Volare è passione e vocazione, che riempie di sè una vita.
Adolf Galland
Trasporto
Savoia Marchetti SM.82 Marsupiale, immagini, scheda e storia
Velivolo per il trasporto di truppe e materiali e per il bombardamento notturno, monoplano ad ala medio bassa a sbalzo, trimotore, di costruzione mista.
[ vedi descrizione completa ]Scheda tecnica
CARATTERISTICHE
motore: Alfa Romeo A.R.128 RC.18
potenza unitaria: cv 860 a 1.800 m
apertura alare: m 29,68
lunghezza: m 22,90
altezza: m 6,00
superficie alare: mq 118,60
peso a vuoto: kg 10.550
peso a carico massimo: kg 17.015
velocità massima: km/h 345 a 3.000 m
velocità minima: km/h 122
tempo di salita: 13’ 45“ a 3.000 m
tangenza massima: m 6.000
autonomia: km 1.783
armamento: 1 mitragliatrice da 12,7 mm dorsale, 2 da 7,7 mm (1 laterale destra, 1 laterale sinistra); nella versione “Armato” una terza mitragliatrice da 7,7 mm ventrale
carico bellico: 4.000 kg di bombe o spezzoni
decollo: m 450
atterraggio: m 300
componenti equipaggio: 4
trasportati: 32
progettista: Alessandro Marchetti
pilota collaudatore: Alessandro Passaleva
primo volo del prototipo: MM. 60270 il 30 ottobre 1939
primo volo del prototipo “Armato”: MM. 414 il 5 febbraio 1940
località: Vergiate (Varese)
Savoia Marchetti SM.82 “Armato” «Y», in uso al 32° stormo BT, Decimomannu, agosto 1940
Savoia Marchetti SM.82, 609a squadriglia 146° gruppo T, Libia, aprile 1941
Savoia Marchetti SM.82/P.XI, Nucleo Comunicazioni LATI, Guidonia, primavera 1942
DESCRIZIONE TECNICA
Velivolo per il trasporto di truppe e materiali e il bombardamento notturno, monoplano ad ala medio bassa a sbalzo, trimotore, di costruzione mista.
Ala in un sol pezzo con struttura trilongherone in legno e con centine di forza agli attacchi ala-fusoliera ed ala-carrello in tubi d'acciaio e legno; rivestimento in compensato telato e verniciato; alettoni a doppio effetto, ipersostentatori, alette HandleyPage a comando automatico sul bordo d'entrata alare.
Piani di coda a sbalzo, le superfici fisse con struttura in legno e rivestimento in compensato telato e verniciato collegate rigidamente da piastre metalliche per formare un solo pezzo, le superfici mobili con struttura in tubi di acciaio saldati e rivestimento in tela verniciata; servo-aletta sul timone di direzione e trim per l'equilibratore.
Carrello retrattile per rotazione all'indietro e scomparsa parziale nelle gondole-motori, ad attuazione idraulica; pompa a mano di emergenza; complesso freni FAST a ferodi. Ruotino di coda orientabile a richiamo elastico e bloccaggio idraulico, non retrattile.
Fusoliera a sezione rettangolare con struttura in tubi di acciaio saldati; rivestimento in lega leggera a prua e sul ventre (vano bombe e compartimento di carico), in tela verniciata sulle fiancate, in compensato telato e verniciato sul dorso e per la zona posteriore ventrale; poppino in lega leggera.
Motori con eliche tripale metalliche e regolatore di passo a giri costanti a masse centrifughe e ad attuazione idraulica per l'olio di lubrificazione del relativo motore; carburante in sei serbatoi (3 da 1276 litri, 3 da 653 litri) in durall a diaframmi interni in corrispondenza ai motori, per un totale di 5787 litri; serbatoio da 167 litri dietro il motore centrale per benzina a 100 ottani.
Cabina di pilotaggio con doppi comandi affiancati; cruscotto per parametri di volo, controllo dei motori e volo strumentale.
Postazione del marconista sul lato destro, dietro il secondo pilota; con apparato radio rice-trasmittente AR.8-RA.350/2 e radiogoniometro Telefunken P.63 N; in basso fuoriesce l'asta di guida dell'aereo filato. A sinistra, dietro il comandante, è la postazione dei motorista.
Impianto elettrico alimentato da due dinamo Marelli GR.800/S e due batterie a 12 V. da 44 A/h.
Macchina foto-planimetrica 0Ml AGR.90.
Fusoliera divisa in altezza in tre differenti compartimenti di carico: superiormente è la cabina per la truppa, allestita con panche laterali ribaltabili per 32 posti ed illuminata su ogni fiancata da 8 finestrini in corrispondenza all'ultimo dei quali, verso coda, è disposta una scaletta di discesa alla zona intermedia; in questa, illuminato da tre finestrini, è il compartimento di carico; in basso, inferiormente al piano alare, è la stiva porta-bombe. Per adeguare il volume interno alle esigenze di trasporto di carichi speciali ed ingombranti, i piani del livello superiore e di quello centrale sono realizzati con pavimentazioni asportabili costituite da elementi scatolari metallici (6 mobili ed 1 fisso per il piano superiore, 8 mobili ed 1 fisso per il piano intermedio). Nel vano posteriore di fusoliera (quello a tutta altezza) è sistemata a soffitto una rotaia con paranco scorrevole per facilitare le operazioni di carico dei materiali. Lo stivaggio avviene attraverso due coppie di portelloni ventrali in duralluminio, la prima delle quali ha botola apribile in volo per le operazioni di aviolancio. Anche la parte anteriore del vano porta-bombe può essere utilizzata per il carico dopo il bloccaggio dei portelli con appositi tiranti. Piccolo vano di carico per 4 barili da 50 kg. in prossimità della gondola di puntamento, accessibile solo dall'interno.
Nell'impiego come bombardiere, gondola di puntamento in duralluminio, retrattile a comando idraulico, con gambali egualmente retrattili; traguardo di puntamento Jozza U.3, strumentazione e comandi necessari alle esigenze dello sgancio. Carico bellico costituito dalle seguenti combinazioni: 4 bombe da 800 kg, 8 da 500 o 250 kg, 27 da 100 o 50 kg, 1.400 spezzoni da 2 kg.
Mitragliatrice Scotti da 12,7 mm con 350 colpi in torretta dorsale Caproni-Lanciani Delta; due mitragliatrici Breda-SAFAT da 7,7 mm con 860 colpi ciascuna, brandeggiabili a mano per il tiro attraverso i portelli laterali di fusoliera, nella versione “Armato” una terza mitragliatrice per la difesa posteriore ventrale.
PRODUZIONE
MM 414 – prototipo “armato”
MM 60260-60319 n. 50 (dicembre 1939 – dicembre 1940) I serie
MM 60320-60339 n. 20 (dicembre 1940 – febbraio 1941) II serie
MM 60483-60512 n. 30 (marzo – giugno 1941) III serie
MM 60586-60635 n. 50 (luglio – dicembre 1941) IV serie
MM 60721-60770 n. 50 (gennaio – giugno 1942) V serie
MM 60771-60782 n. 12 (luglio – agosto 1942) serie di reintegro di un lotto fornito alla Germania
MM 60783-60884 n. 102 (luglio – dicembre 1942) VI serie
MM 61175-61276 n. 102 (marzo – luglio 1943) VII serie
MM 61314-61323 n. 10 (luglio – agosto 1943) VIII serie
MM 61398-61477 n. 80 (luglio – novembre 1943)VIII serie
MM 61513-61632 n. 120 (novembre 1943 – aprile 1944)
MM 61782-61881 n. 100 (dall’aprile 1944, quasi ultimata)
DIFFERENTI TIPI DI PROPULSORI UTILIZZATI SUL SAVOIA MARCHETTI SM.82 MARSUPIALE
Alfa Romeo AR.126
Prototipo e prima serie. Tutti per un brevissimo periodo.
Alfa Romeo AR.128
M.M. 60270, configurazione comune a tutte le serie successive.
Alfa Romeo AR.128 alari e Alfa Romeo AR.135 centrale
sperimentale sulle M.M. 60271 (5.8.1940) e M.M. 61408 (13.8.1946).
Piaggio P.XI
M.M. 60591 I-BACH (1941).
Piaggio P.XIX
M.M. 60591 I-BACH dal 13.2.1942. Il propulsore venne istallato in previsione della costruzione di una serie di 80 esemplari di SM.82 bis destinati al bombardamento notturno. La scarsa affidabilità porta al ritorno al meno potente ma sicuro AR.128. La serie sarà prodotta per il trasporto.
Pratt & Whitney alari e Alfa Romeo AR.126 centrale
M.M. 60327 (19.1.1941), M.M. 60483 (29.4.1941), M.M. 60484 (5.5.1941). Soluzione sperimentata per incrementare la potenza, abbandonata per l’impossibilità di ottenere motori e ricambi.
Pratt & Whitney “Twin Wasp”
Nel dopoguerra tutti gli SM.82 vennero dotati del propulsore americano, prestando servizio nell'AMI sino all’agosto 1960. Primo esemplare trasformato M.M.61248 (16.3.1951).
CREDITI
Giorgio Pini, Fulvio Setti Savoia Marchetti SM.82 Marsupiale Stem Mucchi, Modena s.d.
Autori Vari Dimensione Cielo volume 9 Trasporto Edizioni Bizzarri, Roma 1976
Baldassarre Catalanotto SIAI SM. 82 La Bancarella Aeronautica, Torino 2000
Storia aereo
Storia pilota, aviatore
RICORDI DI UN PROTAGONISTA
di Fulvio Setti MOVM
Tenente Pilota di Complemento, richiamato, ho fatto tutta la guerra sull'«82», salvo qualche raro eccezionale volo sull'S.79 e sull'S.81. Per noi che ci vivevamo sopra, per i combattenti, per tutti, non era l'S.M.82 trimotore da trasporto della Savoia Marchetti, ma semplicemente « l'82 »; era un tratto confidenziale, amichevole che potevamo prenderci; e lui non se ne offendeva, anzi, ci teneva e ne era orgoglioso. L'82 era il classico gigante buono; 30 metri di apertura d'ali, 22 metri di lunghezza, con il pilota, piccolo piccolo, nei suoi confronti, seduto a 6 metri da terra. Il pilota poi che fosse anche stato di bassa statura, come il nostro Nicola, doveva per forza
armarsi di tanti cuscini per poter emergere, appena appena, con gli occhi dal finestrino, come da una trincea. Era buono, potente, fortissimo, non ha mai tradito il suo equipaggio; sopportava certe sventole della caccia avversaria o dell'artiglieria antiaerea che sembrava, a vederlo al rientro dai suoi voli, quasi sempre strani e strampalati, impossibile che in quelle condizioni avesse potuto volare fino a casa. Era buono: e alle prime luci dell'alba, in lunga fila, ciondoloni, carico sempre oltre il consentito, quando si avviava alla partenza per voli di 8-10-12 ore, fra andata e ritorno, dal continente all'Africa; al massimo brontolava, per lui e l'equipaggio non c'era neanche il caffè (i cucinieri dell'aeroporto si alzavano alla sveglia e per lui la sveglia non era quella data con la tromba ma dal sorgere del sole) poi, fino a notte, il programma era: tirare, arrivare, scaricare (in fretta) e ripartire per l'Italia che sembrava di là dal mare così lontana: da Tobruck, da Marsa Matruck, da Fuka, con le ore di luce contate, e la benzina sempre misurata e scarsa.
Per il carico «l'82» non aveva problemi, era, è vero, disciplinarmente soggetto all'autorità dei nostri ingegneri che gli avevano assegnato un carico utile massimo di 70 q.li. Da Atene per Tobruck (e l'aeroporto Tatoi era corto ed infelice) il decollo, per un vento costante in zona, era con vento in coda quindi pericoloso o con vento favorevole ma in salita e verso le colline. L'82 in queste condizioni partiva con 85 q.li di carico utile (molto più di quello ammesso) e non era sempre pilotato dagli assi dell'aviazione civile ma anche, spesso, da noi di complemento, richiamati. Qualche anno fa, per una visita di cortesia agli aviatori greci della riserva, ho rivisto Tatoi che è ora l'aeroporto dell'accademia aeronautica greca; è sempre uguale, stesse difficoltà, in fondo al campo dalla parte in discesa verso Atene c'è ancora la piccola costruzione in muratura, forse un ovile, che ci dava tanto fastidio nella fase del famoso decollo, a pochi metri da terra.
«L'82» che si vantava di avere da giovane (nel 1939) battuto due records mondiali prestigiosissimi, quali la durata, (quasi 70 ore di volo) e la distanza circa 13.000 Km; anche in guerra e in ben altre condizioni di salute, era pronto a ripetersi e da Zula ma con un pilota come Gigi Balletti, tuttora vivo e vegeto, solo che ha dimenticato gli amici, partì dalla battigia, in riva all'oceano Indiano, con 105 q.li di carico utile; molto al disopra del suo stesso peso che si aggirava sui 90-95 q.li a seconda della serie.
Savoia Marchetti SM.82 Marsupiale, 604a Squadriglia Trasporti
(disegno di Richard Caruana)
Non era più, durante la guerra, il «recordplain» del 1939, la carenza di materiali pregiati lo aveva appesantito, ma si sentiva ancora forte e ogni tanto, gli venivano certe idee e diceva che sarebbe stato capace, anzi, che per lui era facile bombardare pesantemente New York. Poi ci ripensava e lasciava perdere e continuava a fare come sempre l'aereo per bene.
Era buono; ma non era un debole, aveva un carattere duro e pretendeva piloti estremamente addestrati ed a preparare i richiamati, perché quelli delle linee civili a lui andavano già bene così, ci pensavano Pasquali, Pivetti, Meneghini, Bruzzone, Canzini, i grandi istruttori dei piloti delle compagnie aeree italiane. Con i tedeschi non volle ambientarsi; l'82 è stato l'unico aereo militare italiano adottato dai tedeschi per i loro stormi da trasporto, nel tentativo di sostituire l'ottimo ma superato trimotore Junker 52.
Era più che giusto mettere in pensione lo Junker e far lavorare l'82, c'era una enorme differenza di impiego e di rendimento fra di loro, ma i piloti tedeschi non lo hanno capito; non avevano è vero alle spalle gli istruttori che ho nominato, e gli « 82 » con le insegne tedesche sono finiti tutti malamente, persi, per gravi avarie, in tutti gli aeroporti di guerra; a noi poi questi relitti facevano comodo per ricavarne pezzi di ricambio per i nostri « 82 » che hanno continuato a volare fino all'ultimo giorno di guerra.
L'8 settembre il 44° stormo T. era, con tutti gli effettivi superstiti, ancora in volo di guerra e dopo sia al Nord che al Sud l'82 ha continuato a fare il suo duro dovere fino all'aprile del 45.
Sul modo di pilotarlo non intendeva ragioni, aveva le sue esigenze che bisognava rispettare assolutamente; era severissimo ma con chi eseguiva le manovre d'obbligo per lui, ritornava docile, sicuro e partiva e atterrava dappertutto. In atterraggio per fare uscire le alette di sostentamento era necessaria una certa manovra, contro istinto, che lui esigeva e che non si poteva inventare, occorrevano i suggerimenti dei grandi maestri, che noi avevamo, dopo di che, quando era impostato a modo suo, tutto procedeva alla perfezione ed era una delizia portarlo sul campo delicatamente sulle ruote, leggero leggero, specialmente quando il carico era di nostri soldati che rientravano feriti, gravissimi, che non si potevano ulteriormente far soffrire con dei sobbalzi; e lui capiva queste cose. In decollo con il vento di fianco a soffiare sull'enorme timone e con carichi spesso mal distribuiti, l'82 si rifiutava di decollare e piantava delle imbardate furiose; però con un trucchetto che a lui piaceva, e che avevamo ereditato dai vecchi idrovolantisti: volantino dalla parte dell'imbardata, delicatamente, dosato bene per non mettere l'ala a terra, filava via dritto e sicuro fra la meraviglia di tutti, e specialmente di chi l'aveva un attimo prima sdraiato malamente in mezzo al campo. Quando le cose andavano bene per le nostre armi, era sempre allegro, volava a pelo d'acqua, senza preoccuparsi della lunga scia che lasciava sul mare; faceva paura alle tartarughe marine a galla a prendere il sole e gli capitava spesso che in pieno Mediterraneo gli arrivasse alle spalle un altro «82» a fargli picchietto sull'ala, (come fanno i bambini), ala su ala, fra la curiosità non del tutto tranquilla dei militari trasportati. Baldo Secco Snardo nei voli d'obbligo per ambientarsi con il reparto, nuovo per lui, volava con me e nei suoi turni di riposo dal pilotaggio (di solito facevamo un ora per uno ai comandi) suonava il «banjo» e cantava, e l'82 partecipava al concerto con la sua potente ed intonata ritmica voce.
Ho litigato con l'82 una volta, mi insultò ed aveva ragione. Rientrando da Derna ad Atene con dei motori che non ne potevano più, in pieno Mediterraneo, saltò prima il motore centrale poi cominciò a fare i capricci il laterale destro che resse appena appena e solo per le continue premurose attenzioni del Tarsi, il mio bravo motorista. Quelli sono momenti in cui è di decisiva importanza l'affiatamento di tutto l'equipaggio e la conoscenza perfetta, quasi fraterna, della macchina.
Leggeri, sui comandi, è ridicolo dirlo ma all'82 si parlava, ci si raccomandava: «buono, vecchio mio, ancora un poco, tieni duro, non abbiamo nulla da gettare per alleggerirti» (avevo avuto la precauzione di non imbarcare carico per il rientro); e con la radio in discordia con la base navale di Suda a Creta che pretendeva, mentre precipitavamo, di farci passare al largo, siamo giunti con uno sforzo supremo del bravo 82 su un aeroportino in riva al mare a Rethimnonn sulla costa nord di Creta. Povero «82» ce l'aveva messa tutta. A terra al controllo aveva il centrale completamento fuso, ed il laterale che con le aste dei bilancieri fuoriuscite, aveva addirittura deformato la carenatura, ma i piedi a terra, sani e salvi, li avevamo messi.
Descrizione e profili del Savoia Marchetti SM.82 Marsupiale
in un manuale statunitense ad uso del personale dell’artiglieria antiaerea
Pochi minuti dopo, ancora con la gioia di avercela fatta, sentimmo un combattimento nel cielo dell'aeroporto e subito un caccia in candela all'orizzonte precipitava in mare. Poi un paracadute aperto, lontano, che scende in mare al largo. Subito fuori il battellino, che avevamo già pronto per noi in fusoliera per la recente emergenza, e nudi, la pistola al collo con una cintura per ogni evenienza, il berretto per le insegne del grado e con il mio Tarsi, motorista fenomenale, siamo partiti al salvataggio del naufrago del cielo. Mentre noi due ci allontanavamo dalla spiaggia l'82 ci guardava malamente, era proprio arrabbiato, tutti i sacrifici che aveva fatto per noi fino a pochi momenti prima non erano serviti a nulla; era destino che quel pomeriggio dovessimo anche noi essere naufraghi e diceva: e se affondate? Sapeva che il nostro battellino era un vero colabrodo; e se viene vento da terra, come è solito alla sera, non tornate più e allora tanto valeva lasciarvi in mare prima. Però quando siamo ritornati, quasi a notte, con il pilota inglese salvo nostro prigioniero, l'82 era molto mortificato per l'atteggiamento tenuto prima, che del resto non gli era abituale, lui così pronto sempre a dare una mano, a soccorrere chi aveva bisogno del suo aiuto.
Generoso di temperamento si preoccupava per i combattenti che erano avanti, in linea, a soffrire, e guai per la posta dei soldati. Succedeva qualche volta in avaria, senza scampo, specialmente in pieno mare, di dover lanciare il carico ed era penoso vedere volare via il bagaglio dei militari che avevano in esso i ricordi di trenta mesi di guerra nel deserto, ma era necessario farlo. La posta no, non si lanciava mai. La perdita del bagaglio era danno di pochi, mentre la perdita della posta colpiva tutti. In volo da Roma ad Atene con un carico enorme di corrispondenza, in linea diretta, in mezzo alle terribili montagne della Grecia, a un certo momento con i motori in avaria bisognò scegliere o lanciare il carico o finire in mezzo a quelle brutte montagne, l'82 non si regge più e deve perdere inesorabilmente quota, ma noi cinque, tutti uniti e d'accordo, non lanciamo il carico. E l'82, giù, fino a sfiorare le vette, poi dentro a quelle valli anguste e tortuose, alla disperata, sempre più giù; ormai a bordo abbiamo i capelli dritti, non c'è scampo, poi il solito colpo di fortuna, (che chiamavamo in un altro modo, più espressivo), sotto il naso un aeroporto disperso fra i monti; Agrinion, è piccolissimo, e l'82 molto grosso e molto carico. Attenzione, nervi tesi, ormai ci siamo, «l'82» atterra, salta un fosso, sembra impossibile riuscire ad atterrare in qual catino, ma ce la fa, senza guai e la posta proseguirà regolarmente, anche se con dei camion, ma arriverà ai nostri soldati, molti dei quali in partenza per l'Africa settentrionale e forse per loro quella era l'ultima lettera da casa.
Nel 1942 per la grande nostra fulminea avanzata nell'Egitto, il nostro era allegro; forse era la volta buona; bisognava correre, fare presto e lui correva e faceva presto, c'erano centinaia di ufficiali superiori nostri prigionieri da portare in Italia, e l'82 ne ospitava 35 alla volta, con riguardo, molto dignitosamente, ma con gli occhi aperti per non essere dirottato a Malta ove sarebbe andato volentieri qualche mese prima, ma con i paracadutisti della Folgore per lo sbarco aereo, dirottato no, sarebbe stato ridicolo; i prigionieri che lo facevano prigioniero; ma questo non accadde mai e gli importanti personaggi sono sempre stati recapitati tutti in perfetto stato ai nostri comandi in Italia. Volava avanti e indietro sulla Balbia,,anche tre volte al giorno, a portare benzina, esplosivi e munizioni; per lui non c'era riposo. Eravamo alle solite, mai il posto per sfamarsi o per dormire! Alla sera rientrava stanco, soddisfatto e spesso con una cassetta di ottimo Champagne francese dimenticato lungo la via dagli alleati che si ritiravano: viveva nella miseria più squallida e si dissetava a champagne, non c'era altro.
Alessandria era ormai vicina e l'82 teneva in pancia, pronta, una vecchia e scassata motocicletta e due mitra; anche lui desiderava essere fra i primi ad Alessandria, al Cairo, a Suez; con umiltà aveva fatto la sua parte e voleva esserci; ma poi le cose sono cambiate e la moto fu sbarcata; i mitra no, gli sarebbero stati molto utili dopo, quando si attardava troppo a caricare la roba nostra e c'erano già le camionette inglesi sguinzagliate per ogni dove.
E cominciò il suo Calvario, gli alleati si erano offesi e ce l'avevano con lui, con «l'82». Quale onore. I nostri gli dicevano «tu sei troppo grosso, troppo lento, troppo inerte, poco armato, non puoi combattere contro gli Hurricane, i KittyHawk, i Mosquito, i Lightning»; ma cosa poteva farci, erano loro che lo attaccavano e alla meglio si difendeva: ancora con i suoi piccoli trucchetti. Servivano a poco ma qualche volta lo aiutavano a farcela ed a finire la missione. Sotto l'attacco della famelica caccia americana, al primo colpo del mitragliere in torretta, che doveva fare economia perché disponeva di soli 250 colpi; contro istinto, perché il primo impulso era di tirare i motori al massimo, l'82, a pelo d'acqua dentro le onde se il vento era al traverso, chiudendo di colpo i motori, faceva delle frenate paurose e le raffiche gli sfilavano appena davanti al muso ma fuori bersaglio. Doveva restare calmo, per giocare questa mortale fisarmonica di piano e forte; frenare serviva per uscire dalle raffiche, ma non doveva esagerare, il mare era a pochi metri ed in perdita di velocità era facilissimo precipitare in acqua. E successo di toccare l'onda con la punta delle eliche e, se arrivava a casa, dopo rideva per i ridicoli baffi sulle eliche che mostrava con orgoglio.
Si provvede a caricare un ferito su un Savoia Marchetti SM.82 con i segni di sommarie riparazioni dell’offesa nemica
Il 10 aprile 1943 da Castelvetrano per El Aouina a Tunisi, nel canale di Sicilia, in 15 finirono nel canale; il 13 aprile ne caddero 27 e 3 giorni dopo tutti i rimanenti «82» in linea in quel momento, nuovamente attaccati dai Lightning raggiunsero gli altri in fondo al mare.
Ma la Tunisia doveva essere rifornita e, dalle basi arretrate, confluirono in Sicilia tutti gli 82 che erano in revisione perchè avariati o non efficienti. Il Colonnello Morino, severissimo comandante del 44° Stormo T., disperato per la situazione ormai senza soluzione, tentò di far presente al Superiore Comando che i rincalzi non erano, al momento, in condizione di operare e la risposta fu: sono aerei ed equipaggi, destinati purtroppo al sacrificio, è meglio perdere un aereo malandato ed un equipaggio ammalato che un aereo pienamente efficiente (che non c'era) ed un equipaggio sano. I rimanenti «82» affluirono a Finocchiara, a Sigonella, a Fontana Rossa, a Scissa, a Castelvetrano e continuarono serenamente a sacrificarsi fino al giorno in cui il gen. Messe ricevette l'ordine di smetterla.
Intanto i formidabili specialisti delle squadre riparazioni a terra approntavano nuove macchine e gli equipaggi superstiti perché miracolosamente ripescati (Fabbricini fu abbattuto tre volte in un mese e tre volte salvato) continuarono con il sempre più vecchio e stanco 82 ad operare, a soccorrere a rendersi utili fino all'armistizio ed oltre, ancora in guerra fino al Mar Baltico con la Repubblica Sociale; sull'Albania e sul Montenegro dal Sud con il Re.
Marcigliana (Roma) 1944, relitto di un Savoia Marchetti SM.82
Ora l'ultimo 82 è in pensione al Museo. È finito, brontola, si lamenta, parla da solo come fanno i vecchi e dice: «Nessuno si ricorda di me e forse hanno ragione. Chi conosce i miei sacrifici? Chi tornava a raccontare come mi ero battuto? Ma a Gibilterra, ad Alessandria, nel Golfo Persico, in Africa Orientale, fino all'ultimo giorno di Gondar, andavo io. Chi portava i caccia dentro al pancione, in A.O.I., o i siluri a Rodi? Io! Chi era in giro da solo (non avevo neanche l'onore dei miei distintivi) in Persia a trovare certe tribù, nostre amiche, che dovevano aiutarci? Io! Ed ora, all'attuale stormo da trasporto dell'Aeronautica Militare Italiana non hanno dato il nome e il numero di uno di quei gloriosissimi stormi che hanno fatto dignitosamente la guerra, ma hanno voluto ricorrere alla gloria ed alle tradizioni di uno Stormo silurante, il 46°, valorosissimo, pieno di merito siamo d'accordo, ma quelli del 44°, del 45°, del 48°, del 18° stormo trasporti non bastavano? Si vede che non hanno guardato bene. A me però, dice l'82, questa non dovevano farla; e fanno bene a lasciarmi qui solo e dimenticato; ma tu, dice a me, che c'eri, tu verrai un giorno a trovarmi con gli altri vecchi S.A.S., promettilo».
Primo piano del Savoia Marchetti SM.82PW Marsupiale conservato presso il Museo dell’AMI a Vigna di Valle