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Dal 25 luglio all'8 settembre - 3

MEMBRI E DEI PARTECIPANTI

ALLA SEDUTA DEL GRAN CONSIGLIO DEL FASCISMO

DEL 24 - 25 LUGLIO 1943

 

Benito Mussolini Duce del fascismo, capo del governo

 

Cesare Maria De Vecchi Quadrunviro della marcia su Roma

 

Emilio De Bono Quadrumviro della marcia su Roma

 

Carlo Scorza Segretario del Partito Nazionale Fascista

 

Giacomo Suardo Presidente del Senato

 

Dino Grandi Presidente della Camera dei Fasci e delle Corporazioni

 

Giacomo Acerbo Ministro delle Finanze

 

Carlo Pareschi Ministro dell'Agricoltura

 

Gaetano Polverelli Ministro della Cultura popolare

 

Enzo Galbiati Comandante della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale

 

Galeazzo Ciano Ambasciatore presso la Santa Sede

 

Roberto Farinacci Membro di diritto

 

Giuseppe Albini Sottosegretario al Ministero dell’Interno, invitato da Mussolini.

 

Edmondo Rossoni Ministro di Stato

 

Ettore Frattari Presidente della Confederazione degli agricoltori

 

Luciano Gottardi Presidente della Confederazione dei lavoratori dell'industria

 

Annio Bignardi Presidente della Confederazione dei lavoratori dell'agricoltura

 

Giovanni Balella Presidente della Confederazione degli industriali

 

Giovanni Marinelli Segretario amministrativo del PNF

 

Guido Buffarini Guidi Membro di diritto

 

Dino Alfieri Ambasciatore a Berlino

 

Alberto De Stefani Membro di diritto

 

Giuseppe Bottai Membro di diritto

 

Antonino Tringali-Casanova Presidente del Tribunale Speciale

 

Giuseppe Bastianini Sottosegretario al Ministero degli Affari Esteri, invitato da Mussolini.

 

Tullio Cianetti Ministro delle Corporazioni

 

Luigi Federzoni Presidente dell'Accademia d'Italia

 

Carlo Alberto Biggini Ministro dell'Educazione Nazionale

 

Alfredo De Marsico Ministro di Grazia e Giustizia

 

 

 

 

 

CENNI BIOGRAFICI SUI MEMBRI E PARTECIPANTI

ALLA SEDUTA DEL GRAN CONSIGLIO DEL FASCISMO DEL 24 - 25 LUGLIO 1943

 

 

Giacomo Acerbo   Uomo politico (Loreto Aprutino 1888 - Roma 1969)

Più volte decorato al valor militare, deputato fascista (1921), dopo la marcia su Roma fu sottosegretario alla presidenza del Consiglio fino al 1924 (in quell'anno fu creato barone dell'Aterno), quindi vicepresidente della Camera (1920), dal 1927 professore di economia e politica agraria nell'università di Roma, ministro dell'Agricoltura e Foreste (1929-35) e delle Finanze (dal 5 febbraio al 25 luglio 1943). Membro del Gran Consiglio del fascismo, votò contro Mussolini, venendo condannato a morte in contumacia dal tribunale fascista di Verona; arrestato sotto il governo Bonomi, fu condannato a 30 anni per "atti rilevanti", ma poi amnistiato.

Oltre a opere di economia e diritto ha lasciato anche un volume di ricordi autobiografici: Tra due plotoni di esecuzione (1968).

 

 

 

Umberto Albini Uomo politico (Porto Maggiore 1895 - Roma 1973)

Partecipò alla Marcia su Roma, fu Sottoprefetto e poi Questo­re a La Spezia (dal 1923); Prefetto a Teramo dal maggio 1925; poi a Taranto, Bari, Palermo. Dal 15 settembre 1933 al 5 febbraio 1943 a Genova e Napoli.

Console Gene­rale della Milizia, fu chiamato da Mussolini a sostituire Buffarini Guidi, come Sottosegretario all'Interno, nell'ultimo rimpasto mi­nisteriale che precedette il 25 luglio. Per effetto di quel « cambio della guardia » Albini partecipò all'ultima seduta come invitato.

Votò a favore dell'o.d.g. Grandi e pertanto processato e condannato a morte in contumacia.

 

 

 

Dino Alfieri – Uomo politico (Bologna 1886 - Milano 1966)

Aderì al nazionalismo e poi al fascismo; fu sottosegretario alle Corporazioni (1929-32), alla Stampa e propaganda (1935-36), ministro per la Cultura popolare (1936) e ambasciatore presso il vaticano (1939-40) e a Berlino (1940-43). Firmatario dell’ordine del giorno Grandi, fu condannato a morte in contumacia.

 

 

 

Giovanni Balella  industriale (Ravenna 1893 - ivi 1988)

Li­bero docente in Diritto del lavoro all’Università di Roma, direttore della Scuola di perfezionamento degli studi corporativi dell’Università di Firenze. Iniziò nel 1919 la sua attività in Confindustria, di cui divenne presi­dente dal 30 aprile 1943, in sostitu­zione del sen. Giuseppe Volpi di Misurata.

Per tale carica, il 6 maggio dello stesso anno fu nominato membro del Gran Consiglio. La notte dal 24 al 25 luglio 1943 non intervenne nel dibattito, ma avendo votato per l'o.d.g. Grandi, fu condannato a morte in contumacia dal Tribunale straordinario di Verona.
Nel dopoguerra contribuì alla ricostituzione della Confederazione degli industriali, per la quale ricoprì il ruolo di responsabile dei rapporti esterni, e del rilancio del quotidiano romano Il Giornale d'Italia.
Rappresentò la Confindustria presso il CNEL, e continuò ad occuparsi del settore delle Fibre chimiche, ricoprendo cariche sia nell'associazione industriale del settore che presso società.

 

 

 

Giuseppe Bastianini   Uomo politico (Perugia 1899 - Milano 1961)

Deputato alla Camera per la XXVII legislatura (1924-29), fu poi, tra l'altro, sottosegretario agli Esteri dal giugno 1936 all'agosto 1939, ambasciatore a Londra(1939-40), dal 1941 al febbraio 1943 governatore della Dalmazia, di nuovo sottosegretario agli Esteri dal 5 febbraio al 25 luglio 1943. Nella seduta del Gran Consiglio del 25 luglio 1943 votò per l'ordine del giorno Grandi, per cui fu condannato a morte in contumacia nel processo di Verona.

Ha scritto un volume di ricordi: UominicosefattiMemorie di un ambasciatore (1959).

 

 

 

Carlo Alberto Biggini  Studioso di diritto e uomo politico (Sarzana 1902 - Padova1945) Simpatizzante del fascismo fin dalle sue origini, aderì nel 1925 al manifesto degli intellettuali fascisti. Studioso di diritto pubblico, fu fautore del corporativismo. Si interessò anche di storia del pensiero politico italiano. Professore di diritto costituzionale e comparato e di dottrina generale dello stato nell'università di Sassari(1932), in seguito (1938) si trasferì nell'ateneo di Pisa. Eletto deputato nel 1934, ricoprì varî incarichi finché fu nominato da Mussolini ministro dell'Educazione Nazionale e membro del Gran Consiglio e del direttorio nazionale del partito fascista (1943). Fedele a Mussolini, votò contro l'ordine del giorno Grandi nella seduta del Gran Consiglio del 24-25 luglio 1943. Fu ministro della Educazione Nazionale della RSI.

 

 

 

Annio Bruno Bignardi Uomo politico e sindacalista (Ferrara 1907 -

Nel 1921 a 14 anni seguì l'a­zione politica svolta a Ferrara dal padre squadrista. Nel 1925 contribuì alla fondazione del GUF di Ferrara acquistando simpatia e fiducia di Italo Balbo. Nel 1929, vice Segretario federale di Ferrara, si laureò prima in Scienze sociali e sindacali, poi in giurisprudenza.

Per tre anni Segretario del GUF, per 4 vice Federale, per 9 anni Segretario dell'Unione provinciale fascista dei lavoratori dell'agricoltura. Per tre anni vice Podestà di Ferrara e per due Vice presidente del Consiglio Provinciale delle Corporazioni. Nel 1934 membro effettivo della Corporazione dei prodotti tessili. Nella XXX legislatura fu nominato Consigliere Nazionale della Camera dei Fasci e delle Corporazioni. Dall'ottobre 1941 Presidente della Confederazione fascista dei lavoratori dell'agricoltura. In tale qualità membro del Gran Consiglio.

Partecipò all'ultima seduta del 24-25 luglio. Bottai in « Vent'anni e un giorno », così descrive il suo intervento all’ultima seduta del Gran Consiglio: « Bignardi fa un acuto esame dello stato d'animo delle masse rurali, le cui organizzazioni esigono una più imme­diata partecipazione al governo economico del Paese, secondo i poteri loro attribuiti dalle leggi corporative ».

In un memoriale invia­to a Pavolini nell’ottobre 1943, scrisse: « Membro del Gran Consiglio in conseguenza della carica di Presidente della Confederazione fascista dei lavoratori dell'agri­coltura, per la prima volta partecipavo ad una sua seduta. Fir­mando con altri 18 membri (tutti più autorevoli e benemeriti della causa, di me, come i due Quadrunviri, Ministri ed ex Ministri) quale anche lontano dubbio potevo nutrire sulle buo­ne intenzioni di loro? ».

Fu condannato a morte in con­tumacia a Verona.

 

 

 

Giuseppe Bottai   Uomo politico (Roma 1895 - ivi 1959)

Partecipò alla guerra 1915-18 negli arditi. Tra i fondatori del Fascio di combattimento di Roma, durante la marcia su Roma (1922) comandò la colonna abruzzese-marchigiana. Nel 1923 fondò il quindicinale Critica Fascista che si affermò come la voce più significativa del "revisionismo fascista". Deputato nel1924, sottosegretario nel 1926 e ministro delle Corporazioni dal 1929 al 1932, ebbe parte notevole nella elaborazione della Carta del Lavoro (1927) e del corporativismo fascista. Ministro dell'Educazione nazionale (1936-43), attuò una larga riforma del sistema scolastico. Fu inoltre governatore di Roma (1935-36) e dal 1930 professore di diritto corporativo a Pisa e quindi (dal 1936) a Roma. Poco prima della guerra, la sua posizione, ormai di fronda, cominciò a costituire un punto di riferimento per gli elementi fascisti critici, specie per i più giovani. In occasione della seduta del Gran Consiglio avvenuta fra il 24 e il 25 luglio 1943 fu tra i più attivi sostenitori della mozione Grandi; per questo nel gennaio 1944 fu condannato a morte in contumacia dal Tribunale fascista di Verona; sempre in contumacia, fu condannato all'ergastolo dall'Alta corte di giustizia di Roma nel 1945. Nel frattempo si era arruolato nella Legione straniera. Amnistiato nel 1947, fece successivamente ritorno in Italia, dove prese a pubblicare il quindicinale di critica ABC. (1953-59).

 

 

 

Guido Buffarini-Guidi – uomo politico (Pisa 1895 - Milano 1945)

Volontario in un reggimento di artiglieria, trascorse quattro anni al fronte, raggiungendo il grado di capitano nel 1917.

Fondatore del fascio pisano e sindaco (poi podestà) di Pisa nel 1923-33, dal 1924 deputato, poi consigliere nazionale, fu dal maggio 1933 al febbraio 1943 sottosegretario agli Interni; presente al Gran consiglio del fascismo del 24-25 luglio 1943, votò contro l’ordine del giorno Grandi. Successivamente fu ministro degli Interni della R.S.I. fino al 12 febbraio 1945,  quando fu lo stesso Mussolini a sollevarlo dall'incarico.

Presente a Como insistette energicamente affinché il gruppo degli ultimi fedeli che attorniavano Mussolini cercasse scampo in Svizzera. Il 26 aprile 1945, mentre tentava di varcare la frontiera, fu catturato dai partigiani. Il mese seguente fu processato dalla Corte straordinaria d'assise e, il 10 luglio 1945, dopo un vano tentativo di avvelenamento, fu fucilato nella prigione di S. Vittore a Milano.



Galeazzo Ciano Diplomatico e uomo politico (Livorno 1903 - Verona 1944)
Figlio di Costanzo; console generale a Shanghai nel 1930, poi ministro plenipotenziario in Cina, divenne per il suo matrimonio con Edda Mussolini (1930) uno degli uomini più in vista del regime fascista. Capo dell'ufficio stampa del capo del governo (1933), sottosegretario per la Stampa e propaganda (1934), ministro per la Cultura popolare (1935), assunse nel 1936 il ministero degli Affari Esteri. Passivo esecutore, di fatto, dei voleri del suocero, anche se la responsabilità dell'invasione dell'Albania nel 1939 ricade peraltro quasi interamente su di lui, ma desideroso di popolarità attraverso la fama di dissidente, si distaccò veramente dalla politica di Mussolini solo nell'autunno 1942, di fronte all'aggravarsi della situazione italiana nella seconda guerra mondiale. Dovette abbandonare gli Esteri il 5 febbraio 1943 per l'Ambasciata presso il Vaticano; nella seduta del Gran consiglio del 24 luglio 1943 votò l'ordine del giorno Grandi che suonava sfiducia nei confronti di Mussolini. Rifugiatosi in Germania (con la speranza di passare in Spagna), fu consegnato alla Repubblica Sociale Italiana. Condannato a morte dal tribunale speciale fascista di Verona, fu fucilato.
È variamente giudicato, da parte degli storici, il suo Diario, pubblicato postumo (1946-48; nuova edizione 1980).



Tullio Cianetti – Uomo politico e sindacalista (Assisi 1899 - Mozambico 1976)
Chiamato alle armi nel 1917 col grado di tenente rimase nell'esercito fino al marzo 1921.
Nell’aprile fu tra i fondatori del fascio di Assisi. Partecipò della marcia su Roma.
Diresse, come commissario, i sindacati di Treviso e Matera. A Treviso nell’aprile 1929 fu segretario dei sindacati dell'agricoltura. Nel febbraio 1931 veniva nominato commissario della Federazione nazionale dei sindacati dell'industria del vetro e della ceramica, ed a luglio divenne segretario della Federazione nazionale dei sindacati delle industrie estrattive; iniziando a collaborare con Il Lavoro fascista.
Nell’aprile 1933 passò a dirigere i sindacati industriali di Torino e nel gennaio 1935 divenne presidente della Confederazione nazionale sindacati fascisti italiani.
Entrato nel marzo 1934 nel Parlamento, venne nominato il successivo 7 novembre membro del Gran Consiglio dei fascismo. Il 21 luglio 1939 venne nominato sottosegretario di Stato al ministero delle Corporazioni.
Collaborò a diverse riviste tra cui Rivista del lavoro, della quale ultima fu anche direttore.
Esaltò l'alleanza con la Germania nazista e il razzismo antiebraico.
Decisamente favorevole all’entrata nella II guerra mondiale, nel febbraio 1943 divenne ministro delle Corporazioni. Recandosi nel marzo presso le fabbriche del Nord in sciopero venne accolto a sassate e costretto alla fuga.
Il 25 luglio votò la mozione Grandi ma al termine della seduta, scrisse a Mussolini, dichiarandosi pentito e ritirando il suo voto. Grazie a ciò riuscì ad evitare al processo di Verona la fucilazione, e venne condannato, unico degli imputati, a trenta anni di galera.
Nel dopoguerra emigrò in Mozambico, dove morì il 7 agosto 1976.

 

 

 

Emilio De Bono  Militare (Cassano d'Adda 1866 - Verona 1944)

Durante la prima guerra mondiale promosso (1916) maggiore generale per merito di guerra, si distinse nella presa di Gorizia e più tardi nelle azioni di difesa e di offesa (ottobre 1918) sul Monte Grappa. Collocato in posizione ausiliaria nel 1920, ebbe gran parte nell'organizzazione del movimento fascista, nell'ottobre 1922 fu uno dei quadrumviri della "marcia su Roma" e successivamente capo della polizia e primo comandante della MVSN. Nel 1925 governatore della Tripolitania e nel 1929 ministro delle colonie, dal gennaio 1935 in Eritrea, tenne il comando delle operazioni nella prima fase della guerra contro l'Etiopia. Votò l’ordine del giorno Grandi, fu così che venne condannato a morte dal tribunale di Verona e fucilato.

 

 

 

Alfredo De Marsico Giurista, avvocato e uomo politico (Sala Consilina 1888 - Napoli 1985) Professore di diritto e procedura penale dal 1927, nelle università di Bari, Bologna, Napoli e Roma. Diresse con G. Delitala la Rivista di diritto e procedura penale. Nel 1929 fu relatore per la riforma del codice penale alla Camera dei deputati e ministro di Grazia e Giustizia dal 6 febbraio 1943; nella seduta del Gran consiglio del 24-25 luglio 1943 votò per l'ordine del giorno Grandi e pertanto condannato a morte in contumacia dal tribunale fascista di Verona.



Alberto De Stefani   Economista e uomo politico (Verona 1879 - Roma 1969)
Ha dato contributi importanti allo studio matematico dell'economia e a quello della dinamica economica. Come ministro delle Finanze ricondusse al pareggio il bilancio italiano dissestato dalla prima guerra mondiale riformando il sistema tributario e l'amministrazione.
Professore nelle università di Venezia, Padova, Ferrara e Roma (dal 1925), deputato, ministro delle Finanze (1922-25), presidente dell'Associazione dei consorzî di bonifica, membro del Gran Consiglio del fascismo, alto consulente finanziario della Repubblica cinese (1937). Socio nazionale dei Lincei (1935; decaduto 1946) e membro dell'Accademia d'Italia.
Condannato a morte in contumacia dal tribunale di Verona per aver aderito all'ordine del giorno Grandi, fu poi processato a Roma dall'Alta Corte e assolto (1947).
Fu direttore di sezione dell'Enciclopedia italiana. Collaborò con numerosi articoli al Corriere della sera, a La Stampa e, dal 1948, al Tempo di Roma e al Giornale d'Italia e anche pittore e autore di romanzi e novelle.



Cesare Maria De Vecchi  Uomo politico (Casale Monferrato 1884 - Roma 1959)

Decorato al valore nella guerra 1915-18, fu tra i promotori del fascismo piemontese. Deputato dal 1921, fu uno dei quadrumviri della marcia su Roma e successivamente comandante generale della M.V.S.N. Per pochi mesi sottosegretario nel primo governo Mussolini, fu poi governatore della Somalia (1923), dove estese l'effettivo dominio italiano a tutto il territorio, ambasciatore presso la S. Sede (1929-35), ministro dell'Educazione nazionale (1935-36), governatore delle Isole dell'Egeo fino al 1940. Fu nominato senatore del regno (1924) e insignito del titolo di conte di Val Cismon (1925). Accademico d'Italia e presidente dell'Istituto per la storia del Risorgimento. Nel fascismo rappresentò la corrente più filomonarchica e, dopo le vicende del 1922-23, il suo peso effettivo nel ristretto gruppo dirigente fascista fu piuttosto modesto. Nella seduta del Gran consiglio del fascismo del 24-25 luglio 1943 votò l'ordine del giorno Grandi e fu perciò condannato a morte, in contumacia, nel processo di Verona.

In seguito all'emanazione delle norme per la repressione dei delitti fascisti fu condannato (1947), sempre in contumacia, a lieve pena.

 

 

 

Roberto Farinacci – Avvocato, giornalista e gerarca fascista (Isernia 1892 - Vimercate 1945)

Interventista nel 1914 e fondatore del fascio di combattimento di Cremona (1919), fu tra i più violenti dirigenti dello squadrismo. Sostenitore dell'ala rivoluzionaria del movimento, nel 1922 fondò e diresse il quotidiano Cremona nuova, divenuto poi Il Regime fascista. Deputato dal 1924, fu segretario del PNF dal febbraio 1925 al marzo 1926. Membro del Gran Consiglio del fascismo dal 1935, il 25 luglio 1943 si schierò contro l'ordine del giorno Grandi e ne presentò uno di fedeltà all'alleato tedesco; riparò in Germania e aderì alla RSI. Fu giustiziato dai partigiani.

 

 

 

Luigi Federzoni Uomo politico e giornalista (Bologna 1878 - Roma1967)

Collaboratore del Resto del Carlino e del Giornale d'Italia, fu nel 1910 tra i fondatori del movimento nazionalista e nel 1911 dell'Idea nazionale, della quale alcuni anni dopo fu direttore. Deputato nazionalista dal 1913, interventista e pluridecorato della prima guerra mondiale; dopo la fusione dei nazionalisti col Partito fascista ormai al potere, fu ministro delle Colonie, dell'Interno (1924) e nuovamente delle Colonie (1926-1928). Senatore dal 1928, fu successivamente presidente del Senato (1929-39), dell'Accademia d'Italia (1938-43), dell'Istituto della Enciclopedia Italiana (1938-43). Dal 1931 al 1943 diresse la Nuova Antologia.

Membro del Gran Consiglio del fascismo dal 1923, aderì il 25 luglio 1943 all'ordine del giorno Grandi, per cui fu condannato a morte in contumacia dal tribunale fascista di Verona. Dopo la liberazione, condannato all'ergastolo dall'Alta Corte di Giustizia nel 1945, fu amnistiato nel 1947.

Frutto dei ricordi di gioventù è Bologna carducciana (1961); pubblicato postumo: Italia di ieri per la storia di domani (1967).

 

 

 

Ettore Frattari (Ravenna 1896 – Roma 1976)

Dottore in scienze agrarie, Presi­dente della Confederazione fascista degli agricoltori, componente di diritto del Gran Consiglio.

Nel corso dell’ultima seduta del Gran Consiglio parlò solo nella seconda fase della seduta dopo aver rifiutato la sua firma all'o.d.g. Grandi.

Nella deposizione del 22 dicembre al processo di Verona da­vanti al pubblico accusatore, disse: « Riaperta la seduta, il segretario del partito Scorza lesse le sue due mozioni e poi presi la parola io, sostenendo con parola accorata, la necessità di resistere e di continuare la guerra fino in fondo a fianco dell'alleato, perché, se avessimo ceduto per ipotetici vantaggi materiali, avremmo avuto la maledizione dei figli e nipoti.

Il mio discorso fu ispirato dal fatto che, da tutto l'insieme della seduta, ebbi la sensazione precisa che si fosse voluto ca­povolgere la situazione politica, arrivando financo ad una pace separata ».

Terminata la guerra, venne arrestato, processato e infine prosciolto. Nel 1947 divenne dirigente di una industria chimica ed alla fine degli anni Cinquanta assunse la presidenza della sezione ortofrutticola e, dal 1967, si dedicò completamente alla sua rivista, Rassegna dell'agricoltura italiana.



Enzo Emilio Galbiati   Militare e uomo politico (Monza 1897 - Milano 1982)
Aderì al movimento fascista nel 1920, organizzando squadre d'azione nel monzese. Console della MVSN dalla fondazione del corpo, partecipò alle campagne d'Etiopia e di Grecia. Capo di S. M. della Milizia (1941), durante l'ultima seduta del Gran Consiglio votò contro l'o.d.g. Grandi, ma nei giorni successivi mantenne la Milizia agli ordini del governo Badoglio, evitando l'eventualità di una guerra civile.

 

 

Luciano Gottardi (San Bartolomeo di Ferrara 1899 – Verona 1944).

Partecipò alla prima guerra mondiale prima come soldato semplice, poi col grado di sottotenente di complemento in cavalleria.

Diplomato in ragioneria, dopo la guerra si iscrisse alla facoltà di scienze economiche e commerciali dell'Università di Trieste senza concludere gli studi.
Dal 1921 al 1925 si occupò presso la prefettura di Trieste, venendo quindi chiamato all'Ufficio provinciale dei sindacati fascisti. Ebbe così inizio la sua carriera di burocrate e uomo di apparato, che lo portò a ricoprire, alla fine del ventennio fascista, le massime cariche delle organizzazioni sindacali e corporative.

Forse il suo più verosimile profilo è in una breve relazione anonima inviata al capo della polizia da un fiduciario della polizia politica, che così lo descriveva: "È un vecchio fascista di fede. Troppo passionale. Difficilmente egli si adatta alla collaborazione con i datori di lavoro. Il Sindacalismo fascista più che istradarlo verso il corporativismo tende a portarlo sulla lotta di classe. Moralmente a posto. Buon oratore".

Partecipò all'ultimo Gran Consiglio in qualità di Presidente della Confederazione dei lavoratori dell'Industria. Non concertò la sua adesione all'o.d.g. Grandi con i promotori dell'iniziativa, recandosi alla riunione senza sapere di cosa si sarebbe discusso.

Al momento del voto, fu favorevole all'o.d.g. Grandi e così giustificò il suo atteggiamento: « Mi pareva indispen­sabile che il Re assumesse la sua posizione e la sua responsa­bilità di fronte alla guerra che egli stesso aveva dichiarato » ol­tretutto « per l'assenza dai campi di battaglia del Principe ere­ditario, che il popolo italiano rilevava e commentava ».

Il 18 settembre 1943 richiese l’iscrizione al PFR, inviando a Pavolini un memoriale. Ma ormai il nuovo regime lo considerava un traditore.
Arrestato all’inizio dell’ottobre 1943, durante la detenzione, il processo e davanti al plotone d'esecuzione mantenne un contegno sereno e coraggioso.

 

 

 

Dino Grandi   Uomo politico (Mordano 1895 - Bologna 1988)

Combattente della prima guerra mondiale, dirigente del fascismo emiliano (deputato dal 1921), passò da posizioni rivoluzionarie a posizioni più moderate e filocostituzionali. Membro del Gran Consiglio del fascismo dal 1923, sottosegretario agli Interni (1924-25) e agli Esteri (1925-29), ministro degli Esteri (1929-32), ambasciatore a Londra (1932-39; notevole la sua politica di riconciliazione con l'Inghilterra), ministro guardasigilli (1939; riforma fascista dei codici) e presidente della Camera dei fasci e delle corporazioni. La seduta del Gran Consiglio del 24 luglio 1943 e l'ordine del giorno furono opera di Grandi (che era stato contrario all'entrata in guerra), il quale fu pertanto condannato a morte in contumacia dal tribunale di Verona (1944).

Nel dopoguerra visse all'estero e trascorse in Italia gli ultimi anni.

Pubblicò volumi di memorie: 25 luglio. Quarant'anni dopo (1983); Il mio paese. Ricordi autobiografici (1985).

 

 

 

Giovanni Marinelli Uomo politico (Adria 1879 – Verona 1944)

Nacque in una famiglia, della media borghesia agraria, per dissesti economici, dovette abbandonare gli studi alla seconda ginnasiale. Iniziò presto a occuparsi di politica su posizioni socialiste di sinistra. Allo scoppio della prima guerra mondiale seguì la scelta interventista di Mussolini, dimettendosi dal PSI; fu tra i fondatori prima del Fascio rivoluzionario interventista e poi dei Fasci di Combattimento.

Nel corso del congresso di fondazione del PNF gli fu confermata, anche per i positivi risultati ottenuti, la carica di segretario amministrativo, carica in cui rimase per molti anni.

Coinvolto nel delitto Matteotti rimase in carcere 18 mesi uscendone alla fine del 1925 con la sentenza istruttoria per la quale, il mandato di Marinelli e Rossi agli esecutori si era limitato a ordinare il sequestro.

Fu deputato, nel 1929 e nel 1934, consigliere nella Camera dei fasci e delle corporazioni e dal novembre 1939 al febbraio 1943 sottosegretario al ministero delle Comunicazioni.

Grandi accolse « non senza stupore » e Bottai definì « inaspettata » la sua firma nella tarda nottata del 25 luglio.

Durante il processo di Verona, interrogato dal giudice istruttore spiegò che aveva aderito all’o.d.g. Grandi in quanto certo che tutto fosse stato concordato con Mussolini, come era sempre avvenuto in altre votazioni al Gran Consiglio.

Cianetti fornì particolari drammatici sulla condizione di Marinelli, che appariva abbattuto e quasi incapace di comprendere quanto stava avvenendo intorno a lui: alla lettura della sentenza non la capì e fu Ciano a dovergliela scandire. Estremamente prostrato, al momento dell’uscita dalla cella, prima dell’esecuzione, dovette essere sorretto da due agenti.

 

 

 

Carlo Pareschi Uomo politico (Poggio Renatico 1908 - Verona 1944)

Capitano di complemento, fu volontario sul Fronte Occiden­tale e in Africa; decorato con medaglia di bronzo e Croce di guer­ra al V. M.

Fino al marzo 1941 segretario generale dell'« E. 42 » di cui era presidente il conte Cini.

Dottore in scienze agrarie in qualità di Ministro dell’Agricoltura e Foreste, divenne componente del Gran Consiglio del Fascismo e partecipò all'ultima sua ultima seduta, non interloquì, ma votò per l'o.d.g. Grandi. Processato a Verona venne condan­nato e fucilato.

 


Gaetano Polverelli giornalista e politico (Visso 1886 - Anzio 1960)

Giornalista prima dell’Avanti! e poi de Il Popolo d'Italia, fu tra i fondatori del fascio di Roma e capo ufficio stampa di Mussolini e del ministero degli affari esteri, deputato, sottosegretario di stato e ministro della cultura popolare dal febbraio 1943.
Fra le cariche ricoperte in ambito della professione giornalistica, fu segretario del Sindacato romano giornalisti fascisti e del Sindacato interprovinciale fascista giornalisti, membro della Commissione Superiore per la Stampa, presidente dell'Associazione Stampa Romana.
Nella seduta del Gran Consiglio del 25 luglio1943 votò contro la mozione Grandi.



Edmondo Rossoni  Sindacalista e uomo politico (Tresigallo 1884 - Roma 1965)

Attivista nelle file del sindacalismo rivoluzionario, nel 1914 si schierò su posizioni interventiste. Ebbe un ruolo di rilievo nella fondazione dell'Unione italiana del lavoro (1918) e nel 1922 divenne segretario generale della Confederazione nazionale delle corporazioni sindacali fasciste; sostenitore del sindacalismo integrale, il suo progetto di porre lavoratori e datori di lavoro sotto il controllo del sindacato fallì con il Patto di palazzo Chigi del dicembre 1923, che riconobbe l'autonomia della Confindustria. Deputato al Parlamento (1924-29), dopo lo scioglimento della confederazione (1928) dal 1930 fu membro del Gran Consiglio e quindi ministro dell'Agricoltura (1934-39). Sfuggì alla condanna all'ergastolo comminatagli nel maggio 1945 riparando in Canada; poté rientrare l'anno successivo quando la pena venne annullata dalla Corte di cassazione.

 

 

 

Carlo Scorza   Uomo politico (Paola 1897 - San Godenzo 1988)

Diresse Il Popolo toscano e dal 1931 Gioventù fascista. Deputato al Parlamento dalla XXVII legislatura e membro del direttorio del PNF, quindi consigliere nazionale, nell'aprile1943 fu nominato segretario del PNF. Nella seduta del Gran Consiglio del 25 luglio1943 votò contro la mozione Grandi nella quale si chiedevano le dimissioni di Mussolini.

Ha pubblicato un resoconto degli avvenimenti del 25 luglio 1943: La notte del Gran Consiglio (1968).

 

 

 

Giacomo Suardo – Uomo politico (Bergamo 1883 – 1947)

Volontario di guerra nelle Argonne; decorato di quattro me­daglie e di tre Croci di guerra al V. M. e della medaglia di bron­zo al V. C. per l'opera prestata durante il disastro di Gleno nel 1923. Ten. col. d'artiglieria alpina promosso per merito di guerra.

Iscritto al PNF dal 1° gennaio 1921 comandò le squadre d'a­zione di Bergamo e ivi fu Federale dal 1921 al 1924.

Prese parte alla Marcia su Roma. Fu Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio. Deputato al Parlamento nella XXVIII legislatura.

Dal 1926 al 1928 Sottosegretario alle Corporazioni e poi al Ministero dell'Interno. Luogotenente generale della MVSN. Volontario in AOI. Senatore del Regno dal 24 gennaio 1929. Vice Presidente del Senato dal giu­gno 1938 e poi Presidente dal 1939.

Dapprima favorevole all'o.d.g. Grandi, ritirò poi la sua firma e, al momento della votazione, si astenne.

Morì a Bergamo il 18 maggio 1947.

 

 

Antonino Tringali Casanova Uomo politico (Cecina 1888 - Cremona 1943)
Laureato in Giurisprudenza, nel 1921 aderisce ai Fasci di Combattimento. In seguito sindaco di Cecina. Componente del Collegio giudicante, Vice Presidente dal 1928 al 1932, e fino al 25 luglio 1943 Presidente, del Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato.
Deputato e, dal 1939, Consigliere Nazionale della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, Luogotenente Generale MVSN. Consigliere della Provincia di Pisa e poi Preside di quella di Livorno. Membro del Gran Consiglio del Fascismo, il 25 luglio 1943 votò contro l’o.d.g. Grandi. Dal il 23 settembre 1943 Ministro della Giustizia della RSI.
Morì a Cremona il 4 novembre 1943, gli subentrò nella carica Pietro Pisenti.

 

 

 

 

 

IL GRAN CONSIGLIO DEL FASCISMO

 

« È l'organo supremo, che coordina e integra tutte le attività del Regime sorto dalla Rivoluzione dell’ottobre 1922 »: recitava l’articolo della legge 9 dicembre 1928, n. 2693, che ne sancì l’inserimento al più alto livello dell’ordinamento. Tale legge fu approvata sul finire della XXVII legislatura, in stretta connessione con la riforma del sistema elettorale della Camera dei deputati di cui alla legge 17 maggio 1928.

 

Proprio l’attribuzione al Gran Consiglio della compilazione della lista dei deputati designati da sottoporre agli eletto­ri impose l’esigenza del suo riconosci­mento giuridico. Peraltro, il Gran Consiglio aveva sino ad allora operato come organismo di mero fatto, pur essendosi rapidamente affermato quale « camera di compensazione » del regime, e in particola­re del rapporto tra partito e stato, a tutto de­trimento degli organi direttivi del medesi­mo Pnf. La sua prima riunione ufficiale si era tenuta il 12 gennaio 1923 al Grand Ho­tel di Roma — dove soggiornava Mussolini — dopo l’annuncio della sua costituzione da parte del Popolo d’Italia. Primi compo­nenti, ovviamente sotto la presidenza di Mussolini, furono i ministri fascisti, i sotto­segretari alla presidenza del Consiglio e agli Interni, i membri della direzione del Pnf, il direttore generale della Pubblica sicurezza, il commissario straordinario delle ferrovie, il segretario della Federazione delle corporazioni sindacali fasciste, il dirigente responsa­bile del movimento cooperativo, i commissa­ri politici del fascismo, i membri dello stato maggiore della Milizia, il direttore dell'uffi­cio stampa della presidenza del Consiglio.

 

Benché chiamato a dettare le grandi linee della politica del regime, il Gran Consiglio de­dicò i primi suoi annidi attività soprattutto all’organizzazione interna del partito, contribuendo a distoglierlo dalle aspirazioni ri­voluzionarie e a incanalarlo nel percorso isti­tuzionale. La citata legge n. 2693 del 1928 ne definì e ampliò i poteri, collocandolo al­meno formalmente al vertice dell'organiz­zazione statale, dal momento che ne risul­tarono intaccate le prerogative stesse della Corona. Ciononostante, l’approvazione par­lamentare incontrò ben poche resistenze, re­gistrando 307 voti favorevoli e 13 contrari alla Camera (15 novembre 1928) e 163 vo­ti favorevoli e 24 contrari al Senato (8 di­cembre 1928: si noti, sia in termini assoluti che percentuali, la maggiore consistenza dell’opposizione nella Camera Alta). Il relativo disegno di legge era stato preventivamente avallato il 18 settembre 1928 proprio dal Gran Consiglio, che in tal modo era dive­nuto legislatore di se stesso.

 

Fu allora ribadita la stretta dipendenza del Gran Consiglio dal capo del governo, che non soltanto lo presiedeva, ma lo convoca­va e ne stabiliva l'ordine del giorno (le fun­zioni di segretario vennero attribuite al se­gretario del Pnf, autorizzato anche a pren­dere parte alle sedute del Consiglio dei ministri). L'articolo 2 del regolamento interno — approvato l'8 aprile 1929 — prevedeva inol­tre che il capo del governo potesse comun­que interrompere le discussioni e sospende­re l’esecuzione delle deliberazioni.

Quanto alla composizione, furono stabilite tre cate­gorie di membri.

La prima, che comportava un mandato a vita, comprendeva i « qua­drumviri » della marcia su Roma, gli ex se­gretari del partito e tutti coloro i quali ne avessero già fatto parte per un triennio in quanto titolari di incarichi di governo.

La seconda, che comportava invece un manda­to ex officio, comprendeva i presidenti del­le due Camere, i ministri nonché il sottose­gretario alla presidenza del Consiglio, il co­mandante generale della Milizia, i membri del direttorio del Pnf, i presidenti dell’Ac­cademia d'Italia e dell'Istituto fascista di cul­tura, il presidente dell’Opera nazionale ba­lilla, il presidente del Tribunale speciale per la difesa dello stato, i presidenti delle con­federazioni sindacali fasciste e infine il presidente dell'Ente nazionale per la coopera­zione.

La terza era di nomina trienniale (rinnovabile) da parte del capo del governo, tra coloro i qua­li avessero ben meritato della nazione e del­la causa fascista: a questo titolo furono in prima applicazione nominati Giuseppe Bot­tai, Alessandro Chiavolini, Enrico Corradi­ni, Alberto De Stefani, Lando Ferretti, Ed­mondo Rossoni, Attilio Teruzzi, Giuseppe Volpi di Misurata.

 

Una tale composizione del Gran Consiglio — ancora più ampia di quella iniziale — ave­va l’obiettivo di costituire qualcosa come gli Stati generali del regime, chiamandone a raccolta tutte le articolazioni; ma aveva an­che, in virtù dell'ampiezza della prima cate­goria vitalizia, l’obiettivo di certificarne la storia. Al tempo stesso, la presenza di tutti i componenti del gabinetto tendeva quasi a sovrapporre il Gran Consiglio al Consiglio dei ministri. Ben presto ne emerse la pleto­ricità (56 membri), sicché fu necessario giun­gere a una drastica riduzione a 23 membri in virtù della legge 19 dicembre 1929, n. 2099. La prima categoria fu ristretta ai soli quadrumviri. Nell'ambito della seconda, la com­ponente ministeriale fu limitata ai respon­sabili dei dicasteri degli Esteri, dell'Interno, della Giustizia, delle Finanze, dell'Educa­zione nazionale, dell'Agricoltura e delle Cor­porazioni; la componente del Pnf fu ridotta a sua volta al segretario e ai due vicesegre­tari; la cultura fu rappresentata dal solo pre­sidente dell'Accademia d'Italia, mentre re­starono al loro posto il comandante della Mi­lizia, il presidente del Tribunale speciale e i presidenti delle confederazioni sindacali. So­pravvisse comunque la terza categoria, ri­servata alla discrezionalità del capo del go­verno, grazie alla quale avrebbero potuto rientrare i più illustri esclusi dal mandato il­limitato della prima categoria.

 

Le principali novità introdotte con la costituzionalizzazione riguardarono la sfera dei poteri attribuiti al Gran Consiglio, distinguibili in deliberativi e consultivi. Fra i primi rientravano — oltre all’adozione già citata della lista dei deputati designati — l’approvazione degli statuti, degli ordinamenti e delle direttive politiche del Pnf, nonché nomina e revoca del segretario, dei vicesegretari, del segretario amministrativo e degli altri membri del direttorio, sicché poteva dirsi che l’intera vita e struttura del partito venissero subordinate a tale organismo. Ma fu soprattutto in relazione al potere consultivo, rafforzato dal requisito dell’obbligatorietà del parere, che si delineò il ruolo politico del Gran Consiglio, in quanto vi rientravano tutte le questioni aventi carattere costituzionale: anzitutto quelle della successione al trono, delle attribuzioni e delle prerogative della Corona; inoltre quelle dell'assetto degli altri organi costituzionali, quali le Camere, ma anche lo stesso Gran Consiglio e il capo del governo, ivi inclusa la facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche; ancora, le questioni dell’ordinamento sindacale corporativo, dei rapporti tra lo stato e la Santa Sede, dei trattati internazionali aventi conseguenze territoriali. Risaltava in tutta evidenza la limitazione del ruolo del re, ulteriormente accentuata dall’esplicita previsione che il suo potere di nomina del capo del governo si sarebbe esercitato soltanto nell’ambito di una lista di nomi formata e aggiornata dal Gran Consiglio (art. 13).

 

Il significato della nuova posizione costituzionale del Gran Consiglio fu anticipato da Giovanni Gentile in un articolo apparso sull’Educazione fascista del settembre 1928, in cui veniva esaltata l’avvenuta saldatura tra rivoluzione e costituzione. A giudizio del filosofo siciliano, il nuovo sistema diveniva tricamerale, poiché alle due Camere statutarie si affiancava con il nuovo organismo « una terza camera, che concentra e purifica ogni elemento più genuinamente politico della volontà nazionale e che assomma e organizza ogni forza effettiva che possa pretendere di rappresentare e interpretare cotesta volontà ». Gentile sottolineò come il regime fascista avesse così sancito la sua perpetuità e dato inizio a una nuova storia, in cui si inverava l’eroica personalità mussoliniana: « Attraverso quest’organo la volontà di un uomo straordinariamente do­tato diventa un istituto organico e perenne. Quella che poteva parere la creazione quo­tidiana ma contingente di un individuo di­viene la struttura costituzionale della stessa Nazione. L’eroe si spersonalizza e si con­verte nello spirito del suo popolo ».

 

Retrospettivamente, non si può davvero so­stenere che questa sia stata la piega presa dal regime, né che il Gran Consiglio abbia sa­puto ottemperare — se non nella sua estrema manifestazione, il 25 luglio 1943 — agli au­spici di Gentile. Se nei primi dieci anni di attività esso svolse una qualche funzione di­rettiva e fu sede di discussioni non soltanto accademiche (dal 12 gennaio 1923 al 12 dicembre 1932 si riunì 139 volte, contro ­le 47 del successivo decennio), il Gran Consiglio conobbe poi una involu­zione; le sue diradate riunioni si risolsero sem­pre più spesso in audizioni a scopo propa­gandistico. Un accenno di dibattito si ebbe soltanto, nella notte tra il 6 ed il 7 ottobre del 1938 quando fu adottata la Dichiarazione sulla razza: tre com­ponenti di grande rilievo come Balbo, De Bono e Federzoni parlaro­no in favore del mitigamento di quel­le disposizioni e di un allargamento delle re­lative discriminazioni.

 

L'ultima riunione del Gran Consiglio prima della seduta del 25 luglio ‘43 — quando la maggioranza dei suoi membri contribuì in maniera decisiva alla caduta di Mussolini — si svolse il 7 dicembre 1939, per conferma­re la scelta della « non belligeranza ». Nem­meno la dichiarazione di guerra del 10 giu­gno 1940 parve a Mussolini una buona occasio­ne per convocare il Gran Consiglio e farlo adempiere a un’analoga procedura di con­ferma.

 

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