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Conferenza di Yalta - 3

Conferenza di Yalta 4 - 11 febbraio 1945


Terza riunione a palazzo Livadia

6 febbraio 1945

 

 

... Roosevelt dichiara che oggi si potrebbe cominciare la discussione sull'organizzazione internazionale di sicurezza. Roosevelt dichiara che sia nostro compito assicurare la pace almeno per cinquant'anni. Poiché né lui, né il maresciallo Stalin, né Churchill sono stati a Dumbarton-Oaks, sarebbe opportuno che Stettinius facesse un rapporto su questa questione.

 

 

Stettinius dichiara che secondo gli accordi presi a Dum­barton-Oaks, determinati problemi dovevano essere accantonati per un ulteriore esame e risolti più tardi. Fra questi il princi­pale è quale procedura di votazione deve essere adottata nel Consiglio di sicurezza. A Dumbarton-Oaks, le altre tre delega­zioni hanno esaminato minuziosamente la questione. Da allora essa è stata oggetto di studio intenso da parte di ognuno dei tre governi.

 

Il 5 dicembre 1944 il presidente ha proposto al maresciallo Stalin e al primo ministro Churchill che questo problema ve­nisse risolto mediante la formulazione del paragrafo C del capi­tolo VI delle proposte accettate a Dumbarton-Oaks, nel se­guente modo:

 

« Paragrafo C. Votazione.

1. Ogni membro del Consiglio di sicurezza ha un voto.

2. Le decisioni del Consiglio di sicurezza sui problemi procedurali vengono adottate con la maggioranza di sette voti.

3. Le decisioni del Consiglio di sicurezza su tutti gli altri problemi vengono adottate con una maggioranza di sette voti che includa i voti concordanti dei membri permanenti; la parte coinvolta nella disputa si astiene tuttavia dalla votazione in base al paragrafo A del capitolo VIII e in base alla seconda frase del primo capoverso del paragrafo C del capitolo VIII ».

 

Il testo appena letto comprende modifiche redazionali, riportate sul testo di origine proposto dal presidente, in base alle osservazioni sovietiche e britanniche.

 

La proposta americana corrisponde pienamente alla pre­cipua responsabilità delle grandi potenze per il mantenimento della pace generale. Infatti, essa richiede l’unanimità incondi­zionata dei membri permanenti del Consiglio su tutte le decisioni più importanti riguardanti il mantenimento della pace, com­prese tutte le misure coercitive, economiche e militari.

 

Nel contempo la proposta americana riconosce desidera­bile che si avvenga, da parte dei membri permanenti, a una dichiarazione diretta sul fatto che la soluzione pacifica di qual­siasi conflitto che possa insorgere è un affare di interesse gene­rale, su cui gli stati sovrani non facenti parte dei membri effet­tivi hanno il diritto di esprimere il proprio punto di vista senza alcuna limitazione. Se non verrà assicurata nel Consiglio tale libertà di discussione, la creazione di un organismo inter­nazionale, che noi tutti desideriamo, potrà essere seriamente intralciata o resa addirittura impossibile. Senza il diritto a una piena e libera discussione di simili problemi nel Consiglio, una organizzazione internazionale di sicurezza, qualora anche fosse possibile crearla, sarebbe molto diversa da quella che noi vogliamo.

 

Il documento presentato dalla delegazione americana a quelle degli altri due paesi contiene il testo delle proposizioni che egli ha letto oltre all'enumerazione specifica delle decisioni del Consiglio che, secondo la proposta americana, richiedono un'unanimità incondizionata e un elenco a parte di quei pro­blemi (nel campo delle controversie e della loro soluzione pacifica) per cui ogni partecipante al conflitto deve astenersi dal voto.

 

Dal punto di vista del governo americano esistono nel pro­blema della procedura di voto due importanti elementi.

 

Il primo è che per mantenere la pace è necessaria l'una­nimità fra i membri permanenti.

 

Il secondo, importantissimo per il popolo americano, è che sia assicurata equità a tutti i membri dell'organizzazione.

 

Il compito consiste nel mettere d'accordo questi due ele­menti essenziali. Le proposte presentate dal presidente il 5 dicembre 1944 al maresciallo Stalin e al primo ministro Chur­chill offrono una soluzione sensata e giusta e combinano in snodo soddisfacente questi due elementi.

 

 

Roosevelt dichiara che, a suo parete, non sarebbe male se Stettinius elencasse quali sono le decisioni per le quali vale la condizione dell’unanimità nel Consiglio di sicurezza.

 

 

Stettinius dichiara che, secondo la formula proposta dal presidente, le seguenti decisioni richiedono una maggioranza di sette voti dei membri del Consiglio di sicurezza, che comprenda i voti dei membri permanenti:

 

I. Raccomandazioni all'Assemblea generale sulle questioni:

1. Ammissione di nuovi membri;

2. Sospensione di un membro;

3. Espulsione di un membro;

4. Elezione del segretario generale.

 

II. Reintegrazione dei diritti e privilegi di un membro sospeso.

 

III. Eliminazione delle minacce alla pace e repressione del­le violazioni della pace, compresi i seguenti problemi:

1. Rappresenta una minaccia per la pace la mancata solu­zione di un conflitto con i mezzi liberamente scelti dalle parti o in base alle raccomandazioni del Consiglio di sicurezza?

2. Rappresenta una minaccia per la pace o una violazione (Iella pace una qualsiasi altra azione da parte di questo o quel paese?

3. Quali misure debbono essere prese dal Consiglio per mantenere o ristabilire la pace e in che modo queste misure debbono venire attuate?

4. Occorre affidare la realizzazione delle misure coercitive a un organo regionale?

 

IV. Convalida di un accordo o di accordi speciali per la concessione di forze armate e mezzi.

 

V. Formulazione di piani per un sistema generale di rego­lamento degli armamenti e presentazione di tali piani agli Stati membri.

 

VI. Soluzione del problema se è compatibile il carattere e l'attività di un qualsiasi organo regionale o di iniziative regio­nali per il mantenimento della pace e della sicurezza con i fini e i principi dell'organizzazione nel suo insieme.

La maggioranza di sette voti di membri del Consiglio di sicurezza, compresi quelli dei membri permanenti, ma con la clausola che ogni membro del Consiglio è tenuto ad astenersi dal voto quando la decisione riguarda un conflitto in cui esso è parte in causa, è richiesta per le seguenti decisioni, riguardanti la pacifica composizione di un conflitto:

I. Il conflitto o la situazione, portati a conoscenza del Consiglio, hanno carattere per cui, se non cessassero, possono far nascere una minaccia per la pace?

II. Deve il Consiglio esortare le parti a regolare o a com­porre la lite o la situazione con i mezzi che esse prescelgono?

III. Deve il Consiglio fare raccomandazioni alle parti ri­guardo i metodi e la procedura di soluzione?

IV. Gli aspetti giuridici della questione sottoposta all’esa­me del Consiglio devono essere trasmessi da questi al Tribu­nale internazionale per una consultazione?

V. Qualora esista un organo regionale per la soluzione pacifica dei conflitti locali, si deve chiedere a questo organo di occuparsi della controversia?

 

 

Roosevelt dichiara che sarà possibile, egli ne è certo, esa­minare e risolvere questo problema. Il fine delle grandi e delle piccole nazioni è uno solo: conservare la pace. Le questioni di procedura non devono impedire il raggiungimento di tale fine.

 

 

Stalin chiede che cosa c’è di nuovo nelle proposte illu­strate da Stettinius rispetto al documento del presidente del 5 dicembre.

 

 

Roosevelt risponde che in queste proposte sono dette le stesse cose, soltanto con leggere modifiche redazionali.

 

 

Stalin chiede quali sono queste modifiche redazionali.

 

 

Stettinius elenca le modifiche redazionali.

 

 

Molotov dichiara che la delegazione sovietica attribuisce una grande importanza ai problemi che sono stati sollevati e vorrebbe studiare la proposta di Stettinius. Perciò egli pro­pone di rimandare a domani la discussione.

 

 

Churchill dice di essere d'accordo. Non deve esserci ecces­siva fretta nello studio di una questione tanto importante. La discussione può essere rimandata a domani. Egli non è stato pie­namente soddisfatto delle prime proposte elaborate a Dumbar­ton-Oaks, poiché non era sicuro che in queste proposte si fosse tenuto sufficientemente conto della reale situazione delle tre grandi potenze. Dopo uno studio delle nuove proposte del pre­sidente, i suoi dubbi sono scomparsi, almeno per quanto riguar­da il Commonwealth e l'impero britannico. Questo vale anche per i Dominions indipendenti della corona inglese.

 

Churchill ammette che dipende dall'amicizia e dalla colla­borazione delle tre grandi potenze se la pace sarà costruita su solide basi. Tuttavia ci metteremmo in una situazione falsa e saremmo ingiusti verso le nostre stesse intenzioni, se non ve­nisse prevista la possibilità per i piccoli Stati di esporre liberamente le proprie richieste. Senza di questo sembrerebbe che le tre maggiori potenze pretendano di governare il mondo in­tero. In realtà invece esse vogliono essere al servizio della pace e salvare il mondo dagli orrori che la maggioranza dei popoli ha sofferto in questa guerra. Ecco perché le tre grandi potenze devono dar prova di una certa buona volontà nel subordinare i propri interessi alla causa comune.

 

Naturalmente, egli pensa innanzitutto al modo come la nuova situazione si rifletterà sulle sorti del Commonwealth. Egli vorrebbe portare un esempio concreto, un esempio difficile per l’Inghilterra: Hong Kong. Accettata la proposta del presi­dente, se la Cina chiede che le venga restituita Hong Kong, l’Inghilterra avrà il diritto di esporre il suo punto di vista e di difenderlo, ma non potrà prendere parte alle votazioni sui cinque quesiti, elencati alla fine del documento americano. Da parte sua la Cina avrebbe il diritto di esporre per intero il suo punto di vista sulla situazione di Hong Kong e il Consiglio di sicurezza dovrebbe decidere senza che il governo britannico prenda parte al voto.

 

Stalin chiede se l’Egitto sarà membro dell’Assemblea.

 

Churchill risponde che l’Egitto sarà membro dell’Assem­blea, ma non del Consiglio.

 

Stalin dice che vorrebbe prendere un altro esempio, quello del canale di Suez, situato sul territorio egiziano.

 

Churchill prega di esaminare prima il suo esempio. Sup­poniamo che il governo britannico non possa acconsentire a che venga discusso uno dei problemi previsti dal paragrafo 3, poiché ritiene che esso leda la sovranità dell’impero britannico. In questo caso il governo inglese avrebbe la vittoria assicurata, poiché in conformità col paragrafo 3 ogni membro permanente avrà diritto a porre il veto sulle azioni del Consiglio di sicurezza. D’altra parte, non sarebbe giusto che la Cina non avesse la possibilità di esporre il suo punto di vista sul tema della con­troversia.

 

Lo stesso vale per l’Egitto. Nel caso che questi sollevasse la questione del canale di Suez contro gli inglesi, egli, Churchill, accetterebbe la discussione di questo problema, poiché gli in­teressi britannici sono salvaguardati dal paragrafo 3, dove è previsto il diritto di veto. Allo stesso modo egli pensa che se l'Argentina presenterà rivendicazioni nei confronti degli Stati Uniti, questi si sottometteranno alla procedura di esame stabi­lita, ma avranno il diritto di contestare la decisione del Con­siglio di sicurezza e di opporre il veto. Essi potranno applicare la dottrina di Monroe.

 

 

Roosevelt dice che nella dichiarazione di Teheran le tre grandi potenze hanno proclamato di essere pronte a prendere su di sé la responsabilità di creare una pace che possa ottenere il consenso di tutti i popoli del mondo.

 

 

Churchill dichiara che per le ragioni da lui esposte, il governo britannico non è contrario all'approvazione della pro­posta americana. Egli ritiene che non si debba creare l’impres­sione che le tre potenze vogliono spadroneggiare su tutto il mondo, senza dare agli altri paesi la possibilità di esprimere il proprio pensiero.

 

 

Stalin dice che innanzitutto egli vorrebbe che fosse con­segnato alla delegazione sovietica il documento letto da Stetti­nius, perché è difficile studiare le proposte che esso contiene dopo averne solo ascoltato la lettura. A lui sembra che quel documento rappresenti un commento alle proposte del pre­sidente.

 

Parlando dell’interpretazione delle proposte americane fatte alla seduta, Stalin dice che, a suo parere, le decisioni prese a Dumbarton-Oaks hanno lo, scopo di assicurare ai diversi paesi solo il diritto di esprimere il proprio pensiero. Questo dirit­to vale poco. Nessuno lo contesta. Il problema è però mol­to più serio. Se una nazione solleva una questione cui an­nette grande importanza, essa lo fa non per avere solo la possi­bilità di esprimere il proprio punto di vista, ma per ottenere una decisione. Fra i presenti non c’è una sola persona che contesterebbe il diritto delle nazioni di esprimersi nell’Assem­blea. Ma non è qui la sostanza del problema. Churchill ritiene, a quanto sembra, che se la Cina solleva la questione di Hong Kong, è solo perché desidera dire quello che pensa. Non è vero. La Cina esige una decisione. Esattamente lo stesso vale per l’Egitto: se questi solleverà il problema della restituzione del canale di Suez, non si accontenterà di aver potuto dire la sua opinione in merito. L’Egitto esigerà una decisione. Ecco per­ché non si tratta ora semplicemente di assicurare la possibilità di esprimere le proprie opinioni, ma di cose molto più im­portanti.

 

Churchill ha espresso il timore che si possa pensare che le tre potenze vogliono dominare il mondo. Ma chi progetta tale dominazione? Gli Stati Uniti? No, essi non pensano a questo. (Riso e gesto espressivo del presidente). L’Inghilterra? Neppure. (Riso e gesto eloquente di Churchill). Cosi due grandi potenze escono fuori dalla sfera del sospetto. Rimane la terza... l’URSS. Allora l’URSS vuole il dominio sul mondo? (Risata generale). Oppure è la Cina che vuole dominare il mondo? (Tutti ridono). È chiaro che discorsi su questo argomento sono fuori luogo. Il suo amico Churchill non potrà nominare una sola potenza che voglia dominare il mondo.

 

 

Churchill ribatte che lui personalmente non crede che una, delle tre grandi potenze voglia dominare il mondo. Ma la po­sizione di questi alleati è tanto potente che gli altri possono pensarlo, se non verranno prese adeguate misure preventive.

 

 

Stalin prosegue il suo discorso e dichiara che per il mo­mento due grandi potenze hanno accettato lo statuto dell'orga­nizzazione internazionale di sicurezza, il quale, secondo Churchill, le difenderà dall'accusa di voler dominare il mondo. La terza potenza non ha ancora dato il suo accordo per questo statuto. Tuttavia egli esaminerà le proposte formulate da Stet­tinius e forse allora gli sarà più chiaro di che cosa si tratti. Pensa tuttavia che gli alleati hanno ora davanti a sé problemi molto più seri che non il diritto delle nazioni ad esprimere il proprio parere o il desiderio delle tre grandi potenze di domi­nare il mondo.

 

Churchill ha detto che non c'è motivo di temere qualcosa di sgradevole anche nel caso che vengano accettate le proposte americane. Certo, finché noi tutti saremo vivi non c'è nulla da temere: non permetteremo che si arrivi a pericolose divergenze fra noi. Non permetteremo che possa aver luogo una nuova aggressione contro uno qualsiasi dei nostri paesi. Ma fra dieci anni, e forse anche meno, noi non ci saremo più. Verrà una nuova generazione che non ha provato quello che noi abbiamo sofferto e probabilmente su molti problemi la penserà diversa­mente da noi. Che succederà allora? A quanto sembra, noi ci siamo posti il compito di assicurare la pace per i prossimi cinquant'anni. O è forse lui, Stalin, per la sua ingenuità a pen­sare questo?

 

La condizione più importante per conservare una pace durevole è l’unità delle tre potenze. Se tale unità verrà mante­nuta il pericolo tedesco non farà paura. Perciò bisogna pensare al modo migliore di assicurare un fronte unico fra le potenze, cui bisogna aggiungere la Francia e la Cina. Ecco perché la questione dello statuto dell'organizzazione internazionale di si­curezza assume tanta importanza. Bisogna creare quante più barriere possibili alle future divergenze fra le tre maggiori po­tenze. Bisogna elaborare uno, statuto che renda difficile al massimo il sorgere di conflitti fra loro. Questo è il compito più importante.

 

Passando più concretamente a parlare della votazione nel Consiglio di sicurezza, Stalin chiede ai presenti di scusarlo se non ha fatto in tempo a studiare in tutti i loro particolari i documenti che riguardano Dumbarton-Oaks. Egli era molto occupato con altre questioni e perciò spera nell'indulgenza delle delegazioni inglese e americana.

 

 

Roosevelt e Churchill con gesti ed esclamazioni fanno ca­pire di saper bene di che cosa si stava occupando Stalin.

 

 

Stalin continua e dice che, per quanto gli è dato di capire, i conflitti che possono essere portati all'esame del Consiglio di sicurezza si suddividono in due categorie. Alla prima appar­tengono le controversie per la cui soluzione è necessaria l’appli­cazione di sanzioni economiche, politiche, militari o altre. Alla seconda, invece, i conflitti che possono essere regolati pacifi­camente, senza l'impiego di sanzioni. Ha capito bene?

 

 

Roosevelt e Churchill rispondono affermativamente.

 

 

Stalin continua: per quanto ha capito, durante l'esame dei conflitti della prima categoria è prevista una libera discussione, ma è richiesta l’identità di vedute dei membri permanenti del Consiglio nella decisione. In questo caso tutti i membri perma­nenti del Consiglio partecipano alla votazione; neanche la po­tenza che partecipa al conflitto viene esclusa. Per quanto ri­guarda i conflitti della seconda categoria, che vengono risolti per via pacifica, è prevista un’altra procedura: la potenza, che è parte in causa nella controversia (anche se essa è membro permanente del Consiglio) non prende parte alle votazioni. Stalin chiede se ha capito correttamente la tesi.

 

 

Roosevelt e Churchill confermano nuovamente che Stalin ha capito perfettamente.

 

 

Stalin termina dicendo che si accusa l’URSS di accentuare troppo la questione del voto nel Consiglio di sicurezza. Si rimprovera all’URSS di sollevar troppo rumore a questo ri­guardo. Sì, effettivamente l’URSS accorda una grande impor­tanza alla procedura di voto, poiché è interessata soprattutto alle decisioni che il Consiglio di sicurezza prenderà. E le deci­sioni vengono prese per mezzo delle votazioni. Si può discutere cento anni e poi non decidere nulla. Per noi sono importanti le decisioni. E non solo per noi.

 

Ritorniamo un momento agli esempi portati oggi. Se la Cina chiederà la restituzione di Hong Kong e l’Egitto quella del canale di Suez, su questi problemi si voterà all'Assemblea e al Consiglio di sicurezza. Stalin può assicurare il suo amico Churchill che in quelle occasioni Cina ed Egitto non si tro­veranno soli. Nell’organizzazione internazionale essi troveran­no amici. Questo è in diretto rapporto col problema del voto.

 

 

Churchill dichiara che, se i nominati paesi volessero sod­disfare le loro richieste, la Gran Bretagna direbbe « no ». Il potere dell’organizzazione mondiale non può essere usato contro le tre grandi potenze.

 

 

Stalin chiede se ciò è proprio vero.

 

 

Eden risponde che i paesi possono parlare, discutere, ma la decisione non può essere presa senza l’accordo delle tre mag­giori potenze.

 

 

Stalin chiede ancora se ciò è effettivamente vero.

 

 

Churchill e Roosevelt rispondono affermativamente.

 

 

Stettinius afferma che senza l'unanimità dei membri per­manenti il Consiglio di sicurezza non può prendere nessuna sanzione economica.

 

 

Molotov chiede se questo vale anche per le raccoman­dazioni.

 

 

Churchill Questo vale solo per quelle raccomandazioni che sono previste nei cinque punti formulati alla fine del docu­mento americano. L’organizzazione internazionale di sicurezza non sopprime i rapporti diplomatici fra grandi e piccoli paesi: la procedura diplomatica continuerà ad esistere. Sarebbe sba­gliato esagerarne il potere o abusarne o sollevare questioni che possono disunire le tre maggiori potenze.

 

 

Stalin dice che esiste un altro pericolo. I suoi colleghi non possono dimenticare che durante la guerra russo-finlandese in­glesi e francesi hanno diretto la Lega delle nazioni contro i russi, hanno isolato l’URSS e l'hanno esclusa dalla Lega stessa, dopo averle mobilitato contro tutti. Bisogna creare un ostacolo contro la ripetizione di simili casi nel futuro.

 

 

Eden assicura che questo non accadrà, se verranno accet­tate le proposte americane.

 

 

Churchill conferma che nel caso indicato un pericolo simile sarà escluso.

 

 

Molotov É la prima volta che lo sentiamo.

 

 

Roosevelt dichiara che un caso come quello ricordato dal maresciallo Stalin non può ripetersi, perché per escludere un membro è necessario l'accordo di tutti i membri permanenti.

 

 

Stalin osserva che, accettando le proposte americane, an­che se diventa impossibile l'esclusione di un membro, rimane sempre la possibilità di mobilitare l'opinione pubblica contro uno qualsiasi dei membri.

 

 

Churchill risponde di poter ammettere il caso che contro uno dei membri venga iniziata una larga campagna, ma resta vero che nello stesso tempo funzionerà la diplomazia. Egli non pensa che il presidente voglia prendere posizione contro l'In­ghilterra o sostenere attacchi contro di essa. È convinto che Roosevelt desidererebbe far cessare tali attacchi. È pure con­vinto che il maresciallo Stalin non vorrebbe pronunciarsi contro l'Inghilterra senza aver prima preso contatti con essa. Egli è certo che si possa sempre trovare una via per risolvere un contrasto. In ogni caso, per quanto lo riguarda, lo garantisce.

 

 

Stalin (semischerzoso) osserva che anche per sé si può garantire, a meno che, non si sa mai, non sia Maiski a voler attaccare l'Inghilterra.

 

 

Roosevelt dichiara che l'unità delle grandi potenze è uno dei nostri obiettivi. Egli pensa che le proposte americane con­tribuiscono al conseguimento di questo scopo. Se, per disgra­zia, nasceranno divergenze fra le grandi potenze, esse verranno conosciute dal mondo intero, quali che siano le procedure di voto. Ad ogni modo non è possibile eliminare la discussione dei conflitti nell’Assemblea. Il governo americano pensa che, permettendo la libertà di discussione nel Consiglio, le grandi potenze mostreranno a tutto il mondo la fiducia che esse nutro­no l'una verso l’altra.

 

 

Stalin ribatte che ciò è giusto e propone di continuare la discussione del problema domani.

 

 

Churchill chiede: non si potrebbe ora discutere la que­stione polacca?

 

 

Stalin e Roosevelt accettano la proposta di Churchill.

 

 

Roosevelt dichiara che gli Stati Uniti si trovano lontano dalla Polonia ed egli prega gli altri due partecipanti alla con­ferenza di esporre le proprie considerazioni. Negli Stati Uniti vivono cinque-sei milioni di persone di origine polacca. La sua posizione, come quella della maggioranza dei polacchi residenti in America, coincide con la posizione che egli ha esposto a Teheran. Egli è per la linea Curzon. In sostanza, la maggioranza dei polacchi è d’accordo su questo, ma i polacchi, come i cinesi, sono sempre molto preoccupati di « non perdere la faccia ».

 

 

Stalin chiede di quali polacchi si parli: dei veri o degli emigrati? I polacchi veri vivono in Polonia.

 

 

Roosevelt risponde che tutti i polacchi vogliono ricevere qualche cosa per « salvare la faccia ». La sua posizione di pre­sidente sarebbe facilitata se il governo sovietico desse ai polac­chi la possibilità di « salvare la faccia ». Sarebbe bene prendere in esame la questione delle concessioni ai polacchi nel settore meridionale della linea Curzon. Egli non insiste nella sua pro­posta, ma vuole che il governo sovietico la tenga in consi­derazione.

 

La parte essenziale della questione polacca è la creazione di un governo permanente in Polonia. Roosevelt pensa che l'opinione pubblica americana sia contraria al riconoscimento del governo di Lublino da parte degli Stati Uniti, poiché al popolo americano sembra che questo governo rappresenti solo una piccola parte del popolo polacco. Per quanto gli è noto, il popolo americano vuole vedere in Polonia un governo di unità nazionale, di cui facciano parte i rappresentanti di tutti i partiti polacchi: comunista, contadino, socialista, socialdemocra­tico, ecc. Egli non conosce personalmente nessuno dei membri del governo di Lublino, né quelli del governo di Londra. Co­nosce personalmente solo Mikolajczyk. Durante il suo soggiorno a Washington, Mikolajczyk gli ha fatto l'impressione di una persona per bene.

 

Egli pensa che è importante creare in Polonia un governo che rappresenti le masse popolari del paese e ne riceva il so­stegno. Questo potrà essere soltanto un governo provvisorio. Esistono vari metodi per creare un tale governo e non ha im­portanza quale di questi verrà scelto. Egli propone di creare un consiglio presidenziale in cui entrino un piccolo numero di eminenti polacchi. Questo consiglio avrà il compito di creare il governo provvisorio. Questa è l'unica proposta che egli ha portato con sé dall'America, da tremila miglia di distanza. Noi, naturalmente — aggiunge — speriamo che la Polonia avrà i rapporti più amichevoli con l’Unione Sovietica.

 

 

Stalin dice che la Polonia avrà rapporti amichevoli non solo con l’URSS, ma con tutti gli alleati.

 

 

Roosevelt dichiara che vorrebbe sentire l'opinione del maresciallo Stalin e di Churchill sulla sua proposta. La soluzione della questione polacca aiuterebbe molto la causa degli alleati.

 

Churchill asserisce che egli è autorizzato a dichiarare che il governo inglese è favorevole alla proposta del presidente. Egli ha più volte dichiarato pubblicamente, sia in parlamento che in altra sede, che il governo britannico è disposto ad accet­tare la linea Curzon, cosí come viene interpretata dall’Unione Sovietica, cioè lasciando Leopoli all’Unione Sovietica. Egli ed Eden sono stati molto criticati per questo, sia al parlamento che nel partito conservatore, ma egli ha sempre ritenuto che, dopo la tragedia subita dalla Russia per difendersi dall'aggres­sione tedesca e dopo gli sforzi da essa compiuti per liberare la Polonia, la rivendicazione di Leopoli e della linea Curzon da parte dei russi avesse basi non nella forza ma nel diritto. Egli continua ad essere della stessa opinione anche adesso.

 

Comunque egli è più interessato alla sovranità polacca, alla libertà e all'indipendenza della Polonia che non alla pre­cisazione della sua linea di frontiera. Egli vorrebbe che i po­lacchi avessero una patria dove poter vivere come a loro sem­bra meglio. Ha sentito più volte il maresciallo Stalin ripetere con la più grande fermezza lo stesso proposito. Poiché egli, Churchill, ha sempre avuto fiducia nelle dichiarazioni del ma­resciallo Stalin sulla sovranità e sull’indipendenza della Polo­nia, non ritiene che il problema delle frontiere presenti una grande importanza.

 

La Gran Bretagna non ha interessi materiali in Polonia. La Gran Bretagna è entrata in guerra per difendere la Polonia dall'aggressione tedesca. L’interesse della Gran Bretagna per la Polonia è una questione d’onore. La Gran Bretagna non potrà mai essere soddisfatta di una decisione che non assicuri alla Polonia una posizione per cui essa sia padrona in casa propria. Tuttavia Churchill fa una riserva: la libertà della Polonia non deve significare che da parte sua si tollereranno intenzioni ostili o intrighi contro l’Unione Sovietica. Noi non chiederemmo che la Polonia fosse libera, se essa avesse intenzioni ostili nei confronti dell'URSS.

 

Churchill spera che i partecipanti alla conferenza non si separeranno senza aver preso misure pratiche sul problema polacco. Attualmente esistono due governi polacchi, nei cui confronti gli alleati hanno opinioni diverse. Egli non ha avuto contatti diretti coi membri dell'attuale governo polacco di Lon­dra. Sebbene riconosca il governo polacco di Londra, il governo britannico non ritiene necessario incontrarsi coi suoi rappresentanti. Mikolajczyk, Romer e Grabski sono però persone one­ste e intelligenti e il governo inglese si trova con loro in rap­porti amichevoli.

 

Egli domanda: non sarebbe possibile creare qui un governo polacco come quello proposto dal presidente, che restasse in carica fino al momento in cui il popolo polacco potrà scegliere liberamente quel governo che sarà riconosciuto dall’URSS, dall’Inghilterra, dagli Stati Uniti e dalle altre Nazioni Unite che attualmente riconoscono il governo polacco di Londra? Chur­chill pensa che la creazione dell’organo di cui il presidente ha parlato, preparerà la strada al popolo polacco per definire la propria costituzione e per eleggere la propria amministrazione. Se si riuscisse a realizzare questo, si sarebbe fatto un grande passo in avanti verso la pace e il benessere dell'Europa centrale. Churchill sostiene la proposta del presidente. Ma naturalmente, aggiunge Churchill, bisogna fin ogni caso che siano assicurate le linee di comunicazione dell'Esercito rosso.

 

Stalin afferma che, come Churchill ha appena detto, il problema polacco è per il governo inglese una questione d'onore. Questo egli lo capisce. Tuttavia da parte sua egli deve dichia­rare che per i russi oltre che una questione d’onore il problema polacco è una questione di sicurezza. Problema d’onore perché nel passato i russi hanno avuto molti torti verso la Polonia.

Il governo sovietico cerca di riparare questi torti. Questione di sicurezza perché alla Polonia sono legati i più importanti problemi strategici dello Stato sovietico.

 

Non si tratta solo del fatto che la Polonia è uno Stato confinante con noi. Ciò, naturalmente, ha la sua importanza ma il fondo del problema è un altro. Per tutta la storia la Polonia è stato il corridoio attraverso cui è passato il nemico che attaccava la Russia. Basterà ricordare solo gli ultimi trent’anni; in questo periodo i tedeschi sono passati due volte verso la Polonia per attaccare il nostro paese. Perché i nemici hanno potuto sino ad oggi attraversare così facilmente la Polonia? Innanzitutto perché la Polonia era debole. Il corridoio polacco non può essere chiuso meccanicamente dall'esterno solo con le forze russe. Può essere solidamente chiuso solo dall’interno dalle forze della Polonia. Per questo è necessario che la Polonia sia forte. Ecco perché l'Unione Sovietica è interessata alla creazione di una Polonia forte, libera e indipendente. Il problema polacco è una questione di vita o di morte per lo Stato sovietico.

 

Di qui la svolta radicale da noi operata nei confronti Polonia rispetto alla politica zarista. È noto che il governo zarista cercava di assimilare la Polonia. Il governo sovietico ha completamente cambiato questa politica inumana e ha scelto la via dell’amicizia con la Polonia e della garanzia della indipendenza. Proprio qui si trovano le radici dei motivi per cui i russi vogliono una Polonia forte, indipendente e libera.

 

Passiamo ora ad altre questioni più particolari, già toccate nel corso della discussione e per le quali esistono divergenze.

 

Innanzitutto, la linea Curzon. Egli deve far notare che linea Curzon non è stata inventata dai russi. Gli autori linea Curzon sono Curzon, Clemenceau e gli americani parteciparono alla Conferenza di Parigi nel 1919. I russi erano a quella conferenza. La linea Curzon venne adottata base di dati etnici contro la volontà dei russi. Lenin non era d’accordo su questa linea. Egli non voleva dare alla Polonia Bielostok e la regione di Bielostok, che secondo la linea Curzon dovevano andare alla Polonia.

 

Il governo sovietico ha già rinunciato alla posizione di Lenin. Volete forse che noi siamo meno russi di Curzon e di Clemenceau? Ci costringereste a coprirci di vergogna. Che di­ranno gli ucraini se accettiamo la vostra proposta? Diranno che Stalin e Molotov si sono rivelati per i russi e gli ucraini difen­sori meno tenaci di Curzon e Clemenceau. Con che faccia lui, Stalin, si presenterebbe a Mosca? No, è meglio che continui la guerra contro i tedeschi ancora un po’, ma noi dobbiamo tro­varci nella condizione di compensare la Polonia a spese della Germania verso occidente.

 

Durante il suo soggiorno a Mosca, Mikolajczyk ha chiesto a Stalin quale frontiera polacca ad occidente accetterebbe il governo sovietico. Mikolajczyk fu molto contento quando sentì che noi avremmo accettato la frontiera lungo il corso del Neisse. A scanso di equivoci bisogna chiarire che esistono due fiumi Neisse, uno scorre più a oriente, vicino a Breslavia, mentre l'altro è più a occidente. Stalin ritiene che la frontiera occidentale della Polonia debba passare lungo il Neisse occi­dentale e chiede a Roosevelt e a Churchill di sostenerlo su questo punto.

 

Un’altra questione, su cui Stalin vorrebbe dire alcune pa­role, è la creazione del governo polacco. Churchill propone di creare il governo polacco qui, alla conferenza. Stalin pensa che í Churchill abbia commesso un lapsus: come si può creare un governo polacco senza la partecipazione dei polacchi? Molti chiamano lui, Stalin, dittatore, non lo ritengono democratico. Tuttavia egli ha abbastanza senso democratico per non cercare di creare un governo polacco senza i polacchi. Il governo polac­co può essere creato solo con la partecipazione dei polacchi e con il loro consenso.

 

Vi fu un momento adatto nello scorso autunno, quando Churchill venne a Mosca e portò con sé Mikolajczyk, Grabski e Romer. In quel tempo erano stati inviati a Mosca anche i rappresentanti del governo di Lublino. Fra i polacchi di Londra e di Lublino venne organizzato un incontro. Risultarono esserci perfino alcuni punti di accordo. Churchill non può averlo di­menticato. Poi Mikolajczyk parti per Londra col proposito di tornare a Mosca molto presto e fare gli ultimi passi per la formazione del governo polacco. Mikolajczyk invece venne cac­ciato dal governo di Londra per aver difeso l’accordo col gover­no di Lublino. L’attuale governo di Londra, capeggiato da Arciszewski e diretto da Raczkiewicz, è contrario all’accordo col governo di Lublino. Vi è di più: esso è ostile a un tale accordo. I polacchi di Londra chiamano il governo di Lublino un’accolta di criminali e di banditi. Naturalmente il governo che era di Lublino, ma oggi è di Varsavia, non resta indietro e qualifica i polacchi londinesi di traditori e rinnegati. A questo punto, come unificarli? Lui, Stalin, non lo sa.

 

Gli esponenti del governo di Varsavia — Bierut, Osubka­Morawski, Rola-Zymierski — non vogliono neppur sentir par­lare di una qualsiasi unificazione col governo polacco di Lon­dra. Stalin ha chiesto ai polacchi di Varsavia quali fossero le concessioni che erano disposti a fare. La risposta è stata la se­guente: i polacchi di Varsavia potrebbero sopportare fra loro alcuni polacchi di Londra come Grabski e Zeligowski, ma non vogliono neanche sentir parlare di Mikolajczyk come primo mi­nistro. Stalin è pronto a qualsiasi tentativo per l'unificazione dei polacchi, ma solo a condizione che quel tentativo abbia qualche possibilità di riuscita. Che fare? Invitare forse alla conferenza i polacchi di Varsavia? Oppure invitarli a Mosca e là discutere con loro?

 

Per finire, Stalin vorrebbe toccare ancora un’altra que­stione, molto importante, per la quale egli parlerà in veste di militare. Che cosa egli chiede, come militare, al governo di un paese liberato dall'Esercito rosso? Egli chiede una sola cosa: che quel governo assicuri l’ordine e la tranquillità nelle retrovie dell’Esercito rosso, che impedisca il sorgere di una guerra ci­vile dietro la nostra linea del fronte. Alla fin fine per i militari è piuttosto indifferente di che governo si tratti; ciò che a loro importa è che non ci sia qualcuno che vi tira nella schiena.

 

In Polonia c’è il governo di Varsavia. In Polonia ci sono an­che agenti del governo di Londra, legati ai circoli clandestini chiamati « forze di resistenza interna ». Come militare, Stalin confronta l’attività degli uni e degli altri e arriva inevitabil­mente alla conclusione che il governo di Varsavia assolve bene i suoi compiti di mantenimento dell’ordine e della tranquillità nelle retrovie dell'Esercito rosso, mentre dalle « forze di resi­stenza interna » non abbiamo altro che danno. Queste « forze » hanno già ucciso 212 militari sovietici. Esse assaltano i nostri depositi per prendere le armi. Contravvengono ai nostri ordini per la registrazione delle stazioni radio sul territorio liberato dall'Esercito rosso. Le « forze di resistenza interna » violano tutte le leggi di guerra. Si lamentano che noi li arrestiamo. Sta­lin deve dichiarare apertamente che se queste    « forze » conti­nuano ad attaccare i nostri soldati, saranno passate per le armi.

 

Insomma, da un punto di vista puramente militare, il go­verno di Varsavia è utile, mentre il governo di Londra e i suoi agenti in Polonia sono, dannosi. Naturalmente i militari sosterranno sempre il governo che assicura loro ordine e calma nelle retrovie, senza di che non sono possibili le vittorie dell’Esercito rosso. Ordine e calma nelle retrovie sono una con­dizione dei nostri successi. Questo lo capiscono non soltanto i militari, ma anche chi militare non è. Ecco come stanno le cose.

 

Roosevelt propone di rimandare la discussione del pro­blema polacco a domani.

 

 

Churchill dice che il governo sovietico e il governo inglese hanno fonti d'informazione diverse. Il governo britannico ri­tiene che il governo di Lublino non rappresenti neppure un terzo del popolo polacco. Questa è l'opinione del governo in­glese. Certo, può anche sbagliarsi. Non si può, naturalmente, Prestar fede a tutto ciò che raccontano coloro che arrivano dalla Polonia. Il governo britannico vuole l'accordo poiché teme che la collisione fra l'esercito clandestino polacco e il governo di Lublino possa portare a spargimento di sangue e a numerosi ar­resti. Il governo britannico conviene che gli attacchi nelle retrovie dell’Esercito rosso sono inammissibili. Tuttavia il gover­no britannico non può ammettere che il governo di Lublino abbia fondati motivi di ritenersi sostenuto da una larga base, almeno per quanto si può giudicare dalle informazioni di cui dispone il governo inglese che, è vero, potrebbero essere non del tutto esatte.

 

 

Roosevelt dichiara che per cinque secoli il problema po­lacco ha fatto venire il mal di testa al mondo.

 

 

Churchill aggiunge che bisogna cercare di fare in modo che in avvenire non procuri più mal di testa all'umanità.

 

 

Stalin risponde: bisogna farlo assolutamente.

 

 

 

Conferenza di Yalta 4 - 11 febbraio 1945

 

 

Conferenza di Yalta 4 - 11 febbraio 1945

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