Uomini

Difendiamo l'industria aeronautica Italiana

Il seguente articolo dell’Ingegner Agostino Ponta, la cui cognizione dobbiamo alla cortesia della figlia Signora Anna, ci porta ai difficili anni dell’immediato dopoguerra (Non ne è nota né la pubblicazione ove venne edito e neppure la data, desumibile - si parla tra l’altro delle clausole del trattato di pace - negli ultimi anni 40). Evidente la preoccupazione di un collasso industriale italiano (in effetti il gruppo aeronautico Caproni, che nel 1938 assommava il 28% delle maestranze del settore, fu costretto a chiudere i battenti) fa rivendicare le realizzazioni degli anni precedenti e ci fornisce maggiori informazioni sugli sviluppi progettuali dei velivoli da combattimento della Ditta di Sesto Calende. Da rivelare un probabile lapsus: il velivolo quadrimotore nominato dovrebbe essere l’SM.95  e non 94. (g)

 

 Ing. Agostino Ponta

 

DIFENDIAMO L'INDUSTRIA AERONAUTICA ITALIANA

 

Ing. Agostino Ponta

 

 

L'industria aeronautica italiana è forse la sola, fra quelle non aventi carattere esclusivamente bellico, che è stata duramente colpita dall'ultima guerra mondiale. Infatti prima delta guerra l'Italia contava industrie come la SIAI - FIAT - CAPRONI - BREDA - C.R.D.A. - MACCHI - IMAM - PIAGGIO - REGGIANE ed altre minori, e fra queste ad esempio la SIAI di Sesto Calende dava lavoro a novemila operai.

Nei complesso, sia pure trascurando le industrie minori sviluppatesi durante il periodo bellico, decine e decine di migliaia di lavoratori erano occupati  nelle costruzioni aeronautiche e se il lettore è in grado di spogliarsi sia della mania di grandezza dei tempi prebellici e sia della esterofilia che n ritornata in Italia nel periodo postbellico, deve riconoscere obbiettivamente che nelle costruzioni aeronau­tiche ci contendevamo il primato mondiale. È purtroppo inspiegabile come le costruzioni motoristiche per l'aeronau­tica non ebbero da noi quell'impulso che sarebbe stato ne­cessario e che senza dubbio avrebbero potuto dare la FIAT e la ISOTTA FRASCHINI continuando sulla vecchia strada.

La ragione ci sarà stata (e certamente va cercata fra i motivi commerciali) a soffocare gli sviluppi tecnici.

Ciononostante ripetiamo che si fece molta strada e non si deve dimenticare che prima della guerra l'industria aeronautica italiana non costruiva solo per l'Italia, ma espor­tava la sua produzione all'estero. La SIAI ad esempio co­struiva aeroplani per il Belgio, la Rumenia, la Russia, la Cina, la Cecoslovacchia etc.

Tralasciando i voli di De Pinedo, di Balbo, il record di Agello, la Istres, Damasco, etc., bisogna ricordare altri pri­mati italiani che sono rimasti nell'ombra prima per segreto militare, e poi perché travolti dalla baraonda della guerra.

Il bombardamento in picchiata ad esempio fu studiato e realizzato già nel 1937 in Italia quando alla SIAI si costruì il bimotore S.85 autarchico e costruttivamente tanto sem­plice da poter essere realizzato anche presso le più modeste falegnamerie. Ci si preoccupò di poter eseguire il bombardamento col velivolo perfettamente sulla verticale e si do­vette risolvere il problema dello sganciamento della bomba e della realizzazione di un freno aerodinamico molto efficiente e che nello stesso tempo non desse perturbazioni sui piani coda e non pregiudicasse la stabilità del velivolo. Ci si preoccupò di tenere la bomba nell'interno della fusoliera ed allontanarla da questa con un parallelogramma il quale entrando in funzione apriva anche gli sportelli del vano bomba.

Si costruì il prototipo e poi dodici esemplari per esercitazioni che si concluse con una dimostrazione pratica di bombardamento a Furbara in presenza di Hitler, durante la sua visita ufficiale in Italia.

Questo S.85 non aveva la pretesa di possedere linee aero­dinamiche piacevoli, ma fu disegnato volutamente senza ricercatezze ed in legno perché potesse esser costruito con materiali autarchici ed in qualsiasi officina, o per meglio dire falegnameria.

Il concetto era giustissimo e l'esperimento riuscì, però dopo la parata ad Hitler, invece di perfezionare, semplificare e migliorare sia il velivolo che il bombardamento in picchiata, tutto cadde nel dimenticatoio.

All'inizio della guerra i tedeschi vennero fuori con lo Stukas come i precursori del bombardamento in picchiata facendo dei modesti adattamenti ad un comune velivolo a carrello fisso e senza realizzare il bombardamento a 90°.

Tutti conoscono lo Stukas e nessuno I'S.85 costruito a Sesto Calende e che servì ai tedeschi per la realizzazione dello Stukas.

Nel 1943, sempre e Sesto Calende alla SIAI vi erano in collaudo 4 prototipi e precisamente:

SM. 91 — bimotore metallico con due snelle travi di coda e piccola fusoliera centrale con elevata finezza aerodinamica:

SM. 92— bimotore derivato dall’SM.91 con due travi di coda senza navicella centrale e col pilota non in mezzeria perché posto in una delle due piccole fusoliere o travi di coda;

SM. 94 — quadrimotore con brillanti caratteristiche di volo e di stabilità, sempre in rapporto alla potenza installata (oggi usato sulle linee civili);

SM. 93 — monomotore che rappresenta un altro primato italiano e sul quale scriverò qualche riga in più perché pro­gettato aerodinamicamente e costruttivamente dallo scri­vente.

Si voleva realizzare un velivolo manovrato da un pilota in posizione prona perché da studi in volo fu accertato the il corpo umano sottoposto ad una forza centrifuga sopporta, quando è in posizione prona, accelerazioni quasi doppie di quando trovasi in posizione seduta. Ne segue che un pilota in posizione prona può effettuare richiamate con raggi di curvatura minori che in posizione seduta, senza perdere la conoscenza.

Oltre alla predetta particolarità il pilota in posizione prona può realizzare un puntamento migliore ed una visibilità maggiore perché in sostanza assume la posizione di un uccello.

La struttura del velivolo. doveva essere realizzata con ma­teriali disponibili in Italia e perciò non vi era altra scelta che il legno faggio, non avendo noi lo spruce e dato che il duralluminio cominciava a scarseggiare. Il coefficiente di robustezza a rottura fu  stabilito pari a 14.

La soluzione col bimotore era più istintiva per dare la migliore visibilità al pilota, ma la nostra disponibilità di motori era limitatissima e perciò era necessario orientarsi sul monomotore.

 

 

 Savoia Marchetti SM.93

Nel 1943, quando il prototipo dell' S.M. 93 era pronto per i voli di collaudo, il comando dell'Aviazione tedesca, in seguito alla di­chiarazione di armistizio, occupò il campo di Sesto Calende. I voli di collaudo furono egualmente eseguiti sotto le direttive dei Comando tedesco. Per questo nella foto i contrassegni sono quelli della Luftwaffe.

 

Riassumendo, quindi, si trattava di realizzare un monomotore in legno e 14 coefficienti con pilota prono, veloce conte un caccia ed atto a portare un siluro oltre a cannon­cini e mitragliatrici in offesa e difesa.

L'apparecchio aveva il compito di volare ad alta quota ed, individuata la nave da colpire, tuffarsi in picchiata senza freni aerodinamici raggiungendo la velocità limite, la quale, essendo prossima s quella del suono, dava la possibilità al velivolo di piombare sul bersaglio senza essere udito preventivamente.

La posizione prona del pilota avrebbe permesso, in pros­simità del bersaglio, una richiamata molto più stretta di quelle possibili col pilota seduto a parità di velocità e, sganciato il siluro, il velivolo sì sarebbe comportato sia per caratteristiche aerodinamiche che per armamento, come un apparecchio da caccia.           .

Il velivolo SM.93 con struttura completamente in legno (ala e due longheroni e fusoliera a guscio a sezione ellittica) motore D.B.605 in linea fu costruito in due esemplari, il primo dei quali doveva decollare nel primo volo sperimentale col pilota in posizione prona.

Si stavano per cominciare le prove di collaudo quando nel 1943 avvenne quel che tutti ricordano e la SIAI da quel giorno lavorò seguendo le direttive del comando tedesco.

Comunque al maresciallo Rosei, il più giovane dei piloti collaudatori della SIAI, fu affidato l'incarico dei voli spe­rimentali dell'SM.93 che decollò per la prima volta col pilota in posizione prona, il che era rischiosissimo perché, oltre a trattarsi di un velivolo al primo volo e quindi con gli impennaggi messi a punto soltanto teoricamente, vi era la pedaliera che comanda il timone di direzione in posizio­ne, se si vuole, rovesciata rispetto alla posizione normale del pilota seduto.

Questo particolare è importante perché il pilota nei momenti difficili reagisce con i movimenti istintivi abituali e non ha tempo di pensare preventivamente quale piede deve spingere per girare o correggere la direzione. Ora nel primo decollo e nel primo atterraggio con un velivolo spe­rimentale un attimo d'indecisione può essere fatale.

I risultati sperimentali furono migliori dei preventivati e pur trattandosi di un velivolo con 31 mq. di superficie alare con 177 Kg/mq. di carico alare e 47,5 HP/mq. di potenza per mq., si ottenne una velocità massima supe­riore ai 600 Km/h.

Il velivolo costruito per esser pilotato in posizione prona poteva esser messo in serie nella versione normale con pi­lota seduto, montando una diversa carenatura del parabrez­za, arretrandolo e variando la barra di comando e cruscotto. Tutte le strutture del velivolo restavano invariate.

Questi voli sperimentali portarono alla conclusione che nel volo normale in alta quota la posizione prona affatica eccessivamente il pilota nella respirazione perché con la depressione in quota il peso del corpo sulla casa toracica per lungo tempo affatica e pertanto sarebbe stato preferibile far pilotare il velivolo da un pilota nella posizione seduta nello fasi normali di volo e lasciare i comandi ad un secondo pilota nella posizione prona nella fase del attacco.

Finite le prove sperimentali 1'SM.93 fu lasciato inoperoso insieme ai fratelli SM.91- 92 - 94         — tutti apparecchi con brillanti caratteristiche — perché era inutile iniziare nuova serie di velivoli quando mancava la benzina per far volare quelli che erano già in produzione di serie.

Anche per il velivolo a reazione l’Italia costruì il suo primo velivolo nel 1939-40 e precisamente il Caproni C-C-2, il quale, se pure non era azionato da un moderno turbo­reattore, era pur sempre un velivolo a reazione dato che non era provvisto della classica elica.

Non sono a conoscenza delle cause per le quali, dopo i primi voli. questo velivolo, che ripetiamo aveva soltanto un carattere sperimentale, sparì dai campi di volo, ma probabilmente le cause saranno state quelle stesse che ci hanno portato alla situazione del 1943.

 

Concludiamo con l'affermare che l'Italia coi pochi mezzi disponibili senza materie prime e con le insufficienti gallerie aerodinamiche di cui disponeva era all'avanguardia nelle costruzioni aeronautiche.

Dal 1945 soltanto oggi sta riprendendo timidamente a co­struire qualche prototipo, ma questi otto anni di inattività impostici dal trattato di pace hanno letteralmente distrutto tutte le nostre maggiori industrie e forse soltanto la FIAT ha potuto tenere in vita un complesso tecnico efficiente perché quest’industria con i guadagni dell'attività automobili­stica ha avuto la forza economica di resistere ed alimentare passivamente il settore aeronautico.

Le altre industrie invece sono sparite (Caproni, Brada, Reggiane, etc.) eccezione fatta, di qualcuna che si dibatte per non perire.

Chiudiamo con l'augurarci che anche l'industria aeronau­tica italiana possa riprendere il posto che si merita e che almeno una piccola parte delle migliaia e migliaia di tecnici che avevano dato i loro migliori anni di studio e di passione per questo ramo dell'ingegneria possano ritornare fra le ali, fusoliere, carrelli, etc. che hanno amato, perché la maggior parte dei tecnici che sceglieva le vie dell'aria lo faceva so­pratutto per passione.

 

 

 Savoia Marchetti SM.85

Il BIMOTORE S.85 rappresenta la prima realizzazione conc­reta del bombardiere a tuffo capace di eseguire picchiate a novanta gradi. Esso fa realizzato ne1 1937 ad impiegato per la prima volta durante le esercitazioni svoltesi a Furbara, il 9 maggio 1938 alla presenza di Hitler e dello Stato Maggiore tedesco. Soltanto il prototipo e dodici esemplari furono però realizzati e dopo le manovre di Furbara tutto cadde nel dimenticatoio. All’inizio della seconda guerra mondiale i tedeschi usarono lo Stukas che fu salutato come il primo apparecchio da combattimento in picchiata. Essi avevano fatto miglior uso di noi della lezione di Furbara.

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