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Livio Bassi "gli eroi alati"

Livo Bassi eroi alati

 

Livo Bassi eroi alati

Tenente pilota LIVIO BASSI

Nato a Trapani il 18 ottobre 1918 - Deceduto in seguito a ferite
riportate in combattimento aereo il 2 aprite 1941

 

 

QUANDO SUO padre, l'eroico maggiore Angelo Bassi, cadde da prode combattendo in Libia contro i ribelli, il piccolo Livio non aveva ancora nove anni. Conobbe quindi, durante l'infanzia, l'acerbo dolore di sua madre e più tardi ne rilevò tutta la fierezza. Fu educato nel cul­to del dovere e in quello dell'amor di Patria, che è il più bello tra gli amori, e si indirizzò spontaneamente verso la vita militare.

Apparteneva ad una famiglia di combattenti di raz­za. Nello scegliere non ebbe esitazioni. Sarebbe diventato aviatore. Sentiva che la lotta nel cielo era la lotta di tutti gli ardimenti, la lotta che meglio si addiceva al suo temperamento, al suo entusiasmo, all'ardore del suo san­gue siciliano.

La salda, completa preparazione professionale acqui­sita durante gli anni di Accademia, gli permise di rag­giungere il Reparto nelle migliori condizioni per farsi onore. Se non avesse provato un certo disappunto quan­do seppe di essere destinato ad uno Stormo da bombar­damento, Livio Bassi sarebbe stato il giovane più feli­ce della terra. Come tutti i ragazzi di temperamento in­dividualista ed aggressivo, egli avrebbe voluto entrare nella caccia. Là sentiva che sì sarebbe trovato a suo agio,sentiva che quello sarebbe veramente stato il suo lavoro e non si poteva rassegnare a pilotare i grossi e buoni be­stioni da bombardamento, pazienti, utili, possenti finché si vuole, ma in fondo incapaci e inadatti a fare quello che voleva fare lui. E si rassegnò così poco, che in capo a qualche tempo riuscì a farsi destinare ad un reparto da caccia.

Nei primi mesi di guerra fu costretto suo malgrado a mordere il freno. Ma appena scoppiarono le ostilità con la Grecia, fu destinato in Albania e cominciò a lavorare duramente. Faceva parte di un reparto di « Freccie » che durante le ostilità si coprì di gloria, meritando più di una volta d'essere citato nel Bollettino. Era così fiero del suo Reparto e così entusiasta della sua nuova vita di guerra, che riuscì a soffocare il rammarico provocato dalle prime uscite a vuoto. Certo, non si era illuso di poter sempre in­contrare il nemico; ma volare per un mese consecutivo senza aver la fortuna di sparare un solo colpo di mitra­gliatrice, era un po' troppo per lui.

Fu soltanto in dicembre che cominciò ad avere for­tuna. Il 4, dopo una partenza su allarme dalla quale era rientrato senza essere venuto a contatto con gli avversari, ebbe ordine di ripartire per una crociera sul cielo di Jan­nina. Per la prima volta avvistò il nemico, impegnò com­battimento insieme agli altri compagni di squadriglia, ma il risultato non fu quello che lui avrebbe voluto. La pri­ma volta che si riesce a mettersi in coda al nemico, si da­rebbe la testa pur di vederlo andar giù; e invece si vide­ro soltanto due apparecchi sbandare e planare, ma non si riuscì ad accertarne l'abbattimento sicuro.

Però il 18 fu il suo giorno. Era in crociera protettiva sul cielo di Valona e si guardava intorno, sopra e sotto con quell'accuratezza e quella meticolosità che gli erano particolari! Quando lui era per aria, il nemico non do­veva neppure sognare di raggiungere l'obbiettivo, affidato alla difesa di Bassi. Non per niente era siciliano di san­gue schietto. Forse ragionava così tra sè e sè, o forse non ragionava affatto e si guardava intorno. D'un tratto ab­bassa la testa, aguzza lo sguardo, inclina bruscamente l'apparecchio per veder meglio e poi piomba giù come un falco su tre , « Bristol Blenheim » che stanno tentando di raggiungere il porto. Quelli rompono la formazione, si buttano al largo, mollano le bombe in mare e si mettono a picchiare in candela, sino a raggiungere il pelo dell'ac­qua. Bassi si è messo in coda ad uno e di tanto in tanto, quando lo ha bene nel mirino, gli infila delle raffiche lun­ghe un chilometro. Quello fuma, sbanda, si riprende, e continua a camminare; e Bassi dietro, duro e tenace co­me un mastino. Ormai. la costa è scomparsa dietro le spalle da un pezzo, ma non bisogna mollarlo lo stesso. Bassi ha aspettato sino ad oggi questa occasione e non vuol lasciarsela scappare. Infatti, non gli scappa. Quan­do sta per finire l'inseguimento a causa dell'esaurimento del carburante, il « Bristol » non ce la fa più e scompare nella nebbiolina che c'è a pelo d'acqua. E uno!

 

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… e scompare nella nebbiolina che c’è a pelo d’acqua …

 

Dopo tre soli giorni, sempre nel cielo di Valona, il tenente Bassi, aiutato da un gregario, ripete il colpo. Quindi la sua attività non ha più soste, In un altro com­battimento sostenuto il 6 gennaio, abbatte un secondo « Bristol Blenheim » e dopo due giorni, sopra Klisura, im­pegna insieme ai compagni di gruppo una grossa forma­zione di  «Gloster Gladiator », cinque dei quali precipitano in fiamme sotto le precise raffiche dei nostri caccia­tori. Poi le scorte si alternano alle crocere protettive, le partenze su allarme seguono i violenti e micidiali attac­chi al suolo. In uno di questi, effettuato sul campo di Jannina l'11 febbraio, ben 18 velivoli avversari vengono di­strutti al suolo e altri due sono fulminati mentre tentano di decollare.

E arriviamo all'ultimo suo epico combattimento. E' il 20 febbraio 1941. Una formazione di 16 apparecchi da bombardamento nemici, scortati da forti aliquote di veli­voli da caccia del tipo « Hurricane » e « Gloster Gladia­tor », viene segnalata mentre dirige sul campo ove ha sede la gloriosa 395a Squadriglia C.T.. Il tempo di dare l'allarme e gli apparecchi nemici sono già sul campo. I nostri sfrecciano via uno dopo l'altro e si arrampicano verso il cielo. Bassi è balzato a bordo senza casco, senza guanti e senza occhiali; chiede tutto a sé stesso ed alla sua macchina; bisogna arrivare presto sul nemico, rompere la formazione, disturbare le pattuglie che effettuano il puntamento, irrompere su loro, difendersi dalla caccia di scorta, difendersi attaccando, come fanno tutti i buoni cacciatori. Il numero degli altri non conta, quel che conta è il fegato! Dentro, allora!

La lotta è aspra e mortale. Un primo velivolo avver­sario precipita in fiamme, altri due si allontanano in dif­ficoltà, poi un quarto cade privo di controllo. Bassi è col­pito ad una gamba: insiste nella lotta e un colpo lo rag­giunge al capo; si scuote, fa ancora qualche raffica, poi viene preso in mezzo da tre « Hurricane » che gli incen­diano l'apparecchio. Bassi crede allora di riuscire a por­tare in salvo la macchina e in ogni caso non la vuole ab­bandonare. Punta verso il campo stringendo i denti, lo raggiunge, inizia la richiamata... Un urto, una fiammata violenta e la gente che corre verso l'apparecchio cappot­tato. Le forze hanno abbandonato Bassi all'ultimo momento. Riescono a tirarlo fuori dal rogo, ancora aiutati in questo da lui che è riuscito, prima di perdere i sensi, a sganciarsi le bretelle.

Due mesi d'ospedale. Due mesi di dure sofferenze che consumano lentamente e inesorabilmente il giovane corpo martoriato, dal quale sembra elevarsi, in maggiore pu­rezza, lo spirito eroico. Le ultime parole di Livio Bassi so­no rivolte alla Patria, al dovere, ai compagni d'arme ed al­la sua migliore compagna, la mamma, che due volte nella vita ha sacrificato i suoi affetti alla causa della sua terra.

È sul petto santo di questa Madre italiana che sarà appuntata una medaglia d'oro al valor militare conces­sa alla memoria del figlio con questa motivazione:

 

Arditissimo Pilota da caccia di provato valore, partecipava a nu­merose e alle più rischiose azioni di guerra compiute dal suo reparto abbattendo con azione individuale quattro velivoli nemici. Durante un bombardamento aereo sul Proprio campo, eseguito da preponderanti ,forze aeree nemiche, scortate da caccia, partiva subito in volo affron­tando l'impari lotta con suprema audacia e, slancio incomparabile, con­tribuendo a stroncare l'offensiva avversaria e ad abbattere due appa­recchi. Rimasto ferito, con il velivolo gravemente danneggiato, anziché salvarsi col paracadute, tentava di rientrare al campo, ma nel ge­neroso tentativo, ai limiti del campo stesso rimaneva avvolto dalle, fiamme sprigionatesi dai serbatoi forati. Gravemente ustionato, veniva soccorso e trasportato all'ospedale, dove, dopo due mesi di atroci soffe­renze, sopportate con stoica fierezza, chiudeva serenamente la gloriosa giovane vita nella visione della Patria vittoriosa, già da lui mirabil­mente servita.

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