Volare è passione e vocazione, che riempie di sè una vita.
Adolf Galland
Carlo Romagnoli "gli eroi alati"
QUANDO dall'ampia elissi del terreno di atterraggio della Berka si vedeva un apparecchio piroettare disinvoltamente al di sopra degli edifici, o picchiare dritto sullo schieramento degli altri velivoli, o far la barba all'antenna della radio o comunque ubriacarsi ed ubriacare in una serie ininterrotta di virate, di affondate, di viti, di cabrate, di imperiali e di rovesciamenti, si poteva essere sicuri che a bordo di quell'apparecchio c'era Romagnoli.
Non che gli altri colleghi dell'assalto, quando partivano col « Ro 41 », non si sfogassero anche loro e non fossero in grado di far venire il torcicollo a quelli che stavano a terra. Questo no. Ma Romagnoli era riconoscibile tra tutti per quel tanto di personale che metteva nel suo volo. Uno stile fatto d'eleganza e di violenza, di gioia e di rabbia. Qualcuno diceva che bastava vederlo volare per capirne il carattere.
E che carattere! Generoso, aggressivo, audace, esuberante e impulsivo; una vera cartuccia di alto esplosivo. Tanto facile a trattarsi nei momenti buoni quanto sconcertante nei giorni in cui qualcosa gli andava di traverso. Allora era consigliabile lasciarlo stare, evitare repliche e ritirarsi in buon ordine. Quando gli era passata, allora diventava nuovamente il camerata più piacevole e il superiore più affabile. Inutile dire che con quel carattere la gente si affezionava a lui in maniera sorprendente e tutti lo avrebbe seguito ad occhi chiusi anche in capo al mondo. Perché alla piatta uniformità di un temperamento tiepido la gente preferisce di gran lunga gli alti e i bassi di chi ha una personalità spiccata.
Allo scoppio delle ostilità l'allora maggiore Carlo Romagnoli aveva da poco lasciato l'assalto per passare a Reparti da caccia. Ormai conosceva bene l'Africa dove ave, va a lungo vissuto e combattuto in precedenza. Al comando del X Gruppo C.T. raggiunse alla fine di giugno uno dei campi avanzati del fronte marmarico e iniziò una serie di azioni di mitragliamento, scorta, crociere di protezione e di allarme, durante le quali, insieme agli altri piloti del suo Gruppo, incendiò un notevole numero di autoblindate, sostenne dodici combattimenti aerei e mise al suo attivo venticinque vittorie collettive.
In uno di questi combattimenti, e precisamente in quello che ebbe luogo nel pomeriggio dell'8 agosto 1940, attaccato di sorpresa da una formazione di 27 apparecchi avversari, guidò all'immediato contrattacco i suoi 15 gregari riuscendo in uno dei più bei combattimenti sostenuti dalla nostra caccia in questa guerra a superare lo svantaggio iniziale di posizione e la forte sproporzione numerica e ad abbattere unitamente ai suoi valorosi piloti cinque apparecchi avversari. Per questo combattimento e per l'attività svolta in precedenza gli fu concessa una medaglia d'argento « sul campo » . Questa era la terza medaglia d'argento che il maggiore Romagnoli guadagnava per la sua attività bellica.
In seguito continuò a combattere in Africa durante la nostra offensiva su Sidi Barrani e durante il duro pe riodo della controffensiva inglese. Rimpatriò soltanto quando il suo Reparto ebbe l'ordine di rientrare per ricostituirsi ed armarsi con nuovi apparecchi. Il tempo di prendere bene alla mano le nuove macchine, di rimettere bene in sesto la gente, poi qualche volo sul fronte jugoslavo, un po' di addestramento collettivo ed eccolo di nuovo in linea in una base del Mediterraneo centrale.
Col grado di tenente colonnello prese parte ad un intenso ciclo operativo contro l'isola di Malta e contro il traffico inglese nel Mediterraneo. Si trattava di una forma di attività che aveva aspetti diversi da quelli che comportava la lotta nel deserto e forse questo cambiamento si addiceva al temperamento irrequieto di un combattente come Romagnoli, che ricercava nuove esperienze e mal sopportava i monotoni periodi di inattività. Era uno di quei combattenti che quando son lontani dalla zona di operazioni ne sentono la nostalgia; uno di quei soldati che nel compimento del dovere dimenticano di proposito l'esistenza d'ogni diritto e chiedono per sé soltanto quello di combattere. Così era stato per Romagnoli ai tempi della conquista di Cufra, così durante la campagna per la conquista dell'Impero, così nella guerra di Spagna, così nell'attuale conflitto.
Su Malta, seguendo le tradizioni, aveva sostenuto altri sette combattimenti contro velivoli avversari dotati di alte caratteristiche e il suo Gruppo si era aggiudicate in breve tempo altre 15 vittorie collettive.
I suoi gregari lo avevano visto gettarsi in pieno nella mischia …
Quando il Bollettino numero 458 del Quartier Generale delle Forze Armate, nel comunicare che la nostra caccia aveva abbattuto nel cielo dell'isola altri 22 velivoli nemici, rese noto che il tenente colonnello pilota Carlo Romagnoli « eroicamente comportandosi alla testa del proprio Gruppo era mancante all'appello », un senso di profondo, virile dolore seguì il sintetico annunzio. Su tutti i campi d'Italia e d'oltremare, dovunque c'era un aviatore, il dolore fu però mitigato dalla speranza.
I suoi gregari lo avevano visto durante l'ultima azione gettarsi in pieno nella mischia affrontando con l'ormai leggendario suo ardimento un numero soverchiante di avversari. Nell'asprezza defila lotta non fu più possibile seguirne il volo. Per ore ed ore, quando ci si accorse della sua scomparsa, numerosi apparecchi si alternarono in lunghi voli di ricerca sul mare. I suoi gregari non volevano credere « che una forza così buona e dritta potesse andare distrutta ». E non vogliono crederlo neppure ora, perché la loro speranza è così buona e dritta come quella forza.
Questa è la motivazione della medaglia d'oro concessa al tenente colonnello pilota Carlo Romagnoli:
Ufficiale superiore di elette virtù militari, pilota e cacciatore arditissimo, vittorioso sempre in tutti i cieli ove l'ala tricolore aveva Portale la sua offesa, in numerose difficili azioni di guerra su munitissima base aeronavale nemica, in numerosi duelli aerei vittoriosamente conclusi, riaffermava brillantemente le sue superbe doti di aviatore e di soldato. Volontario in una rischiosa missione di guerra, dava luminosa prova del suo alto valore, battendosi con intrepido coraggio contro una soverchiante formazione nemica da caccia, che soltanto nel numero trovava l'arma con la quale sopraffare la sua abilità di pilota ed il suo ardire. incomparabile.