Uomini

IL LUNGO VOLO (Roma - Tokio 1942)


Ali di Guerra Volo Roma - Tokio 1942


L’entrata in guerra del Giappone rende concreta l’esigenza di collegamenti con l’alleato asiatico. Già il 29 gennaio 1942 il Comandante Coop, per conto del Nucleo Comunicazioni delle Linee Aeree Transcontinentali Italiane (LATI), consegna una relazione in merito a tale possibilità da effettuarsi su tre eventuali rotte (una settentrionale e due meridionali) non appena saranno approntati i Fiat G12 GA (Grande Autonomia). Provvisoriamente si conta di effettuare un primo collegamento sperimentale impiegando un Savoia Marchetti SM.75, in corso di approntamento.

La possibilità è presentata nel febbraio 1942 dal Direttore dell’Ufficio Legale della LATI, avv. Pullè a Mussolini che si dichiara entu­siasta del progetto, appoggiato anche dello Stato Maggiore della Regia Aeronautica.

Il 26 febbraio 1942, l'argomento è ripreso dal Comandante Max Peroli in una lettera al segretario particolare di Mussolini circa l'impiego del Piaggio P.23 R.

 

Per parte loro le Autorità giapponesi dichiarano di annettere grande impor­tanza alla realizzazione del volo e alla creazione successiva di una linea, sia per motivi politici che per lo scambio di in­formazioni tecniche e militari.

Il volo è progettato anche da parte tedesca, ma bloccato dall'opposizione del maresciallo Göring con la motivazione di non poter distogliere un solo aereo ed equipaggio prima della conclu­sione delle operazioni sul fronte orientale.

 

Il 1° marzo 1942 in una riunione tra il gen. S.A. Giuseppe Santoro, i gen. D.A. Vin­cenzo Velardi ed Umberto Cappa, il gen. B.A. Simon Pietro Mattei, il col. Mario Porru-Locci avviene la scelta del Comandante cui affidare l’impe­gnativa missione, limitata fra quattro tenenti colonnelli pi­loti di grande capacità e preparazione: Amedeo Paradisi, An­tonio Moscatelli, Giorgio Rossi, Enrico Cigerza.

 

Il 10 marzo, l'SM.75 GA MM.60537 è pronto al ritiro presso la Ditta. Il peso a vuoto del velivolo completo ma senza carburante è di kg. 11.200 con una previsione di peso massimo al decollo di kg. 22.000. La potenza al decollo con il + 100 è di 3.150 cv., normale a quota 0 cv. 2.490, ottimale a 1.800 metri cv. 2.640. A bordo è installato un appa­rato radio di particolari caratteristiche per ga­rantire i collegamenti su grandi distanze.

I cal­coli di consumo preparati dall’Ing. Armando Palanca danno i seguenti parametri di volo: autonomia massima (senza carico) di 9.870 km. a 3.800 metri di quota ed a velocità di crociera, 8.000 km. con carico utile di 140 kg., 7.000 km. con 1.100 kg., 6.000 km. con 2.100 kg., 5.000 km. con 3.300 kg.

Dopo il primo collegamento previ­sto con l'SM.75 GA si conta di impiegare il P.23R per una seconda prova sperimentale.

 

Il 17 marzo, Paradisi con l'equipaggio da lui scelto, (capitano pilota Publio Magini, sottotenente marconista Ezio Vaschetto, maresciallo motorista Vittorio Trovi) ritirano presso la Ditta l'SM.75 GA.

Per il volo, Magini mette a punto un apparato per il calcolo astronomico basato su un apposito goniometro mobile e se una mappa della volta celeste installata sulla parete della cabina di pilotaggio, alle spalle del marconista.

 

La preparazione del volo è tuttavia interrotta dalla richiesta di una missione speciale. Pochi giorni prima del 9 maggio, ricorrenza della proclamazione dell'impero, lo Stato Maggiore Regia Aeronautica de­cide di effettuare una missione simbolica nei cieli dell’Africa orientale, con il lancio di volantini propagandistici su Asmara.

 

Purtroppo l'11 maggio 1942 all’indomani del ritorno dal lungo volo, appena decollato da Ciampino per essere trasfe­rito a Guidonia l'SM.75 GA ha l'ar­resto improvviso dei tre motori ed è costretto ad un atterraggio di fortuna. Magini, Vaschetto e Trovi praticamente incolumi estraggono dai rottami il ten.col. Paradisi che ha riportato lesioni gravissime ad una gamba che successivamente sarà amputata: intanto l'aereo è distrutto dall'incendio sviluppatosi a partire dal motore sinistro. La causa dell’incidente va fatta risalire alle candele sporche per il lungo volo e non sosti­tuite.

 

Il 23 maggio 1942 a Villanova d'Albenga, il P.23 R pilotato dal cap. Max Peroli rimane distrutto in atterraggio. È comunque impro­babile che l’aereo fosse in grado di af­frontare il lungo volo a causa dei gravi problemi di surriscaldamento dei motori.

 

Il ten.col. Anto­nio Moscatelli forma così un proprio equipaggio con i cap. pil. Mario Curto e Publio Magini, il sottoten. Radio aerologista Ernesto Mazzotti, il maresc.motorista Ernesto Leone.

Il 12 giugno il secondo SM.75 RT (MM.60539) risulta pronto in Ditta e pertanto Moscatelli riceve l’ordine di ef­fettuarne il prelievo ed il volo di rodaggio sulla linea Roma-Siviglia-Lisbona.

 

Il giorno prece­dente, il col. Shimizu ha intanto posto le prime difficoltà chie­dendo che sul velivolo non sia presente alcun elemento che riveli la meta, perché una discesa forzata su territorio sovietico non abbia a gua­stare le relazioni tra Giappone e URSS legate dal patto di neutralità firmato il 13 aprile 1941.

 

Per tutto il mese di giugno 1942 continua la preparazione del volo. Molto delicata è la scelta e l'impiego dei cifrari per le comunicazioni tra il velivolo e la rete di assi­stenza al suolo a causa del lungo sorvolo di territori nemici.

Per le comunicazioni a carattere meteorologico si adotta un nuovo cifrario GALA, mentre i giapponesi insistono senza risultato, di essere portati a conoscenza del nostro cifrario « Centauro ».

Per la difesa indi­viduale sono presenti a bordo dell'aereo due fucili mitragliatori Beretta mod.38/A con 1.000 colpi ciascuno, ottenuti in prestito dalla Polizia Africa Italiana.

Intanto a Zaporoz’e il Comando Aeronautica del CSIR ha provve­duto a concentrare 12.000 litri di nostro carbu­rante e 3.500 litri di benzina etilizzata rumena a 87 ottani, le cui campionature sono inviate in aereo a Roma perché ne sia verificata la compatibilità con i motori dell’SM.75.

 

Il 26 giugno è addirit­tura rinviata la partenza perché la fase di luna piena complicherebbe il sorvolo notturno dei territori sovietici.

Il giorno successivo Ciano comunica al Ministero dell'Aeronautica che cade anche l’ipotesi di trasporto dell’esponente nazionalista indiano Chandra Bose, non avendone i giapponesi avallato l’imbarco e neppure viene sfruttata la possibilità di 140 kg. di carico utile. Persino il messaggio personale di Ciano al Pri­mo Ministro e Ministro della Guerra Hideki Tojo non è presente a bordo in quanto l'equi­paggio lo troverà a Tokyo, radio trasmesso.

 

Il 28 giugno, l'Addetto Aeronautico Italiano a Tokyo, magg. Federici, comunica che i giapponesi hanno rilevato forti disturbi e false trasmissioni effettuate dai sovietici sulle onde radio utilizzate fra Tokyo e Roma, che fa ritenere che il programma del volo sia trapelato.

 

Alle h.5,26 del 29 giugno 1942, l’equipaggio decolla da Guidonia ed alle h14,10 atterra Zaporoz’e. Solo in questo primo tratto è presente a bordo l’ing. Pa­lanca che ha pianificato tutti i problemi di con­sumo. Sull’aeroporto ucraino è già pre­sente Marcello Tornassi, capo del servizio radio del Nucleo LATI, che deve coordinare a terra la rete di assistenza radio.

 

Alle h.20,06 del 30 giu­gno, l'SM.75 decolla ad un peso totale di 21.500 kg. in uno spazio di circa 700 metri.

 

Il sorvolo delle linee sovietiche si rivela peri­coloso in quanto l’aereo è fatto segno a fuoco contraereo intenso ma impreciso, nei pressi di Voroscilovgrad incrocia un aereo nemico, è cer­cato dai riflettori fino oltre il Volga. L'equi­paggio, in silenzio radio per le prime 10 ore di volo, riporta la sensazione che il nemico sia al corrente dell'orario di partenza e della rotta dell'aereo.

Per 1.000 km. oltre Stalino sono sorvolate città e nuclei industriali illumi­nati, la rotta con­tinua sulla costa nord del mar Caspio, lago d'Aral, lago Balkash, monti Tarbagatai, deserto del Gobi, dove si incontra atmosfera molto agitata con tempeste di sabbia fino a 3.000 metri di quota. Il volo continua comunque con rego­larità e l'aereo si comporta ottimamente anche nel maltempo. La cartografia utilizzata rivela invece varie inesattezze quali catene montane localiz­zate erroneamente o non citate.

Alle h.17,20 del 1° luglio l'SM.75 RT atterra a Pwa Tan Chen ove un generale dell'aviazione nipponica dà il benvenuto insieme al ten. di vascello Ro­berto De Leonardis ed il cap. Enrico Rossi, giunti da Tokyo dal 17 giugno per coordinare l'assistenza.

 

Il 3 luglio sono percorsi gli ultimi 2.700 km. lungo la rotta Pekino-Dairen-Seul-Yonago-Tokyo, raggiunta alle h.17,04. L'aereo, che nell'ultimo scalo ha adottato le insegne nipponiche, trasporta anche un capitano pilota giapponese e, come interprete, il ca­pitano Rossi. All'atter­raggio sono presenti l'ambasciatore In­delli, i nostri Addetti militari, numerosi uffi­ciali giapponesi.

 

Savoia Marchetti SM.75RT 

 

Profilo del Savoia Marchetti SM.75RT con insegne giapponesi

 

Nei giorni successivi Ciano e Casero tentano nuovamente di convincere Tojo a rendere noto il volo anche per­ché la presenza a Tokyo del nostro equipaggio non può essere passata inosservata al Personale dell'Ambasciata sovietica e l'aereo può essere giun­to in Estremo Oriente per una rotta meri­dionale. L'11 luglio la risposta ufficiale è negativa, almeno fino a quando non sia attuato un collegamento periodico sulla rotta meridionale, con scalo a Rangoon, in Birmania. Per questa ragione il magg. Federici suggerisce di scavalcare tali riserve, attraverso un comunicato, magari da far pubblicare sulla stampa svizzera.

 

Il 10 luglio il Governo giappo­nese avanza la richiesta affinché nel volo di ritorno sia presente  un suo ufficiale pilota. Il Governo italiano risponde sottolineando le difficoltà di decollo in sovraccarico da Pwa Tan Chen e richiamando i rischi di sorvolo del terri­torio sovietico: in effetti la proposta è fatta ca­dere bruscamente dalle stesse Autorità nipponi­che.

In un secondo momento Federici appura che la richiesta è stata osteggiata dall'Ufficio Politico del Ministero della Guerra e caldeggiata invece dagli enti tecnici dello Stato Maggiore e dell'Ispettorato dell'Aviazione nell’intento di raccogliere elementi sull'impegnativo volo. È anche esclusa l'eventualità di un ritorno lungo la rotta sud in quanto essa richiede una tappa di 7.500 km. e comporta il sorvolo dell'India settentrionale, fortemente presidiata dal nemico.

 

Il 15 luglio è deciso che l'aereo ripartirà vuoto, come nel volo di andata. Anche i doni giapponesi (tre spade di onore rispettivamente per Mussolini, per il Ca­po di Stato Maggiore Regia Aeronautica, per il comandante del velivolo) restano depositati presso la nostra Ambasciata a Tokyo.

 

Alle h.5,20 del 16 luglio 1942, l'SM.75 RT decolla da Tokyo e giunge nuovamente a Pwa Tan Chen alle ore 15,40 locali: qui sono cancellate le insegne giap­ponesi e l'aereo è preparato per il nuovo grande balzo. Il decollo si rivela difficile per il peso totale (21.000 kg.) e le caratteristiche dell'aeroporto (1.300 metri di pista ma a quota di 1.020 metri, con tempera­ture di circa 25°). Partito alle h.21,45 del 18 luglio, l'SM.75 RT atterra a Odessa alle h.2,10 del 20. Sul deserto del Gobi si incontra cielo parzialmente coperto e pioggia; come nel volo di andata, i monti Tarbagatai sono attraversati passando nelle valli. Tra i laghi Balkash ed Arai si incontrano cumuli sparsi e sul mar Ca­spio un fronte freddo che causa formazioni di ghiaccio non gravi. Per cause ignote l'ultima parte del volo viene a mancare dei collegamenti radio ed è impossibile radiogoniometrare il ra­dio faro di Stalino per cui l'aereo, in volo not­turno, nonostante le perfette rilevazioni astrono­miche effettuate da Magini, ha non poche dif­ficoltà per atterrare a Odessa, dopo 6.350 km. di volo.

Alle h.11 dello stesso giorno il velivolo riparte da Odessa e giunge a Guidonia alle h.17,50 ove ad attenderlo è Mussolini insieme ad altre personalità.

Mosca­telli e Magini hanno avanzamento di grado per meriti di guerra, Curto la medaglia d'argento al Valor militare sul campo, Mazzotti la meda­glia di bronzo, Leone la promozione a sottote­nente motorista per meriti di guerra.

 

L’impegnativa quanto fortunata impresa ha permesso di raccogliere una preziosa esperienza per la creazione della linea. Da un punto di vista tecnico l'equi­paggio formula solo alcune raccomandazioni quali la possibilità di navigare a quote di 6.000 metri (al 70% del peso di decollo), cabina ri­scaldata in luogo delle tute individuali che non hanno dato buona prova, dispositivi antighiac­cio per i bordi d'attacco dell'ala e della coda, ulteriore potenziamento delle installazioni per il calcolo astronomico. Circa i carichi trasportabili, è fatto riferimento alla possibilità del trasporto di materiali strategici per la no­stra industria aeronautica.

Ma prima di pen­sare ad un secondo collegamento (programma­to sempre con SM.75 RT per la seconda metà d'agosto) rimane aperta la questione della propaganda al volo che le Autorità italiane vogliono pubblicizzare per il favorevole riscontro sull'opinione pubblica interna ed internazionale.

Il 25 luglio 1942, infine, un quotidiano romano an­nuncia il volo « condotto al disopra di territori occupati dagli inglesi ». Il 26, Ciano comunica alle Autorità giap­ponesi che la notizia è stata pubblicata in quan­to, avuto sentore della sua comparsa sulla stam­pa svizzera, non era ammissibile che questa fosse la prima ad annunciarla anticipando quella italiana.

 

Il 1° agosto Federici comunica che il governo giapponese nega una prosecuzione dei collegamenti sperimentali sulla rotta nord e pretende invece l’esecuzione di una rotta meridionale che aumenta il percorso a 13.200 km. (passando per Rodi) o a 14.100 km. (Passando per l’oasi libica di Gialo), con la tappa più lunga (Rodi - Rangoon) che di circa 7.000 km. In questo caso la rotta passa a sud della Bulgaria, a nord della Turchia, a sud del Caucaso, taglia il mar Caspio, l’Iran nord orientale e l’Afghanistan centrale, passa a sud dell’Himalaya, sul golfo del Bengala e raggiunge finalmente l’estremità meridionale della Birmania. Il collegamento è più impegnativo non solo a causa delle maggiori percorrenze ma anche perché il cielo indiano è fortemente presidiato dalla RAF, mentre lo scalo di Rangoon deve essere ancora attrezzato con radio goniometro e stazione radio adeguate.

Il 12 agosto Federici informa che sono in corso riunioni per la definizione della rotta meridionale, pur avendo la sensazione che i giapponesi sono in ritardo nell’approntamento del velivolo idoneo a tale collegamento. Il 26 comunica che il nostro volo può essere effettuato già nell’ultima decade di settembre ma che per le avverse condizioni meteorologiche previste in quel periodo è bene programmarlo per ottobre. Da parte italiana viene anche riproposto il trasporto di Chandra Bose.

 

Nonostante la positiva prova compiuta dal SM.75RT, viene – come previsto – approntata una specifica versione del FIAT G.12 nonostante l’intuibile dispendio di materiali, carburante, lavoro di maestranze e tecnici.

Il 4 agosto 1942 il G.12 RT (n/c.23 MM.61277) compie il primo volo di collaudo e si forma l’equipaggio militare destinato al suo impiego composto dal tenente colonnello Cigerza, i capitani De Petris e Guidantonio Ferrari, i marescialli motoristi Silvio Rivera e Gino Gianni.

La versione presenta fusoliera più lunga di 42 cm, impennaggio verticale di nuovo disegno con altezza diminuita di 30 cm., carrello principale e ruotino di coda rinforzati, ammortizzatori tipo Borrani a corsa maggiorata, radiogoniometro P.63N, autopilota Sperry-Salmoiraghi. Sono istallati motori Alfa Romeo 128 R.C.18 e la capacità di carburante è portata a 11.410 l. (8.330 kg.) in 27 serbatoi (di cui 15 in fusoliera). Il peso a vuoto dell’aereo completo, non verniciato, è di 9.429 kg., quello previsto a pieno carico di 21.050 kg.

 

 FIAT G.12RT MM.61677

 

Aeroporto di Pantelleria, estate 1943: triste fine del FIAT G.12RT. Alla prima missione notturna in favore di Pantelleria assediata viene disposta sul campo una fila di lam­pade senza alcuna segnala­zione del lato da tenere: il Comandante con posto di pilotaggio a sinistra, ritiene di doverle percorrere avendole da tale lato. Di differente parere gli orga­nizzatori della segnalazione per cui l'ae­reo rompe il carrello nel cratere di una bomba. Il danno a Pantelleria è irrimediabile e l'aereo vien sabotato prima della resa.

 

Il 24 settembre Federici comunica che il G.12RT deve ricevere allo scalo di Rangoon le insegne militari giapponesi, mentre continua la trasmissione di dati su aeroporti, lunghezza delle piste, condizioni meteorologiche. Ma il problema più grave rimane l’istallazione del radio faro a onde medie sull’aeroporto di Rangoon, che i giapponesi contano di poter istallare non prima di 4-5 mesi. Pertanto viene sospesa la preparazione del volo con il ritorno dei componenti dell’equipaggio ai reparti di provenienza.

 

Infine, il 10 dicembre 1942, nel corso di una visita al Ministero della Guerra giapponese, è detto bruscamente a Federici che l’istallazione del radio faro di Rangoon è sospesa a tempo indeterminato e si ritiene che la Regia Aereonautica abbia più gravi problemi da affrontare in Africa che non la preparazione del volo per Tokio.

 

Le grandi distanze e le obiettive difficoltà a percorrerle, i ritardi negli approntamenti logistici ma soprattutto le forti riserve e prevenzioni da parte giapponese limitano dunque ad un solo volo, i collegamenti tra Italia e Giappone nel corso della seconda guerra mondiale.

 

 

 

SINTESI STATISTICA DEL VOLO ROMA - TOKIO

Velivolo utilizzato

Savoia Marchetti S.75 RT

Numero Costruzione

32056

Data consegna

23 maggio 1942

Matricola Militare

60539

Matricola civile

I-BUBA

 

 

Equipaggio

I pilota

Tenente Colonnello
Antonio Moscatelli

II pilota

Maggiore
Mario Curto

navigatore

Capitano

Publio Magini

motorista

Maresciallo

Ernesto Leone

radiotelegrafista

Sottotenente
Ernesto Mazzotti

 

 

ANDATA

29.6.1942
Guidonia – Zaporoz’e

Ora partenza

Ora arrivo

Durata del volo

Chilometri percorsi

0526

1410

8h 50’

2.030

30.6 – 1.7.1942

Zaporoz’e – Pwa Tan Chen

2006

1720

21h 30’

6.000

3.7.1942

Pwa Tan Chen – Tokio

0535

1500

9h 25’

2.700

 

RITORNO

15 - 16.7.1942
Tokio – Pwa Tan Chen

Ora partenza

Ora arrivo

Durata del volo

Chilometri percorsi

2220

1040

12h 20’

2.700

18 - 20.7.1942

Pwa Tan Chen – Odessa

2353

0530

29h 27’

6.350

20.7.1942

Odessa – Guidonia

1300

1950

6h 50’

1.700

 

 

Totali dei chilometri percorsi e delle ore di volo

 Andata: totale chilometri percorsi

10.730

Ritorno: totale chilometri percorsi

10.750

Totale complessivo chilometri percorsi

21.480

 

 

Andata: totale durata

39 h 45’

Ritorno: totale durata

48 h 37’

Totale complessivo durata

88 h 22’

 

I dati in ora e giorni sono espressi secondo l’ora legale vigente in Italia

 

 

 Ali di Guerra volo Roma - Tokio 1942


Ali di Guerra volo Roma - Tokio 1942

 

Questo numero di “Ali di Guerra” è dedicato al lungo volo che ha unito in andata e ritorno Roma a Tokio. Protagonisti del lungo volo descrivono in queste pagine, con una competenza indiscutibile, i vari lati del problema della preparazione ed esecuzione di voli consimili.

 

 

Si possono effettuare collegamenti regolari su lunghi percorsi con tappe superiori ai 5.000 km.? noi pensiamo che sia possibile e se questa nostra affermazione potrà sembrare a priori troppo ottimistica, in realtà non lo è.

 

Basta esaminare la breve storia dei primi collegamenti aerei per essere della stessa opinione. Si è incominciato con tappe di soli 200 km. per arrivare alle regolarissime traversate atlantiche di 3.000 km. ed ai magnifici voli notturni del S.A.S. che hanno permesso sino all’ultimo di mantenere i collegamenti con l’Impero.

 

Anche in questi voli, l’assistenza meteorologica e radio erano minime, a volte nulle, eppure la meta era raggiunta sempre, trasportando centinaia di kg. di posta, materie prime, medicinali: tutto quello che poteva essere importante merce di scambio particolarmente utile ai nostri combattenti.

I primi collegamenti a carattere sperimentale rappresentano sempre una grave incognita, poi si accumula esperienza e per ultimo quello che sembra un assurdo si dimostra possibile, regolare, direi quasi relativamente facile.

 

Naturalmente bisogna attenersi scrupolosamente a quelle norme che lo studio e l’esperienza consigliano.

Per la meteorologia, specialmente in tempo di guerra, dato che non è possibile avere i dati delle varie stazioni sinottiche, lo studio delle previsioni di rotta costituisce un problema difficile, ma non insuperabile.

 

 

DIREZIONE E ORGANIZZAZIONE

 

l’organizzazione del volo è stata predisposta e diretta dal Gabinetto dell’Aeronautica. Noi siamo stati sotto le direttive del Capo di Gabinetto e di due suoi diretti collaboratori, che ci hanno agevolato in tutte le nostre richieste. L’organizzazione è stata perfetta, potrei dire meticolosa in tutti i minimi particolari; sono lieto di poter ringraziare pubblicamente tutti coloro che hanno collaborato e ci hanno agevolato il compito. La cosa principale era l’organizzazione, la seconda era la messa a punto del velivolo e per ultimo, nei riguardi dell’effettuazione del volo, eravamo sicuri solo di noi.

MOSCATELLI

 

 

Lo spostamento delle masse d’aria in determinati mesi permette di effettuare uno studio che in grandi linee è più che sufficiente per la navigazione. È possibile avere sempre, grazie alle conoscenze generali della zona da sorvolare, previsioni di rotta valevoli per 48 ore.

 

L’Ufficio delle Telecomunicazioni della R. Aeronautica ha nel nostro volo dato una dimostrazione chiarissima delle sue grandi possibilità. Abbiamo ormai geofisici in Italia la cui esperienza non ammette dubbi di sorta. Ricordo riconoscente il buon dottor Napoletano che all’Isola del Sale ci forniva, con dati eccezionalmente limitati, le previsioni di rotta da Rio de Janeiro a Roma. Lo chiamavamo l’« azzeccometro » e a buon diritto, perché le sue previsioni erano sempre esatte.

 

 

VITA DELL’EQUIPAGGIO

 

A bordo, durante il volo, venivano fatti brevi turni di riposo tra i componenti dell’equipaggio.

CURTO

 

La vita a bordo è stata caratterizzata da pazienza e attenzione. Abbiamo fatto sostanzialmente vita in comune dandoci dei turni di riposo.

Malgrado l’intenzione di non mangiare, l’andamento del volo – così regolare e normale – ci ha conciliato l’appetito, inducendoci a dar fondo alle scorte di viveri costituite da pollo e caffè, oltre generi di lunga conservazione.

MAGINI

 

 

Cominciamo ad esaminare come dovrebbe essere formato l’equipaggio. I vari componenti di esso debbono essere scelti opportunamente, decisamente, senza dubbi di sorta. L’affiatamento di un equipaggio costituisce in voli del genere uno dei principali fattori di successo. I piloti dovrebbero avere tre ruoli ben distinti: un comandante, un navigatore, un secondo, un radiotelegrafista sperimentato su voli a grande raggio e che abbia effettuato un corso di volo senza visibilità ed un motorista abilissimo, vero tecnico di bordo.

Il pilota che a bordo ha le mansioni di navigatore deve essere un vero ufficiale di rotta e deve essere perfettamente preparato a risolvere tutti i problemi inerenti la navigazione ed in particolare quelli della navigazione astronomica.

 

Non voglio dilungarmi su questo argomento che ritengo di principale importanza: dirò solo che io critici, e sono molti, ignorano i nuovi praticissimi sistemi che consentono di fare il punto in brevissimo tempo. In questo modo il Comandante potrà essere veramente agevolato. La sua azione sarà di controllo per quanto riguarda la navigazione, mentre la sua azione vera, oltre le difficili manovre derivanti dal fortissimo carico e dagli atterraggi notturni, consisterà nella scelta delle varie rotte a seconda delle condizioni atmosferiche, cioè dovrà vedere il tempo il che costituisce il problema più importante che solo la sua esperienza personale dovrà risolvere.

 

 

IL VELIVOLO E LE SUE PARTI

 

La messa a punto del velivolo è stata curata da un ufficio dello Stato Maggiore della R. Aeronautica, e posso con sincerità assicurare che tutti gli strumenti hanno perfettamente funzionato.

MOSCATELLI

 

Tutto il materiale impiegato era italiano; non avevamo neppure un rubinetto che non fosse costruito dalle nostre maestranze.

MOSCATELLI

 

 

Per il velivolo da usare un lunghi voli dico subito che esso deve essere accuratamente sperimentato in tutti i suoi particolari. Ogni innovazione che non abbia avuto una conferma pratica in volo costituisce un ingrombo inutile.

 

Il quadrimotore dovrebbe essere preferito. Non è necessaria una macchina molto veloce, mentre è della massima importanza poter effettuare la navigazione in particolari condizioni anche a quote superiori ai 6.000 metri.

 

Autopiloti, strumentazione moderna, tutto quanto è stato precedentemente sperimentato con ottimi risultati non deve essere trascurato, ma se possibile migliorato.

Il problema del ghiaccio, che riamane ancora il pericolo maggiore, deve essere una volta per sempre risolto. È necessario.

 

Rimane ora da esaminare una questione importante.

È opportuno eseguire collegamenti fra due paesi lontanissimi con un solo velivolo?

Noi che abbiamo felicemente compiuto il volo Roma-Tokio partendo ed arrivando con lo stesso aeroplano siamo di avviso che, analogamente a quanto è stato fatto sulle rotte atlantiche, su ogni tratto debbono effettuare servizio determinati equipaggi con i loro velivoli. A parte i grandi vantaggi tecnici che, per maggiore disponibilità di tempo nei vari scali, consentono di effettuare quelle accurate revisioni necessarie ai motori e all’aeromobile, si arriverà ad una vera specializzazione nel percorso, in modo che gli equipaggi, percorrendo sempre la stessa rotta, finiranno col conoscerla in tutti i suoi dettagli e si otterrà così da loro il massimo rendimento, sicuro indice di successo.

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 Ali di Guerra volo Roma - Tokio 1942


Ali di Guerra volo Roma - Tokio 1942

 

 

Un lungo volo è una di quelle azioni dell’ardire umano che non possono essere attuate con probabilità di successo senza un attento studio e una accurata preparazione. Mentre la vera fase del volo dura poche ore, al massimo una trentina, la preparazione richiede più settimane e talvolta qualche mese.

Per i lunghi voli del tempo di guerra si aggiungono la necessità di elaborare codici speciali di comunicazione e di segnalazione e la necessità di mantenere il segreto fino a impresa compiuta.

 

 

I METODI DI NAVIGAZIONE AEREA

 

I metodi di navigazione aerea astronomica sono stati modificati e direi migliorati rispetto a quelli abituali, in modo da consentire una navigazione quasi perfetta.

MOSCATELLI

 

Noi avevamo predisposto di avere con estrema rapidità e con la massima regolarità il punto ricercato approssimativamente in un termine di 40 o 50 secondi. Ciò rappresenta, nel campo della tecnica, un fatto eccezionale. Siamo certi che questi metodi ulteriormente diffusi potranno dare alla navigazione aerea una garanzia in misura quale oggi non è ancora assicurata. L’importante, comunque, è mettere in evidenza che su un percorso così lungo, noi dovremmo mettere in bilancio la possibilità di incontrare tempo profondamente avverso anche per alcune migliaia di chilometri. Nonostante le condizioni di carico in cui eravamo, noi ci sentivamo sicuri di poter superare ogni eventuale difficoltà e ciò significava di essere sicuri anche attraverso le nubi; altrimenti, avremmo urtato contro le montagne.

MAGINI

 

Noi abbiamo seguito tutti i metodi di navigazione, in modo che gli uni si integrassero con gli altri avendo previsto tutte le difficoltà che si potevano incontrare e le relative difficoltà per sormontarle: insomma, la gamma delle nostre possibilità copriva la gamma di tutte le difficoltà che si potevano incontrare.

MAGINI

 

 

Deciso dunque il volo e designato l’equipaggio e il velivolo, si tratta anzitutto di affiatare alla perfezione le quattro o cinque persone e la macchina che avranno destino comune fino al ritorno. Occorrono dei voli di prova, generalmente scelti su percorsi non facili e con tempo non buono, e lunghe ore di discussione in comune, a tavolino, dinanzi alle carte di rotta.

Mano a mano vengono precisati i dati e le decisioni vengono segnate in un quaderno che va sempre più arricchendosi di elementi conosciuti e di particolari studiati. Questo quaderno sarà poi il più prezioso documento da portare a bordo. Con la carta spiegata sotto gli occhi e le caratteristiche del velivolo ben chiare nella mente, si decide il percorso che dovrà essere seguito e la condotta di volo che dovrà essere osservata, e si cerca di costruire nella immaginazione tutto quello che potrà poi presentarsi nella realtà. Insomma, perché un volo difficile sia ben preparato, occorre che prima sia ben immaginato.

 

Finita la preparazione, controllata in ogni parte la macchina, si carica a bordo il necessario: strumenti, indumenti pesanti, viveri e armi; e, dato un addio agli amici, si parte.

 

Comincia l’avventura.

 

 

MOTORI PER IL LUNGO VOLO

 

Alla domanda se i motori hanno avuto particolari bisogni di revisione: “dopo tre giorni l’apparecchio era pronto per il volo di ritorno”.

I nostri sono del tipo 128, ideati e costruiti in Italia dall’Alfa Romeo, ed hanno funzionato in modo perfetto, sia all’andata che al ritorno.

MOSCATELLI

 

 

Volare bene, in questi casi, significa sostanzialmente navigare bene. E navigare bene significa adoperare tutti gli strumenti, conoscere il moto del sole e degli astri, conoscere a fondo il tempo più o meno cattivo. È inevitabile, infatti, che su percorsi di seimila-ottomila-diecimila chilometri di seguito si incontri ogni tipo di tempo e di temporale. Ma se la macchina è veramente ben preparata e l’equipaggio addestrato, le difficoltà non sono poi così grandi come si possono pensare.

 

L’ufficiale di rotta, che ha la responsabilità del percorso, divide il suo tempo tra la consultazione della carta (ce ne sono sempre almeno quattro o cinque diverse, più o meno dettagliate), il riconoscimento del terreno (quando è visibile), le osservazioni astronomiche (quando è visibile il cielo e invisibile o irriconoscibile la terra), e il collegamento con il marconista di bordo, quando è possibile avere comunicazioni via radio relative alla rotta.

 

Il suo compito base è insomma quello di essere in grado di rispondere in ogni istante alla domanda: « dove siamo?! » con un sicuro: « Siamo qui » indicando un puntino sulla carta.

 

 

TOKIO E I NIPPONICI

 

Circa il bombardamento effettuato dagli americani su Tokio, sono ridicole le affermazioni americane poiché solo due o tre casette sono state danneggiate mentre la maggior parte delle bombe sono cadute a diversi chilometri dall’abitato.

MOSCATELLI


Siamo stati ricevuti da rappresentanze militari e diplomatiche: per la stampa vi era un solo incaricato ufficiale del Governo. Da parte dei camerati nipponici le accoglienze sono state calorose.

MOSCATELLI


Sullo spirito militare dei Giapponesi è inutile parlare; in Giappone questa guerra è sentita da tutti. I Nipponici seguono quotidianamente i successi dell’Asse e sono particolarmente soddisfatti dai risultati raggiunti. Le loro espressioni di simpatia sono sincere. Una delle cose che ha colpito il nostro orgoglio di italiani è stata l’inaugurazione della Mostra Leonardiana che ha avuto luogo a Tokio in questi giorni con grande successo.

Deve essere particolarmente sottolineata la grande ammirazione con cui i Capi militari giapponesi parlano della genialità del nostro Duce.

MOSCATELLI

 

Il messaggio indirizzato al Capo del Governo Italiano è stato consegnato all’equipaggio dal Primo Ministro Tojo.

MOSCATELLI

 

 

Qualche volta si presenta il caso che, per diverse ore, manchi ogni possibilità di osservazione precisa: il cielo non si vede, la terra non si riconosce, la radio tace, e allora il disgraziato ufficiale di rotta si lambicca il cervello tra bussola e cronometro e ogni poco fa delle crocette sulla carta e si sforza di credere: « Siamo qui », ma poi, novantanove volte su cento, non resiste alla tentazione di « tenersi dalla parte della ragione » consigliando una piccola deviazione sulla destra o sulla sinistra.

 

Così passano le ore, sei, dodici, diciotto, ventiquattro, trenta ore, e sono terribilmente lunghe. Fortuna che ilk da fare non manca e il cervello non ha tempo di impigrirsi. Il cervello, anzi, macina pensieri più che l’aeroplano chilometri. E tra tanti anche qualche pensiero cattivo: se si rompe qualcosa, se ci fanno prigionieri, (a proposito, di chi sarebbero prigionieri, in questo momento?); se troveremo tempaccio a fine rotta quando saremo stanchi, e così via. Ma i pensieri cattivi non durano: c’è dentro una gioia, una soddisfazione così grande, una quiete così completa, un affetto così elevato per tutti i cari lontani (lontani veramente, in un mondo così diverso) che ci si sente, a momenti più leggeri dell’aria che si vola, più tersi del cielo che si traversa, più tesi del vento che ci contrasta.

 

Bruscamente si cade nella realtà: in uno spiraglio si vedono le stelle: dài mano al sestante, misure, tavole, logaritmi, somme e sottrazioni, ecco qua latitudine e longitudine, e subito una crocetta sulla carta: « Siamo qui » – Antares – ore 21,30.

 

 

IL TEMPO IMPIEGATO DA ROMA A TOKIO

 

In quattro giorni abbiamo raggiunto Tokio ed in quattro siamo tornati a Roma. La sosta a Tokio è durata 12 giorni.

MOSCATELLI

 

La permanenza a Tokio è stata protratta per consentire alcuni studi, insieme con ufficiali nipponici, relativi alla eventuale futura istituzione di un normale collegamento aereo

MOSCATELLI

 

 

E così via, e così via, e così via: poi a un bel momento, si vede la terra di casa, è una grande commozione, così lontana e vaporosa, e laggiù ci sono i miei che mi aspettano, e se tira un po’ più di motore e si sta col fiato un poco sospeso fino a quando, ecco, siamo arrivati.

E, per questa volta, è fatta.

 

PUBLIO MAGINI

 

 

È STATO MANTENUTO IL COLLEGAMENTO RADIO CON LE ALTRE NAZIONI?

 

Noi, per sicurezza militare, avevamo interrotto qualsiasi comunicazione radio per non essere intercettati dal nemico.

MAGINI

 

 

IL CARICO TRASPORTATO

 

Il carico era costituito soltanto da messaggi.

MOSCATELLI

 

A richiesta circa la possibilità di poter trasportare dei passeggeri, affermo che sarebbe stato possibile.

MOSCATELLI

 

A bordo vi erano armi e viveri per un eventuale atterraggio forzato in territorio nemico.

MOSCATELLI

 

 

 

 

Ali di Guerra volo Roma - Tokio 1942

 

Ali di Guerra volo Roma - Tokio 1942

 

 

Verso l’ora del tramonto di una giornata nuvolosa, da uno squarcio azzurro tra due nembi grigi, sbuca all’improvviso all’orizzonte del campo la sagoma imponente del trimotore a grande autonomia « Savoia Marchetti »  che torna da Tokio, si avvicina rapidamente e con manovra brillante atterra.

 

In quest’Era Fascista ardimentosa ed eroica che viviamo la fantasia non riesce a tener dietro alla realtà. Questo apparecchio che ora vediamo fermo e tranquillo come un gigante che riposa, partì qualche giorno fa per Tokio ed ora è già di ritorno, dopo aver compiuto un volo di oltre 26.000 km. dal Mediterraneo Centrale alle coste asiatiche del Pacifico e viceversa, attraversando immensi deserti ignoti, impervie catene di montagne eccelse e tempestosi oceani.

 

Se richiamiamo alla memoria, o meglio prendiamo una carta geografica del continente Eurasiatico e ne analizziamo la distribuzione delle terre, dei fiumi, delle montagne, dei mari e degli oceani, v’è da smarrirsi nella ricerca di una rotta che congiunga agevolmente von buon coefficiente di sicurezza le capitali d’Italia e del Giappone.

 

I mari d’Italia e il mare del Giappone sono compresi tra gli stessi paralleli geografici, ma tra essi si estende e si sviluppa nella sua maestosa imponenza la grande fascia delle Alte Terre che avvolgendo a mo’ di cintura il continente Eurasiatico, intorno al 35° parallelo Nord, lo divide in due parti a climi profondamente diversi: a Nord la sconfinata pianura Siberiana degradante verso il mare Glaciale Artico; a Sud i bassopiani delle tre grandi penisole dell’ Arabia, dell’India e dell’Indocina che si protendono nell’Oceano Indiano.

 

Qualunque sia la rotta che si segue per andare dall’Italia al Giappone, si va sempre incontro ad una grande varietà di climi ed a fenomeni atmosferici che presentano spesso ostacoli insormontabili.

 

Pertanto, solo in base ad una profonda preparazione scientifica, condotta con scrupolosa esattezza sugli aspetti geografici e meteorologici delle vastissime regioni attraversate, il ten. col. Antonio Moscatelli, con il suo valoroso equipaggio composto dal magg. Pilota Mario Curto, dal capitano pilota Publio Magini, dal sottotenente radioaerologista Ernesto Mazzotti e dal maresciallo motorista Ernesto Leone, ha potuto compiere questo volo prodigioso.

 

Dai cieli tersi e miti del Mediterraneo ai passa alla rovente atmosfera dell’Arabia, di frequente torbida per le violente tempeste di sabbia che si sollevano dalle immense regioni desertiche e si avventano all’orizzonte sino ad oscurare il sole.

 

Dall’Arabia navigando verso levante, si sorvola la fascia delle alte terre su cui sovrasta sempre una atmosfera molto turbolenta per la presenza dei rilievi montuosi a grande sviluppo verticale come l’altopiano dell’Iran e il nodo del Pamir, detto il tetto del mondo. Dal Pamir si dipartono, spingendosi verso le coste orientali dell’Asia, la  catena del Caracorum da cui svetta il monte Dampsang alto 8610 m. e la catena dell’Himalaia da cui si estolle il famoso Monte Everest alto 8882 m., che sembra il grande albero maestro di questo antico vascello-Terra che da millenni naviga instancabilmente intorno al sole. Vasti ghiacciai si estendono sui fianchi meridionali delle catene montuose che ricevono dal monsone estivo enormi quantità di pioggie nella fascia ietometrica più intensa di tutto il mondo. Nella regione di Cerrapongi sotto l’Himalaia cadono oltre 12 metri di pioggia all’anno. È la maggiore piovosità della terra. In Italia nel distretto più piovoso delle Alpi Orientali si supera di poco il metro e nella Tripolitania si ha molto meno di mezzo metro di pioggie annue.

 

Dall’Arabia, navigando per Sud-Est, si passa All’Oceano Indiano che in questa stagione estiva  è sede dei monsoni di Sud-Ovest, i quali apportano sulle regioni occidentali dell’India, sul Golfo del Bengala e sull’Indocina quella umida atmosfera densa di nubi e di pioggie torrenziali che caratterizzano quelle regioni.

 

I monsoni soffiano da Sud-Ovest nel periodo che va da aprile a settembre, poi si invertono e soffiano da Nord-Est nel periodo che va da ottobre a marzo.

 

Si ammette che essi siano prodotti dal riscaldamento eccessivo del continente asiatico in estate e dal suo riscaldamento nell’inverno, mentre il grande Oceano Indiano fa da regolatore termico dell’atmosfera, spingendo le sue fresche masse di aria verso il continente asiatico riscaldato d’estate e assorbendo le fredde masse d’aria che provengono dal continente asiatico raffreddato d’inverno.

 

A questo ritmico movimento di va e vieni delle masse d’aria, a questo alterno respiro della terra e del mare da cui dipendono il regime delle pioggie, la complessa idrografia, il regime delle piene dei grandi fiumi e il clima in generale, sono legate le attività umane e le immense ricchezze agricole dell’Asia meridionale.

 

 

PREPARAZIONE ED ESECUZIONE

DAL PUNTO DI VISTA METEOROLOGICO

 

Per quanto concerne le condizioni atmosferiche, l’Ufficio Centrale delle Telecomunicazioni della R. Aeronautica, ci ha fornito dati che sono risultati esatti.

MOSCATELLI

 

Naturalmente in alcuni tratti noi non eravamo nelle condizioni più favorevoli di volo, in quanto esistono zone battute dai monsoni di Sud-Ovest. Però le difficoltà offerte al volo da questi venti sono risultate più teoriche che pratiche, poiché abbiamo superato le zone con relativa facilità.

MOSCATELLI

 

In partenza da Tokio abbiamo incontrato tempo coperto e vi è stata qualche lieve difficoltà superata brillantemente,

MOSCATELLI

 

Alla domanda: avete avuto qualche momento di particolare difficoltà? “Possiamo dire di no. Va considerata la grande estensione del territorio sorvolato, quindi se anche effettivamente c’è stata qualche zona con condizioni atmosferiche sfavorevoli, rispetto alla durata del volo è stata così limitata da non prendersi in seria considerazione”,

MAGINI

 

 

All’epoca dell’inversione dei monsoni, l’Oceano e l’atmosfera sono in preda a violente commozioni, note sotto il nome di tifoni, che hanno disastrose conseguenze, specie nel Golfo del Bengala, presso l’isola del Borneo, presso l’Arcipelago del Giappone e sulle coste orientali dell’Asia.

 

I tifoni presentano gravissimi pericoli per la navigazione, tanto per la violenza degli elementi che per la subitaneità della loro apparizione e la incertezza del loro spostamento capriccioso. Hanno diametro variabile fra i 400 e i 2000 km., il vento in essi insorge violento e può oltrepassare la velocità di 200 km/h. come avvenne nel tifone di Manilla del 20 ottobre 1882.

 

Al loro passaggio il cielo si oscura improvvisamente di nubi tenebrose che rovesciano cateratte di pioggie mentre le acque dell’Oceano si sollevano, si gonfiano e le creste delle onde si scagliano in alto sino a raggiungere l’imboccatura della ciminiere delle grandi navi.

 

Entrare nel raggio di un tifone spesso vuol dire perdere ogni speranza di uscirne.

 

Per fortuna, la meteorologia ha compiuto grandi passi verso la conoscenza delle cause fisiche di queste pericolose commozioni del cielo e quando disponga di una buona rete di osservatori distribuiti nei punti strategici del loro probabile cammino riesce a stabilirne, attraverso lo studio attento e sistematico delle carte isobariche (vedasi fig.1), con sufficiente anticipo, lo sviluppo e la traiettoria, rendendo così grandi servigi alla sicurezza della navigazione aerea e marittima.

 

Ma quale rotta ha percorso il colonnello Moscatelli per compiere in modo così brillante e rapido un volo tanto lungo e difficile?

 

Ciò rimane un segreto del Comandante, che valendosi della sua meticolosa preparazione e delle altre possibilità tecniche dell’apparecchio, forse, durante lo svolgimento del volo, tenendo ben ferma nel suo spirito la meta da raggiungere, avrà portato decidere ed effettuare quelle piccole o grandi deviazioni che la situazione bellica del terreno sottostante e la situazione barica della stratosfera sovrastante gli hanno consigliato, per condurre felicemente a termine la missione.

 

Di entrambe le situazioni il colonnello Moscatelli era a perfetta conoscenza e su entrambe il suo perfetto intuito ha trionfato.

 

R. DI MAIO

 

 

QUALE ROTTA HANNO PERCORSO?

 

Noi abbiamo una rotta molto a sud: partiti da una base avanzata del Mediterraneo Orientale, abbiamo attraversato l?Asia Media ed Orientale su paesi completamente controllati dal nemico e facendo quindi tappa in una base sotto controllo nipponico, abbiamo raggiunto Tokio.

MOSCATELLI

 

Questa rotta era stata ampiamente studiata fin dal tempo di pace poiché era seguita da due società di navigazione aerea e cioè la K.L.M. che gestiva la linea Batavia-Amsterdam e l’Air France che gestiva la linea con l’Indocina, inotre i nostri camerati Tedeschi avevano effettuato dei voli, sempre in tempo di pace, a scopo sperimentale, voli che venivano sospesi due mesi l’anno a causa del monsone di Sud Ovest.

MOSCATELLI

 

Alla domanda se l’aereo ha seguito la stessa rotta sia all’andata che al ritorno:

“In linea di massima si”
“Vi chiediamo di non chiederci altre spiegazioni sulla rotta”

MOSCATELLI

 

Nel volo di ritorno abbiamo provato una forte emozione rivedendo il litorale adriatico.

MAGINI

 

 

LA QUOTA DEL VOLO

 

Il volo si è svolto alla massima altezza possibile.

MOSCATELLI

 

L’apparecchio era dotato di ossigeno, dato che la quota di navigazione superava i 4000 metri.

MAGINI

 

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