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Giorgio Graffer "gli eroi alati"

gli eroi alati

 

Giorgio Graffer gli eroi alati

Capitano pilota GIORGIO GRAFFER

Nato a Trento il 14 maggio 1912 - Disperso in combattimento aereo
sul fronte greco il 28 novembre 1940

 

GIORGIO GRAFFER era trentino. Come tale aveva inna­to l'amore per la montagna e si era presto affermato co­me rocciatore di vaglia. E' comprensibile che chi è ani­mato dal culto delle altezze e dell'ardimento possa sen­tirsi preso dalla passione del volo che è conquista di al­tezze e somma di ardimenti. Le sensazioni e le emozioni che ne possono derivare sono indubbiamente diverse. Non più il contatto vivo della roccia, la ricerca attenta di un appiglio, la gioia di uno strapiombo superato e le lunghe, difficoltose, inebrianti ore di scalata, ma in compenso una ebbrezza nuova, una levità quasi immateriale che permet­te di superare ogni ostacolo e di salire, col corpo e lo spi­rito, più in alto.

Salire più in alto. Forse questo era il sogno che si po­teva leggere in quegli occhi chiari. E Graffer imparò a salire e a dominare spazi e macchine come lo san fare sol­tanto gli aviatori di razza. Rotto ormai all'ardimento, in­capace di mezze misure, audace per temperamento, di­venne presto uno dei più dotati piloti da caccia dei no­stri Reparti.

Quando scoppiò la guerra, comandava una Squadri­glia dislocata sul fronte occidentale. La guidò all'attacco mirabili per concezione, attuazione e per l'importanza dei risultati conseguiti. Però furono azioni brevi, perché la fir­ma dell'armistizio con la Francia segnò un periodo di so­sta per tutti i Reparti dislocati su quel fronte. Ma Graffer trovò ugualmente modo di dimostrare di quale tempra egli fosse.

Fu durante una delle prime incursioni notturne com­piute da velivoli avversari sull'Italia Settentrionale. Gli apparecchi nemici avevano raggiunto il cielo di Torino e tra riflettori, contraerea, razzi illuminanti e bombe non era facile effettuare voli di caccia notturna, tanto più che si era all'inizio delle ostilità, ed esperienze del genere non ne era state fatte molte da nessuna parte. Ma Graffer era in campo e volle partire ad ogni costo.

Chi è stato in aria di notte con un apparecchio da caccia attrezzato esclusivamente per voli diurni, sa che cosa voglia dire andare in quelle condizioni a cercare il nemico. Anche Graffer lo sapeva, ma la sua volontà era tesa allo scopo e le difficoltà non valsero a costringerlo a rinunziare.

Naturalmente una volta in aria non gli riuscì di ve­dere nulla. Fece quota con larghe spirali, aguzzando bene lo sguardo nel buio e deciso a non tornare giù se non a carburante esaurito. Faticava a tenersi fuori dalla zona di sbarramento e di quando in quando veniva accecato dai riflettori. Ma a furia di girare, osservando la direzione del tiro contraereo e seguendo il concentramento dei fasci. di luce, gli riuscì finalmente di avvistare un apparecchio avversario. Tutta manetta, una rapida virata e gli era in coda. Alla prima raffica l'altro tentò di portarsi fuori tiro, avanzò un po' zigzagando, poi iniziò un violento fuoco di reazione con le armi di bordo. Graffer vide le traccianti venirgli dritte incontro, ma finì per esserne contento perché sino a quando l'altro sparava non c'era pericolo di perderlo. La lotta continuò aspra nella notte. La tecnica di un attacco notturno non gli era ancora nota, ma Graf­fer se la creò lì per lì, comprendendo che per colpire non c'era altro sistema che quello di portarsi sotto all'avver­sario con un volo regolare e di sparare a distanza ravvi­cinata, anche se ciò finiva per metterlo a tiro delle armi di bordo dell'altro. Già era riuscito a mettere a segno qualche raffica, quando Graffer si accorse che la reazione dell'avversario gli aveva inutilizzate le armi, danneggian­dogli l'apparecchio in più punti.

La partita sembrava irrimediabilmente perduta, ma Graffer aveva deciso di non cedere. Con le armi ineffi­cienti c'era un solo mezzo per distruggere l'apparecchio avversario: investirlo. Una picchiata decisa, un violento scarto del velivolo nemico e il primo tentativo andò a vuoto. Questo fatto avrebbe potuto far desistere Graffer dal suo proposito, ma egli trovò ancora una volta, a mente fredda, il coraggio di ripetere con maggiore attenzione e maggiore impegno una manovra che poteva costargli la vita. Si riportò in posizione opportuna e scagliò l'apparec­chio contro l'avversario. Fu la volta buona; uno schian­to, un precipitare di rottami e un paracadute che si apri­va bianco nell'oscurità della notte. Graffer era miracolosamente salvo.

 

Capitano pilota GIORGIO GRAFFER

... uno schianto, un precipitare di rottami e un paracadute che si apriva ...

 

Dopo questa azione il capitano Graffer riprese la sua attività bellica soltanto in Albania. Laggiù il tempo era pessimo, le crociere di protezione snervanti, gli incontri con il nemico piuttosto rari nei primi giorni di lotta. Poi man mano la battaglia aumentò di intensità e di asprezza, arrivarono nuovi contingenti della Royal Air Force e nei cieli del fronte ebbero luogo i primi violenti scontri di grosse aliquote di caccia.

Si compiva esattamente il primo mese dal giorno in cui erano iniziate le ostilità sul nuovo fronte, quando Graffer cadde. Alla testa della sua Squadriglia aveva im­pegnato combattimento contro una formazione avversa­ria forte di un rilevante numero di apparecchi. L'attacco era stato magistralmente condotto e in pochi minuti di lotta la Squadriglia era riuscita a superare lo svantaggio numerico abbattendo tre apparecchi avversari. Ma Graf­fer nell'impeto dello scontro finì per trovarsi in mezzo a un numero soverchiante di aerei nemici. Combatté stre­nuamente, si difese, attaccò, si difese ancora per ripas­sare poi al contrattacco, finché sparì dal cielo della lotta, dopo aver guidato i suoi gregari alla vittoria.

Gli fu concessa la medaglia d'oro al valor militare con la seguente motivazione:

 

Capitano Pilota, cacciatore audacissimo, comandante. di Squa­driglia già distintosi in precedenti azioni di guerra, Partiva volontaria­mente in volo, in Piena notte, in caccia di velivoli nemici che stavano bombardando una nostra importante città.

Avvistato un apparecchio, lo attaccava decisamente, persistendo nella lotta sino a che, deciso a vincere ad ogni costo, faceva della sua macchina e del suo corpo l'arma suprema per distruggere il nemica con l'urto.

Con disperata volontà, fallito il primo tentativo, ritentava la prova e mentre il suo apparecchio Precipitava al suolo, trovava nel Paraca­dute la salvezza che aveva superbamente disdegnata durante la lotta.

Successivamente, nei cieli di Albania, in aspra lotta con nemici superiori, Precipitava in combattimento alla testa della formazione che da lui guidata aveva abbattuti già tre velivoli nemici.

Leggendario esempio di virtù guerriere.

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