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GUERRA DI GRECIA: LA MARCIA VERSO IL CONFLITTO - 3

DOCUMENTI DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

 

 

COLLOQUIO TRA IL CAPO DEL GOVERNO MUSSOLINI

ED IL MINISTRO DEGLI ESTERI DEL REICH  JOACHIM VON RIBBENTROP

 

VERBALE.       

 

Roma, 19 settembre 1940.

 

Il Ministro von Ribbentrop comincia il suo dire facendo il punto dell'attuale fase bellica tra la Germania e la Gran Bretagna. Egli dice che gli attacchi portati dall'arma aerea hanno prodotto gra­vissimi danni specialmente là dove i bombardieri tedeschi possono arrivare scortati dalle loro forze da caccia. La reazione britannica è già notevolmente diminuita in questi ultimi giorni. L’ostacolo mag­giore è stato rappresentato dal tempo che durante sei settimane si è mantenuto cattivo con una imprevedibile costanza. Per l’ulte­riore sviluppo delle operazioni aeree e per portare la guerra terrestre sul territorio britannico sono necessari almeno otto o dieci giorni di buon tempo: non appena ciò si realizzerà, l’attacco su vasta scala — ormai completamente preparato, sia per quanto riguarda l'avia­zione che per le forze da sbarco — verrà lanciato.

Ci si domanda in queste condizioni da che cosa possa essere giustificato l’atteggiamento britannico che è apparso in questi ul­timi tempi notevolmente spavaldo. Il Führer ritiene che sia un atteg­giamento dettato dalla disperazione ed anche, in alcuni elementi, dalla incomprensione della realtà, nonché dalla speranza di due inter­venti in favore della Gran Bretagna: il russo e l’americano.

È per controbattere questa eventualità, e soprattutto per para­lizzare l’America, che Ribbentrop ha preparato e sottopone all'ap­provazione del Duce il progetto di una alleanza tripartita col Giap­pone. I negoziati sono stati condotti segretamente per mezzo di un emissario personale del Ministro Ribbentrop e non per il tramite ufficiale delle Ambasciate. A giudizio tedesco la stipulazione di una alleanza del genere dovrebbe avere il vantaggio di rafforzare la cor­rente isolazionista contro la tesi interventista di Roosevelt. Anche nella presentazione dell'avvenimento all'opinione pubblica mondiale bisognerebbe sottolineare che si costituisce il blocco mondiale contro l’allargamento del conflitto.

Rimane da vedere quali reazioni avrà un tale avvenimento in Russia, Taluni potrebbero pensare che la stipulazione dell'alleanza tripartita potrebbe gettare i Sovieti nelle braccia delle democrazie.

Ribbentrop non lo crede: per due ragioni. In primo luogo perché i Sovieti sono ancora troppo deboli e sanno che ormai una grande parte delle forze terrestri germaniche sono concentrate alle loro fron­tiere. In secondo luogo perché la Russia è una potenza terrestre e nessun aiuto le potrebbe venire dalla congiunzione delle flotte inglese ed americana, mentre l'ostilità col Giappone le porterebbe addosso l’immediato peso dell'esercito nipponico di Manciuria.

Non c’è dubbio che gli avvenimenti di questi ultimi tempi sono valsi a rendere meno cordiali le relazioni tra Russia e Ger­mania. L’arbitrato di Vienna, la garanzia data alla Romania, la costituzione della Commissione del Danubio, sono altrettanti avveni­menti che spiacciono ai russi. Ciò non significa che l’Asse intenda o debba fare una politica di ostilità verso la Russia. Può venir con­tinuata una politica di amicizia però con limiti nettamente stabiliti. Questi limiti sono quelli tracciati a Vienna. L’occupazione della Bes­sarabia era prevista e accettata: però qualsiasi successivo movimento che dovesse aumentare l’influenza russa in Bulgaria o in Jugoslavia o avvicinare i Russi al Bosforo, sarebbe vista in forma del tutto ne­gativa dalla Germania e Ribbentrop ritiene che anche l'Italia la pensi del pari.

Per quanto concerne la Grecia e la Jugoslavia, Ribbentrop ri­pete che si tratta di interessi esclusivamente italiani dei quali all'Ita­lia soltanto spetta di scegliere la soluzione.

In Jugoslavia la Germania si riserva il diritto soltanto sul di­stretto di Maribor. Ribbentrop ripete quanto ebbe a dire a Berlino al Conte Ciano: allo stato degli atti lo sforzo principale conviene sia diretto contro l’Inghilterra, ma conferma che Jugoslavia e Grecia sono due zone d’interesse italiano nelle quali l’Italia può adottare la politica che crede con l’intero appoggio della Germania.

Il Ministro von Ribbentrop riferisce quindi sui colloqui avuti con Serrano Suñer. La Spagna è pronta ad entrare in guerra ed ha fatto conoscere al Governo Germanico i suoi desiderata. Essi con­cernono rifornimenti di petrolio, grano, e materie prime, l'invio di certe armi specializzate nonché la garanzia che la fascia costiera del Marocco che va da Orano a Cap Blanc sarà alla fine della guerra passata sotto sovranità spagnola. Il Führer è in linea di massima favorevole a fare tali concessioni pur di assicurarsi l’entrata in guerra della Spagna che avrebbe come scopo immediato l’occupa­zione di Gibilterra. A tal fine lo Stato Maggiore tedesco sta com­piendo degli studi e Ribbentrop si riserva di darne comunicazione durante la sua permanenza a Roma al Duce. Se il Duce concorda, Ribbentrop si ripromette di concludere un Protocollo con Serrano Suñer al suo ritorno a Berlino per fissare le condizioni dell'entrata in guerra della Spagna.

A conclusione del suo dire il Ministro von Ribbentrop di­ chiara che il Führer, qualunque possano essere gli sviluppi futuri del conflitto, considera la guerra già vinta.

Il Duce dichiara di concordare del tutto col Führer su questa sua affermazione. La situazione inglese è cattiva e diventa sempre peggiore man mano che si intensifica l'azione contro l’Isola e che si approssima il momento dello sbarco. I governanti britannici continuano a fare del bluff, ma il popolo è stanco. Non vive, non lavora e già si può considerare che la guerra dei nervi è vinta. Il sud-est dell’Isola è perso ormai per le forze aeree inglesi. E non bisogna dimenticare che una volta perduta Londra è perduto l'Impero.

Per quanto concerne l’America bisogna tener presente che gli Stati Uniti sono già praticamente a fianco dell'Inghilterra. Non crede che invieranno delle armate a combattere in Europa, ma la vendita dei cinquanta cacciatorpediniere, gli aiuti continui dati alla Gran Bretagna provano che l'America è già praticamente contro di noi. Comunque ciò non deve darci speciali preoccupazioni. Quello che gli Stati Uniti potevano fare lo hanno già fatto.

Il Duce manifesta il suo pieno accordo sul progetto di alleanza col Giappone che varrà a paralizzare l’azione americana. Bisogna tener presente che gli Americani temono molto il Giappone e che temono soprattutto la flotta, poiché la flotta americana pure essendo grande quantitativamente dev’essere considerata una organizzazione dilettantesca come l'esercito inglese.

Rimane la Russia. Non è importante stabilire quello che i Russi diranno: è importante vedere che cosa faranno. Si può fin d’ora ri­spondere che non faranno niente. In questi ultimi tempi l'Italia ha fatto alcuni cenni alla politica di avvicinamento con la Russia. Ma ciò aveva come unico scopo quello di impedire la manovra inglese di avvicinamento a Mosca. In ogni modo la reazione pratica della Russia all'alleanza sarà nulla poiché oggi i Russi sono soprattutto preoccupati di perdere ciò che hanno guadagnato.

Rimane il problema della Jugoslavia e della Grecia. L’Italia ha mezzo milione di uomini alla frontiera jugoslava e 200 mila alla frontiera greca. I greci rappresentano per l’Italia quello che rappre­sentavano i norvegesi per la Germania prima dell'azione di aprile. È quindi necessario anche per noi procedere alla. liquidazione della Grecia; tanto più che quando le nostre forze terrestri avranno ulte­riormente progredito in Egitto, la flotta inglese non potrà più ri­manere ad Alessandria e cercherà di riparare nei porti greci. Co­munque il Duce conviene con Ribbentrop che l’obiettivo principale è battere l’Inghilterra.

Concorda anche sul fatto che l’entrata della Spagna in guerra sia avvenimento molto importante. La perdita di Gibilterra sarà un duro colpo per l’Impero britannico e assicurerà a noi, Italia, la libertà di passaggio nello Stretto, ove adesso possiamo appena tran­sitare coi sottomarini.

Altro vantaggio potrà essere costituito dalle basi nelle Baleari. Ed infine l’entrata della Spagna in guerra varrà a liquidare per sempre nel nord Africa il pericolo De Gaulle, che a giudizio del Duce si è accentuato in questi ultimi tempi tanto più che non è da escludere l’esistenza dei contatti tra Pétain e De Gaulle. I Francesi hanno ancora il grave torto di credere di non essere stati battuti.

Ribbentrop dice che secondo le intenzioni del Führer la Francia non dovrà mai più avere un ruolo importante nella vita europea.

Il Duce dice che resta da stabilire quale è il momento più favo­revole per l’entrata in guerra della Spagna. Si presentano le alter­native: o la guerra finisce prima dell'inverno, o si protrae nell’anno prossimo. A seconda di quale alternativa appare più probabile, la carta spagnola dovrà venir giocata nel modo più conveniente.

Ribbentrop risponde che Serrano Suñer non ha fissato l’epoca per l’entrata in guerra. I militari pensano che l'entrata possa aver luogo fra quattro settimane. Comunque la dichiarazione di guerra spagnola, dopo l’alleanza col Giappone, sarà un nuovo formidabile colpo per l’Inghilterra anche dal punto di vista psicologico. La dichiarazione di guerra spagnola all’Inghilterra dovrà essere fatta col primo colpo di cannone.

Il Duce domanda informazioni sull’atteggiamento del Porto­gallo.

 

 

Albania 1940 Regio Esercito Italiano 

 

 

IL MINISTRO AD ATENE GRAZZI

AL MINISTRO DEGLI ESTERI CIANO

 

T. PER CORRIERE 135. 

 

Atene, 23 settembre 1940 (per. giorno 29).

 

In tutti gli ambienti regna vivissima attesa di conoscere le de­cisioni dei colloqui di Roma. Nessuno qui dubita che in occasione di tali colloqui anche le questioni riguardanti la Grecia ed i suoi rapporti con l’Asse e specialmente con l’Italia siano state prese in esame.

Che l’annuncio della sospensione dell'incontro atletico greco-ger­manico (mio telegramma n..383) sia stato dato mentre i colloqui di Roma erano in corso non viene da nessuno attribuito a semplice coincidenza. Tale sospensione, ad ogni modo, è giunta opportunis­sima a dissipare le illusioni, qui largamente diffuse, di trovare nella Germania un protettore contro le nostre eventuali rivendicazioni. Tutto quanto può dare in Grecia la netta impressione che anche nelle questioni riguardanti questo paese le Potenze dell'Asse procedono nel più stretto accordo è naturalmente assai desiderabile. Ciò vale non solo nel campo politico, ma anche in quello economico e commerciale.

Per ciò che riguarda i rapporti italo-greci, allo stato di isterismo collettivo che caratterizzò la seconda decade di agosto, ne è subentrato un altro, che è pur sempre nettamente ostile, ma nel quale direi che la paura è, se non scomparsa del tutto, certo in notevole misura attenuata. Vi sono persino strati della popolazione nei quali si crede fermamente che le misure militari della Grecia sono bastate a frenare le velleità italiane. Altri crede che la Ger­mania abbia svolto su di noi un’azione moderatrice; altri infine che ci abbia trattenuto il timore di vedere l’Inghilterra intervenire in aiuto della Grecia.

Dire, come l'Ambasciatore di Jugoslavia ad Ankara ha detto a De Peppo, che « l’Inghilterra aizza la Grecia contro l’Italia » (tele­gramma per corriere di codesto Ministero n. 27606 del 13 corrente) non mi sembra che sia rigorosamente esatto, giacché non si può par­lare di un atteggiamento aggressivo della Grecia contro l’Italia e nemmeno di. una resistenza greca a nostre richieste, le quali, come è ben noto a codesto Ministero, non sono mai state formulate. Ma è certamente più che verosimile che le misure militari greche siano state adottate per suggerimento inglese, come una contropartita ter­restre dell’eventuale appoggio britannico nel campo navale od aereo, nel caso di un attacco italiano. Che tali misure, poi, siano state adot­tate coll’intendimento di prendere iniziative contro di noi ritengo assolutamente da escludere.

Il Governo ostenta un atteggiamento di perfetta tranquillità, come attestano l'intonazione data dalla stampa ai suoi articoli in occasione dell'apertura della Fiera di Salonicco ed il fatto che il Sig. Mavroudis, Sottosegretario Permanente agli Esteri, ha creduto possibile di prendere, per la prima volta in due anni, un congedo di dieci giorni allontanandosi da Atene.

 

 

 

 

 

IL LUOGOTENENTE GENERALE IN ALBANIA JACOMONI
AL SOTTOSEGRETARIO DI STATO PER GLI AFFARI ALBANESI BENINI

 

PROM. SEGRETO S. N.  

 

Tirana, 24 settembre 1940.

 

Continuo a mantenere accesa la fiaccola della Ciamuria.

Secondo quanto mi comunica il R. Console a Janina le quoti­diane trasmissioni radio da Argirocastro sono ascoltate con vivo interesse in tutto l’Epiro.

La nostra azione è intesa ad esaltare i grandi vantaggi derivati all’Albania dopo il suo ingresso nell’orbita imperiale di Roma e a far pregustare al popolo greco i frutti di una stretta, cordiale e du­revole collaborazione italo-greco-albanese.

Nessun violento attacco alla Grecia, ma lotta a fondo all’In­ghilterra, che mantiene in uno stato di servilismo molti popoli degni di migliore avvenire.

Visti i favorevoli. risultati della nostra azione di propaganda, farà presto installare ad Argirocastro una stazione radio più potente, così che le nostre comunicazioni possano giungere fino ad Atene.

Domani si recherà in Grecia il noto Consigliere Superiore Fa­scista Nebil Dino, al quale ho impartito le istruzioni ricevute da V.E.

Lo spirito degli albanesi si mantiene aderente ai nostri pro­positi. Essi attendono con fede gli ordini del Duce.

V’è in alcuni la preoccupazione che esigenze di politica gene­rale e le prossime pioggie autunnali possano ritardare di molto la nostra azione contro la Grecia che, a loro dire, dovrebbe essere piegata prima che l’Inghilterra riprenda fiato ed anche prima che la Germania crei nei Balcani situazioni poco favorevoli alla nostra penetrazione in questo settore.

A quest’ultimo riguardo informo che continuano ad arrivare qui notizie di una sempre maggiore attività dei tedeschi in Grecia. Lo stesso Console di Germania a Tirana mantiene stretti contatti

con il collega ellenico e con persone favorevoli al nostro intervento

in Grecia. V’è quindi chi sospetta che i tedeschi tendano a ritardare la nostra azione per impedirci di conquistare posizioni sulle quali essi pensano di poter arrivare per primi dopo il crollo dell'Inghilterra.

La nostra preparazione militare procede alacremente. La pre­senza di qualche sottomarino nemico in Adriatico ha ritardato di poco i trasporti militari. Il grosso delle truppe assegnate in rinforzo è già in Albania; devono ancora giungere la terza Divisione e pochi altri elementi.

La milizia Fascista albanese mobilitata è stata ridotta, per ra­gioni di economia, ad una sola Legione.

Malgrado le continue domande di arruolamento, anche i volon­tari, previsti in 6000, saranno ridotti a 3000, per non creare masse di eroi a buon mercato e per non accollarci il mantenimento di ingenti forze irregolari, non più necessarie dopo l'arrivo di altre considerevoli forze regolari.

L'Eccellenza Visconti Prasca afferma che, se tutto procederà re­golarmente, potrà essere pronto per l’azione il 10 ottobre.

Il Partito ha già approntato gli autotreni di soccorso e propa­ganda, per i quali sono state messe a disposizione 500.000 lire.

Come ho informato con altra lettera sto facendo rastrellare gli individui maggiormente indiziati di spionaggio a nostro danno.

L’operazione, concordata col Comando Superiore delle Truppe, verrà compiuta col necessario accorgimento. Essa è giudicata indispensabile per garantire il segreto militare in questa fase di schieramento operativo delle truppe.

 

 Albania 1940 Regio Esercito Italiano

 

 

VISCONTI PRASCA AD 

UBALDO SODDU

 

Tirana, 30 settembre 1940-XVIII

Caro Soddu,

Ricorro alla tua leale e antica amicizia.

In occasione della mia ultima venuta a Roma mi parlasti di alcuni generali da inviare in Albania in caso di offensiva contro la Grecia per assumere dei comandi di C.A. e di colonna.

Per quanto dal lato operativo, nelle presenti circostanze, la loro presenza non sia necessaria e costituisca piuttosto un ingranaggio ritardatore che un aiuto, ben vengano tuttavia coloro che sono inviati dall'Autorità Superiore per qualsiasi ragione. La loro presenza sarà accolta lietamente e la loro collaborazione accettata a braccia aperte. Essi avranno la loro parte di gloria e sarà loro concessa la più soddisfacente autonomia di comando e di azione.

Tanto più se si trattasse del generale Gambara del quale stimo le belle qualità di comandante e l’esperienza della guerra.

Ciò premesso ho la presunzione fondata che si vorrebbe tra­sformare questa partecipazione di altri Comandanti alle operazioni dell'Epiro, in una velata, ma diretta menomazione della mia azione di comando, con l’affidare ad altri l’intero settore operativo epirota, mentre io rimarrei comandante dell’insieme ma effettivamente spetta­tore responsabile degli avvenimenti.

Dal punto di vista tecnico del funzionamento del comando questa soluzione è assurda, dato che la situazione logistica, stradale e topografica dell’Albania richiede l’amministrazione accentrata delle truppe e dei mezzi, dato che alle mutevoli circostanze dell’azione, senza possibilità di concorsi dall'Italia, occorre far fronte con rag­gruppamenti tattici di carattere elastico e variabile e non con rag­gruppamenti cristallizzati « a priori ». Così la eventuale denomina­zione del XXVI corpo d’armata alle forze dell’Epiro porterebbe a com­plicazioni disciplinari, logistiche e tattiche che potrebbero ingenerare più gravi inconvenienti.

Poiché io ho la responsabilità del comando, debbo avere, come è prescritto e doveroso, la facoltà di distribuire i comandi e le forze secondo i raggruppamenti tattici che ravviso più opportuni nel quadro complessivo della manovra e nell’impiego delle forze se­condo il concetto operativo e in dipendenza delle fasi della lotta.

A te parlo francamente: nella distribuzione dei compiti che mi si vorrebbe imporre con una « inframmettenza tattica » inaudita, non posso ravvisare un concetto tattico, ma una manovra di concorrenza personale che prescindendo dal giudizio di ogni uomo onesto e di ogni ufficiale d'onore può risolversi in un danno per l'anda­mento operativo.

Sono un buon soldato e come tale spesso so « abbozzare » per amore di Patria e per sentimento del dovere.

In questo caso non si tratta soltanto del mio prestigio personale, che ho sempre sacrificato al servizio, ma si rischia di creare un equivoco iniziale nel comando, dannoso al regolare svolgimento dell'azione, e su questo argomento non potrei tacere.

Caro Soddu, confido in te perché la questione del comando sia. bene impostata fin dall'inizio e non si rinnovi, anche in questo episodio, la tradizione dolorosa dei comandanti in dissidio tra loro in causa di personalismi inammissibili.

Mi pare di essere stato chiaro e categorico.

Faccio assegnamento sulla tua alta autorità, sulla tua chiara onestà, sulla nostra vecchia amicizia.

 

VISCONTI PRASCA   

 

 

Albania 1940 Regio Esercito Italiano     

http://www.squadratlantica.it/