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GUERRA DI GRECIA - 2

DOCUMENTI DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

 

COLLOQUIO TRA IL CAPO DEL GOVERNO MUSSOLINI
ED IL CANCELLIERE DEL REICH HITLER

STRALCIO

VERBALE.       

Firenze, 28 ottobre 1940.

 

Il Führer comincia col dichiarare di aver voluto fare questo viaggio a Firenze per presentare un rapporto al Duce sui suoi re­centi colloqui coi Governanti spagnoli e francesi e per offrire la piena solidarietà tedesca nell'azione iniziata dall’Italia contro la Grecia. Qualora apparissero necessarie, il Führer mette a disposizione del Duce le divisioni paracadutiste che potrebbero essere impiegate per l'occupazione di Creta.

 

 

Guerra di Grecia

 

 

MINISTERO DELLA GUERRA
IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO

 

30 ottobre-XVII

 

Carissimo Sebastiano,

Mio figlio ti recapita la presente.

Confermo quanto abbiamo concretato a voce: lo puoi destinare all'ufficio operazioni, lavoro che conosce per averlo vissuto in Africa.

Ho pronte nove divisioni: te le manderò a richiesta tre per volta.

Così pure due comandi di Corpo d’Armata, necessari per l'ar­ticolazione del Comando.

Ho scelto il 3° (Arisio) ed inoltre 1’8° (Bancale).

Persone che ti saranno entrambe gradite.

Tutto e cominciato bene e siamo tutti pieni di fede in te. Io sono qui la tua ombra - manda inoltre comunicazioni come del resto stai facendo.

Un caro abbraccio del tuo

 

UBALDO

 

 

Guerra di Grecia

 

 

T. 3561/Op.   

4 novembre 1940.

Indirizzo: Superalba.

Per Eccellenza Visconti Prasca.

Vi telegrafo come vostro antico superiore. Mia norma è di essere saldamente ancorato in un punto durante la battaglia. Questo punto è per Voi il settore di Korcia. Avete colà divisioni Parma, Piemonte ed in arrivo la Venezia. Potrete impiegare anche la Arezzo e Bari. Con cinque divisioni ritengo che potrete resistere in posto. Vi prego dirmi esattamente e francamente .come vedete situazione. Fatemi tutta urgenza teleavio.

 

BADOGLIO

 

 

Guerra di Grecia

 

 

COMANDO SUPERIORE TRUPPE ALBANIA - UFFICIO S.M.

 

8 novembre 1940

 

Promemoria per l'Eccellenza Soddu

 

Reputo opportuno sintetizzare gli avvenimenti da ieri 7 ad oggi per renderVi pienamente edotto, Eccellenza, dalla situazione quale risulta alle ore 20 di questa sera.

 

1. - Divisione Alpina « Julia ».

 

A) Ebbe, come noto, il compito di puntare su Metzovo, par­tendo dalla zona Erseke-Leskoviku, al duplice scopo di:

— dare protezione al fianco sinistro del Corpo d'Armata « Cia­muria »;

— ostacolare, con l'occupazione del passo di Metzovo, il pas­saggio di forze greche dalla Macedonia all'Epiro o viceversa.

Le direttrici di avanzata seguivano zone montane elevate ed assai aspre, percorse solo da qualche sentiero.

L'inizio del movimento fu ritardato dalle piogge torrenziali che resero impossibile il passaggio del Sarandaporos, in piena.

Oltrepassato tale ostacolo la divisione « Julia » mosse con note­vole rapidità — dato il terreno — e grande decisione verso l’ob­biettivo lasciando soltanto un btg. a protezione del suo fianco sinistro, senza altri elementi a tergo per non depauperarsi di forze, già abbastanza limitata data la sua costituzione su soli 5 btg.

L’accanita resistenza opposta dalla zona fortemente apprestata a difesa di Han Kalibaki, mentre ritardava l'avanzata del Corpo d'Ar­mata « Ciamuria », esponeva la divisione « Julia » alla reazione av­versaria sul fianco e sul fronte.

E poiché tale ritardo rendeva non più redditizia l’eventuale oc­cupazione di Metzovo, e forze nemiche — provenienti da Kastoria, Grevena, Metzovo ed oggi perfino dalla conca di Janina - attac­cavano la « Julia » minacciandone assai seriamente la linea di comu­nicazione, ordinavo alla divisione di portarsi nella zona di Konica a protezione della facile via di penetrazione del Sarandaporos verso Ponte Perati e Leskoviku che avrebbe separato il Korciano dall’Epiro.

Secondo le ultime notizie pervenute, riferentisi alle ore 13 del giorno 8:

— il comando della divisione è giunto a Konica;

— l’8° alpini nella zona di Armata q. 1999 - q. 2218, fronteg­giando attacchi nemici sul fianco e sul fronte;

— il 9° alpini con un btg. nella zona ad est di Konica ed un btg. sulle pendici meridionali dello Smolika per assicurare il movi­mento dell'8° rgt. alpini.

In conclusione la divisione « Julia » ha tuttora in esecuzione la manovra di concentramento su Konica, manovra resa difficile dalla pressione del nemico e dalle condizioni del terreno.

B) Nel pomeriggio del 7, verso le 15 circa, in seguito ad at­tacchi in forze preponderanti del nemico sui nostri avamposti dislo­cati a nord di Konica-Straricani, ecc., questi venivano portati sulla posizione di resistenza. Il nemico continuava a premere fortemente in direzione di q. 1847 (3 km. circa sud Straricani) - Piclari.

Di fronte alla minaccia che tale direzione di attacco costituiva per la linea di comunicazione della divisione « Julia », ho imme­diatamente adottato i seguenti provvedimenti:

a) affidato il settore del Sarandaporos al comandante della di­visione « Bari », il quale disponendo del 139° rgt. (fatto giungere in posto con automezzi) e di altri elementi ivi dislocati (1 cp. motoci­clisti, 1 cp. carri « L », 1 banda albanese) deve assicurare la di­fesa del settore fronte ad est sulla linea Konica-Straricani;

b) fatto affluire in zona elementi della colonna Solinas (ap­partenente alla « Centauro ») mettendoli a disposizione del predetto comandante di divisione (una btr. da 75/27 motorizzata, 1 cp. carri L. e 1 cp. motociclisti);

c) rinforzato opportunamente gli elementi R.G.F. e CC.RR. già in posto con elementi della divisione « Julia » rimasti in zona, bande albanesi ed aliquote del 139° fanteria per assicurare il pos­sesso della linea di confine nel tratto Badarosh-Ponte Perati. Sbar­ramento di particolare consistenza è stato costituito nella zona: Ponte Perati-Ponte di Melisopetra-Ponte Burazani, a protezione dei posti stessi;

d) assegnato temporaneamente al comandante della divisione « Bari » 1° Rgt. bersaglieri che da Korcia dovrà portarsi ad Erseke; lo sostituirò appena la situazione sarà chiarita con l'arrivo nella zona di Konica della divisione « Julia »;

e) coordinata l’azione di questi vari elementi con l'immediato invio di ufficiali del mio comando, anche allo scopo di facilitare il compito del comandante della divisione « Bari », orientando bene sul terreno e sulla situazione in atto.

La manovra della divisione « Julia » G.U. veramente magnifica come rendimento tattico ed ammirevole per lo spirito, addestramento e decisioni dei reparti ha costituito un perno principale di tutta l'azione.

Infatti:

— in primo tempo essa ha permesso l'azione su Han Kalibaki proteggendo il fianco sinistro dello schieramento dell'Epiro;

— in secondo tempo ha impedito all'avversario di esercitare un più potente sforzo contro il fianco destro del settore Korciano richiamando verso se stessa, con la minaccia su Metzovo quasi rag­giunta, notevole parte delle forze della Macedonia.

Le perdite subite dalla « Julia », proporzionalmente doppie di quelle delle altre unità più provate, confermano l’accanimento delle forze nemiche lanciatele contro e la grande combattività di questa bella divisione.

Ritengo che, con il complesso dei suddetti provvedimenti, il collegamento fra il settore macedone e quello dell'Epiro possa considerarsi consolidato.

 

2. - Corpo d’Armata « Ciamuria ».

 

a) Le divisioni « Ferrara » e « Centauro » conserveranno le posizioni raggiunte. L’ala sinistra della « Ferrara » , male appoggiata alle posizioni conquistate durante l’avanzata, verrà sistemata su posizione più idonea alla sosta e tale da saldare questo settore con quello del Sarandaporos; a destra viene preso il collegamento con quello della « Siena » in attesa di ulteriori azioni.

In relazione a quanto sopra ho disposto che:

— sulle linee attuali rimangano elementi di sorveglianza;

— venga organizzata una posizione di attesa con andamento: Ai Minas (q. 935) - Profeta Elia (nord Dogliana) - Costone Dogliana Giuliani (nord) , Cocuzzolo fortificato - Kakulius - Jeromini - q. 1800 - Granicopulo. Linea che deve costituire base di partenza per l’ulte­riore offensiva quando si avranno le forze sufficienti.   -

L’allacciamento con la « Siena » è essenzialmente assicurato da elementi di vigilanza.

b) La divisione « Siena », schierata sulla testa di ponte Farfani, aveva ricevuto ordine di consolidare le posizioni raggiunte, saldandosi allo schieramento del Raggruppamento Litorale (3° Grana­tieri.).

In seguito a notizie avute di ripiegamento del nemico nella zone Paramitia-Margariti, ho disposto che il Comandante della « Sie­na » studi l’ampliamento della testa di ponte sulla linea Gorga - q 576 - Plataria, allo scopo di assicurare il possesso completo della Baia di Gomenica ed una base di partenza ancor più favorevole per la ripresa offensiva.

Inoltre ho ordinato che oggi 3, forti ricognizioni vengano ese­guite da un reggimento di cavalleria su Paramitia. Il reggimento sarà fiancheggiato da un altro reggimento di cavalleria e sostenuto da un battaglione di fanteria portato in posizione avanzata.

 

3. - Raggruppamento del Litorale.

 

Dopo l’occupazione di Gomenica gli ho dato ordine di conso­lidare le posizioni raggiunte collegandosi con la divisione « Siena » e di spingere le forti ricognizioni di cavalleria, di cui sopra.

Tenuto conto della fisionomia unitaria che ora ha assunto ilsettore « Siena » - Raggruppamento Litorale e dell’improvviso males­sere del comandante del Raggruppamento Litorale, ho posto detto Raggruppamento alle dipendenze della divisione « Siena ».

 

4. - XXVI Corpo d'Armata.

 

La situazione nel settore Korciano, per effetto:

— dei provvedimenti a difesa della zona;

— del predisposto afflusso della divisione « Arezzo », reso più rapido dagli automezzi;

— della resistenza accanita della divisione « Julia » alle forze che dalla Macedonia le minacciava il fianco alleggerendo la pressione contro lo schieramento del Korciano;

può oggi considerarsi notevolmente migliorata.

Unisco due specchi delle perdite subite complessivamente dal 28 ottobre al 5 novembre 1940-XIX.

jl Generale Comandante

S. VISCONTI PRASCA

 

 

Guerra di Grecia

 

 

DIRETTIVE N. 1

 

N. 64/Op. di prot.

 

OGGETTO: Direttive n. 1 per le operazioni contro la Grecia.

 

Carta topografica 1: 100.000.

All'Eccellenza Comandante 2.a Armata - Dervisciani

All’Eccellenza Comandante XXVI C.A. - Korcia

 

e, per conoscenza: 

 

All’Eccellenza il Sottocapo di S.M.R. Esercito - Roma

All’Eccellenza il Gen. designato d’Armata Vercellino

All’Eccellenza il Gen. di Squadra Aerea Ranza - Tirana

All’Intendente Superiore - Tirana.

 

Sulla base della situazione oggi raggiunta e degli ordini ema­nati dall’Ecc. gen. Visconti Prasca ed in corso di esecuzione, le operazioni contro la Grecia dovranno continuare a svolgersi mante­nendo il loro carattere di aggressività e confermando la nostra ini­ziativa nel campo tattico e in quello strategico.

Poiché l’ulteriore sviluppo in quest’ultimo campo dipende dall’afflusso di nuove forze, già predisposto, occorre, fino a che le forze stesse non abbiano compiuto il voluto schieramento, consolidare le posizioni raggiunte senza però desistere dall'attività combattiva.

L’azione concorrente dell'aviazione completerà il quadro di que­sta prima fase.

Insisto sulla necessità che le unità dipendenti, fino alle minori, mantengano atteggiamento battagliero con frequenti azioni di disturbo e colpi di mano, oltre che con ricognizioni, di raggio ben proporzionato all’entità del reparto che le esegue; e ciò allo scopo di mantenere il nemico sempre incerto sul momento e sulla dire­zione delle azioni future, e soprattutto di sventare in tempo ogni suo tentativo di infiltrazione.

Verificandosi tali tentativi, reagire prontamente, oltre che con fuoco, mediante contrattacchi sferrati in direzione opportuna.

Non appena le forze lo consentiranno, attraverso una seconda fase di operazioni sarà ripreso il movimento in avanti allo scopo di ampliare l’occupazione della Ciamuria e di riprendere la fascia di sicurezza sgombrata nel Korciano, acquistando così più vasta base per azioni offensive a largo raggio in entrambi i settori, da svolgere in una terza fase.

Le presenti direttive, contraddistinte dal n. 1, si riferiscono in­tanto alla prima fase delle operazioni e saranno seguite da altre, numerate in ordine successivo per le fasi ulteriori.

 

Settore Epiro – 2.a Armata.

 

Sulla destra mantenere la testa di ponte oltre il Kalamas or­ganizzandola in modo da garantirne il possesso, e sorvegliare atten­tamente la costa.

Sulla sinistra presidiare fortemente la zona di Konica-Stracani cor carattere di appoggio d’ala e centro di reazione ad azioni avver­sarie tendenti alla direttrice Perati-Klisura.

Forze a disposizione: Divisioni fanteria Bari, Siena, Ferrara; Di­visione Centauro; 3° reggimento Granatieri; 1° e 2° regg. Bersa­glieri; Reggimenti Cavalleria Guide; Aosta; Milano.

 

Settore Korciano

 

In attesa della costituzione della 9° Armata di cui al foglio in data 9 novembre n. 37/Op., avrà il comando del settore l’Ec­cellenza gen. Nasci, comandante del XXVI C.A., che curerà la si­stemazione a difesa, assicurando particolarmente l'inviolabilità del fianco sinistro.

 

Aviazione.

 

Dovrà svolgere in questa parte particolare attività per concor­rere a mantenere l’atteggiamento nettamente offensivo.

Indicherò giornalmente le azioni più importanti da svolgere.

In base alle presenti direttive i comandi di Armata mi comuni­cheranno subito le previste sedi di comando di Armata e di Corpo d’Armata, tenendo presente che la 2° Armata riceverà a giorni il comando VIII Corpo d'Armata e la 9° Armata il comando III Corpo d'Armata.

Al più presto mi siano comunicati gli schieramenti assunti e le posizioni prescelte come base per il sollecito proseguimento delle operazioni nel quadro ora tracciato.

Nei riguardi dell’organizzazione dei servizi saranno date ulte­riori direttive.

 

Il Generate Comandante
F.to Soddu

 

 

Guerra di Grecia

 

 

COMANDO SUPERIORE FORZE ARMATE ALBANIA
UFFICIO OPERAZIONI

ALL'ECC. IL GENERALE VISCONTI PRASCA
COMANDANTE 2° ARMATA

 

R. al n. 025879 del 10 c.m.   

 

P.M. 22, 11 novembre 1940-XIX

 

OGGETTO: Azioni offensive.

 

Ricevo i Vostri 025879 e 25907, entrambi in data 10 corr.

Le azioni dei due reggimenti di cavalleria sono state veramente brillanti, ma vanno naturalmente interpretate nella loro vera por­tata.

Occorre rimanere nella realtà.

Tutte le direzioni indicate da Voi, Eccellenza, sono ottime, ma non sono le direzioni buone che risolvono le operazioni, bensì la possibilità di disporre sopra ciascuna di esse di mezzi adeguati, serviti ed alimentati da linee di operazioni idonee.

Azioni improvvisate, impiego a spizzico delle forze, non hanno e non potranno mai avere buon esito.

Occorre prima assicurare le posizioni conquistate, schierare op­portunamente le forze e poi agire; intanto non rimanere passivi se sottoposti ad attacchi sui fianchi, ma reagire, e direttamente, e te­nendo i vari raggruppamenti di forze in grado di appoggiarsi reci­procamente: attenersi pertanto alle mie direttive che sono intonate alla situazione da me trovata, e conseguente già all'esaurimento della spinta offensiva delle truppe operanti in Epiro.

Voi mi chiedete tutte le truppe ora in arrivo dall’Italia per tamponare le molte falle che esisterebbero nello schieramento; e ciò di fronte ad un nemico che Voi stesso giudicate di forze finora non superiori e nel mentre mi proponete di tentare nuove azioni che appaiono alquanto aleatorie.

Certamente sapete, però, che le forze annunciate in arrivo non potranno essere a posto che fra parecchi giorni; e ciò a causa dell’impreparazione esistente in Albania nel campo degli autotrasporti.

D’altra parte non comprendo come nell’attuale situazione si possa pensare al crollo del campo fortificato di Kalibaki sulla via di Janina nel tempo stesso che mi si chiedono d’urgenza reparti in rapporto ad un attacco nemico di cui non mi viene precisata la consistenza, e che si manifesta nello stesso settore.

Né vedo come si possa conciliare il concetto che il nemico è in crisi e che convenga compiere subito una puntata contro il suo fianco cori l'affermazione che anche ottenendo i reparti richiesti non si possa pensare a possibilità offensive, ma solo a garantire meglio il settore.

Non posso infine accettare il giudizio che il settore Korciano sia esageratamente valutato, perché l’ho visitato personalmente e ne conosco la situazione.

Noto in sostanza una fondamentale differenza di concezione rispetto ai miei intendimenti; e V’invito perciò, Eccellenza, a comu­nicarmi esplicitamente se Vi sentite o meno di collaborare con iden­tità di vedute.

Il momento attuale, infatti, è tale da escludere le polemiche e da richiedere, invece, che si obbedisca e si assecondi chi ha la responsa­bilità delle operazioni.

 

Il Comandante Superiore F.A. d’Albania

U. SODDU

 

 

 Guerra di Grecia

 

 

DISCORSO DI MUSSOLINI ALLE GERARCHIE PROVINCIALI
DEL PARTITO NEL V ANNUALE DELLE SANZIONI

"SPEZZEREMO LE RENI ALLA GRECIA"

 

18 novembre 1940

 

Camerati! Voi comprendete che non a caso ho scelto questa giornata per convocare a Roma le gerarchie provinciali del Par­tito. È una giornata di vittoria per l’Italia Fascista, di disfatta per la coalizione societaria dei 52 Stati assedianti. Il 18 novembre del 1935 appare come una data decisiva nella storia d’Europa. È il primo e ultimo tentativo d'assalto in grande stile sferrato dal vecchio mon­do, rappresentato nei suoi egoismi feroci e nelle sue ideologie superate, dalla Società delle Nazioni, contro le nuove forze europee, giovani e rivoluzionarie, rappresentate dall’Italia e dalla Germania.

 

Da quel giorno ha inizio la separazione, l’antitesi, la lotta che doveva, dopo i compromessi di Monaco, accettati dalle demo­crazie al solo scopo di guadagnare tempo, sboccare nella guerra dichiarata dalla Francia e dalla Gran Bretagna contro la Germania.

Non bisogna mai dimenticare che l’iniziativa della guerra è partita da Londra, seguita, con un intervallo di poche ore, da Parigi. Affermo solennemente, e senza tema di essere smentito né oggi né mai, che la responsabilità della guerra ricade esclusi­vamente sulla Gran Bretagna.

 

La pace poteva essere conservata se la Gran Bretagna non .avesse, colla supina complicità della Francia, iniziato, invece della costruttiva revisione dei trattati, la sua politica di accerchiamento fatta non allo scopo di lasciare ai polacchi la tedeschissima Danzica, ma allo scopo di abbattere la rinascente potenza politica e militare della Germania. La pace poteva essere salvata se l’Inghilterra non avesse rigettato tutti i tentativi di avvicinamento compiuti dalla Germania la quale si era spinta a firmare un patto navale che le faceva una situazione di netta e permanente inferiorità. La pace poteva essere salvata anche nelle ultime ore dell’agosto 1939 se l’Inghilterra, sotto la pressione dell’Ambasciatore polacco che si recò al Foreign Office alle ore 23 del giorno 1° settembre, non avesse avanzato, per aderire alla conferenza proposta dall'Italia, una condizione assolutamente inaccettabile, perché umiliante, e cioè che le truppe tedesche, già in marcia, non solo si fermassero, ma retrocedessero alle linee di partenza.

 

Quanto è accaduto nei mesi successivi, noi tutti lo abbiamo vissuto ed è superfluo ricordarlo.

 

Mai si vide nella storia del genere umano più colossale ondata di mistificazioni e di menzogne, come quella scatenata dagli organi governativi e pubblicistici della Gran Bretagna durante le campagne di Polonia, Norvegia, Belgio, Olanda conclusesi con la disfatta dell’esercito britannico e di quello francese, disfatta — quest'ultima — senza precedenti per le sue immense proporzioni e per la sua quasi impensabile rapidità. Se la pratica della menzogna è il sistema più idoneo per istupidire e rendere coriaceo lo spirito di un popolo si può tranquillamente affermare che il popolo di Gran Bretagna ha raggiunto un indiscutibile ed insuperabile primato. La Francia barcol­lava, ma era ancor lungi dall'essere in ginocchio, e nessuno al mondo poteva prevedere che l’esercito, celebrato come il più forte d'Europa, si sarebbe liquefatto come neve al sole, quando il 10 giugno l’Italia entrò in guerra per tenere fede alla lettera ed allo spirito dell'Alleanza e per spezzare — finalmente — le sbarre della sua prigione nel suo mare. Dopo due settimane era l’armistizio e la Francia abbandonava la lotta, che ha ripreso saltuariamente in se­guito, ma solo per difendersi dagli attacchi proditori dell’ex alleata, come a Orano e a Dakar.

 

Dal 10 giugno ad oggi sono passati oltre cinque mesi di guerra, seriamente guerreggiata, sui fronti lontani e multipli, per terra, per mare, nel cielo, in Europa e in Africa.

 

Lasciate che io rivolga un saluto pieno di ammirazione agli italiani che hanno in questo momento il privilegio di impugnare le armi.

 

L’Esercito — sul fronte alpino e su quello africano — ha dimostrato che la sua tempra è quale noi volevamo. La disfatta degli inglesi nella Somalia britannica è stata totale: come a Dunker­que così a Berbera gli inglesi sono fuggiti e si sono vendicati rim­proverandoci di aver commesso, battendoli, un irreparabile errore strategico. Le forze armate dell'impero africano, impero che nelle previsioni nemiche doveva saltare, hanno preso dovunque l'iniziativa e i tentativi inglesi di sobillazione all'interno sono pietosamente falliti.

 

Anche nella Libia siamo stati noi ad attaccare e la fulminea oc­cupazione di Sidi el Barrani dev’essere considerata non una conclu­sione, ma una premessa.

 

Gli atti di valore compiuti da ufficiali e da soldati italiani dell’Esercito sui fronti terrestri, sono tali da inorgoglire legittimamente la Nazione.

 

Gli ufficiali e gli equipaggi della Marina compiono silenziosa­mente e spesso eroicamente il loro dovere sui molti mari e oceani — dall'Indiano all'Atlantico — dove sono impegnati. Essi obbedi­scono a una severa consegna e duri colpi sono stati inflitti alla marina nemica. È la marina che tutela le nostre linee di comunica­zione mediterranee ed adriatiche in modo così efficace che la marina nemica non è riuscita ad interromperle e nemmeno a disturbarle.

 

L’Aviazione italiana è sempre — e più di sempre — all’altezza del suo compito. Essa ha dominato e domina i cieli. I suoi bombar­dieri attingono le mete più lontane, i suoi cacciatori rendono la vita assai dura alla caccia nemica. Gli uomini sono veramente quelli del nostro tempo: la loro caratteristica è una calma intrepidità.

 

Quanto alle macchine ne escono al mese dalle nostre officine quat­tro volte più che prima della guerra. Fra poco, colla costruzione in massa dei nuovi tipi, saremo forse all'avanguardia, certamente alla pari, colle macchine più moderne degli altri paesi.

 

Ma dopo le Forze Armate, lasciate che io elogi la disciplina, il senso del dovere, la imperturbabile fermezza del popolo italiano. Esso accetta con tranquillità le privazioni che conseguono allo stato di guerra — privazioni ancora tollerabili, ma che potranno diven­tare successivamente più gravi — e, guidato dal suo intuito politico millenario, sente che questa è una guerra decisiva; è come la terza guerra punica che deve concludersi e si concluderà con l'annien­tamento della Cartagine moderna: l'Inghilterra.

 

Un forte popolo come l’italiano non teme la verità, la esige.

 

Ecco perché i nostri bollettini di guerra sono la documentazione della verità. Noi segnaliamo i colpi che diamo e quelli che rice­viamo; gli apparecchi che noi abbattiamo e quelli che il nemico abbatte; le giornate favorevoli e quelle che lo sono poco o niente. Pubblichiamo mensilmente le perdite degli uomini e quelle dei mezzi.

 

Mi sentirei diminuito dinanzi al popolo e dinanzi a me stesso, se adottassi altro metodo, quale quello di coprire o addolcire la realtà buona o cattiva che sia. Farlo equivarrebbe e diseducare ed umiliare il popolo. Non lo farò mai.

 

Ho già prescritto nella maniera più categorica ai Comandi militari del fronte e alle autorità civili della periferia di non man­dare a Roma — da dove poi debbono essere diffuse — notizie che non siano state rigorosamente e personalmente — dico perso­nalmente — controllate.

 

A questo proposito voglio ricordare che grida di gioia si sono levate alla Camera dei Comuni quando Churchill ha potuto dare finalmente una buona notizia: quella concernente l’azione compiuta nel porto di Taranto dagli aereo siluranti inglesi. Effettivamente tre navi sono state colpite, ma nessuna di esse è stata affondata e solo una di esse, come fu annunciato dal bollettino delle nostre forze armate, è stata seriamente danneggiata e il suo ricupero richiederà lungo tempo. Le altre due saranno, a parere unanime dei tecnici, sollecitamente ripristinate nella loro antica efficienza. È falso, dico falso, che due altre navi da guerra e due navi ausiliarie siano state affondate o colpite o comunque anche leggermente danneggiate. Se­gno di cattiva coscienza questo ingigantire e moltiplicare per sei un successo che noi per primi abbiamo riconosciuto. Il signor Churchill avrebbe potuto, per completare il quadro, dare ai suoi onorevoli qual­che indicazione sulla sorte toccata al Liverpool e al Kent e su quella delle altre grandi unità silurate recentemente nel Mediterraneo cen­trale o nel porto di Alessandria da sottomarini o aereo-siluri ita­liani.

 

La nostra entrata in guerra ha dimostrato che l’Asse non era e non è una vana parola. Dal giugno ad oggi la nostra collaborazione con la Germania è veramente cameratesca e totalitaria. Marciamo fianco a fianco. Questa unione di due popoli diventa sempre più intima e si estende a tutti i campi della loro attività militare, eco­nomica, politica, spirituale. L'identità di vedute per quanto riguarda il presente e il futuro è perfetta. I miei incontri col Führer non sono che la consacrazione di questa completa fusione delle nostre concezioni. Quando io mi incontro col Führer, non vedo soltanto in lui il Capo creatore della Grande Germania, il comandante di eserciti che ha visto confermare dalla vittoria le sue geniali conce­zioni strategiche talora ritenute più che audaci, temerarie, ma an­che, e vorrei dire in particolar modo, il suscitatore del movimento nazional-socialista, il rivoluzionario che ha risvegliato il popolo te­desco, lo ha fatto protagonista di una nuova concezione del mondo grandemente affine a quella del Fascismo italiano. L’identità di ve­dute è il risultato di questa premessa rivoluzionaria: scaturisce dall’incontro di due rivoluzioni che sono, e nel campo internazionale e in quello sociale, appena all’inizio del loro cammino. Tutto quanto riguarda gli sviluppi del Patto tripartito, ad occidente o nel bacino danubiano, è seguito di comune accordo; così per quanto riguarda la posizione avvenire della Francia.

 

È ormai chiaro che l'Asse non vuole fare una pace di rappre­saglia o di rancori, ma è altresì inteso che talune rivendicazioni de­vono essere soddisfatte. Tali rivendicazioni più che legittime, pote­vano essere oggetto di discussione anche prima della guerra, se non ci si fossero opposti ridicoli, e tragici, a un tempo, jamais. Quando si accennò a toglierli era ormai troppo tardi. L’Italia aveva già scelto, sin dal maggio 1939, la sua via. I dadi erano gettati. Ma appunto per il loro carattere di legittimità le nostre rivendi­cazioni dovranno essere accolte senza compromessi o soluzioni prov­visorie che noi sin da questo momento — in maniera categorica — respingiamo. Solo dopo questo totale chiarimento sarà possibile — nell’orbita della nuova Europa quale sarà creata dall'Asse — di ini­ziare un nuovo capitolo nella storia — che fu così agitata — dei rapporti fra Italia e Francia. È superfluo confermare, che, come l’armistizio, così la pace sarà comune, cioè sarà la pace dell’Asse.

 

A consacrare la fraternità delle armi italo-germaniche ho chiesto ed ottenuto dal Führer una diretta partecipazione alla battaglia contro la Gran Bretagna con velivoli e sottomarini. Aggiungo subito che la Germania non aveva bisogno del nostro concorso. Il valore dei suoi combattenti di terra, di mare, di cielo, la sua potenza industriale, la sua capacità organizzativa e tecnica, il rendimento della sua mano d’opera sono elementi ben noti. Le cifre di produzione di aero­plani e di sottomarini raggiunte dalla Germania, sono veramente eccezionali e in continuo progresso. Ciò nonostante io sono grato al Führer di aver accettato la mia offerta: nulla più del sangue ver­sato in comune o del sacrificio in comune sopportato, rende solidi e duraturi i rapporti fra i popoli quando siano animati da una lealtà assoluta e da una identità di interessi e di ideali. Sono sicuro che i nostri aviatori e i nostri sommergibilisti faranno onore alla nostra bandiera.

 

Dopo un lungo pazientare abbiamo strappato la maschera ad un paese « garantito » dalla Gran Bretagna; un subdolo nemico: la Grecia. È un conto che attendeva di essere saldato. Una cosa va detta e forse non mancherà di sorprendere taluni inattuali classicisti italiani: i greci odiano l’Italia come nessun altro popolo: è un odio che appare a prima vista inspiegabile, ma è generale, profondo, ingua­ribile in tutte le classi, nelle città, nei villaggi, in alto, in basso, dovunque. Il perché è un mistero. Forse perché Santorre Santarosa andò dal natio Piemonte a morire ingenuamente ed eroicamente per la Grecia a Sfacteria? Forse perché il garibaldino forlivese Antonio Fratti ripeté lo stesso gesto di sublime ingenuità 70 anni dopo ca­dendo a Domokòs? Interrogativi, ma il fatto esiste. Su, quest’odio, che si può definire grottesco, si è basata la politica greca di questi ultimi anni. Politica di assoluta complicità con la Gran Bretagna. Né poteva essere diversamente, dato che il Re è inglese, la classe politica è inglese, la borsa — nel senso figurato e nel proprio — è inglese. Questa complicità, estrinsecata in molti modi che a suo tempo saranno irrefutabilmente documentati, era un atto di ostilità continua contro l’Italia.

 

Dalle carte trovate dallo Stato Maggiore germanico in Francia a Vitry la Charité risulta che sin dal maggio la Grecia aveva offerto ai franco-inglesi tutte le sue basi aeree e navali. Bisognava por fine a questa situazione. È ciò che si è fatto il 28 ottobre quando le nostre truppe hanno varcato il confine greco-albanese. Le aspre mon­tagne dell’Epiro e le loro valli fangose non si prestano a guerre « lampo » come pretenderebbero gli incorreggibili che praticano la comoda strategia degli spilli sulle carte. Nessun atto o parola mia o del governo e di nessun altro fattore responsabile l'ha fatto pre­vedere.

 

Non credo che valga la pena di smentire tutte le notizie dira­mate dalla propaganda greca e dai suoi altoparlanti inglesi. Quella Divisione alpina Julia che avrebbe avuto perdite enormi, che sarebbe fuggita, che sarebbe stata polverizzata dai greci è stata visitata dal generale Soddu. Il quale a visita ultimata così mi ha telegrafato il 12 novembre: « Recatomi stamane visitare Divisione alpina Julia. Devo segnalarvi Duce magnifica impressione riportata di questa superba unità fiera e salda più che mai nei suoi granitici alpini ».

 

C’è qualcuno tra di voi, o camerati, che ricorda l’inedito discorso di Eboli, pronunciato nel luglio del 1935, prima della guerra etio­pica? Dissi che avremmo spezzato le reni al Negus. Ora, con la stessa certezza « assoluta », ripeto « assoluta », vi dico che spezzeremo le reni alla Grecia. In due o in dodici mesi poco importa. La guerra è appena incominciata. Noi abbiamo uomini e mezzi sufficienti per annientare ogni resistenza greca. L’aiuto inglese non potrà impedire il compimento di questo nostro fermissimo proponimento, né evitare agli elleni la catastrofe che essi hanno voluto e dimostrato di meritare. Pensare o dubitare qualche cosa di diverso significa non cono­scermi. Una volta preso l'avvio io non mollo più fino alla fine. L'ho già dimostrato e qualunque cosa sia accaduta, accada, o possa ac­cadere, tornerò a dimostrarlo.

 

I 372 caduti, i 1081 feriti, i 650 dispersi nei primi 10 giorni di combattimento sul fronte dell'Epiro saranno vendicati.

 

Camerati! In quest'ora storica veramente solenne che allinea nel contrasto e nell'intesa i continenti, il Partito — difensore e conti­nuatore della Rivoluzione — deve intensificare al massimo tutte le forme della sua attività. Allo scoppio della guerra un certo rallen­tamento dell’attività del Partito, fu in relazione al fatto obiettivo della partenza di tutti i gerarchi. Ora non più. Non c'è e non ci sarà una mobilitazione generale. Le classi richiamate sono due. Ce ne sono ancora disponibili una trentina.

 

Abbiamo alle armi un milione di uomini: ne possiamo chia­mare — in caso di necessità — altri otto. In queste condizioni il Partito deve riprendere la sua funzione con immutato crescente ri­gore, impegnando strenuamente la sua battaglia sul fronte interno, sul piano politico, economico, spirituale, sul piano dello stile. Il Partito deve liberarsi e liberare la Nazione della superstite zavorra piccolo-borghese, nel senso più lato che noi diamo a questo termine. Deve mantenere e accentuare il clima dei tempi duri. Andare, più e meglio di prima, verso il popolo tutelandone la salute morale e la esistenza materiale.

 

Certo pacifismo a sfondo cerebraloide e universalistico va atten­tamente vigilato e combattuto. È sfasato almeno per quanto riguarda questa epoca di ferro e di cannoni. Nient'altro esiste e deve esistere all'infuori dello scopo supremo: per il quale siamo in armi. Fra germanici e italiani siamo un blocco di 150 milioni di uomini ri­soluti e compatti e piantati, dalla Norvegia alla Libia, nel cuore dell'Europa.

 

Questo blocco ha già nel pugno la vittoria!

 

 

Guerra di Grecia

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