, questo non alleggerisce né il nostro compito né la nostra responsabilità di fronte al Paese.

Devo impormi il pessimismo nelle mie previsioni come già in passato, ma riconfermo il nostro sacro impegno: resistere fino all'ultimo.

 

AMEDEO DI SAVOIA

 

 

 Africa Orientale Italiana ponte di barche inglese sul Giuba

 

 

 

 

TELEGRAMMA DEL VICERÉ ALLO STATO MAGGIORE GENERALE

 

1° febbraio 1941

 

n. 42563 - Nelle operazioni tuttora in corso, iniziatesi il 17 gennaio, Aeronau­tica Impero ha subito seguenti perdite: apparecchi perduti per azioni di guerra, ivi compresi velivoli distrutti al suolo, n. 17 ; per incidenti volo n. 3; inoltre 24 apparec­chi danneggiati in combattimento o colpiti al suolo o danneggiati per incidenti volo, non potranno essere efficienti che entro il mese di marzo venturo. In totale 44 veli­voli durante 13 giorni di operazioni sono andati distrutti o si sono resi inefficienti per lungo periodo di tempo. Efficienza apparecchi al 31 gennaio è n. 7 S. 79, n. 6 S. 81, n. 37 Ca. 133, n. 14 C. R. 32, n. 15 C. R. 42, n. 2 Ro. 37, n. 1 S. 82. Totale velivoli n. 82. Pongo pregiudiziale rilievo che attualmente su tutti i fronti vengono im­piegati dal nemico in numero assai rilevante velivoli da caccia tipo « Hurricane » e Gloster. Impiego Ca. 133 è divenuto pressoché impossibile senza forte scorta di caccia. Considerata tale situazione faccio osservare che proseguendo operazioni e qualora im­piego Aeronautica conservasse ritmo mantenuto attuale periodo, è prevedibile che entro 15 giorni Aeronautica Impero dovrà considerarsi priva apprezzabile efficienza bel­lica. Richiamo pertanto nuovamente attenzione su urgente necessità d'inviare subito adeguato numero di apparecchi in A.O.I. per fronteggiare situazione resasi assai difficile. Di fronte a tale stato di fatto informo avere già allo studio costituzione di una Divisione Azzurra che sarà composta da militari nazionali e indigeni appartenenti alla Regia Aeronautica. La Divisione verrebbe impiegata in operazioni terrestri a fianco camerati Forze Armate di cui sarà fiera di condividere le sorti.

 

AMEDEO DI SAVOIA

 

 

 

 

 

 

 

TELEGRAMMA DEL COMANDO DELLO SCACCHIERE NORD

 

AL COMANDO SUPERIORE FORZE ARMATE DELL'A.O.I.

 

Situazione alle ore 10 a.m. del 2 febbraio 1941:

« Caduta Agordat ha imposto ripiegamento truppe Barentù dopo lotta che definisco eroica. Forze nemiche rilevanti avanzano su Cheren. Est pro­babile attacchino subito la piazza aut che semplicemente la investano et tentino invece risalire da alto Barca per valli Gulà e Ghergher aut Ferfer verso Asmara. Valle Ghergher est accessibile camionette. Avversario pun­terà certo anche su Adi Ugri come prova forte pressione che esercita in questo momento su Bergonzi che ripiega. Da Tolè si può giungere con ca­mionette ad Az Darò dove si inizia camionabile per Adua. Situazione no­stra: a Cheren sono concentrate le truppe più efficienti et cioè reggimenti granatieri et brigata Prina. Tra Cheren et Asmara sono in ricostruzione brigate logore. At Asmara tre battaglioni di milizia che costituisco con la mobilitazione dei nazionali e con i quali presidierò gli sbarramenti delle anzidette tre vie di facilitazione dal Barca at Asmara. In marcia sulla strada Tolè-Arresa Bergonzi et Postiglione assai provati. Allo sbarramento di Arresa mando il gruppo P.A.I. A Selaclacà mando le truppe provenienti dall'Uolcait. Dappertutto ho mobilitato i paesani per concorrere alla difesa del territorio ».

 

 

 

 

 

 

 

TELEGRAMMA DEL COMANDO SUPERIORE DELLE FORZE IN A.O.I.

(In risposta al telegramma del Comando Scacchiere Nord che riportava la situazione militare dello scacchiere stesso alle ore 10 a.m. del 2 febbraio 1941).

 

AL COMANDO SCACCHIERE NORD

 

« Ore 17,05 del 2 febbraio 1941. Notizie certe da più fonti danno che gli inglesi hanno subito perdite gravissime tanto è vero che hanno fatto affluire da Porto Sudan e Gallabat tutte le forze disponibili per sostituire quelle ormai impotenti a combattere. Nostra situazione est grave ma tutt'al­tro che disperata e basta volere per fermare l'offensiva nemica. Lasciate a Cheren minimo forze necessarie a difendere quella posizione per la sua natura fortissima; occupate i colli alle testate delle tre valli indicatemi; sorvegliate il resto con paesani spinti verso il nemico e tenete il massimo delle forze sulla congiungente Cheren-Asmara-Adi Ugri pronto a lanciarle ove si presenti il nemico. Generale Nasi manderà una brigata a Enda Selas­siè per disimpegnare o aiutare Rizzo.' Non dimenticate che Asmara si !difende soltanto sulla linea Cheren-Adi Ugri-Enda Selassiè e che da resi­stenza su questa linea dipende salvezza impero, di cui allo stato attuale delle cose non abbiamo ragione alcuna dubitare ».

 

 

 

 

 

 

 

LETTERA DEL VICERÉ A MUSSOLINI

 

IL COMANDANTE DELLE FF.AA. DELL'A.O.I.

N. 66 S

            Addis Abeba, 25 febbraio 1941, XIX

 

OGGETTO: Attacco inglese contro la Somalia.

 

Al Duce, Primo Maresciallo dell'Impero,

Comandante delle truppe operanti su tutti i fronti

 

Posta Militare

 

L'offensiva contro la Somalia era prevista da tempo; si sapeva anche con quali forze probabilmente sarebbe stata condotta (due divisioni di tre brigate ciascuna notevolmente rinforzate da mezzi meccanici); si conoscevano le direzioni del suo sviluppo.

Di fronte a questa azione nemica non restava che decidere: o rifiutare la battaglia e sgomberare tutta la Somalia, Mogadiscio compresa, o affron­tare la lotta su quella linea di terreno che poteva in qualche modo aiutarci, vale a dire sul Giuba, pur sapendo che nell'attuale stagione di massima ma­gra esso non è un vero e proprio ostacolo, potendo essere guadato anche con automezzi in moltissimi luoghi.

Perdere la Somalia senza colpo ferire non era possibile; a parte tutto avremmo perduto anche le truppe per lo sbandamento inevitabile dei so­mali che non avrebbero abbandonato le loro case per seguirci. Decisi di resistere sul Giuba.

Il nemico passò il confine in parecchi punti a partire dal 22 gennaio. Fu contrastato fino al fiume con bande irregolari che attaccavano di sor­presa autoblindo e camionette con fiaschi di benzina seguiti da bombe a mano, l'unica arma a nostra disposizione.

Si trattava solo di ritardare e queste forze potevano essere esigue e mobili e sottrarsi pertanto alle incursioni aeree anche se fatte a poche diecine di metri dal suolo.

Ad onta di questo ritardo, il nemico arrivò a contatto con il fiume il 13 febbraio, si può dire in quasi tutti i punti utili per il passaggio fra Gobuen e Gelid cioè per un fronte di circa 100 km difeso da una delle divisioni dello scacchiere Giuba.

Il nemico forte della sua superiorità numerica segui la tattica degli at­tacchi multipli contemporanei su molti punti e fu in primo tempo valida­mente contenuto. Allora cambiò sistema spostando — naturalmente in automezzo — le forze lungo la riva destra del fiume per passarlo di sor­presa travolgendo gli elementi di sorveglianza prima che le nostre scarse riserve potessero, faticosamente a piedi, correre alla parata.

Con tutto ciò nei primi giorni la lotta fu accanita e i primi successi fu­rono contenuti a costo di gravi perdite subite soprattutto per opera dell'aviazione avversaria alla quale potevamo contrapporre in tutto e per tutto due (dico due) apparecchi da caccia. La nostra capacità di resistenza di fronte alla inutilità evidente della lotta andò rapidamente scemando finché il giorno 22 uno sforzo più violento dell'avversario ci costò la perdita del presidio di Gelid e praticamente anche quella delle truppe più a sud.

Apertosi finalmente un varco su Torda il nemico vi lanciò tutti i suoi mezzi meccanizzati (circa un centinaio di autoblindo); a sera del 22 erano a Torda, ieri sera erano a Modun avendo percorso in poco più di 48 ore oltre 210 km. È in atto un'azione su Vittorio d'Africa dove sono raccolti tre battaglioni e tre batterie che per non essere accerchiati stanno ripiegando scoprendo Mogadiscio.

 

Conviene ora esaminare le possibilità avvenire dell'azione nemica. La gravità della crisi ha rotto tutte le reti di informazioni organizzate in quel territorio, non posso far compiere esplorazioni aeree per non perdere gli ultimi apparecchi che mi restano e quindi manco di notizie precise sul nemico.

Devo perciò procedere per ipotesi e cioè:

a) che il nemico prosegua immediatamente verso il nord puntando su Harar-Dire Daua per aggirare i difensori del Somaliland che saranno impegnati contro sbarchi provenienti da Aden;

b) che il nemico lasci in Somalia le truppe che vi hanno combattuto e im­pieghi quelle non ancora impegnate per puntare dapprima sulla grande strada Mogadiscio-Addis Abeba nel tratto Lugh Ferrandi-Dolo e di qui marciare contro il fianco sinistro di Gazzera impegnato frontalmente

da sud;

c) che il nemico occupata la Somalia si fermi.

Scarto senz'altro la terza ipotesi perché allo stato attuale delle cose gli inglesi hanno tutto l'interesse a spingere a fondo per eliminare definitiva­mente l'impero e così poter disporre delle forze che vi hanno impegnate (oltre 268.000 uomini) nel bacino del Mediterraneo. Restano le altre due che potrebbero anche verificarsi contemporaneamente; a ogni modo in que­sto momento non potrei credere all'una piuttosto che all'altra; a fil di lo­gica dovrei ritenere il concorso all'attacco contro Gazzera più probabile.

L'altro punto sensibile del mio teatro di operazioni è lo scacchiere nord.

Qui la situazione alla data odierna si può così riassumere:

— contro Cheren il nemico ha rallentato, ma non rinuncia all'attacco; è sempre in contatto, preme e sta raccogliendo forze fresche;

— a sud di Cheren cerca affannosamente vie di sbocco e sta riattando strade, soprattutto verso Arresa (la strada più diretta verso Asmara), contrastato da nostre pattuglie e da nuclei di indigeni fedeli; ma per quanto anche qui abbia impegnata una intera divisione rinforzata penso che in questo settore sia per ora in attesa pronto a sfruttare l'attacco a nord o ad appoggiarlo;

— a nord di Cheren il nemico ha portato in linea truppe fresche (una di­visione più un reggimento di liberi francesi provenienti da Ismailia). Questa direttrice procede unica da Karora ad Alghena poi si biforca: un ramo scende a Massaua e l'altro punta su Cheren. Tutto mi fa credere che la puntata principale si diriga su Cheren a sussidio dell'attacco pro­veniente da ovest. A ogni modo si è provveduto, tanto a guarnire il fronte nord di Cheren, quanto a rinforzare il presidio di Massaua.

 

Un serio ufficiale mandato lassù mi assicura che il morale è ottimo, i reparti riordinati e in parte rinsanguati; qualche elemento che non diede buona prova fu allontanato.

Credo che lassù si possa tenere.

 

Nello scacchiere ovest la situazione è per ora fronteggiata. Per non fare il gioco dei ribelli, timorosi dei forti blocchi e pronti a lanciarsi sui piccoli distaccamenti, ho provveduto a raccogliere le forze in tre grossi nuclei: uno a Gondar per la difesa di quel ridotto; uno nella regione di Debra Marcos per coprire la strada su Addis Abeba e il terzo fra i due a sud del lago Tana (Bàhar Dar) per concorrere all'azione tanto del primo che del secondo. Ciò mi è costato l'abbandono di alcune località — esempio Danghila — che occupate dai ribelli furono strombazzate dalla propaganda inglese come grandi successi mentre le loro ripercussioni furono puramente locali.

Oltre confine su questo scacchiere vi sono circa 15.000 inglesi i quali stanno cercando strade per avanzare attraverso la zona montuosa su cui ci siamo ritirati. Se queste truppe concorreranno direttamente all'azione del sedicente esercito del Negus la lotta in questo scacchiere sarà dura; se invece verranno impiegate altrove — come sembra volere lo Stato Maggiore inglese in contrasto con Eden — la situazione potrà essere fronteggiata.

 

Lo scacchiere sud è già stato impegnato e il grosso delle sue forze fu riportato indietro sul ciglione dell'altopiano in omaggio alle direttive di accettare battaglia solo dove il terreno ci è favorevole. In questo ripiega­mento il presidio di Mega è stato tagliato fuori e preso dal nemico; quello di Moiale, secondo ultime notizie, sta ripiegando sul Dau Parma.

Le forze nemiche schierate contro questo settore sono notevoli e se rinforzate dalla riserva di Nairobi sarebbero sufficienti per un'offensiva a grande profondità. Secondo la dislocazione attuale esse gravitano a cavallo del lago Rodolfo con direttrice generale il solco dei laghi. Il fatto che dopo una serie di progressi iniziali ora segnino il passo mi fa dubitare che aspet­tino il concorso per la direttrice di Neghelli di buona parte delle forze che stanno operando in Somalia.

Di fronte a un'offensiva che potrebbe essere condotta con una massa fra i 50 e i 70.000 uomini a noi non resta che ripiegare successivamente senza accettare battaglia a fondo per guadagnare tempo nella speranza di arrivare alla stagione delle piogge che paralizzerebbe ogni attività nemica.

Un'altra direttrice che mi preoccupa in questo settore è quella Asosa-­Lechemti-Addis Abeba a sud del Nilo. Non è eccessivamente lunga, è ser­vita da una buona strada, non è sbarrata da ostacoli naturali e passa in ter­ritori non sicuri per noi. Per ora in corrispondenza di questa direttrice sono raccolti 15.000 uomini (non tutti accertati), perciò allo stato attuale delle cose devo considerarla come direttrice sussidiaria rispetto a quelle prove­nienti da sud.

Fra queste due, lungo la frontiera sudanese, vi sono nuclei di 8-10.000 uomini in complesso che considero di valore locale e diversivo.

 

Lo scacchiere est, che finora non aveva che da preoccuparsi delle prove­nienze dal mare, ora, per il fatto dell'occupazione della Somalia, deve fron­teggiare anche una grave minaccia da sud, che, dati i mezzi motorizzati nemici, potrebbe essere molto vicina. Si può pensare che gli inglesi se­guendo la grande strada puntino su Giggiga per poi, aggirando da est le montagne di Harar, giungere sulla ferrovia di Gibuti per quivi dar mano alle truppe sbarcate a Zeila. In questa circostanza non vedo come le scarse nostre forze dislocate nel Somaliland potrebbero opporre una accanita resi­stenza senza esporsi al pericolo di essere tagliate completamente fuori, prese come sarebbero di fronte e alle spalle. Anche qui sarà giocoforza mol­lare terreno e ridursi sui monti ad ovest di Harar per minacciare sul fianco la direttrice Aiscia-Addis Abeba.

 

Conclusione.

Da questo rapido giro di orizzonte appare chiaro come quell'attacco concentrico dell'impero previsto da tempo sia ora in atto. Contenere que­sta pressione che si manifesta su quasi tutto il perimetro è impossibile. Numericamente le forze contrapposte si pareggiano all'incirca, ma noi siamo privi di tutto mentre gli inglesi hanno larga disponibilità di ogni cosa; noi siamo costretti a parare sempre e ovunque mentre quelli possono attaccare quando e dove vogliono; noi dobbiamo, infine, fronteggiare una situazione interna che per le ripercussioni degli avvenimenti di guerra, per la crescente crisi economica, per la svalutazione del nostro prestigio e delle nostre forze va sempre facendosi più grave.

Se come credo di leggere al primo punto del vostro teleavio 6595 Op. gli inglesi, prese Moga­discio e Massaua, desistessero dallo sforzo contro di noi e per il resto lasciassero fare al Negus potrei sperare con fondamento di reggere fino alle piogge, cioè fino all'autunno, e salvare buona parte dell'impero. Ma temo che questa previsione non sia per avverarsi. Gli inglesi, oramai lanciati, sono, decisi a finirla con l'impero per avere mano libera in altri fronti e perciò attaccheranno a fondo su tutti i fronti ed allora la pressione finirà per schiantarci.

Che cosa io intenda fare in simile frangente come ultima ratio ho già detto nella precedente relazione.

Comprendo le ragioni che dissuadono dall'abbandono di Addis Abeba tanto che me le ero già prospettate, ma devo fare presente che una difesa della capitale che possa andare più in là, di due o tre giorni mi appare pres­soché impossibile. Resisterò accanitamente al nemico all'Amba Alagi, a Gondar, sul Nilo, ad Ambò, sui laghi e sulle montagne dell'Ararino, ma prevedo che prima o poi sarò sopraffatto. Allora dovrei chiudermi in Addis Abeba e accettare l'assedio. Il terreno attorno alla città è abbastanza forte a nord, completamente libero e spianato nel rimanente.

Per potere resistere dovrei includere nella città le sorgenti di acqua cioè dare ad essa uno svi­luppo di oltre 40 km. Per difendere 40 km di fronte disporrò al massimo di 15.000 bianchi, compresi i riformati (di truppe indigene non vi sarà più un battaglione). Verrei perciò ad avere neanche un uomo ogni tre metri di fronte. Si aggiunga che avrei in casa 40-50.000 indigeni forse pronti alla rivolta e al saccheggio. In queste condizioni come è possibile pensare a una resistenza che non si concluda in brevissimo tempo o in una resa pie­tosa o in un inutile massacro?

Date queste constatazioni di fatto terrò Addis Abeba fino che non avrò il nemico nel raggio tattico della città, dopo l'abbandonerò lasciandovi, se avrò sgomberato le donne e i bambini, i soli reparti P.A.I., se al contrario lo sgombero non sarà stato ultimato raccoglierò la popolazione in località idonea della città, vi lascerò quanta truppa è indispensabile per proteg­gerla dagli indigeni fino all'arrivo del nemico e col resto delle forze pren­derò il largo per combattere fino all'ultimo in mezzo alle montagne.

 

AMEDEO DI SAVOIA

 

 

 

 

 

 

 

LETTERA DEL VICERÉ A MUSSOLINI

 

IL COMANDANTE DELLE FORZE ARMATE DELL'A.O.I.


N. 60  

Addis Abeba, 14 febbraio 1941, XIX

 

Al Comandante delle Truppe Operanti su tutte le fronti

 

Posta Militare

 

La situazione complessiva che si va gradatamente delineando conferma in pieno le previsioni già fatte fin dal mese di novembre.

Il piano politico-strategico degli inglesi può essere così sintetizzato.

Gli inglesi tendono: alla conquista in proprio nome delle due vecchie colonie italiane, Eritrea e Somalia, e alla riconquista del Somaliland; consi­derando l'ex Negus come loro alleato lo stanno aiutando soprattutto con denaro, armi e aeroplani affinché possa, coi ribelli delle varie regioni, costi­tuirsi un così detto esercito nazionale e riconquistarsi l'Impero. A cose fatte avremo: gli inglesi padroni in proprio delle due nostre colonie e per interposta persona (il Negus) dell' Etiopia. Ciò corrisponde anche alla men­talità inglese.

L'attuazione di questo disegno si sta sviluppando attraverso le seguenti fasi di cui alcune in atto, altre in, potenza.

 

1. Fasi in atto. Attacco contro l'Eritrea, attacco contro la Somalia, attacco contro il Galla Sidama.

 

A. L'attacco contro l'Eritrea è in corso da venticinque giorni e continua accanito.

Fallita., per il nostro ripiegamento da Cassala-Tessenei, la loro manovra a tenaglia (da documenti trovati doveva scatenarsi all'alba del 19 e noi ripiegammo la sera del 17) si buttarono furiosamente contro le posizioni di Barentù e di Agordat. Le truppe di Barentù ressero a onta delle gravissime perdite senza cedere di un passo; anche quelle di Agordat ressero bene, ma il territorio a sud della posizione, da noi ritenuto intransitabile, risultò in­vece accessibile ai loro automezzi, talché si andò delineando una grave mi­naccia di avvolgimento della nostra sinistra per tagliarci l'unica via di riti­rata. Ordinai pertanto il ripiegamento da Agordat su Cheren. Abbandonata Agordat, Barentù non aveva più ragione di essere perciò feci ripiegare quelle truppe non appena i battaglioni provenienti da Om Ager furono sfilati die­tro questa posizione.

Il ripiegamento avvenne con tutto l'ordine possibile in simili frangenti; tutti i battaglioni subirono gravi perdite, ma restarono alla mano dei capi e nessuno andò perduto. Più gravi furono le perdite di artiglierie e di mate­riali: ad Agordat per l'incombente minaccia sulla strada, a Barentù per il fatto che la linea di ritirata era costituita soltanto da una mulattiera.

Il nemico si buttò decisamente allo sfruttamento del successo facendo convergere tutte le sue forze sulla direttrice di Cheren. In previsione di ciò avevo già fatto occupare queste posizioni da truppe fresche rapidamente affluite (un reggimento granatieri da Addis Abeba e una brigata indigena già in posto).

Il giorno 3 febbraio il nemico attaccò per la prima volta la posizione di Cheren e fu respinto; da allora i combattimenti si succedono accaniti senza risultati pratici da parte dell'avversaria.

Le perdite nostre sono gravi; quelle del nemico gravissime tanto che ha portato in linea tutte le riserve, infatti a sud di Cheren fino ad Adi Ugri non abbiamo ancora pressione sensibile.

Ma all'avversario continuano a giungere rinforzi; a Porto Sudan in questi giorni hanno scaricato 11 piroscafi di cui 8 sopra le 10.000 tonnellate. Un altro convoglio è segnalato con rotta nord. Intanto la pressione da nord (settore Karora) si è notevolmente accentuata. Tutto ciò rende molto pro­babile (se non sicuro) a breve scadenza un attacco concentrico contro l'Eri­trea, da ovest su Cheren-Asmara, da nord anch'esso su Cheren-Asmara e forse da est o con l'attacco di Massaua da mare lungo la fascia costiera o con sbarchi a nord e a sud del porto.

Ho mandato al settore nord fino all'ultimo rinforzo che potevo a costo di sguernire pericolosamente Addis Abeba — dove sono circa 20.000 fra donne e bambini, in una regione dove la ribellione scoppierebbe con mani­festazioni di estrema barbara violenza, e sto studiando di sgombrarli su Harar — ma con tutto ciò dubito molto che si possa, di fronte a un triplice attacco concentrico e in forze, reggere a lungo.

 

B. L'attacco contro la Somalia (era previsto; unicamente non si sapeva se avrebbe preceduto, accompagnato o seguito quello a nord) è anche esso in atto e il nemico si trova per ora nell'Oltre Giuba che, come è noto, ho ordinato di non difendere a oltranza.

Qui esso procede metodicamente creandosi successive basi logistiche. Dai suoi movimenti nasce ora il dubbio che la sua azione punti non diretta­mente su Chisimaio, ma che forzato il Giuba si proponga di arrivare per Gelid al mare tagliando fuori questa piazza costringendola, prima o poi, a cedere per isolamento. Mentre attendo a sgombrare alacremente Chisimaio e a fare partire i piroscafi in grado di viaggiare ho ordinato di difendere a oltranza la linea del Giuba in corrispondenza di Gelid e delle altre strade.

 

C. Attacco contro il Galla Sidama. L'azione è alla sua prima fase e si pronuncia su Oboc in direzione del lago Ruspoli, forse con obiettivo la fronte Soddu-Dalle. Forse questa mossa è diversiva per obbligarci a sguar­nire o per minacciare da tergo la direttrice Moiale-Neghelli che sarà forse la principale. Accompagnano queste azioni da sud altre da ovest, soprattutto a cavallo della valle del Baro in direzione di Gambela e di Dembidollo, men­tre più vicino al Nilo, in corrispondenza di Kurmuk Ghezan, si stanno accu­mulando forze irregolari di fuorusciti e, a quanto sembra, truppe francesi e belghe. Probabilmente queste truppe aspettano per avanzare il divampare della rivolta fomentata dell'arrivo nel Belaia dell'ex Negus e del fitaurari Burru. Nella regione di Lechemti è già in atto e si sta reprimendo. Questa direttrice Gheza-Lechemti-Ambò è quella che più mi preoccupa perché giunge nello Scioa evitando il Nilo.

 

 

2. Fasi in potenza. Scacchiere est. Si parla di sbarchi nel Somaliland, a Gibuti, a Assab per la fine del corrente mese. Si tratta di voci insistenti ma contraddittorie. La versione che mi sembra più probabile è quella di uno sbarco a Zeila e dintorni con obiettivo Aiscia e successivamente Dire Daua e in fine Harar. Essa, evitando la possibile reazione francese, isblerebbe, specialmente se sussidiata da una azione su Assab, la Costa francese dei Somali che non potendo piú essere rifornita da noi dovrebbe accettare l'oc­cupazione inglese.

Scacchiere ovest. Per ora è tranquillo, ma si hanno molti sintomi che la ribellione sta per scoppiare violenta soprattutto nel Goggiam. Spero che il generale Nasi possa fronteggiarla con le forze a sua disposizione. Ove ciò risultasse impossibile, a seconda degli avvenimenti, ordinerò o di resistere in posto o di ripiegare sulla linea del Nilo.

 

Come si vede la realtà sta confermando, purtroppo in pieno, quelle che in novembre chiamavo previsioni pessimiste.

Di fronte a un attacco concentrico condotto con forze e soprattutto con mezzi di una superiorità schiacciante (per ogni tonnellata di aiuti giunta a noi ne sono giunte più di 5.000 al nemico) la nostra situazione è molto critica. Senza ufficiali, senza autocarri, senza armi idonee, senza aviazione ogni concetto di manovra appare ineseguibile, ogni volontà di lotta si affie­volisce di fronte alla sensazione precisa della inutilità del sacrificio. Come ho detto altra volta per reggere bisogna reggere ovunque; se un solo pila­stro cede tutto l'edificio crolla quasi di colpo.

Di fronte a questa realtà non chiedo aiuti che so non potrebbero essermi dati o se concessi arriverebbero troppo tardi. In un solo modo è possibile aiutarci: con l'aviazione. Le nostre perdite nel campo aereo aumentano col diminuire delle forze in modo impressionante. Se non saremo aiutati subito e in modo poderoso fra pochi giorni non avremo piú neanche un apparec­chio e non potremo sapere nulla dell'avversario e saremo in sua completa balia.

Di fronte alla dura realtà informerò la mia azione a questi concetti:

— finché in ogni regione dell'impero vi sarà la nostra bandiera, un coman­dante ed un gruppo di soldati l'impero non potrà dirsi perduto e questo avrà grande importanza quando si discuterà la pace;

— in conseguenza non potendo reggere alla pressione nemica non ci irrigi­diremo nella difesa di posizioni destinate in tempo piú o meno breve a cadere, ma in ogni scacchiere si raccoglieranno le ultime truppe nelle regioni a popolazione fedele per attaccare di sorpresa quando si è forti, evitare il combattimento quando si è piú deboli con un unico proposito: essere presenti ed operanti fino alla fine della guerra.

 

In relazione a questi concetti quando sarà assolutamente indispensa­bile sgombrerò la popolazione bianca della capitale su Harar e Gimma (lo sgombero di Gondar è in corso); quella delle altre regioni, non avendo da temere dalla popolazione indigena, resta in posto.

Quindi abbandonerò Addis Abeba per portarmi nella regione degli Arussi — che mi consentirà di tenere il contatto con l'Harar, la Somalia, il Galsida e con lo Scioa — e quindi continuerò a esercitare la mia azione di governo e di comando fino alla fine.

 

Avrei poi bisogno di essere tenuto al corrente, nella misura che crederete opportuna, della situazione generale e sulle previsioni che si fanno della guerra in Europa. Dalla fine di ottobre non ho avuto più nessun orienta­mento né direttive in proposito, salvo quelle tratte dal giornale e dalle intercettazioni radio.

 

Il Viceré d'Etiopia
Governatore Generale dell'A.O.I.
Comandante Superiore delle Forze Armate
Amedeo di Savoia

 

 

 

 Africa Orientale Italiana attacco inglese protetto da fumogeni

 

 

 

LETTERA DI MUSSOLINI AL VICERÉ

 

Comando Supremo

N. 6595          

20 febbraio XIX

A S.A.R. il Viceré

Addis Abeba

 

Come annunciatovi per telegramma rispondo immediatamente alla vostra lettera che reca la data del 14 andante.

 

1. Concordo pienamente con Voi nella vostra valutazione degli obiettivi nemici. Gli inglesi tendono a Massaua e a Mogadiscio, per toglierci ogni possibilità di respiro.

Quanto al resto lasceranno fare al Negus, aiutandolo con denari, armi, quadri.

 

2. In relazione a questi obiettivi nemici oramai palesi ci sono due problemi che bisogna affrontare e lo state facendo e cioè:

a) evacuazione graduale dai settori più pericolosi delle donne e dei bam­bini;

b) utilizzazione dei ras per la seconda fase negussita della guerra.

 

3. Gli inglesi contano di fare un bottino navale di 150.000 tonnellate e sperano — invano — che noi glielo lasceremo fare onde permettere loro di renderci il servizio di trasportare altrove i nostri nazionali.

 

4. Approvo completamente criterio direttivo operazioni militari e cioè:

a) dare spazio là dove ogni resistenza sarebbe un inutile spreco di forze;

b) resistere a oltranza laddove le condizioni sono favorevoli;

c) guadagnare tempo nell'attesa degli avvenimenti sugli altri scacchieri della guerra, scacchieri che per quanto lontani sono dal punto di vista morale e da quello militare assolutamente interdipendenti.

 

5. Quanto al progettato abbandono completo di Addis Abeba bisogna fare ogni sforzo per evitarlo. La perdita della capitale equivarrebbe politicamente alla perdita dell'impero.

 

6. L'attività dell'aviazione è essenziale ed è l'unico aiuto che la madrepatria vi può fornire. Pricolo ha messo a disposizione di questi collegamenti 18 S 81, coi quali conta di trasferire un Cr 42 al giorno: cioè circa 30 al mese, più gli S 79 dei quali nove aspettano il tempo favorevole per partire. Per­duta Bengasi il viaggio è diventato più lungo e difficile.

 

7. Essendo, come vi ho detto, i nostri scacchieri di guerra interdipendenti, voglio — ora — ragguagliarvi come desiderate sulla situazione generale. I propositi della Germania sono i seguenti:

a) intensificare l'azione contro il traffico mercantile nemico coi sottomarini, gli aerei, le navi di superficie;

b) intensificare gli attacchi aerei sul territorio della isola;

c) sbarcare in Gran Bretagna quando le due attività precedenti abbiano dato i risultati voluti;

d) intervenire in Grecia — attraverso la Tracia — verso la fine di marzo. A tale scopo saranno concentrate in Romania-Bulgaria da 30 a 35 divi­sioni delle quali alla data di oggi almeno 20 sono già sul posto. Prima di passare ai nostri teatri di operazione desidero dirvi che la collabora­zione tra Italia e Germania è assolutamente cameratesca e totale in ogni campo.

 

Grecia. Considero la situazione nostra grandemente migliorata. I greci hanno tenuto per oltre tre mesi l'iniziativa, ma ormai sono al limite delle loro possibilità anche umane, poiché le loro perdite sono veramente gravi. Fra qualche tempo prenderemo noi l'iniziativa e scendano o no i tedeschi a Salonicco, mandino o no in Albania la divisione alpina che essi hanno approntato, credo che riusciremo a liquidare da soli la Grecia entro la pri­mavera. Questo fatto non mancherà di avere ripercussioni di carattere poli­tico-strategico vicine e lontane.

 

Libia. Anche per suggerimento germanico ci siamo schierati sulla Sirte per difendere Tripoli. Linea precaria in un primo tempo, ma ogni giorno più consistente per l'arrivo di una divisione tedesca e per l'arrivo di nostre forze corazzate della divisione Ariete, la quale con gli M 13 diventerà corazzata sul serio. È previsto l'invio di una seconda divisione corazzata germanica e di una nostra divisione motorizzata, la Trento.

Fra 15-20 giorni un attacco inglese troverebbe la nostra difesa molto solida. Nell'attesa il dispositivo è protetto da un forte schieramento di aviazione al quale partecipa il C.A.T. ulteriormente rinforzato e che ha già trasferito aliquote dalla Sicilia alla Tripolitania. Ci siamo schierati a Sirte anche per partire più da vicini nella controffensiva per riprendere la Cirenaica.

 

Interno. Desidero dirvi che il popolo italiano è naturalmente ramma­ricato di quanto avviene, ma è tranquillo, lavora, crede nella vittoria e sa che abbiamo oggi sulle spalle tutto il peso dell'impero inglese. Sa inoltre che la Germania è un alleato leale, fedele, che la sua potenza militare è gigantesca e che il suo proposito è di finire la guerra a qualunque costo nel 1941. L'aiuto americano non può modificare i termini del problema, poiché l'Europa intera, direttamente o indirettamente, lavora per la Germania. Bisogna tenere conto di questo fattore continentale europeo per valutare la situazione.

Credo di avervi detto tutto o quasi.

Sento il bisogno di aggiungere che noi tutti seguiamo l'opera vostra e dei vostri collaboratori con interesse, ammirazione e certezza che tutto sarà fatto e tentato per salvare l'impero.

Ricevete, Altezza, i miei personali, cordiali saluti.

 

MUSSOLINI

 

 

 

 Africa Orientale Italiana attacco inglese su campo italiano

 

 

 

IL PRIMO MINISTRO W. CHURCHILL AL GENERALE WAVELL

 

1 marzo 1941

 

Cordiali congratulazioni per il brillante esito della campagna nella Somalia Italiana. Vogliate comunicare al generale Cunningham i rin­graziamenti e il plauso del Governo di Sua Maestà per le energiche, audaci e riuscitissime operazioni da lui dirette alla testa della sua armata ardente, ben addestrata e ben organizzata. Vogliate pregarlo di portare questo messaggio a conoscenza delle sue truppe. Rendetelo pubblico quando vi parrà opportuno.

Senza dubbio discuterete col generale Smuts il giorno 7 delle future operazioni. Come già sapete, ho sempre desiderato che le divisioni sud­africane arrivassero alle rive del Mediterraneo.

 

 

 

 

 

 

 

IL GENERALE WAVELL AL PRIMO MINISTRO W. CHURCHILL

 

2 marzo 1941

 

1. Le vostre congratulazioni sono assai apprezzate. Ho inoltrato il vostro messaggio al generale Cunningham.

2. Cunningham sta spingendo forge leggere su Ferfer (circa 300 chilometri a nord di Mogadiscio e di Dolo); ciò completerà l'occupa­zione della Somalia italiana. Data la situazione dei rifornimenti e. dei trasporti, egli non ritiene di poter avanzare su Harrar prima del 21 marzo. Verrà al Cairo per la riunione del 7 marzo; discuteremo i piani per l'avvenire e i movimenti delle divisioni sudafricane.

3. Ho già dato istruzioni ad Aden di fare ricognizioni su Berbera in vista di una rioccupazione, se possibile.

 

 

 

 

 

 

 

TELEGRAMMA DEL VICERÉ E RISPOSTA DI MUSSOLINI

 

Ricevuto il 17 marzo 1941

 

n. 46558/1 - Oggi, che tutto lo sforzo inglese è concentrato su noi, gli apparecchi da bombardamento in linea sono ridotti a 3 S. 79, 2 S. 81 e 9 Ca. 133. Esclusi i Ca. 133, che possono essere impiegati soltanto per operazioni nell'interno e gli S. 81 ripartiti uno per scacchiere, debbo sostenere la battaglia di Cheren con 3 S. 79, laddove l'avversario impiega diecine e diecine di apparecchi, che bombardano in continuazione le nostre linee. Le truppe indigene hanno paura soltanto del bombardamento aereo e, di fronte alle perdite gravissime, si demora­lizzano e si sbandano. Ieri il 105° e il 112° battaglione, partiti entusiasticamente al contrattacco, sono stati quasi distrutti dall'aviazione e ridotti non più impiegabili. Di fronte a ciò noi nulla possiamo fare. Se volete, fate ancora in tempo ad aiutarci, inviando non un apparecchio alla volta, ma diecine di apparecchi. Dal 2 febbraio ad oggi abbiamo ricevuto uno, dico uno, S. 79, mentre abbiamo inviato in Italia equipaggi per ritirarne 12. Se non volete correre seri rischi di compromettere la battaglia di Cheren, mandateci a qualunque costo apparecchi.

 

AMEDEO DI SAVOIA

 

 

7361 Op. Per Viceré. Riferimento vostro 46558, difficoltà prima e successivamente impossibi­lità utilizzare scali intermedi Cufra e Auenat, necessità approntare nuovi serbatoi supplementari et impiegare basi idonee per partenze in sovraccarico, con conseguente maggiore vincolo condizioni atmosferiche, hanno ritardato invio velivoli S. 79 previsti. Tentativo utilizzare scalo Rodi risultò infruttuoso e portò perdita due velivoli. Si sta facendo il possibile per soddisfare necessità ; attualmente sono in Cirenaica, in corso di trasferimento, 6 S. 79. Seguiranno altri 30 col massimo ritmo consentito. Siate sicuro che facciamo quanto è possibile fare.

 

Mussolini

 

 

 

 

 

 

 

TESTO DEL VOLANTINO AVIOLANCIATO SUL FRONTE DI CHEREN NEL

MARZO 1941 INVITANTE I SOLDATI ITALIANI ALLA RESA

 

SOLDATI ITALIANI!

 

Voi avete dovuto subire delle dure esperienze, ma ne avrete delle peggiori,

 

Le vostre comunicazioni per terra e per mare sono fermate. Le vostre difficoltà saranno presto aggravate dalla rivolta degli indigeni.

 

 I vostri capi vi tradiscono conducendovi in un’avventura senza gloria. Se volete evitarla, venite con le vostre armi al posto inglese il più vicino, ove sarete ricevuti e trattati in modo amichevole.

 

 

 

 Africa Orientale Italiana il Negus e Wingate

 

 

 

IL PRIMO MINISTRO W. CHURCHILL AL GENERALE WAVELL

 

1 aprile 1941

 

1. Riteniamo che dovreste seguire, il più strettamente possibile, la linea di condotta stabilita nel telegramma dei capi di Stato Maggiore del 25 marzo, salvo quelle eventuali modifiche che possono sembrare deside­rabili dopo vostre discussioni col generale De Gaulle. In particolare: il primo approccio con la Somalia francese dovrebbe essere compiuto dalle autorità della Francia Libera e non vi dovrebbe essere alcuna esitazione nell'applicare rigorosamente l'arma del blocco. Non preoccupatevi della suscettibilità di Weygand e di Vichy. Ce ne occuperemo noi, da qui.

2. Spero che in queste ed analoghe questioni vi sentirete in grado di tenere nel massimo conto i punti di vista del generale De Gaulle, verso il quale il Governo di Sua Maestà ha assunto solenni impegni e che gode di tutto il nostro appoggio come capo del Movimento della Fran­cia Libera.

 

 

 

 

 

 

 

IL PRIMO MINISTRO W. CHURCHILL AL PRESIDENTE DEGLI U.S.A.
 F. D. ROOSEVELT

 

4 aprile 1941

 

Il suggerimento del conte Sforza (riguardo agli italiani non combat­tenti) è stato esaminato qui con la massima attenzione. Vi prego di rendervi conto delle nostre difficoltà. Infatti, il duca d'Aosta potrebbe es­ser deciso ad abbandonare Addis Abeba e salire sulle montagne per continuare la guerra per alcune settimane o anche mesi, lasciando a noi l'intera responsabilità della salute e della sicurezza della popolazione civile, che ammonta a molte migliaia di persone. Noi non abbiamo alcu­na possibilità di assolvere un simile compito, sinché non cessi la resi­stenza organizzata. Non disponiamo del porto di Gibuti, la linea ferroviaria è interrotta, ogni nostro mezzo di trasporto serve a rifor­nire le nostre truppe nella loro lunga avanzata. Ne potrebbe risultare un deplorevole fallimento di cui l'intera responsabilità morale verrebbe attribuita a noi, come per i campi di concentramento nella vecchia guer­ra sudafricana. Non appena il duca farà cessare i combattimenti, noi concentreremo i nostri sforzi, forse con buone prospettive di suc­cesso. Ogni prolungamento della resistenza italiana in Etiopia ritarda il nostro rafforzamento in Libia, e voi non ignorate certo quanto questo sia diventato urgente. Non si tratta soltanto di dare al nemico un enorme vantaggio militare, ma di assumerci un compito nel quale potremmo fallire.

 

 

 

 

 

 

 

COMANDO SUPREMO
STATO MAGGIORE GENERALE - II Reparto
Ufficio Servizi

 

N. 2062 di prot./Sv.                                             P.M. n. 21 — 4 aprile 1941-XIX

 

Oggetto: Cessazione servizi aerei con l'A.O.I.

 

... indirizzi omessi ...

 

È definitivamente sospeso con l'A.O.I. il servizio del trasporto per via aerea di personale, posta e materiali.

 

Si pregano i Ministeri e gli Stati Maggiori interessati di disporre il riti­ro dall'Aeroporto di Guidonia dei materiali colà inviati e la definitiva so­spensione dell'afflusso di quelli in approntamento, considerando tutti i materiali disponibili per altri scacchieri.

 

Il personale militare di cui era stata predisposta la partenza sia asse­gnato ad altre destinazioni.

 

Saranno impartite agli Enti direttamente interessati istruzioni per la so­spensione del servizio postale e per la restituzione della posta ufficiale e privata.

 

Il Sottocapo di Stato Maggiore Generale
F. to Guzzoni

 

 

 

 

 

 

 

IL PRIMO MINISTRO W. CHURCHILL AL VICERÉ DELL'INDIA

 

7 aprile 1941

 

Tutto l'Impero è commosso per l'impresa delle truppe indiane in Eritrea. In me, il racconto dell'entusiasmo e della tenacia con cui esse hanno scalato e alla fine conquistato le ripide alture di Cheren risu­scita il ricordo della Frontiera Nord-occidentale di molti anni or sono.

Come soldato che ha avuto l'onore di servire sul campo con soldati indiani provenienti da ogni parte dell'Indostan, come pure in nome del Governo di Sua Maestà, chiedo a Vostra Eccellenza di comunica­re a esse e all'intero esercito indiano l'orgoglio e l'ammirazione con cui abbiamo seguito le loro eroiche gesta.

 

 

 

 Africa Orientale Italiana guerriglieri etiopi entrano in Addis Abeba

 

 

 

PROPOSTE DI RESA RESPINTE DAL DUCA D’AOSTA

 

21 aprile 1941

 

La stampa straniera e la radio nemica hanno parlato in questi ultimi tempi di trattative tra il Viceré e il generale Cunningham circa la tutela della popolazione bianca e soprattutto delle donne e dei bambini raccolti in alcune località dell'Africa Orientale Italiana.

Il Viceré ha reso noto che, in seguito a richiesta inglese, fu inviato un messo a Dire Daua, al quale il gen. Cunningham dichiarò di non potere accettare la responsabilità della tutela della popolazione bianca che non fosse già in sue mani, e che per quest'ultima poteva provvedere solo subordinatamente alle esigenze militari. Per assumere in pieno entrambe le responsabilità, gli inglesi esigevano che venissero deposte ovunque le armi.

Il Viceré rispose che, poiché quanto sopra era stato detto a un nostro incaricato solo a voce, era necessario che da parte britannica fossero avanzate proposte scritte. La risposta scritta pervenuta da Cunningham, e che modificava le precedenti pro­poste verbali, era del seguente tenore:

 

« Non può assumersi responsabilità di sorta per assicurare protezione e soccorso agli Italiani dislocati fuori di quelle zone che sono occupate da truppe inglesi, a meno che i reparti italiani non depongano le armi. Le conseguenze relative possono solo evitarsi con la resa completa a discrezione della totalità delle Forze ita­liane. »

 

La fiera ed energica risposta del Viceré è del seguente tenore:

 

« Respingo senza prenderle in considerazione le proposte di natura militare da voi formulate. Compete a voi la responsabilità del trattamento che verrà usato alla popolazione bianca dal momento in cui le Forze britanniche e quelle indigene, organizzate e armate da voi, o Comunque da voi dipendenti, occupino i luoghi abitati dalla popolazione bianca ».

 

La lotta, ha assicurato il Viceré al Duce, sarà continuata dovunque, a oltranza.

 

 

 

 

 

 

 

IL PRIMO MINISTRO W. CHURCHILL ALL'IMPERATORE D'ETIOPIA

 

9 maggio 1941

 

Con profondo ed unanime compiacimento la Nazione britannica e l'Impero hanno appreso il felice ritorno di Vostra Maestà Impe­riale ad Addis Abeba, vostra capitale. La Maestà Vostra fu il pri­mo dei sovrani legittimi ad esser cacciato dal suo trono e dal paese ad opera dei criminali nazifascisti ed è ora il primo a ritornare trionfante. I ringraziamenti di Vostra Maestà saranno debitamente trasmessi ai comandanti, agli ufficiali ed ai soldati delle truppe britanniche ed impe­riali che hanno aiutato i patrioti etiopici a liquidare completamente e definitivamente l'occupazione militare italiana. Il Governo di Sua Mae­stà auspica un lungo periodo di pace e di progresso in Etiopia, ora che le forze del male sono state finalmente debellate.

 

 

 

 

 

 

 

LETTERA DEL MAGG. FALLACI, UFFICIALE DEL COMANDO SUPERIORE A.O.I.,

AL CAPO UFFICIO MILITARE DEL MINISTERO AFRICA ITALIANA

 

Caro Ferrara,

 

nella speranza che questa lettera ti arrivi ti mando per l'ultima volta nostre notizie dettagliate. L'Impero è finito! Con profondo dolore dopo dieci me­si di lotte accanite abbiamo dovuto sgombrare Addis Abeba e lasciarla agli inglesi. Per le previdenze prese (abbiamo lasciato per la tutela della popola­zione bianca oltre 4.000 uomini) non si è verificato nessun incidente e don­ne e fanciulli ora stanno bene. Noi siamo in boscaglia tra Dessiè e l'Amba Alagi e qui resteremo fino a quando gli eventi ci costringeranno a chiuderci nella montagna per vendere cara la nostra pelle. Il tracollo finale è stato precipitoso: l'impero così come era organizzato era un organismo che una volta perduto un pilastro sarebbe crollato. Purtroppo i pilastri crollati sono stati due: la Somalia e l'Eritrea cioè le due vecchie colonie. Ma mentre la maggior parte degli ascari Eritrei ci sono stati attaccati fino all'ultimo mo­mento, i somali una volta perduta la linea del Giuba hanno mollato in pie­no ed hanno disertato in massa. Non parliamo poi degli ascari harrarini i quali senza aver combattuto hanno disertato non solo, ma si sono appro­priati di salmerie, materiali etc. defezionando proprio quando stavano per iniziare i combattimenti e quindi nei momenti più critici. Ora anche i batta­glioni eritrei non tengono più. Si regge ancora in piedi il Galla Sidamo e Gondar perché ancora non sono stati attaccati. Il giorno che saranno attac­cati si sfasceranno in poche ore perché anche qui gli ascari defezioneranno. Quali le ragioni di questo sfacelo?

 

1°) La grande superiorità in mezzi dell'avversario: dirai che sono noioso nel ripetermi, ma posso giurarti che se avessimo avuto l'aviazione che tante e tante volte abbiamo richiesto non avremmo perduto la linea del Giuba e non avremmo perduto Cheren. Nell'uno e nell'altro settore l'av­versario quando non ha potuto aver ragione della nostra resistenza con attacchi di forza ha lasciato la parola all'aviazione che si è accanita dalla mattina alla sera a rovesciare bombe sulle truppe causando perdite no­tevoli (609 in un giorno a Cheren) mentre la caccia mitragliava da bas­sa quota e dava la caccia a tutti gli automezzi che circolavano per le strade. Tutto ciò assolutamente indisturbati perché noi non eravamo in condizioni di affrontare la caccia o di rendere la pariglia col bom­bardamento. Frase tipica degli ascari: «Noi non arruolati per fare guerra contro aeroplani, ma per fare guerra contro uomini». Inoltre l'assoluta deficienza di mezzi anticarro tante volte richiesti e mai ricevuti. Gli in­glesi fanno la guerra con le camionette autocarri a leggera blindatura blindatura ma pure imperforabili dal nostro proiettile calibro 6. In com­penso essi sono armati con mitragliatrici da 12 che passano l'acciaio dei nostri carri armati leggeri e medi come se nulla fosse. Quindi per fermarle non c'era altro che impiegare armi anticarro, ma... non c'era­no. Le altre artiglierie specialmente i 65/17 hanno fatto quello che han­no potuto, ma hanno finito per non sparare più per il logorio subito. Del resto le batterie indigene si sono comportate come i battaglioni e sono rimaste con i pezzi e gli ufficiali. A Passo Marda (Harar) batta­glioni e batterie mandati in linea la sera al completo erano al mattino dopo ridotti ai soli ufficiali, ai pezzi ed alle mitragliatrici. In queste con­dizioni cosa si può fare! Ti assicuro che è una disperazione.

 

2°) La propaganda inglese fatta a base di talleri - gettati a centinaia di mi­gliaia - che ha ridotto la nostra moneta senza alcun valore. Con la lira sui mercati indigeni non si compra più nulla.

O talleri o non comprare. Si arriva al punto che gli ascari rinunziano alla paga e dicon di metterla sul libretto asserendo che tanto a loro i nostri denari non servono a nulla e che ci servono gratis. Ma le difficoltà che essi trovano nel rifornirsi di generi per mangiare per sé e per la famiglia si ripercuotono sul mora­le e creano dei malcontenti fortissimi che poi sboccano nelle diserzioni.

 

3°) L'attaccamento dell'ascari al proprio paese. Una volta che questo è stato conquistato dal nemico non v'è più ragione di combattere, quindi se ne tornano a casa loro.

 

Ecco le ragioni principali del nostro sfacelo.

 

Ora attendiamo la nostra sorte. Ti mando le ultime lettere per le fami­glie, ti prego di farle recapitare.

 

F.to Maggiore Fallaci

 

 

 

Africa Orientale Italiana Hurricane 

 

 

 

MESSAGGIO DEL DUCA D'AOSTA DALL'AMBA ALAGI E RISPOSTA DEL DUCE

 

19 maggio 1941

 

Ecco il testo dell'ultimo messaggio che il Duca d'Aosta ha inviato dall’Amba Alagi:

 

AL DUCE

Nell'impossibilità di ricoverare e di curare i numerosi feriti e dato il continuo aggravarsi della situazione, talché la resi­stenza pur con gravissime perdite potrebbe protrarsi solo di poco, sono stato indotto a domandare al nemico una onorevole resa. La mia domanda è stata accolta. Mi è di conforto in questa triste ora la certezza di aver fatto quanto umanamente era possibile. Lascio il comando ringraziando Voi, DUCE, che in un anno di dura lotta sempre mi concedeste l'ausilio del Vostro consenso e della Vostra fiducia. Non è finita la guerra: in queste terre, ancora una volta irrorate dal sangue italiano per la maggiore grandezza della nostra Patria, presto ritor­neremo.

 

AMEDEO DI SAVOIA

 

Il DUCE ha così risposto:

 

Si  — Altezza — Voi ed i Vostri soldati avete combattuto eroi­camente e resistito oltre i limiti delle possibilità umane. Il popolo italiano Vi ha seguito, Vi ammira e condivide la Vostra certezza per il domani.

 

MUSSOLINI

 

 

 

 

 

 

 

LE ULTIME FASI DELLA DIFESA DELL'AMBA ALAGI

 

19 maggio 1941

 

Il bollettino ufficiale odierno del Quartiere Generale informa sull'epilogo della lotta sostenuta per la difesa dell'Amba Alagi. Epilogo doloroso ma circonfuso anche di fulgida gloria. In seguito alla costante pressione del nemico soverchiante in uomini e mezzi di guerra, uno dei nuclei della nostra resistenza nell'Impero — dopo aver dovuto sgombrare l'Eritrea — si era ritirato nella zona dell'Amba per continuare la metodica resistenza che ha per scopo essenziale d'impegnare e logorare quanto più possibile le forze avversarie.

Dalla metà di aprile si combatteva aspramente in quel settore ed i nostri reparti contendevano palmo a palmo il terreno, fa­cendo fronte agli attacchi continui, accaniti e potenti che li investivano da ogni lato.

Nei primi di maggio le nostre posizioni di Passo Falagà e passo Togorà dovevano essere sgombrate e la difesa sì re­stringeva al caposaldo centrale, contro il quale l'assalitore convergeva l'azione di tutti i suoi mezzi.

Una densa e profonda cintura di artiglierie di tutti calibri in­vestiva giorno e notte i difensori coi suo fuoco, mentre l'azione aerea persistente ne integrava l'opera e le fanterie e le forma­zioni meccanizzate premevano in cerchio. Malgrado questa furia aggressiva, la resistenza eroica dei nostri tenne in scacco il nemico fino a che negli ultimi giorni si rese impossibile le sgombero dei feriti, e viveri ed acqua cominciarono a scarseggiare senza possibilità di rifornimento, creandosi in tal moda una situazione che consigliò d'evitare ulteriori sacrifici nel proseguimento della lotta e fu ordinata la resa.

Il bollettino ha citato all'ordine del giorno della Nazione i reparti che più eroicamente si sono distinti in questo nuovo luminoso episodio della nostra guerra dell'Impero, ma oltre ad essi tutti i difensori sono degni della più alta ammirazione e riconoscenza.

Il nemico ha riconosciuto il valore dei nostri soldati ed ha concesso a tutti l'onore delle armi.

Nei restanti settori dell'Africa Orientale la lotta prosegue con la stessa tenacia del passato.

 

 

 

 

 

 

 

LA MEDAGLIA D'ORO CONFERITA DAL RE E IMPERATORE AL DUCA D'AOSTA

 

20 maggio 1941

 

La Maestà del RE e IMPERATORE ha diretto all'A. R. il Duca d'Aosta il seguente telegramma:

 

Ho seguito con viva affezione e con ammirata fierezza la tua opera di Comandante e di Soldato. Ti ho conferito la Meda­glia d'Oro al valor militare, desiderando premiare in te an­che coloro che combattendo ai tuoi ordini hanno bene meritato della Patria.

Affezionatissimo VITTORIO EMANUELE.

 

 

 

MOTIVAZIONE DELLA M.O.V.M. CONCESSA AL DUCA D’AOSTA

 

Comandante Superiore delle Forze Armate dell'Africa Orientale Italiana durante undici mesi di asperrima lotta, isolata dalla Madre Patria, circondato da nemico soverchiante per mezzi e per forze, confermava la già esperimentata capacità di condottiero sagace ed eroico. Aviatore arditissimo, instancabile animatore delle pro­prie truppe le guidava ovunque, per terra, sul mare e nel cielo, in vittoriose offensive, in tenaci difese, impe­gnando rilevanti forze avversarie. Assediato nel ri­stretto ridotto dell'Amba Alagi, alla testa di una schiera di prodi, resisteva oltre il limite delle umane possibi­lità, in un titanico sforzo che si imponeva all'ammira­zione dello stesso nemico. Fedele continuatore delle tra­dizioni guerriere della stirpe Sabauda e puro simbolo delle romane virtù dell'Italia Imperiale e Fascista.

 

Africa Orientale Italiana, 10 giugno 1940-XVIII —18 maggio 1941-XIX.

 

 

 

 Africa Orientale Italiana coloniali inglesi

 

 

 

OPERAZIONI NEL SETTORE DI GONDAR

 

20 maggio 1941

 

Nell'Africa orientale Il glorioso epilogo della difesa dell'Amba Alagi non ha indebolito per nulla la difesa degli altri settori, ove l'attività dei nostri reparti scatta talvolta in contrattacchi che provano duramente l'avversario.

Il mattino del 17 maggio il nemico sferrava con molte forze un violento attacco nella zona occidentale del settore di Gondar e, appoggiato da una potente azione delle artiglierie e dell'aviazione, riusciva ad occupare alcune posizioni tenute da scarse forze di copertura.

Nella giornata del 18 la pressione veniva contrastata e conte­nuta dai nostri reparti di rincalzo ed il giorno 19, con l'arrivo di nuovi rinforzi, questi potevano passare decisamente al contrattacco.

L'azione, condotta con impeto e risolutezza, travolgeva l'av­versario, lo ricacciava dalle posizioni occupate e lo incalzava oltre le sue linee di partenza, infliggendogli fortissime, perdite. Anche le nostre perdite erano sensibili, ma venivano lar­gamente compensate dai risultati conseguiti.

Restavano nelle nostre mani numerosi prigionieri ed un co­spicuo bottino che comprendeva alcuni cannoni, mitraglia­trici, molte armi portatili e munizioni.

 

(Agenzia Stefani).

 

 

 

 

 

 

 

IL PRIMO MINISTRO W. CHURCHILL AL GENERALE WAVELL

 

30 maggio 1941

 

Sarà opportuno disporre [di Gibuti] nel prossimo futuro ed io sarò lieto se voi potrete stabilire l'entità delle forze necessarie per spezzare la resistenza francese e se tali forze si potranno riunire senza pregiudizio per le altre necessità. Il momento dell'attacco dipende naturalmente dagli avvenimenti in Siria, che potrebbero portare ad una rottura con Vichy, o, viceversa, alla collaborazione tra l'esercito francese in Siria e i liberi francesi. Nell'uno o nell'altro caso l'occupazione di Gibuti po­trebbe essere presa in esame. Frattanto si dovrebbe mantenere il blocco con la massima severità e si potrebbero effettuare sulla frontiera della Somalia francese tutti i concentramenti preliminari da voi ritenuti utili. In questo modo si potrebbe evitare uno scontro armato, come è viva­mente auspicabile. Il momento per l'azione può essere stabilito soltanto d'accordo con noi.

 

 

 

 

 

 

 

ELOGIO DEL DUCE AI COMANDANTI DEI SOMMERGIBILI RIENTRATI

DAL MAR ROSSO

 

30 maggio 1941

 

Le nostre forze subacquee già dislocate in Mar Rosso sono rientrate al completo in una base nazionale dopo aver per­corso con tenace ardimento circa 14.000 miglia in 80 giorni at­traverso oceani e mari vigilati dal nemico.

Il DUCE ha ricevuto i quattro comandanti dei sommergibili, e precisamente il Capitano di fregata Gino Spagone, il capi­tano di corvetta Livio Piomarta, il capitano di corvetta Mario Salvatori e il tenente di vascello Bruno Nap.

Il DUCE ha rivolto loro un vivissimo elogio per la lunga e difficile navigazione brillantemente superata ed ha elogiato altresì gli equipaggi dei sommergibili che hanno dato ma­gnifico esempio di resistenza, disciplina e spirito di sacrificio.

 

 

 

 

 

 

 

BANDO PER LA PIAZZA DI GIMMA

 

Noi, Pietro Gazzera
generale designato d'armata
comandante superiore delle forze armate dell'A.O.I.
reggente del governo generale dell'A.O.I.

 

Visti gli articoli 251 C.P.S. e 17 della legge di guerra;

 

ORDINIAMO

 

Art. 1

A datare dalle ore 10 del giorno 6 giugno tutti i poteri militari e civili nella piazza di Gimma sono assunti dal generale di brigata Bisson comm. Emilio.

 

Art. 2

A datare dallo stesso giorno nessun cittadino nazionale estraneo alle truppe potrà circolare entro il perimetro del reticolato che cinge la città di Gimma prima delle ore 7 e dopo le ore 19.

I militari nazionali potranno circolare anche oltre detti limiti se muniti di speciali documenti d'identificazione.

 

Art. 3

A datare dallo stesso giorno 6 giugno nessun nativo potrà circolare entro il perimetro del reticolato della città prima delle ore 8 e dopo le ore 18.

I militari coloniali che dovessero circolare oltre detti limiti dovranno essere muniti di speciali documenti di permesso.

 

Art. 4

Ogni cittadino nazionale che sia trovato in circolazione nella città di Gimma contro il divieto di cui all'art. 2 sarà immediatamente tratto in arre­sto e punito con la reclusione da due a cinque anni.

Ogni nativo che sia trovato in circolazione nella città di Gimma contro il divieto di cui all'art. 3 potrà essere immediatamente passato per le armi dagli organi di polizia.

 

Art. 5

Sarà immediatamente passato per le armi qualunque nativo che sia sorpreso in flagranza di saccheggio, incendio, distruzione, furto, violenze di qualsiasi specie contro le persone o che sia trovato in possesso di armi senza giustificato motivo o che tentasse di penetrare nella piazza di Gimma abusivamente attraverso i reticolati della città.

 

Art. 6

I cittadini nazionali che fossero sorpresi in flagranza di saccheggio, in­cendio, distruzione, furto, violenze di qualsiasi specie come coloro che fos­sero sorpresi nell'atto di attraversare abusivamente il reticolato della città saranno immediatamente tradotti davanti al Tribunale straordinario in stato di arresto e saranno giudicati per direttissima.

 

Art. 7

I reati commessi nelle condizioni di cui all'articolo precedente potranno essere puniti con la pena di morte.

 

Art. 8

Tutti i reati commessi dai cittadini nazionali e dai sudditi, militari ed estranei alla milizia, saranno sottoposti alla giurisdizione penale militare.

 

Art. 9

Per i giudizi preveduti nel presente bando è costituito un tribunale mi­litare straordinario il quale siederà in permanenza.

 

Dato a Gimma il 6 giugno 1941, ore 4

 

GEN. PIETRO GAZZERA

 

 

 

 Africa Orientale Italiana FIAT CR.42 preda bellica SAAF

 

 

 

INVITO ALLA RESA PERVENUTO AL COMANDANTE DEL PRESIDIO DI AGGARÒ  DA PARTE DEL FITAURARI [*] GIACHEMÀ CHELÒ

 

All'Ill.mo Sig. generale Sabatini.

La salute e la pace siano con voi.

Già siete informato che sono recato a Gimma con le truppe imperiale per occupare Gimma e di fare la sottomissione. Ed in questi quattro giorni, siccome gli ufficiali italiani non hanno voluto di far versare il sangue inutilmente: loro hanno fatto la sottomissione e hanno consegnato la arma ed ora stanno conse­gnando gli uffici e le case governative.

E tutti gli abitanti italiani stanno bene con le loro famiglie e beni.

Quindi, oggi 17 giugno sono arrivato qui a Gimma a conoscere la sottomis­sione vostra. Qualora vogliate la pace e di depore la arma mando solo i miei capi con le guardie speciali e tengo fuori la città le truppe per rispettare la pace della città, così i miei capi vengono da voi a prendere le consegne la arma e gli ufficiali.

Signor generale credetemi che noi rispettiamo la legge Europia e trattiamo bene e vi accompagnamo con la robba vostro fino a Gimma.

Signor generale se non vogliate la pace sarete responsabile del sangue che verrà versato da parte vostro e quello mio.

Se volete parlare specificamente della sottomissione vi manderò il mio sotto capo a sieme mio segretario.

Credetemi di tutto Signor comandante.

I attendo la risposta per sta serra alle 6.

 

Comandante della Armata: GIACHEMÀ CHELÒ

 

Li 17 giugno 1941.

 

 

[*] Comandante dell’avanguardia, conte

 

 

 

 

 

 

 

VOLANTINO FATTO CIRCOLARE FRA LE TRUPPE DEL PRESIDIO DI AGGARÒ

IL 18 GIUGNO 1941

 

Soldato italiano!

Voi siete già informato che S.A.R. Duca di Aosta ha fatto la sottomissione con tutta la sua armata di nord ed ha conosciuto il Governo Etiopico.

E tutti quelli che hanno fatto la sottomissione stanno bene in Addis Abeba.

Siccome non avevo voluto farvi versare vostro sangue avevo scritto una lettera al vostro comandante generale Sabatini di fare la sottomissione e di deporre la arma. Ma lui non ha voluto la pace perché mi ha risposto che non voler fare la sottomis­sione. Perciò lui è dovuto essere responsabile del sangue che verrà versato.

Se non ce avete voi l'intenzione di fare la guerra contro di noi potete comu­nicarmi la vostra idea a mezzo di Balabat ed altri capi di Aggarò.

Se voi fate la pace deporremo la arma vi ricevo ed accompagno fino a Gimma.

 

Comandante della Armata: GIACHEMÀ CHELÒ

 

Li 18 giugno 1941.

 

 

 

Africa Orientale Italiana carro armato a Gondar 

 

 

 

DISPOSITIVO DI RESA DEGLI ITALIANI NEL GALLA E SIDAMA

 

Conditions de cessation des hostilités des forces armées italiennes opposées aux forces belges et anglaises opérantes dans le Galla Sidama.

 

Suite à l'offre de cessation des hostilités faite par le général Gazzera commandant supérieur des forces armées italiennes de 1'A.O.I. et tenant compte de la vaillance montrée par les troupes italiennes dans la campagne du Galla Sidama, le général Gillieart, commandant supérieur des troupes du nord-est, a accordé les conditions suivantes qui ont été acceptées par:

— le major général de la Justice Militaire, gr. uff. Francesco Guasco;

— le colonel d'État Major, comm. Augusto D'Amico;

— le conseiller de gouvernement, comm. Cesare Lepori;

délégués par le général Gazzera:

1. Cessation des hostilités dans le Galla Sidama, au sud du Nil Bleu, le 4, à deux heures.

2. Les honneurs militaires, analogues à ceux accordés lors de la reddition d'Amba Alagi, seront rendus au drapeau et aux troupes italiennes.

3. Autorisation pour les officiers de conserver leurs armes.

4. Entrée en fonction à Saio, dès le 6 juillet 1941, d'une commission de désarmement composée: de 3 officiers belges, un officier supérieur et officiers subalternes; de 3 officiers italiens: un officier supérieur d'État Major, un officier intendant et un officier subalterne.

5. Occupation de Saio, de Magi et de Burci par les troupes belges à partir du 6 juillet à 6 heures.

6. Livraison des armes, des munitions, du matériel et de l'équipement.

7. Autorisation pour le commandant supérieur des forces armées italiennes de l'A.O.I. de conserver ses aides de camp, et pour les officiers généraux italiens de conserver un officier d'ordonnance de leur choix.

8. Autorisation pour les officiers italiens de disposer des valeurs personelles et d'une malle d'effets (2 pour les officiers généraux), d'une tente et d'un lit de campement. Autorisation pour les officiers généraux et supérieurs de conserver leurs serviteurs.

9. Le commandant supérieur des troupes du nord-est s'engage à obtenir la cessation des hostilités par les patriotes abyssins luttants aux cótés des forces belges.

10. Le commandant supérieur des troupes du nord-est s'engage à faire res­pecter dans son secteur l'honneur, la famille et les biens des nationaux et des coloniaux italiens.

11. Les fonctionnaires militaires seront considérés comme prisonniers de guerre.

 

Des mesures seront prises pour soustraire les civils à l'hostilité de la population indigène.

 

Le général Gillieart

commandant supérieur des troupes du nord-est

 

Pour le général Gazzera

commandant supérieur des forces armées de l'A.O.I.

— le major général gr. uff. Francesco Guasco

— le colonel comm. Augusto D'Amico

— le conseiller comm. Cesare Lepori

 

 

 

 

 

 

 

PRIMA RELAZIONE DEL GEN. GUGLIELMO NASI

 

COMANDO TRUPPE DELL'AMHARA

 

Gondar, 5 luglio 1941, XIX

 

Ufficio Stato Maggiore - Op.

N. 1607474, allegati uno

OGGETTO: situazione 5 luglio.

Al Comando Supremo Roma

e, per conoscenza:

Al ministero Africa Italiana Roma

 

1. RIDOTTI ESTERNI

 

DEBRA TABOR. Come comunicato, comandante ridotto ha concluso armi­stizio e capitolazione che, in base a impegni da lui presi, deve avere esecu­zione domani 6 luglio.

Il presidio di Debra Tabor era costituito da:

— 105 ufficiali;

— 2.365 nazionali;

— 3.350 coloniali circa.

Di questi ultimi 1.650 avevano disertato od erano stati congedati perché infidi durante questi due mesi di blocco.

 

UOLCHEFIT. Dopo la legnata inflitta il 22 giugno alla formazione di Ras Aialeu, la pressione dei ribelli sul fronte sud si è molto allentata.

Sul fronte nord, viceversa, gli inglesi hanno rinforzato la loro artiglieria che giornalmente martella le nostre posizioni con sei-settecento colpi.

Gli effetti materiali (distruzioni e vittime) per ora non sono però preoc­cupanti.

Il presidio ha viveri quasi per tutto agosto, eccezione fatta per la carne che è stata già esaurita.

Il presidio ha tentato qualche razzia a largo raggio, ma nulla ha trovato perché le popolazioni hanno fatto il vuoto.

Per i nazionali, si macellano muli delle salmerie. Per i coloniali, si di­stribuiscono due razioni settimanali in più di zucchero e thè. Ma pure con questi ripieghi, la mancanza di carne è molto sentita e preoccupa.

Il presidio è costituito da circa 2.000 nazionali e 2.000 coloniali.

Il morale della truppa è ancora molto elevato e questo si deve al coman­dante, tenente colonnello Gonella, ufficiale di prim'ordine, che spero sarà promosso per merito di guerra, secondo proposta inoltrata.

 

 

2. PIAZZA DI GONDAR

La piazza di Gondar, come è descritto nella mia relazione del 21 maggio (già inviata) trova un largo respiro in virtù dei quattro capisaldi di Celgà, ,Tucul Dinghià, Culqualber o Sella dal km 20 (sulla strada per Asmara) che sbarrano le principali provenienze.

Con la caduta di Debra Tabor è da prevedere che le forze anglo-ribelli, che la bloccano, si riverseranno verso Gondar.

La rotabile è sbarrata dal caposaldo di Culqualber. Dietro a questo sto riunendo una brigata di quattro battaglioni ed un gruppo squadroni, non solo per puntellare quel modesto caposaldo, ma soprattutto per opporsi a formazioni anglo-ribelli che, aggirando il caposaldo stesso, puntassero diret­tamente su Azozo e Gondar.

 

 

3. LOGISTICA

L'autonomia viveri, con gli acquisti di cereali che si sono potuti fare, può giungere fino alla fine di agosto, viveri di riserva compresi e carne esclusa, per cui si vive alla giornata con gravi difficoltà, anche perché l'area di incetta è ormai piccola e già molto sfruttata. La razione viveri che ora si distribuisce risulta dall'allegato. È un minimo sotto il quale non si può andare, perché i medici già la ritengono scarsa per uomini che vivono sotto la tenda, alle intemperie, lavorando duro.

Nel campo del corredo, lamentata soprattutto la mancanza di scarpe, ormai a brandelli, e la mancanza di teli da tenda. Si sta provvedendo con ripieghi ingegnosi, ma che evidentemente non soddisfano completamente alle esigenze.         '

 

 

4. MORALE TRUPPE

Nazionali: per quanto siano in genere uomini anziani, sopportano serena­mente disagi, fatiche e privazioni e, compresi dei doveri del momento, con­servano morale buono.

Coloniali: nonostante tutto morale ancora discreto.

Il fenomeno diserzioni, tranne che a Debra Tabor, conserva ancora carattere sporadico.

Nel mese di giugno si sono avuti 550 disertori (su 23.000 uomini, due terzi a Debra Tabor).

 

 

5. PERDITE MESE GIUGNO

— nazionali morti 6, feriti 36

— coloniali morti 74, feriti 276

 

 

6. PREVISIONI

È presumibile che date le grandi piogge, che pare finalmente stiano comin­ciando, gli inglesi non potranno pensare a grossi attacchi sul fronte di Celgà (da Metemma) e di Tucul Dinghià (da Om Ager).

Viceversa, nonostante le piogge, potranno agire in forze sulle direttrici dell'Uolchefit e di Debra Tabor, sia perché dispongono in quelle regioni di forti formazioni- ribelli, sia perché sono servite da strade. Il grosso delle mie forze è ormai dislocato nel campo trincerato di Gondar, che ha un raggio medio di 30 chilometri.

Se non si avranno attacchi contemporanei sulle quattro direttrici, e per le ragioni sopraddette non sembra probabile, la manovra delle forze per linee interne può avere buon gioco.

Naturalmente la durata della resistenza trova un suo limite nella auto­nomia viveri (massimo fine agosto), che sembra molto difficile potere aumen­tare; e'trova un punto interrogativo nella fedeltà delle truppe coloniali, sulle quali la caduta del Galla Sidama e soprattutto di Debra Tabor, aggiun­gendosi alle altre avvenute, avrà una influenza negativa.

In ogni modo, tutto sarà fatto per protrarre la resistenza fino ai limiti delle umane possibilità.

 

NASI

 

 

 

Africa Orientale Italiana Hurricane 

 

 

 

SECONDA RELAZIONE NASI

 

COMANDO TRUPPE DELL'AMHARA
Ufficio Stato Maggiore - Operazioni

 

 

N. 1608300 prot.

Gondar, 24 luglio 1941, XIX

 

           
OGGETTO: Situazione al 24 luglio.

 

Stamage Roma
e, per conoscenza:

Ministero Africa Italiana Roma

 

Allegati n. 1: memoria per rinforzi all'Uolchefit;

n. 2: schizzo dislocazione forze Amhara al 24 luglio;

n. 3: schizzo piazza Gondar.

 

 

PRIMO. Nemico.

 

A. Provenienze Debra Tabor. Per quanto siano già trascorsi 18 giorni dalla caduta del ridotto di Debra Tabor, la pressione sul caposaldo di Culqualber (che copre Gondar da quella parte) non si è ancora pronunciata in modo sensibile.

Le forze regolari inglesi sarebbero rappresentate da poche compagnie sudanesi.

Le forze ribelli sarebbero comandate dal noto fitaurari Burrù, ex mini- stro guerra, rientrato in Etiopia col Negus.

 

B. Provenienze Gallabat. Gli inglesi hanno mantenuto sul fronte di Celgà circa tre battaglioni regolari fino ai primi di luglio, lasciando ritenere che volessero ripetere l'attacco fallito il 17-18 e 19 maggio.

Iniziate però le grandi piogge, quasi tutte le forze regolari sono state ritirate e sembra siano state avviate sul fronte dell'Uolchefit. Sul fronte di Celgà sono rimasti solo pochi elementi per inquadramento dei ribelli.

 

C: Provenienze da Om Ager. Le grandi piogge e conseguente stato della pista escludono, per ora, una seria pressione da quella parte, tanto piú che il nostro caposaldo di Tucul Dinghià trova un buon appoggio nelle fedeli po­polazioni Chemanti.

 

D. Provenienze Tacazzè. Dal martellamento di artiglieria e aviazione cui giornalmente è sottoposto il ridotto di Uolchefit, dall'afflusso di truppe in­diane con le quali abbiamo già preso contatto (combattimento del 14 cor­rente), dall'afflusso verso Dabarek di tutte le formazioni ribelli dell'alto­piano di Dabat è lecito supporre che gli inglesi vogliano prossimamente ten­tare la liquidazione di quel nostro ridotto.

 

E. Ovunque, poi, intorno a Gondar, piccole formazioni ribelli controllano

i mercati e le piste che conducono alla città per impedire l'afflusso di der­rate. Quasi giornalmente la città è bombardata da aerei nemici.

 

 

SECONDO. Nostro schieramento.

 

Impostato sempre sullo stesso concetto:

la piazza di Gondar con i suoi quattro caposaldi esterni a sbarramento delle principali provenienze.

Il ridotto dell'Uolchefit con funzione di scoglio ritardatore, a difesa di quella grande interruzione stradale. È da prevedere che prima o poi l'eroico presidio di Uolchefit sarà travolto, soprattutto per il cedimento delle truppe coloniali.

Comunque, quel ridotto avrà assolto alla sua funzione di scoglio ritar­datore.

La sua caduta porterà all'investimento diretto di Gondar, tanto piúgrave in quanto, riattata l'interruzione (si calcola 15 giorni), gli inglesi po­tranno facilmente avanzare le artiglierie.

D'altra parte, non si ritiene possibile, e in definitiva neanche utile, in­viare rinforzi a quel presidio per prolungare la resistenza (vedi in proposito memoria allegata n. 1).

 

 

TERZO. Costituzione nuove unità.

 

Colla riduzione dei servizi resa possibile per la diminuzione del terri­torio occupato, o imposta dalla mancanza di materie prime per il loro funzionamento, colla chiusura di tutti gli uffici amministrativi, di revisione, controllo, ecc., si sono costituiti:

— due battaglioni nazionali R.E.;

— un battaglione coloniale;

— dieci compagnie autonome coloniali.

Se questi reparti formati di elementi eterogenei (autieri, sanità, sus­sistenza, operai d'artiglieria e genio, scritturali, piantoni, ecc.) non hanno un grande valore materiale e morale, pure hanno servito discretamente per guarnire le opere della cinta di Gondar, liberando altri e tanti battaglioni di vecchia costituzione.

 

 

QUARTO. Logistica.

 

A. La nostra autonomia, a razioni ridotte, quali risultano dagli specchi in­viati col precedente corriere, arriva a tutto agosto (anche pel presidio di Uolchefit).

Intanto, sia pure con crescenti difficoltà (anche per esaurimento di ri­sorse), è ancora possibile acquistare cereali e carne specie nella ricca regione di Guramba, a nord del lago Tana, ancora controllata da noi.

Abbiamo cosf già accantonato un migliaio di quintali di cereali che por­tano la nostra autonomia al 10 settembre sopprimendo, bene inteso, dalla razione riso, pasta e formaggio che col 31 agosto saranno già esauriti o quasi. Per la pasta si sta provvedendo alla fabbricazione di un tipo spe­ciale, costituito per il 75% di farina di grano e per il 25% di farina di ceci; ma non ne potremo ottenere in apprezzabile quantità per deficienza di farina di grano.

 

B. La benzina è già completamente esaurita. Si è ricavato, di ripiego, gaso­lio dal trattamento di lubrificanti e grassi; e questo ci consente di provve­dere ai trasporti indispensabili fino alla fine di agosto. Si stanno facendo prove per ottenere altro carburante dal trattamento di carbolineum e del liquido L per lanciafiamme.

Gli automezzi, ora impiegati, sono tutti a gasolio, poiché si è dovuti eliminare quelli a benzina per mancanza di tale carburante; di conseguenza, le possibilità di trasporto sono ora sensibilmente diminuite.

 

C. Per l'armamento e il munizionamento, non vi sono preoccupazioni. Apposito laboratorio effettua il lavoro, non indifferente, di riparazione e di conservazione.

 

D. Vestiario ed equipaggiamento. Si sono utilizzate tutte le specie di stoffa in carico al commissariato e quelle requisite nella piazza, per la fabbrica­zione degli oggetti di corredo più necessari. Fodere da pagliericcio sono state impiegate per sopperire alla mancanza di teli da tenda, dopo essere state sottoposte a un particolare trattamento, a base di vernici, per
ren­derle piú o meno impermeabili. Tutte le coperte in carico ai vari enti civili o militari, sono state ritirate e distribuite alla truppa..

Scarpe. Se ne fabbricano in discreta quantità presso apposito laboratorio, espressamente organizzato per l'intero ciclo produttivo: dalla concia delle pelli (mediante impiego di materia in uso presso gli indigeni) al taglio e cucitura delle tomaie e delle suole. Lo stesso laboratorio provvede anche alle riparazioni.

E. Grassi, saponi ed alcool. I sottoprodotti della macellazione vengono uti­lizzati, con opportuno trattamento, per la produzione di grassi e di sapone.

Il processo di distillazione di alcuni prodotti locali, fornisce qualche apprezzabile quantitativo di alcool.

 

 

QUINTO. Consistenza morale e materiale delle truppe.

 

A. Nazionali. Per valutarne la consistenza occorre tenere conto che i batta­glioni cc.nn., costituenti il grosso delle nostre forze, furono formati in Italia con elementi di tutte le età e di tutte le provenienze. Comunque, se ben comandati, rappresentano ancora un buon strumento, nonostante abbiano una razione molto ridotta; che vino e tabacchi siano finiti da un pezzo; che abbiano avuto e ancora in parte abbiano scarpe a brandelli e teli da tenda come veri e propri scolabrodo.

B. Coloniali. Voglio dire ancora che fanno miracoli e spesso ci si domanda come possano continuare a servire la nostra Bandiera uomini che hanno oramai tutti i loro interessi dall'altra parte.

Vero è che lo strumento va affievolendosi giornalmente, come dimostrano le diserzioni (in numero di 378 dal 1° al 25 luglio) e in genere lo spirito e la disciplina delle unità.

Anche in linea materiale, la mancanza di molte cose, l'assottigliamento quotidiano della forza e delle salmerie, hanno tolto ai nostri battaglioni la capacità offensiva e l'attitudine alla marcia, che era loro caratteristica.

In conclusione, le truppe coloniali sono uno strumento fragilissimo, che va maneggiato con estrema delicatezza, per non avere sorprese o per averle il più tardi possibile.

Tragica situazione per comandanti grandi e piccoli che devono impie­gare uno strumento che non sanno come potrà reagire in mano. Fino a qual­che tempo fa nell'offensiva reagiva in modo positivo. Ora si ha qualche prova del contrario.

Di questi, soprattutto, dovrà tenere conto la critica e la storia per giu­dicare sulla condotta delle operazioni e sulla nostra resistenza in A.O.

 

 

SESTO. Previsioni.

 

Come già detto, sembra che gli inglesi vogliano mettere fuori causa il ridotto di Uolchefit. Ma comunque essi contano che Uolchefit dovrà cedere, come Gondar, per dissolvimento delle truppe coloniali e per fame.

Allo scopo le forze anglo-ribelli stringono il cerchio più per tagliarci ogni rifornimento che con l'intenzione di attaccare propriamente le nostre po­sizioni.

 

 

SETTIMO. Perdite (fino al 24).

 

— nazionali: morti 11; feriti 43; — coloniali: morti 28; feriti 78.

 

 

OTTAVO. Aviazione.

È ridotta a un CA 133 (utilissimo per qualche lancio a Uolchefit) e due caccia.

Ora però il Caproni e un caccia sono in riparazione per danni subiti da mitragliamento nemico.

 

Il generale comandante

GUGLIELMO NASI

 

 

 

 

 

 

 

TERZA RELAZIONE NASI

 

COMANDO TRUPPE DELL'AMHARA

 

Gondar, 23 agosto 1941, XIX

Ufficio Stato Maggiore

N. 400 op.

 

OGGETTO: Situazione al 23 agosto.

 

Al Comando Supremo Roma

e, per conoscenza:

Al Ministero Africa Italiana Roma

 

1. Nemico. Ovunque le forze anglo-ribelli hanno stretto il cerchio intorno ai nostri capisaldi. Le forze regolari inglesi, e i mezzi di guerra in genere, a quel che risulta, sono però di scarsa importanza, eccezione fatta, forse, per il settore di Uolchefit, ove secondo gli informatori sarebbero affluite unità indiane (circa 3.000 uomini) e 18 carri d'assalto leggeri.

Queste notizie possono essere esagerate ad arte e vanno accolte con riserva.

Sul fronte di Culqualber è ormai accertata la presenza dei nostri antichi ascari fatti prigionieri a Debra Tabor (79° btg. e gruppo bande Uollo) che per amore o per forza sono stati arruolati dagli inglesi (oltre 2.000 uomini).

Una ventina di questi ascari, in parte con le armi, hanno disertato dagli inglesi e si sono presentati al colonnello Torelli, comandante brigata riserva (resta da vedere però se non siano propagandisti inviati espressamente).

In queste ultime settimane il nemico ha sviluppato una intensa azione aerea di bombardamento, specie su Gondar e Uolchefit.

A Gondar i danni agli immobili sono piuttosto gravi, ma nulla è stato colpito, fino ad ora, che infirmi seriamente la difesa.

Neanche il morale dei nazionali ha sofferto di questi bombardamenti, perché in virtù di una buona organizzazione di difese passive le vittime sono state poche.

Sia i capi ribelli, sia gli ufficiali inglesi preposti ai vari settori hanno iniziato un'offensiva di pace inviando lettere ai comandanti dei nostri ri­dotti con inviti a trattare la resa e lettere del genere sono anche perve­nute a me direttamente.

A tutti è stato naturalmente risposto negativamente e ad evitare che l'arrivo e partenza di nuovi corrieri possa fare credere alle nostre truppe che sono in corso trattative di resa, ho ordinato a tutti di respingere chi si pre­sentasse agli avamposti, con missive a chiunque dirette.

Anche il generale comandante delle forze inglesi in Etiopia, Sir William Platt, il 14 agosto mi ha fatto pervenire un telegramma (tramite maggiore Ringrose, comandante inglese settore Uolchefit) col quale si offriva, nel caso desiderassi iniziare trattative, di inviare a Gondar in volo il suo capo di stato maggiore.

Per la stessa via ho risposto: « Non desidero intavolare negoziati ».

 

2. Dislocazione e attività nostre forze. Nessuna variazione importante ri­spetto alla dislocazione, di cui al precedente foglio del 24 luglio.

Bene inteso, le unità di riserva vengono spostate, caso per caso, in rela­zione alle situazioni contingenti e a particolari azioni offensive da con­dursi sul fronte dei vari capisaldi.

Come risulta dai notiziari giornalieri, l'attività offensiva e controffensiva di tutti i capisaldi è continua, per quanto limitata in quel raggio ristretto che le forze consentono.

L'organizzazione difensiva e lo spirito dei presidi di tutti i capisaldi è tale da ispirare la maggiore fiducia per poco che reggano le truppe coloniali.

 

3. Logistica. Per giudicare dei miracoli che il generale Martini (a lui va il merito) ha saputo fare nel campo specialmente dei viveri, portando l'auto­nomia dal 31 maggio (quale era sulla base delle consistenze di magazzino) al 25 séttembre, farò compilare una memoria dettagliata che invierò col prossimo aereo.

Qui basti dire che la nostra autonomia viveri giunge oggi quasi alla fine di settembre, pure senza insopportabili riduzioni nella razione. E intanto le incette continuano, sì che si spera di prolungare ancora. Qualche preoc­cupazione vi è per l'Uolchefit, che tagliato fuori e senza possibilità di rifor­nimenti aerei, potrà al massimo arrivare a fine settembre e solo a prezzo di veri sacrifici, sopportati — del resto — con uno spirito che non ha l'eguale.

 

4. Morale delle truppe.

A. Nazionali. Buono, direi quasi migliore di un mese fa. Sembra che in tutti si sia trasfusa la passione e l'orgoglio di durare.

B. Coloniali. Il morale è ancora discreto, per quanto peggiori sempre perché la propaganda è tremenda e si vale di tutti i mezzi. Le diserzioni sono in aumento (dal 10 al 22 agosto, 446 disertori di fronte a 378 in tutto il mese di luglio); e, quel che è peggio, anche parecchi graduati eritrei sono passati al nemico. Si sono avuti anche due episodi di aperta rivolta con­tro ufficiali, circoscritti però a pochi uomini.

Come dato statistico dirò che dal lo febbraio (ripiegamento di Metem­ma) a tutt'oggi, queste truppe coloniali hanno avuto meno di tremila di­sertori.

Poco più, cioè, del 10% della forza.

Se si tiene conto che dal 10 febbraio ad oggi si è perduto l'impero, dob­biamo onestamente convenire che queste truppe mercenarie hanno tenuto, e tengono, al di là di quanto si potesse credere: (Federico II, dopo la di­sfatta in Slesia, ha perduto — per diserzioni — il 50% del suo esercito).

Questo è bene stabilire perché non si formino poi leggende pericolose sulla fedeltà di queste truppe.

So io quale fatica si è dovuta sostenere allorché riconquistammo la Tripolitania, per ristabilire la fiducia degli ufficiali nelle truppe libiche, sulle quali era sorta la falsa leggenda del tradimento.

 

5. Perdite mese agosto.

— nazionali: morti 32, feriti 68, dispersi 12;

— coloniali: morti 23, feriti 84, dispersi 9;

oltre le perdite dei civili nazionali: morti 5; feriti 13; e sudditi: morti 7, feriti 27, per bombardamenti aerei.

 

6. Previsioni. Secondo gli informatori, specie di Uolchefit, gli anglo-ribelli si preparerebbero ad un attacco risolutivo su tutti i fronti. Ma, fino a prova contraria, io credo che queste voci siano messe in giro per appoggiare l'of­fensiva di pace, mentre in realtà non vi sono serie intenzioni, per ora, di attaccare le nostre posizioni che gli inglesi sperano invece prendere presto per fame.

Questa mia ipotesi si appoggia al fatto che per ora, a causa delle piogge, le comunicazioni inglesi con Dessiè sono interrotte (almeno per gli auto­carri) e l'accesso a Uolchefit per mulattiere è, in questa stagione, quasi proibitivo anche per i quadrupedi.

Circa la durata della nostra resistenza, prevedo potremo tenere, quasi certamente, fino alla fine di settembre.

Dopo tale data, le possibilità di resistenza sono subordinate:

— alla quantità di cereali e carne che riusciremo ancora a trovare nel piccolo territorio che ancora controlliamo;

— allo sforzo maggiore che, con la fine delle piogge e il riaprirsi delle comunicazioni potranno esercitare gli anglo-ribelli, e — naturalmente — sempre alla saldezza delle truppe coloniali.

Ché, se prima della fine di settembre le nostre forze della Libia potes­sero arrivare ad Alessandria, si riaprirebbero subito, anche qui, orizzonti politico-militari di portata incalcolabile.

 

7. Carri armati. È in corso di costituzione un plotone di carri armati. All'uopo è stata applicata una forte corazza a due trattori Caterpillar (e ad altri se sarà possibile), che, se non avranno un grande valore militare, costi­tuiranno un apporto morale positivo per le nostre truppe e negativo per gli anglo-ribelli.

 

8. Aviazione. Siamo ridotti a due caccia CA 42 che per miracolo sfuggono sempre ai bombardamenti ed ai mitragliamenti dell'aviazione inglese, sul campo di Azozo.

Dato però che la scorta di cartucce per le loro mitragliatrici è ridotta a due azioni e che i bombardieri inglesi sono sempre scortati da Hurricane, l'impiego di questa nostra caccia è fatto con estrema prudenza.

Contiamo invece di potercene servire, con l'applicazione di un dispo­sitivo speciale, per il lancio su Uolchefit di qualche chilogrammo di mate­riale sanitario od altro, fra il pii indispensabile.

 

9. Nostre necessità. Come risulta da mie richieste telegrafiche è indispen­sabile, perché la resistenza possa durare, mi siano inviati dall'Italia:

a) fondi per la paga delle truppe e l'acquisto di derrate locali;

b) materiale radio per assicurare i collegamenti;

c) materiale sanitario;

d) materiale e munizionamento avio;

e) talleri e tabacchi.

 

Il generale comandante

GUGLIELMO NASI

 

 

 

 

 

 

 

QUARTA RELAZIONE NASI

 

COMANDO TRUPPE DELL'AMHARA

Stato Maggiore

 

Gondar, 18 settembre 1941, XIX

 

N. 2400 di prot. op.   

OGGETTO: Situazione al 18 settembre.

 

Al Comando Supremo           Roma
e, per conoscenza:

Al ministero Africa Italiana   Roma

 

1. Nemico. Rimarchevole attività aerea su Uolchefit e Culqualber, fino, ad ora però con scarsi risultati materiali.

Nostri informatori riportano voci di una offensiva in preparazione su tutti fronti (con partecipazione di mezzi e truppe inglesi specie contro Uol­chefit e Culqualber), che dovrebbe avere inizio prima del Mascal (27 set­tembre).

La notizia però non è controllata e va accolta con riserva.

 

2. La nostra resistenza.

A. Uolchefit. Come già detto, col 25 settembre, il presidio avrà esaurito ultimo chilo di farina, mentre tutti altri generi (scatolette carne escluse) sono già esauriti. Intanto però miracolosamente si è potuto rimettere in efficienza il Caproni e dal 16 settembre si è incominciato a lanciare quelle

derrate che erano già esaurite (pasta, riso, olio, berberè, zucchero, caffè) e

la cui mancanza aveva molto inciso sul fisico e sul morale del presidio.

Se quella vecchia carcassa del Caproni terrà duro e sfuggirà alle insidiedel nemico, confido potere (con lancio farina) prolungare l'autonomia vi­veri di Uolchefit di qualche giorno rispetto alla data del 25.

Per quanto riguarda la « sortita » che dovrebbe chiudere degnamente la strenua resistenza di Uolchefit, il colonnello Gonella mi assicura (in data 16), che mentre si riserva di sondare circa la direzione più opportuna, rite­neva il bel gesto possibile con impiego forze adeguatamente selezionate che avessero la capacità e la volontà di seguirlo. Presumo, per esclusione, che la sortita possa avere come obiettivo la rioccupazione di passo Ciank (come ho suggerito).

Sul fronte sud (verso Dabat) e fronte est del ridotto, la sortita andrebbe nel vuoto o su formazioni esclusivamente ribelli.

Sul fronte nord (verso Debivar) il terreno, se proibitivo per il nemico, lo sarebbe anche per noi perché è una scarpata rocciosa quasi a picco (disse­minata di nostre mine), battuta da artiglieria e mitragliatrici di Debivar, senza ripari e copertura alla vista.

La sortita chiuderà poi probabilmente e senz'altro la partita che dura dal 15 aprile.

Se avessi avuto prima disponibili un paio di aerei avrei potuto rifor­nire il presidio (16 quintali al giorno) e prolungare la resistenza di qualche giorno. Ma non di molto comunque, perché anche Gondar non ha tali scorte da poterne concedere ad altri. Quello che dà, va poi a detrimento della sua autonomia, soprattutto per quelle derrate che le risorse locali non possono fornire.

La forza del presidio Uolchefit, a rettifica di quanto avevo comunicato nella relazione dell'8 settembre, è la seguente: ufficiali 71, sottufficiali 136, truppa nazionale 1.570, coloniali 1.559.

 

B. Culqualber. È l'altro caposaldo che il nemico ha bisogno di sfondare per aprire la strada su Gondar alle artiglierie e mezzi meccanizzati in genere.

Culqualber ha vettovaglie a tutto il 15 ottobre. Qualche giornata potre­mo guadagnarla con rifornimenti via lago per Farcaber. Ma anche qui quel tanto che consentono le scorte di Gondar, perché evidentemente sarebbe inutile che i caposaldi potessero durare a tutto novembre (poniamo) quando il ridotto centrale di Gondar dovesse cedere prima per fame.

Delle disponibilità di Gondar, cui ho già accennato nelle precedenti relazioni, parlerò appresso.

 

C. Sottosettore Tana. Per noi particolarmente importante perché è il mi­gliore granaio che abbiamo. E per tenerlo aperto ho dovuto dislocare, in quella regione, gran parte della mia riserva generale. Come noto, la nostra colonna del Tana (ten. col. De Sivo) si è incontrata, il giorno 13, con le formazioni ribelli inviate dagli inglesi appunto per impedirci di continuare ad incettare viveri in quella zona.

Per fortuna una di quelle formazioni (degiac... 2.000 uomini) fa solo atto di presenza; non ha combattuto e non intende combattere contro di noi, come mi ha comunicato a mezzo di un... il deciac...

 

D. Caposaldo di Ualag. Allego una carta approssimativa al 50.000, per una migliore conoscenza di questo caposaldo (in corso di rafforzamento) che potrà diventare un punto nevralgico dopo la caduta di Uolchefit.

 

E. Altri caposaldi, per ora, situazione invariata.

 

3. Logistica. Colle incette, a tutt'oggi, l'autonomia di farina e carne arriva al 17 ottobre (galletta compresa) e si confida di poterne ancora acquistare.

Per tutti gli altri generi (sale, zucchero, olio, pasta, riso, caffè, ecc.) a razioni, bene inteso, ultraridotte, l'autonomia, come ho detto altre volte, arriva a tutto ottobre.

 

4. Morale delle truppe.

Nazionali: buono. Colla verdura che in questa stagione è abbondante, col ripristino della razione carne a 350 grammi, che ho potuto fare in com­penso di altri generi deficienti (pasta razione ridotta 50 grammi e farina a 300 grammi), se pure manca Bacco, Tabacco e Venere, tutti mangiano a sazietà e non vi sono piú malumori per la fame (bene inteso, escluso Uolche­fit che trovasi in una situazione particolare).

Coloniali: mistero dell'anima nera; il morale migliora proprio quando sembrava dovesse peggiorare dato che ci avviciniamo alla fine.

I disertori sono ridotti a un quinto di quello che erano nel mese di agosto.

Attribuisco questo miglioramento ai seguenti fatti:

— i malcontenti, per una causa o per l'altra, se ne sono andati;

— notizie sul cattivo trattamento dei nostri ascari nel campo avverso;

— ripresa di fiducia nel governo italiano che doveva cadere in giugno e si regge ancora;

— pagamento del soldo con moneta normale (a tutto luglio si era pagato con banconote A.O.I.);

— paghe, titoli, gradi, ricompense al valore.

 

5. Nostre perdite dal 1° al 15 settembre:

morti: 6 ufficiali, 7 nazionali e 62 coloniali;

feriti: 11 ufficiali, 36 nazionali e 241 coloniali;

dispersi: N.N.;

totale: 363.

Inoltre: 1 morto nazionale civile e 1 morto e 3 feriti sudditi, causa bom­bardamenti aerei.

 

6. Plotone carri armati. Nel notiziario sul combattimento del 13 corrente nel settore Tana, è accennato che vi ha preso parte un plotone carri armati. Trattasi di due Caterpillar agricoli cui abbiamo applicato una corazza. Natu­ralmente mancano molte caratteristiche dei carri armati (velocità massima 6 chilometri all'ora), ma ne hanno una che mancava ai carri medi e leggeri (e alle autoblindo) che erano nell'impero e cioè la imperforabilità (anche a 200 metri) al tiro delle normali mitragliatrici.

E questo si è ottenuto facendo la corazza con balestre di autocarro di cui ne abbiamo un cimitero (allego fotografie).

Nei combattimenti del 13, hanno reso buoni servizi per quanto, per il caldo ed esalazioni di gas, tutto il personale abbia sofferto di deliqui.

Il generale comandante

GUGLIELMO NASI

 

 

 

 

 

 

 

QUINTA RELAZIONE NASI

 

COMANDO SCACCHIERE OVEST
Stato Maggiore - Operazioni

 

Gondar, 5 ottobre 1941, XIX

 

N. 3094 di prot. op.

OGGETTO: Situazione al 5 ottobre.

 

Al Comando Supremo            Roma
e, per conoscenza:

Al Ministero Africa Italiana Roma

 

1. Nemico. Riferiscono gli informatori, che sotto la pressione di agenti negussiti sarebbe in corso presso la popolazione dell'Amhara una mobilita­zione generale di tutti gli armati, mentre sarebbe preannunciato l'arrivo di altre formazioni scioane.

Il comando sarebbe assunto dal principe ereditario.

Appena schierate le forze, sarebbe poi intenzione degli anglo-negussiti di fare uno sforzo decisivo per prendere Gondar.

Per quanto gli anglo-negussiti possano facilmente mettere in campo venti o trentamila ribelli, non è con queste forze irregolari che possono sperare di fare cadere le opere della piazza di Gondar e dei suoi capisaldi esterni.

Pertanto, gli inglesi dispongono di forze regolari adeguate (battaglioni, artiglierie, carri) e allora una offensiva è probabile; o non ne dispongono e allora lo schieramento in corso delle formazioni ribelli ha l'unico scopo di tagliare i viveri e prenderci per fame.

Fra un paio di settimane, riparata l'interruzione dell'Uolchefit, avranno il transito aperto, si vedrà di quali e quante forze regolari dispongano gli inglesi e se vogliano e possano prendere Gondar di viva forza.

 

2. La nostra resistenza.

A. Uolchefit. Dopo 160 giorni di blocco, esaurito l'ultimo chilo di fa­rina, ha dovuto cedere alla fame.

Non al nemico che poche ore ancora, prima di chiedere l'armistizio, veniva deliberatamente attaccato e inseguito fuori del ridotto. Atto offen­sivo finale che, se non costituisce una sortita vera e propria, testimonia però che l'Uolchefit è caduto colpito al ventre e non al cuore indomito.

Ho riflettuto a lungo sulla possibilità di riuscita che poteva avere un ripiegamento di quel presidio su Gondar, coll'appoggio, naturalmente, di una colonna che da Gondar avrebbe dovuto spingersi almeno fino a metà strada.

Ho dovuto concludere che l'operazione non presentava quel percento di probabilità di riuscita che potesse consigliarla, mentre poteva dare luogo a episodi che avrebbero finito per nuocere al nostro prestigio più della resa per fame.

Episodi come quelli della defezione, strada facendo, della maggioranza delle truppe coloniali e della forzata rinuncia a proseguire, per stanchezza, delle truppe nazionali (oltre cento chilometri).

Se lo spirito delle truppe era ancora buono, lo strumento materiale, però, era così logoro da non dare garanzie per uno sforzo prolungato oltre qual­che diecina di chilometri.

Mancanza di quadrupedi, che sono stati quasi tutti macellati per sfa­mare gli uomini, scarpe a brandelli, impossibilità di trasportare mitraglia­trici, munizioni, viveri, ecc.

Ho così rinunciato alla sortita classica e ripiegato su di un gesto offen­sivo, con carattere di colpo di mano, ai fini esclusivamente morali e per l'onore di Uolchefit.

 

B. Ualag. Per quanto la mancanza di materiali (filo di ferro soprattutto) non abbia permesso di creare ostacoli passivi, pure il terreno, naturalmente forte e difficilmente accessibile ai carri d'assalto (salvo che lungo e imme­diatamente a cavallo della strada dove abbiamo creato interruzioni) con­sente una buona resistenza, per poco che regga il morale dei difensori.

 

C. Culqualber. Caposaldo che vorrei considerare ormai inviolabile, dato soprattutto lo spirito che si è creato nei difensori.

Colla fine delle piogge si sta presentando però, in quella regione, il pro­blema del rifornimento idrico di una estrema difficoltà.

È in corso un sopralluogo di un ufficiale del genio per vedere la solu­zione da adottare (auto-cisterne dal lago).

 

D. Settore Tana. L'avanzata combinata, da ovest e da est, delle forma­zioni ribelli non è riuscita a chiuderci ancora quell'eccellente granaio, per­ché le operazioni della colonna De Sivo (13 settembre) e della colonna Mi­randa (18 settembre) hanno stroncato sul nascere la manovra avversaria.

Naturalmente il controllo della regione è subordinato alla presenza di tre battaglioni della riserva che vi sono dislocati. Che, se quei battaglioni fossero in avvenire necessari altrove si dovrebbe rinunciare allora a quel granaio prezioso unico rimasto.

 

E. Nulla di rilievo, per ora, sugli altri capisaldi.

 

3. Logistica.

A. Viveri. Abbiamo assicurata l'autonomia di carne e alcune altre der­rate insostituibili fino al 15 novembre.

Per i cereali l'autonomia arriva solo al 25 ottobre, mentre con gli acqui­sti giornalieri si fa fronte solo alla metà del fabbisogno. Questa diminuzione di rendimento delle incette è dovuta soprattutto all'esaurimento delle ri­sorse. Si fa ogni sforzo per arrivare alla sutura col nuovo raccolto (no­vembre).

 

B. Carburanti. Salvo imprevisti di grossi trasporti tattici, si calcola ar­rivare a tutto ottobre (abbiamo ancora 450 quintali di una miscela carbu­rante con cui far fronte non solo ai trasporti, ma anche alle necessità della centrale elettrica e della stazione radio).

 

C. Quadrupedi. più volte decimati dalle malattie, fiaccature, eventi di guerra e ora dal mandef (peste equina) che imperversa, fanno grave difetto.

La mobilità dei battaglioni, degli squadroni e batterie è quindi molto compromessa e ridotta.

 

4. Morale delle truppe.

Confermo quanto dissi nella relazione del 18 settembre. Morale buono sia nei nazionali, che coloniali.

Negli ultimi combattimenti il comportamento dei coloniali è stato ma­gnifico. E a questa truppa, che nonostante la perdita dell'Etiopia ha sem­pre fiducia nella vittoria finale dell'Italia, si potrebbero ancora chiedere miracoli per poco che intravedesse delinearsi la possibilità di un soccorso esterno sia pure lontano.

 

5. Perdite subite nel mese di settembre:

ufficiali : morti 6        feriti 15           dispersi -         totale 21

nazionali : morti 12     feriti 43           dispersi 3        totale 58

coloniali : morti 130   feriti 244         dispersi -         totale 374

Inoltre: 2 feriti nazionali civili; 3 morti e 4 feriti sudditi.

 

6. [...]

 

Il generale comandante

GUGLIELMO NASI

 

 

 

 

 

 

 

LE ULTIME AZIONI DELLA REGIA AERONAUTICA IN A.O.I.

Il 2 C.R.42 ed un Ca.148 abbandonano Gimma, ormai prossima a capitolare, e si portano a Gondar. Insieme al Ca.133 già presente sono gli ultimi velivoli della Regia presenti in A.O.I.

Mentre il Ca.148, militarizzato nel giugno 1940, ripresa la precedente marca civile I-ETIO riuscirà a rientrare in Italia dopo un viaggio ai limiti dell’incredibile i tre apparecchi termineranno nella migliore tradizione dell’ala italiana di quel fronte.

 

 

 

Gondar, 23 luglio 1941

 

Signor Capitano Ricci,

a giorni dovrebbe arrivare un apparecchio dall'Italia e, certo di farvi piacere, colgo l'occasione per farvi avere qualche notizia africana e dei superstiti della gloriosa 410a.

Puliti è stato fatto prigioniero sull'Amba Alagi. Il sottotenente Folcherio e Volpe, col sottotenente Lusardi, il tenente Caputo e altri, sono partiti da qui col Ca 148 e fermati a Gedda.

Qui siamo rimasti in tre piloti con due apparecchi CR 42: sottotenente Malavolti, maresciallo Mottet e io. Da Alomatà fui trasferito a Sciasciamanna e poi a Gimma. In quest'ultima località da solo ho abbattuto uno Junkers e un Hurricane. Ho avuto la medaglia di bronzo sul campo per alcune ricognizioni importanti e scorte, e una medaglia d'ar­gento che mi sarà concessa a giorni.

Qui a Gondar ho abbattuto un Wellesley in collaborazione col maresciallo Mottet e in una mattina         , durante due allarmi durati complessivamente circa un'ora ho abbattuto, sempre da solo, nel primo un Blenheim e nel secondo un Wellesley e colpiti altri due.

Così, alle altre vittorie della 410a vanno aggiunte anche queste cinque. Per l'azione su Giggiga siamo stati proposti da SAR il duca d'Aosta per una medaglia d'argento che ci verrà concessa a fine guerra. Io sono tranquillissimo e non credo affatto d'andare prigioniero; però a volte mi domando se non è un'illusione la mia, quando penso di vedere presto arrivare una potente squadriglia da caccia, naturalmente coman­data da voi e poter far fare all'amico Hurricane gli stessi fugoni che ha fatto fare a noi e che ci sta facendo fare in questi giorni.

Vorrei rimanere ancora diversi anni qui in Africa pur di veder com­piuto questo mio sogno. Nonostante tutto lo spero e non mi darò per vinto anche se dovessero occupare Gondar.

La base è comandata dal colonnello Busoni, bravissimo comandante, da noi tutti benvoluto.

Tutta l'aviazione dell'impero è qui presente con i nostri due caccia e un Ca 133 duramente colpito in questi giorni, ma già quasi efficiente... La fine dei gloriosi CR 32 è avvenuta a Gimma; per i nostri spero che non venga mai, oppure molto tardi, quando non ne avremo più bisogno.

Tutti, ma specialmente io, aspettiamo che si compia la vostra promessa: « Tornerò con una squadriglia di RE 2000... ». Me lo auguro e ve lo auguro, perché anche voi avete molte cose da vendicare qui.

Giorni fa, occorrendo un pezzo di ricambio per il motore, sono stato a recuperare i resti dell'apparecchio del povero Omiccioli. Sono stato anche a portare sulla sua tomba un mazzo di fiori, a nome di tutti i componenti la 410a.

Tutti, speriamo di resistere fino al vostro arrivo. Certo che questa mia non vi abbia portato disturbo vi invio i migliori auguri e vi ossequio

devot.mo

Giardinà.

 

 

 

Il 21 settembre 1941da Gondar viene inviato un accorato telegramma:

 

« Vecchio glorioso Ca.133 notte sul 21 andato distrutto per incendio. Non conosco cause, che ricerco, ma suppongo atto di sabotaggio emissario nemico, compiuto breve intervallo ronda sorve­glianza. Mio animo amareggiato. col. BUSONI ».

 

 

 

Il successivo15 ottobre il Comandante la base di Gondar comunica a Superaereo:

 

« 0918/SS - Nell'eventualità Gondar debba cadere, sottotenente Ildebrando Malavolti e maresciallo Giuseppe Mottet si sono offerti volontariamente compiere una delle seguenti missioni con superstiti 2 C.R. 42 : 1) partenza da Gondar e attacco al suolo di sorpresa ai velivoli nemici esistenti sui campi Asmara e Gura e quindi abbandono velivoli e lancio con paracadute; 2) partenza da Gondar e attacco al suolo di sorpresa dei velivoli nemici esistenti sul campo di Alomatà e quindi prosecuzione del volo per Gibuti. In tal modo valorosa Aeronautica A.O.I. chiuderebbe fieramente sua attività. Missione 2a sarebbe effettuata purché Gibuti fosse in grado durare al blocco inglese e per piloti vi fosse possibilità successivo rimpatrio... col. BUSONI ».

 

 

 

Uno dei C.R. 42 viene colpito durante un'incursione nemica e l'azione proposta viene compiuta, alla vigilia della capitolazione, da uno solo dei piloti. Così ne dà notizia il Comandante la base di Gondar:

« 0983 - Seguito tele 0980 - Apparecchio nemico questa mattina ha lanciato su nostre posizioni seguente messaggio: " Un omaggio al pilota del Fiat. Egli è stato un valoroso. Sud Africa Air Force ". Predetto non pare lasciar dubbio su sorte valoroso sottotenente Malavolti, cui eroismo è riconosciuto da avversario e cui rim­pianto è vivo animo tutti camerati. È probabile che il valoroso Ufficiale  abbia mitra­gliato velivoli inglesi sorpresi su campo nemico a metà strada fra Adi Arcai e Tacazzè - COMANDANTE GONDAR ».

 

 

 

Africa Orientale Italiana coloniali abbattono cippo littorio

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