Volare è passione e vocazione, che riempie di sè una vita.
Adolf Galland
Bombardieri / Ricognitori
IMAM Ro.43, immagini, scheda e storia
Velivolo da ricognizione marittima, catapultabile, idrovolante a scafo centrale e galleggianti laterali sub-alari, biplano, a struttura mista, monomotore, biposto.
[ vedi descrizione completa ]Scheda tecnica
CARATTERISTICHE
motore: Piaggio P.XR
potenza: cv.700
apertura alare: m.11,57
lunghezza totale: m.9,71
altezza totale: m.3,51
superficie alare: mq.33,36
peso a vuoto: kg. 1.760
peso a carico massimo: kg. 2.400
velocità massima: km/h. 303 a 2.000 m.
velocità minima: km/h. 99
tempo di salita: 11' a 4.000 m.
tangenza massima: m. 7.200
autonomia: km.1.092
armamento: 2 mitragliatrici da 7,7 mm.: una fissa in caccia ed una dorsale
equipaggio: 2
costo al 1938: Lit. 450.000
progettista: Giovanni Galasso
pilota collaudatore: Nicolò Lana
primo volo prototipo: MM. 244 il 19 novembre 1934
località: idroscalo di Napoli
IMAM Ro.43 II serie (Angelo Brioschi, Cortesia “Bancarella Aeronautica" – Torino)
DESCRIZIONE TECNICA
Velivolo da ricognizione marittima, catapultabile, idrovolante a scafo centrale e galleggianti laterali sub-alari, biplano, a struttura mista, monomotore, biposto.
Fusoliera in tubi di acciaio saldati all'autogeno e copertura in lamierino di lega leggera (parte anteriore, parte dorsale, fondo fusoliera) oppure in tela (fianchi fusoliera).
Ali incernierate, ripiegabili, con struttura in longheroni di lega leggera, a sezione rettangolare, centine in legno, bordo d'attacco in compensato e rivestimento in tela: alettoni solo per l'ala superiore.
Galleggiante centrale in legno attaccato alla fusoliera con puntoni profilati in acciaio, controventati da tiranti, munito posteriormente di timone nautico; galleggianti laterali in legno, intercambiabili, fissati all'ala inferiore mediante montanti metallici; attacchi per il lancio con catapulta.
Piani di coda con struttura in tubi di acciaio, al cromo-molibdeno, saldati all'autogeno e rivestiti in tela, irrigiditi da montanti in tubo d'acciaio e da tiranti; superfici mobili compensate aerodinamicamente.
Posto di pilotaggio e posto per l'osservatore (Ufficiale Regia Marina) in abitacoli aperti. Strumentazione standard.
Serbatoio per il carburante in lamierino di duralluminio, piegato a scatola, chiodato e semapizzato; disposizione in fusoliera tra l'abitacolo del pilota ed il motore.
Motore con elica tripala, metallica, a passo variabile in volo.
Una mitragliatrice da 7,7 mm. (500 colpi), con tiro sincronizzato attraverso il disco dell'elica; altra mitragliatrice da 7,7 mm. (500 colpi), brandeggiabile in postazione dorsale.
PRODUZIONE
MM. 244 - prototipo (costruzione IMAM)
MM. 27000-27022 - n. 23 (aprile-novembre 1936 IMAM)
MM. 27023-27044 - n. 22 (luglio 1936-gennaio 1937 CMASA)
MM. 27045-27067 - n. 23 (febbraio-luglio 1937 IMAM)
MM. 27068-27090 - n. 23 (aprile-settembre 1937 CMASA)
MM. 27091-27111 - n. 21 (novembre 1938-aprile 1939 IMAM)
MM. 27112-27114 - n. 3 (febbraio 1939 IMAM)
MM. 27115-27132 - n. 18 (giugno-settembre 1939 IMAM)
MM. 27133-27172 - n. 40 (ottobre 1940-maggio 1941 IMAM)
MM. 27173-27192 - n. 20 (giugno 1940-settembre 1941 IMAM)
CREDITI
Autori Vari Dimensione Cielo volume IV bombardieri ricognitori Edizioni Bizzarri, Roma 1972
A. Emiliani, G. F. Ghergo, A. Vigna Regia Aeronautica: colori e insegne Intergest, Milano 1974
Tullio Marcon IMAM Ro43/44 La Bancarella Aeronautica, Torino 2000
Mario Loffredo Ali di legno sul mare Bizzocchi editore, Correggio 1983
Storia Militare
Tullio Marcon Velivoli catapultabili in guerra n. 9/10 giugno-luglio 1994
Si ringrazia: il Direttore della rivista “Storia Militare” Comandante Erminio Bagnasco per la revisione del testo e il corredo fotografico, il Dott. Maurizio Brescia “Marineart” per le immagini delle unità navali, la casa editrice “Bancarella Aeronautica” di Torino per aver concesso l’utilizzo dei disegni in tratto e dei profili a colori inseriti nella monografia n. 12 della collana “Ali d’Italia”.
Storia aereo
Potere aereo e navale
Lo sviluppo del potere aereo nel corso del secondo e terzo decennio del XX secolo porta alla necessità di macchine lanciate direttamente da navi da guerra a mezzo di catapulte al fine di assolvere a funzioni di ricognizione, avvistamento di forze navali avversarie e ricognizione antisommergibile. Anche la Regia Marina, impegnata in un vasto e ambizioso piano di ampliamento dell’armata navale, sente la necessità di ammodernare il parco dei velivoli imbarcati bandendo nel 1933 un concorso per un idrovolante idoneo a tali compiti.
Tra i cinque concorrenti è presente la Aeroplani Romeo, ditta partenopea affermatesi sul mercato italiano dell’ottimo, e longevo, Ro.1 (costruzione su licenza del velivolo olandese Fokker C.VE) e realizzatrice, nell’anno precedente, di una importante macchina per la ricognizione terrestre: il Ro.37, di cui il Ro.43 può considerarsi derivato.
Mentre la ricognizione terrestre è chiamata ad individuare minuti obiettivi (automezzi, gruppi di armati, postazioni di artiglieria), quella marittima deve avvistare e identificare obiettivi cospicui: in questo secondo tipo di ricerca, la difficoltà non sta negli oggetti da individuare quanto nel lungo volo sul mare, di uniforme monotonia, assai spesso complicato da sfavorevoli condizioni di luce.
Il prototipo: caratteristiche e limiti
Il Ro.43 dispone di una buona potenza motrice e conserva elevata manovrabilità; l'abitacolo può ritenersi adeguato alle caratteristiche dell'osservazione su mare. All’apparire il complesso delle prestazioni è all’altezza se non addirittura maggiore dei velivoli pari classe presenti presso forze armate straniere.
Propulso da motore Piaggio P.IX da 610 cv., il prototipo (MM. 244) è caratterizzato da elica bipala munita di ogiva e cappottatura-motore di ridotto diametro, bugnata in testa ad ogni cilindro, per contenere i bilancieri delle valvole: come i primi Ro.37, l’abitacolo è chiuso.
I velivoli di serie hanno invece il Piaggio P.X R da 700 cv, elica tripala, cappottatura liscia, abitacolo aperto, presentano due tiranti inferiori di rinforzo per i piani orizzontali di coda. L'aereo è predisposto con appositi attacchi per la catapulta ed ha le ali ripiegabili al fine di renderlo meno ingombrante, a bordo della nave, durante i trasporti per via terrestre, nelle operazioni d'imbarco.
A sfavore del Ro.43 sono le limitate qualità nautiche (ammaraggio non oltre mare forza 2) ed i cedimenti strutturali dovuti alle sollecitazioni provocate dal lancio con catapulta, dall’azione corrosiva della salsedine sulle parti metalliche ed alle infiltrazioni d’acqua marina nel galleggiante centrale. Bisogna comunque dire che il Mediterraneo, essendo un mare chiuso, presenta un tipo di onda incrociata molto insidiosa e che la struttura è messa a dura prova dalle caratteristiche stesse del clima marino.
Il Ro.43 è presente anche nella Regia Aeronautica, generalmente nella configurazione bicomando. L'impiego è come idro-scuola di II periodo o come velivolo da collegamento. Nella seconda metà del 1937 tre esemplari sono assegnati all'88° gruppo autonomo da caccia marittima che a Vigna di Valle è in attesa di ricevere i Ro.44 per le sue tre squadriglie (162.a, 164.a, 166.a). L'aereo è in carico anche all'unica ulteriore squadriglia che abbia impiegato questi idrocaccia (la 161.a di Lero, in Egeo). Più cospicua è la presenza del Ro.43 presso le Scuole idro (Pola-Puntisella, Orbetello), mentre qualche esemplare è assegnato agli idroscali in cui sono basati i gruppi da ricognizione marittima. Ma ad eccezione di tali utilizzi la Regia Aeronautica non ha interesse per questo velivolo per le evidenti limitazioni operative.
Assegnazione alle navi
Dopo il ciclo di valutazione operativa, la prima assegnazione ufficiale del Ro.43 avviene per l'incrociatore leggero « Montecuccoli » (inizio 1937). Seguono i sette incrociatori pesanti (Trieste, Fiume, Zara, Pola, Gorizia, Trento, Bolzano), la nave appoggio-aerei « Giuseppe Miraglia », le tre corazzate di nuovo approntamento (Littorio, Vittorio Veneto, Roma).
Le navi maggiori, gli incrociatori di varo più recente possono portare sino a 3-4 aerei, ma in pratica non se ne imbarcano più di 1 o 2 perché la loro presenza a bordo dà luogo a non pochi inconvenienti: limita i settori di tiro, rappresenta un materiale vulnerabile ed altamente infiammabile, facilmente danneggiato dalle vampe e dai contraccolpi durante il fuoco dei medi e grossi calibri. La carriera del Ro.43 è caratterizzata da un continuo inoltro in Ditta o presso gli arsenali della Regia Marina. Il numero dei lanci con catapulta è limitato allo stretto indispensabile, mentre l'attività di volo in tempo di pace è svolta decollando da porti ed idroscali oppure calando l'aereo fuori bordo, a nave ferma. Sono numerosi i voli per controllare il funzionamento dei motori (ricorrenti le inefficienze della pompa-benzina), l'apparato radio-trasmittente, la sincronizzazione della mitragliatrice in caccia.
Nell'aprile 1939, per l'occupazione dell'Albania, gl’incrociatori « Zara », « Duca degli Abruzzi », « Giovanni Delle Bande Nere » e « Cadorna » lanciano 13 velivoli che effettuano un totale di 11 ore e 47 minuti di volo.
I Ro.43 degli incrociatori pesanti Pola, Fiume, Gorizia in volo sul golfo di Taranto nel 1938.
Nel periodo prebellico i velivoli sono privi di mimetizzazione e recano sulla fusoliera il nome della nave di appartenenza. Tale sistema di identificazione viene abbandonato, per ovvi motivi, con l’entrata in guerra. Si noti la presenza di ben quattro differenti tipi di bande alari antimimetiche.
(Cortesia Comandante Erminio Bagnasco, Storia Militare)
Nel 1937, nel quadro dei lavori di ammodernamento, la corazzata “Conte di Cavour” viene dotata di due catapulte poste ai lati dei fumaioli. L’istallazione si rivela infelice e viene rimossa. Nella foto il Ro.43 sulla catapulta di sinistra. E’ possibile apprezzare le bande alari, i distintivi alari e la presenza del tricolore anche sui piani orizzontali di coda.
(Cortesia Comandante Erminio Bagnasco, Storia Militare)
POSIZIONE DELLE CATAPULTE SULLE NAVI DELLA REGIA MARINA E NUMERO DEGLI AEREI IMBARCATI
Corazzate Cesare e Cavour: nessun aereo e nessuna catapulta (previsti: due catapulte e 4 aerei, poi non imbarcati).
Corazzate Doria e Duilio: nessun aereo e nessuna catapulta.
Corazzate Littorio, Vittorio Veneto, Roma: una catapulta a poppa e tre aerei.
Incrociatori pesanti Trento e Trieste: una catapulta a prora e tre aerei.
Incrociatore pesante Bolzano: una catapulta a mezza nave e tre aerei.
Incrociatori leggeri Di Giussano, Da Barbiano, Bande Nere, Colleoni: una catapulta a prora e tre aerei.
Incrociatori leggeri Diaz e Cadorna: una catapulta dietro il secondo fumaiolo e due aerei.
Incrociatori leggeri Montecuccoli e Attendolo: una catapulta a centro nave e due aerei.
Incrociatore leggeri Duca d’Aosta e Eugenio di Savoia: una catapulta a centro nave e due aerei:
Incrociatori leggeri Duca degli Abruzzi e Garibaldi: due catapulte ai lati del secondo fumaiolo e quattro aerei.
Dall’alto in basso i profili dell’incrociatore pesante “Trento” (1940) e degli incrociatori leggeri: “Duca d’Aosta” (1941), “Attendolo” (1941), “Bande Nere” (1941).
(cortesia Dott. Maurizio Brescia – Marineart)
La situazione al 10 giugno 1940
Al 1° novembre 1939, 90 Ro.43 (tra velivoli a bordo e riserve a terra) costituiscono il grosso dell'aviazione imbarcata che allinea altresì 22 aerei di precedente modello.
Al 10 giugno 1940 questi ultimi sono ormai radiati ed i Ro.43 in carico salgono a 105 unità di cui 44 imbarcati e di pronto impiego: le navi della classe Littorio ne hanno tre ciascuna e due per ciascuno dei 19 incrociatori provvisti di catapulta divenendo il velivolo standard dell’aviazione imbarcata. Seguono altri 60 esemplari delle ultime due serie, contraddistinti dal piano verticale di coda di nuovo disegno e superficie maggiorata.
NUMERAZIONE DEGLI AEROPLANI IMBARCATI SULLE NAVI DELLA REGIA MARINA AL 10 GIUGNO 1940
I SQUADRA NAVALE
V Divisione |
Cz Cesare |
Nessun aeroplano |
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Cz Cavour |
Nessun aeroplano |
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IX Divisione |
Cz Littorio |
911 |
912 |
913 |
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I Divisione |
Ip Zara |
111 |
112 |
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Ip Gorizia |
121 |
122 |
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Ip Fiume |
131 |
132 |
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IV Divisione |
Il Da Barbiano |
411 |
412 |
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Il Cadorna |
421 |
422 |
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Il Di Giussano |
431 |
432 |
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Il Diaz |
441 |
442 |
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VIII Divisione |
Il Duca degli Abruzzi |
811 |
812 |
813 |
814 |
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Il Garibaldi |
821 |
822 |
823 |
824 |
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II SQUADRA NAVALE
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Ip Pola |
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III Divisione |
Ip Trento |
311 |
312 |
313 |
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Ip Bolzano |
321 |
322 |
323 |
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Ip Trieste |
331 |
332 |
333 |
VII Divisione |
Il Eugenio di Savoia |
711 |
712 |
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Il Duca D’Aosta |
721 |
722 |
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Il Attendolo |
731 |
732 |
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Il Montecuccoli |
741 |
742 |
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II Divisione |
Il Bande Nere |
211 |
212 |
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Il Colleoni |
221 |
222 |
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I profili delle corazzate “Littorio” (1941) e Vittorio Veneto (1942).
(Cortesia Dott. Maurizio Brescia – Marineart)
Livree e numerazione
Nel periodo prebellico i Ro.43 hanno colorazione argentea su tutte le superfici e bande antimimetiche rosse variamente disposte sulla semiala superiore. Su entrambe i lati della fusoliera recano il nome della nave di appartenenza. Con l’ingresso nel conflitto questa indicazione, per ovvi motivi, scompare e viene sostituita da un codice di tre numeri indicate, da sinistra a destra: la Divisione Navale (nero), la posizione in essa dell’unità sulla quale il velivolo è imbarcato (nero) ed infine il numero individuale (rosso).
Alla fine del 1942 varia la tinteggiatura: grigio scuro per le superfici dosali e laterali, grigio chiaro per le ventrali.
Un essenziale ma parsimonioso impiego
Generalmente gli equipaggi misti dell'Aeronautica (pilota) e della Marina (osservatore) hanno svolto un ottimo lavoro. I loro rilevamenti risultano più precisi e completi delle comunicazioni fornite dai trimotori terrestri, almeno fino a quando anche questi ultimi, nelle fasi esplorative, non hanno cominciato a portare Personale appositamente addestrato. L'unico limite è nel fatto che il Ro.43, meno difendibile degli S.79 contro la caccia nemica, ha visto l'impiego solo nelle occasioni in cui la nostra flotta è entrata o a cercato di entrare in contatto con quella nemica. Ma anche in questi casi, i comandanti delle nostre unità in navigazione hanno finito per farne un uso parsimonioso che ha indubbiamente pesato su una più esatta conoscenza della forza contrapposta. Questo criterio di riservare il lancio per successive, più gravi evenienze, è peraltro determinato dall'impossibilità di recuperare l'aereo catapultato in quanto tale manovra richiede l'arresto della nave per circa mezz'ora. Esso, dopo il lavoro di ricerca, è costretto a rientrare ad un idroscalo costiero ed è quindi inutilizzabile per tutte le successive fasi dello stesso episodio bellico. A tale proposito si tenga presente che sin dai primi anni trenta la marina americana mette a punto un meccanismo per il recupero in corsa dell’idrovolante che, per quanto macchinoso, resta l’unica possibilità nelle grandi distese oceaniche.
Punta Stilo
Il primo intervento dei Ro.43 imbarcati ha luogo nella battaglia di Punta Stilo, località jonica calabrese non lungi dalla quale si è avuto il contatto a fuoco tra la flotta italiana (2 corazzate, 6 incrociatori pesanti, 12 leggeri, 24 cacciatorpediniere) e quella inglese.
L'8 luglio 1940 sono catapultati 4 Ro.43 ed uno di essi segnala le formazioni navali nemiche.
Alle h. 13,16 del 9 luglio si ha un preavviso del combattimento: 9 Swordfish tentano di silurare i nostri incrociatori pesanti ma falliscono nell'intento perdendo tre equipaggi nell'azione. In breve successione di tempo sono lanciati 6 Ro.43 che svolgono un encomiabile lavoro nel cielo della battaglia.
L'aereo del « Garibaldi » (MM.27093, serg. pil. Ceccon e ten. vasc. oss. Mancini) decolla alle h. 14,10 ed avvista il nemico alle h. 14,35: rimane sulla zona del combattimento sino al limite dell'autonomia, ammarando a Taranto alle h. 19.
Quello dell' « Eugenio di Savoia » (712 MM.27096, cap. pil. Ugo Majorani, oss. A. Tommasini) per volontaria decisione dell'equipaggio decolla in sovraccarico di carburante alle h. 14,30 restando in zona fino alle h. 18,20. A fine autonomia, l'aereo punta sotto costa per poter ammarare in caso di mancanza carburante, ma nonostante il preannuncio radio deve allontanarsene immediatamente perché inquadrato dal tiro delle batterie costiere. Anche a largo la situazione è poco allegra: il Ro.43 è fatto segno al fuoco di un nostro incrociatore. Majorani e Tommasini ammarano a Messina alle h. 19,20 e come l'equipaggio precedentemente ricordato, sono decorati al Valor Militare per l'abnegazione e la capacità dimostrata nelle cinque ore di missione.
Nella stessa giornata del 9 luglio, si aggiungono due ulteriori lanci: il Ro.43 dello « Zara » (MM.27036) svolge ricognizione antisommergibile mentre l'aereo del « Diaz » (MM.27106) deve essere scagliato in mare alle h. 14,50, risultando inefficiente al momento della missione e troppo modesto il tempo per effettuare lo scarico del carburante.
Quello del « Cadorna » (ten. Lorenzoni, sottoten. vasc. Giunghi), terminata la missione e diretto verso la base di Taranto, riesce a far desistere due velivoli avversari dall’attacco ad un bastimento nazionale.
Coppia di IMAM Ro.43 in volo sulla campagna pugliese. L’esemplare in primo piano è uno dei due assegnati all’incrociatore leggero Diaz; la numerazione in fusoliera, che per ovvie ragioni ha sostituito con l’entrata in guerra il nome dell’unità, indica da sinistra a destra: la Divisione Navale di appartenenza, la posizione in essa dell’unità sulla quale il velivolo è imbarcato, il numero individuale
Ripetuti avarie e cedimenti delle cellule
Il 13 luglio, l'altro Ro.43 dell' « Eugenio di Savoia » (711 MM.27105) durante l'operazione di ripiegamento delle ali rivela gravi svergolature della cellula: al tentativo di riaprirle, cede completamente lo spinotto d'attacco.
Pochi giorni dopo (19 luglio 1940), nelle acque di Candia, l'azione a fuoco svolta dal « Bande Nere » causa lo sfasciamento del proprio aereo (212 MM. 27121). In settembre, lo « Zara » deve sbarcare il velivolo gravemente danneggiato dalle ondate di una violentissima mareggiata.
Ancora più pesante il bilancio di dicembre: il « Trento » invia i suoi due aerei in Ditta per gravi ossidazioni delle poche parti metalliche con particolare riferimento alla struttura degli alettoni; l'11 dicembre, il Ro.43 dell' « Eugenio di Savoia » MM.27108, imbarcato soltanto dal 15 settembre 1940, risulta già col galleggiante centrale marcito; il 18 dicembre il « Montecuccoli », impegnato in una missione a fuoco lungo la costa greca in appoggio alle operazioni terrestri, con il suo tiro causa la rottura dei correnti di fusoliera del Ro.43 imbarcato; il 31 dicembre, dal « Diaz » viene catapultato l'MM.27045 che è costretto ad un ammaraggio forzato con mare molto mosso per avaria alla pompa della benzina: rottura del montante anteriore dello scarpone, tentativo di rimorchio, capovolgimento dell'aereo, recupero mediante gru, danneggiano seriamente anche questo.
Cause di forza maggiore, modalità d'impiego, difetti congeniti spiegano dunque i numerosi vuoti nella linea dei Ro.43.
Manutenzione del propulsore di un IMAM Ro.43
Capo Teulada
Dopo la notte dell'11 novembre 1940, in cui pochi Swordfishs hanno ragione di « Cavour », « Duilio » e « Littorio », all'ancora nel porto di Taranto, la nostra Marina tenta un'azione di prestigio cercando il contatto balistico con la flotta inglese che ha lasciato Gibilterra: purtroppo il temuto sopraggiungere di un'altra formazione proveniente da Alessandria, obbliga ad una condotta prudenziale, che porta ad un rapidissimo contatto balistico e praticamente minimizza la battaglia navale di Capo Teulada (27 novembre).
Ad essa prendono parte anche 5 Ro.43. Il primo di essi, lanciato alle h. 8,05 avvista la flotta di Gibilterra alle h. 9,50. Altro aereo, lanciato alle h.10,55 avvista la flotta di Alessandria alle h. 11,30. Durante il contatto balistico è perduto l'aereo del « Vittorio Veneto » (cap. pil. Daniele Invernizzi, s. ten. vasc. oss. Argeo Tromba) che ha trasmesso importanti dati sulla posizione del nemico mentre gli altri aerei ammarano regolarmente a Cagliari-Elmas. Non è stato possibile lanciare l'aereo del « Trieste » (MM.27098) in quanto danneggiato dalle vampe dei grossi calibri.
Nel 1941, il primo intervento operativo dei Ro.43 imbarcati ha luogo nella battaglia di Capo Matapan, dal nome della penisola greca con cui viene ricordato lo scontro navale del 28 marzo. Alle h 6,43 l'aereo del « Vittorio Veneto » avvista i primi quattro incrociatori e cacciatorpediniere nemici: segue i loro movimenti per molte ore e raggiungendo, al termine dell’autonomia, l'isola di Rodi.
Anche il 27 settembre 1941 l'aviazione imbarcata è presente in quello che può essere considerato uno degli avvenimenti più sciagurati dell'intera nostra guerra: tre Ro 43 avvistano regolarmente le navi facenti parte il convoglio che tra le h. 13 e le 13,30 subiscono tre violenti attacchi da parte degli aerosiluranti del 130° gruppo e del 36° stormo.
Le “due Sirti”
Il 17 e 18 dicembre 1941, 6 Ro.43 garantiscono l'osservazione aerea nel « primo scontro della Sirte ». Nel secondo omonimo scontro (22 marzo 1942) il rilevamento del convoglio britannico è effettuato alle h. 12,20 dal Ro.43 del « Trento » che dà ulteriori dati con i messaggi delle h. 12,40 e delle h. 12,54. Alle h.14,25 l'incrociatore « Gorizia » avvista il nemico ed un Ro.43 del « Littorio » viene immediatamente lanciato per completare il rilevamento e seguire i tiri. Il suo equipaggio (Scarpetta - Micali) svolge un ottimo lavoro, nonostante le condizioni meteorologiche proibitive che non molte ore dopo determineranno l'affondamento dei cacciatorpediniere « Lanciere » e « Scirocco ». Alle ultime luci, i due uomini del Ro.43 tentano il rientro verso la costa cirenaica ma sono costretti ad un ammaraggio di fortuna che danneggia irrimediabilmente l'aereo: rimangono attaccati al relitto per moltissime ore per poi raggiungere a nuoto la costa libica. Il secondo velivolo della « Littorio », non catapultato per le condizioni del tempo, si incendia a bordo per le vampate dei grossi calibri della corazzata.
IMAM Ro.43 MM.27016 Incrociatore "Eugenio di Savoia" 1942
(Richard Caruana, cortesia “Bancarella Aeronautica" – Torino)
“Mezzo giugno”
Giungiamo così alla battaglia di mezzo giugno che ha visto la prima positiva integrazione di forze aero-navali italiane e tedesche. Ad essa partecipano, in settori diversi, la VII Divisione navale (Eugenio di Savoia, Montecuccoli, 5 cacciatorpediniere) ed il « gruppo Littorio » (Littorio e Vittorio Veneto, Gorizia, Trento, Garibaldi, Duca d'Aosta, 9 cacciatorpediniere). E' abbattuto l'aereo dell' « Eugenio di Savoia », quello del « Garibaldi » precipita in mare subito dopo il lancio, anche l'aereo del « Gorizia » va perduto, poco dopo aver segnalato una formazione nemica: il quadro delle perdite si completa con il danneggiamento di due Ro.43 a bordo del « Littorio », lievemente colpito da 8 B.24 Liberator, decollati dall'Egitto.
IMAM Ro 43 Corazzata Vittorio Veneto - 1942
(Richard Caruana, cortesia “Bancarella Aeronautica – Torino)
Un successore per il Ro.43: il Reggiane 2000 catapultabile
In seguito, i Ro.43 sono integrati da alcuni Re.2000 nella speciale versione catapultabile. La scorta a lungo raggio ha sempre costituito un grave problema per i monomotori da caccia impiegati dalla Regia Aeronautica, senza contare i giorni in cui le condizioni meteorologiche rendono difficili gli interventi di aerei da lontane basi terrestri.
Questo ordine di problemi, insieme alla minaccia di azioni siluranti nemiche, spingono una Commissione mista di Regia Aeronautica e Regia Marina allo studio di una nuova normativa d'impiego dell'aviazione imbarcata, dandole una fisionomia marcatamente difensiva. Durante una riunione si propone una ripresa del monoposto Ro.44, naturalmente in versione alleggerita e migliorata. Ma a questa anacronistica soluzione si oppone l'ing. Sergio Stefanutti, sostenendo l'opportunità di adattare al compito un ottimo caccia già esistente: il Re.2000. Questo aereo, pur non essendo recentissimo, è dichiaratamente solido ed offre soprattutto un'ottima piattaforma alare. La Commissione è molto perplessa dinanzi alla proposta innovatrice, poi alla fine lascia carta bianca a Stefanutti che si deve comunque addossare la responsabilità dello studio delle modifiche strutturali. Il primo esemplare catapultabile è realizzato presso la Reggiane e dall'aeroporto di Ditta parte per trasferirsi su una base sperimentale dell'Italia centrale: ma non vi giungerà mai. Subito si addossa la colpa dell'episodio alle modifiche e solo in un secondo momento il casuale recupero dei rottami e la loro minuziosa analisi scagionano la parte tecnica: a causa del maltempo, il Re.2000 è andato a schiantarsi contro una montagna. Dopo una serie di prove di catapultamento da bordo della porta-idrovolanti Giuseppe Miraglia, finalmente i nuovi aerei sono imbarcati a fianco dei veterani IMAM dal settembre 1942.
Nei primi giorni del settembre 1943, la Regia Marina ha ancora in carico 48 Ro.43, di cui 17 imbarcati sulle navi della squadra (2 ciascuno a Littorio,Veneto, Roma, Aosta, Abruzzi; Garibaldi, Eugenio e Montecuccoli). Altri 20 (4 efficienti) risultano in carico alla II e III Squadriglia Forze Navali. Altri, in numero non quantificabile ma estremamente limitato, sono presenti presso scuole o reparti della Ricognizione Marittima. Gran parte di queste macchine si perdono nel caos dell’armistizio.
(Cortesia Comandante Erminio Bagnasco, Storia Militare)
L’otto settembre
A tarda ora, nella fatidica giornata dell'8 settembre, 6 Ro. 43 lasciano La Spezia e si portano in Sardegna, a La Maddalena. Durante l'azione tedesca per occupare questo arsenale militare, due Ro.43 sono abbattuti nel tentativo di abbandonarlo, mentre gli altri sei giungono alle Baleari e sono internati: ridesignati HR.7 vedranno l’utilizzo nella II Escuadrilla del 51 Regimento de hidros sino al 1951.
Il 9 settembre il ten. col. pil. Mario Giannini, responsabile dell'aviazione imbarcata e già comandante dell'88° gruppo C.M., muore insieme ad altri 8 componenti del Reparto Volo nell'affondamento della corazzata Roma, insieme ad essi sono perduti anche i due Ro.43 (MM. 27112 e 27153) assegnati alla nave.
Uno dei sei IMAM Ro.43 riparati nel settembre 1943 in Spagna ed utilizzati nella
II Escuadrilla del 51 Regimento de hidros sino al 1951 con la sigla HR.7
Il Ro.43 oggi
Il solo Ro.43 MM. 27050, in servizio presso la scuola di Orbetello, è riuscito a giungere fino a noi ed è conservato al Museo Storico dell’A.M.I. a Vigna di Valle; un frammento dell’ala e la targhetta di fabbrica della MM. 27121 sono conservate al Museo della Piazzaforte di Augusta.
L’IMAM Ro.43 presente presso il museo dell’AMI di Vigna di Valle
Storia pilota, aviatore
SULL'ABRUZZI
Sul bell'Incrociatore sarò ancora destinato al servizio aereo. Così stando le cose non si tratta propriamente di una villeggiatura.
Le ore mensili di volo saranno certamente meno; ma vi è un particolare di non secondaria importanza.
Una volta tornato su una nave dovrò svolgere tutti i compiti che la mia qualità di Ufficiale di Marina comporta; in particolare i massacranti turni di guardia che non mi consentiranno più di dormire una nottata intera. In sostanza il volo sarà un di più in aggiunta ai normali impegni che attengono al servizio della nave. Come villeggiatura non c'è male! Come se non bastasse dovrò sperimentare anche il catapultamento che non è certamente un esercizio idoneo a ritemprare un sistema nervoso un po' logoro.
Incrociatore Duca degli Abruzzi 1942
(cortesia Dott. Maurizio Brescia – Marineart)
Arrivo a bordo
Quando si imbarca su una nave, la prima domanda che uno si pone è: « Chi è il Comandante? » Perché è indubbio che dipende da lui se la vita a bordo sarà piacevole anche in tempo di guerra oppure un inferno anche in tempo di pace.
In questo caso la persona del « Gran Capo » è quanto mai rassicurante; si tratta del Comandante Bacigalupi che era stato mio insegnante di Storia all'Accademia Navale. Un vero gentiluomo; purtroppo senza prospettive di carriera, almeno sotto il fascismo, perché scapolo convinto; e questa è una ulteriore prova della sua brillante intelligenza.
Però… c'è un però: la mia dipendenza dal Comandante sarà puramente formale. In pratica io sarò, operativamente, l'occhio dell'Ammiraglio che comanda la divisione costituita da Abruzzi e Garibaldi.
Ebbene questo Ammiraglio, non risvegliava in me gradevoli ricordi. […]
Il Grillo
Il 16 Ottobre faccio il primo voletto di ambientamento con il Ro. 43; il pilota è il Serg. Magg. Tacchinardi. Questo apparecchietto agile e nervoso sembrava proprio un grillo, ed infatti così era stato battezzato.
Costruito in tubi di alluminio e tela aveva due posti messi in tandem; non era cabinato e quindi l'aria non mancava di certo. Per la medesima ragione il rumore era assordante. Casco e occhiali erano indispensabili. Eseguo un primo collegamento radio con la mia nave; poi ammaraggio e cambio di pilota; subenta il Cap. Novelli; effettuo un secondo collegamento radio. Questo Novelli è un virtuoso della stabilità; con lui fare l'operatore radio è un piacere!
Però, finito il collegamento, Novelli mi dice: « rassetta tutto, rientra il filo della radio e legati al seggiolino »; Me lo dice a gesti perché il rumore del motore ed il sibilare del vento impedivano di capirsi a voce.
Dopo di che Novelli inizia una serie di capriole; questa volta Novelli si rivela non un virtuoso della stabilità ma un virtuoso dell'acrobazia; le sue esibizioni mi lasciano senza fiato; vedo la terra in alto ed il sole in basso; la radio sospesa a degli elastici si sposta di mezzo metro per parte a seguito delle accelerazioni violente. Io stesso vengo sballottato come un sacco di patate. L'esibizione acrobatica dura solo pochi minuti che però a me sembrano eterni. Come primo impulso, una volta a terra, fui tentato di dire a Novelli che non ero entusiasta di questo sport; mi trattenni perché pensai che l'acrobazia era l'unica difesa per il povero « Grillo »; non certo le due mitragliatrici di dotazione.
E poi Novelli non aveva per me una grande simpatia, cosa che io gli perdonavo perché traeva origine da un sentimento nobile. Egli aveva un vero affetto per il mio predecessore (T.V. Tattoni, un vero santo) che io avevo sostituito a bordo mentre lui aveva preso il mio posto a Taranto. Ora, il povero TATTONI, al rientro da uno dei primi voli dopo il nostro scambio era stato abbattuto proprio vicino a Taranto ad opera di un Maryland di Malta, il 30 Ottobre.
Non so se Novelli abbia appreso, circa un anno dopo, che un altro Maryland (o forse lo stesso) mi fece passare l'anima dei guai, come narrerò in seguito.
Uno strano interfonico
Il fatto che a bordo del Grillo non mi fosse possibile comunicare a voce col pilota che mi stava davanti mise il moto il mio solito pallino delle invenzioni; la soluzione risultò quasi oscena ma efficace.
Andai all'infermeria di bordo e mi feci dare una cannula di clistere con relativo terminale. L'impianto risultò così congegnato: il terminale il pilota, in via di eccezione, se lo ficcava nell'orecchio, tenuto a posto dal caschetto di cuoio. All'altra estremità un imbutino, razziato nelle cucine, dentro al quale strillavo i miei messaggi.
Un collegamento in senso inverso non risultava indispensabile perché poco il pilota aveva da dirmi ed i suoi gesti mi erano ben visibili perché lui mi stava davanti. Mi rendo conto che troverete il tutto molto ridicolo, ma vi posso assicurare che funzionava.
La catapulta
E infine arriva il non certo sospirato momento della catapulta. Farò una piccola digressione per descrivere questo strano strumento di tortura.
In sostanza si tratta di un binario lungo circa 10 metri sul quale corre un carrellino e sul carrellino appoggia l'aereo che all'epoca era il Ro43.
A questo carrello si può imprimere, mediante un cavo traente, una accelerazione tale da raggiungere alla fine dei dieci metri di percorso una velocità di 80-85 km/ora; non di più perché una eccessiva accelerazione porterebbe ad uno svenimento non della durata di un secondo, come è la norma, ma di parecchi secondi, con un eccessivo ritardo nella presa in pugno dei comandi dell'apparecchio ormai librato in aria ma senza margine di sicurezza verso il basso in quanto il distacco dalla catapulta avveniva ad una quota di 7-8 metri dal pelo dell'acqua.
Ora risulta chiaro anche al profano che 80 km/ora non erano sufficienti per il sostentamento; ne occorrevano almeno 120. La differenza veniva colmata: a) lanciando l'aereo in direzione della prua e portando la nave a velocità sostenuta (almeno 20 nodi) per modo che la velocità della nave si sommasse a quella impressa dalla catapulta. b) avendo l'avvertenza che la nave, al momento del lancio, avesse il vento contro e non in poppa. Se il vento era notevole, questo era un accorgimento di basilare importanza; rappresentava la differenza fra un buon decollo e la caduta dell'aereo davanti alla prora come fosse un mattone. Ma una volta...; ma ne parleremo a tempo debito.
Il primo catapultamento
Consentitemi una premessa di carattere glottologico. In Marina si chiama « strizza » la contrazione di un certo muscolo anulare che interviene a seguito di una emozione o paura improvvisa. Fino ad ora avevo provato qualche strizza durante gli esami in Accademia;'' purtroppo per l'avvenire la mia attività guerriera sarà disseminata di strizze.
Io sono qui per testimoniare che durante il catapultamento la strizza si presenta in forma acuta. Sull'Abruzzi poi l'ala del « Grillo », nel percorso lungo il binario, passava a quattro dita da una torretta per la direzione del tiro contraereo; sembrava sempre di andarci a sbattere contro.
No, certamente il catapultamento non è affatto divertente, anche quando tutto va liscio. Gli attimi che precedono l'involo, quegli attimi durante i quali una lucida barretta di rame che fissa il carrello alla coperta manifesta lentamente la strizione e poi bruscamente si tronca, sembrano interminabili [1].
Il primo metro viene percorso quasi lentamente; poi la velocità aumenta ad un ritmo vertiginoso; la vista si appanna; tutto il corpo è percorso da un formicolio strano.
L'abbandono del binario coincide con una ripresa della conoscenza seguita da un senso di rinascita, quasi di euforia. È la fine della breve malattia cui poco fa ho assegnato il nome.
Ora cominciano due attività completamente diverse fra pilota e osservatore. Il pilota, causa l'euforia di cui sopra, comincia a fare acrobazie intorno alla nave mentre i marinai sventolano i berretti soddisfatti dello spettacolo.
L'osservatore, sbatacchiato a destra e a sinistra cerca carponi quanto la violenta accelerazione ha distaccato dal suo posto: spine, valvole fusibili della radio, matite, taccuino, codice...
Rimesso tutto a posto inizia il collegamento radio; inutile dire che la ricezione è fortissima dato che ci troviamo a poche centinaia di metri dalla trasmittente. Non sarà poi così semplice quando la distanza sarà di cento o duecento chilometri. Questa volta l'acrobata di turno era il Sergente maggiore Salotti.
Un veterano della catapulta
Apro una breve parentesi perché il Sergente (poi Maresciallo) Salotti merita una breve digressione. Si tratta di un giovanotto quasi mingherlino, con un naso veramente rispettabile; non un nasone arcuato come il mio, che i tedeschi chiamano « naso romano », ma orgogliosamente rettilineo « come gnomone in meridiana ». Un tipo riservato, di poche parole.
Come pilota era un mago. Aveva solo un piccolo difetto: la sua condotta di volo era un poco irrequieta; forse lo distraevano le visioni che tutti avevano a bordo di questi aereoplanini. Vi parlerò in seguito di questo fenomeno. Sta di fatto che pochi minuti dopo la partenza venivo assalito da un terribile mal d'aria che non è nulla di diverso o di meno spiacevole del mal di mare; i miei messaggi radio constavano di punti, linee.., e conati di vomito. Ma il bello veniva alla fine della missione, dulcis in fundo! Quando finalmente veniva l'ora del rientro, una volta raggiunta S. Maria di Leuca, mi rannicchiavo nel buco per rassettare la radio e rientrare l'antenna monofilare. Durante questa fase, circa all'altezza del castello di Leporano, il caro Salotti improvvisamente si scatenava; eseguiva tutto un repertorio di numeri acrobatici sempre girando in tondo intorno ad una torre nel bel mezzo della penisola salentina. Durante questa esibizione venivo sbatacchiato a destra e a manca a rischio di sfondare la tela della carlinga.
Il mistero di questo cerimoniale regolarmente ripetuto ad ogni rientro mi spinse infine a chiedere la ragione di tanta frenesia. Risposta: « vede, Comandante, sulla torre c'è sempre una ragazza che fa il bagno di sole « nuda » è una professoressa ». Chiuso l'argomento, perché, come ho detto, era un tipo di poche parole. Ma per me era evidente che l'amico non mi aveva detto tutto. Alla fine non potei fare a meno di replicare: « perché tu possa capire che è una professoressa immagino che abbia il diploma di laurea stampato sul sederino! » Spero apprezzerete la raffinatezza del mio linguaggio! Forse accolse questa mia spiritosaggine con l'ombra di un sorriso, ma non ne sono sicuro.
[…]
Ai primi di Novembre l'Abruzzi e il Garibaldi si trasferiscono a Brindisi. Essendo il porto quasi un porto-canale, gli attacchi siluranti sono impossibili.
Fu in questo periodo che feci una vera indigestione di catapultamenti inframmezzati da piccoli scontri con Mortadella. Credo fosse il 12 Gennaio quando fui catapultato con l'ordine di esplorare fra le isole dello Jonio e su porto Edda; tutte località ancora in mano al nemico; compii la mia esplorazione su Porto Edda col massimo zelo e segnalai che non vi era nulla, neppure una barchetta; quando mi accingevo al rientro, eccomi pervenire in cuffia un messaggio cifrato e sopracifrato; una serie interminabile di numeri: « proseguite esplorazione su Porto Edda... » E c'ero sopra! Non vi dico il divertimento di decifrare quel lungo messaggio svolazzando su territorio nemico. Era una tipica manifestazione di Mortadella che considerava tutti dei codardi. Se io ed il pilota lo fossimo stati, un ordine ripetuto due volte non ci avrebbe trasformato in coraggiosi.
In quel periodo fui catapultato anche tre volte in una settimana; nonostante tutto fui grato all'Ammiraglio che nell'ultima uscita di questo ciclo mi aveva evitato la scocciatura del catapultamento. Ma questo stato d'animo era destinato a durare poco. Quando ormai eravamo a poche centinaia di metri dal porto di Brindisi, ecco arrivare l'ordine: « catapultamento per esercizio! » come se di esercizio non ne avessi fatto abbastanza durante la settimana Quella volta ero proprio fuori di me e deciso a rifiutarmi. Il Comandante, che era un gentiluomo, aggiustò le cose riferendo che ero leggermente indisposto e che non era il caso di rischiare un aggravamento per un esercizio di addestramento che io, essendo solo, avevo già fatto in misura doppia dei piloti che erano in due.
Mortadella colpisce ancora
Ho già detto che durante la prima quindicina di Gennaio il supplizio della catapulta mi fu inflitto parecchie volte. In compenso durante i voli lungo le coste nemiche non ebbi a fare cattivi incontri e quindi… niente strizze; niente da parte del nemico, ma una di dimensioni medio-grandi da parte del nemico-Mortadella.
Credo vi sia ben chiaro, perché l'ho già detto, che è indispensabile che, al momento del lancio la nave navighi controvento; altrimenti i risultati potevano essere disastrosi. Era pertanto mia abitudine osservare la fiamma in testa d'albero [2] per vedere se, ben tesa verso poppa, rassicurava che il vento venisse preso per il giusto verso.
Ma questa volta, perbacco, quando già il motore è a regime, vedo che la fiamma penzola inerte denunciando che il vento spira di poppa e non di prora; e non è un venticello da poco se riesce a neutralizzare i 20 nodi che fa la nave. Penso, quasi con ironia, che sarebbe un bello scherzo se mi catapultassero proprio adesso! Ed invece si! Proprio in quell'istante vedo affacciarsi dalla plancia l'Ammiraglio e ordinare con voce stentorea: « Lanciare l'apparecchio! »
Per fortuna ognuno di noi ha un angelo custode che questa volta è privo di ali ed ha le sembianze del Direttore di Macchina Blandini che dirige la manovra. Con un gesto perentorio del braccio traccia un bel no nella direzione di Mortadella. Successivamente la nave accosta di 180 gradi ed il lancio viene eseguito correttamente.
Avrei potuto omettere questo episodio; di strizze ne ho provate tante che una più una meno...
Ma l'ho voluto citare perché contiene una morale che ancora stenta a farsi strada nelle Forze Armate: l'aeroplano è un'arma come tutte le altre; certamente la più importante. Il suo impiego, le sue esigenze, le sue possibilità debbono essere ben presenti alla mente di chi comanda ed avrebbero dovuto esserlo anche ai tempi della seconda guerra mondiale.
Viceversa la maggioranza degli Ufficiali anziani snobbava l'aereo.
Se uno avesse chiesto ai Comandanti dell'epoca in che cosa consistesse il problema aereo-navale, moltissimi (non tutti per fortuna) avrebbero risposto: « Il problema aereonavale consiste in questo: che io mi tengo a bordo due Ufficiali che mi stanno proprio sui... sulle scatole.
Uno, d'Aereonautica, gironzola per la nave eternamente disoccupato e annoiato. L'altro, di Marina, appena può appende la sciarpa al chiodo (abbandona il servizio a bordo) e si squaglia in Aereoporto. »
Bombardamento contro costa
Cade in questo periodo una strana operazione navale di cui non trovo traccia né nel mio libretto, perché non fui catapultato, né negli atti ufficiali della Marina. Certo non fu rilevante nell'economia generale della guerra. L'ordine era di bombardare la costa greca in appoggio alle nostre truppe. La divisione Abruzzi - Garibaldi procedeva lentamente perché impacciata dai dispositivi antimina fissati alla prora.
Arrivati in vista della costa i tiri si svolsero regolarmente con risultati, io penso, modesti.
Quello che merita menzione è quanto avvenne sulla via
del ritorno. Il Garibaldi procedeva in testa e l'Abruzzi, nonostante fosse nave ammiraglia, seguiva.
Ad un certo momento viene avvistata una formazione aerea nemica a quota 1500 metri circa; una ventina di bombardieri con caccia di scorta. Proviene da sud e dirige per passare sopra la nostra formazione; le intenzioni sono chiare; ma noi impacciati dai cavi antimina non possiamo eseguire rapidi serpeggiamenti per disturbare il puntamento avversario; ci dobbiamo limitare a confidare nello « stellone ».
Col binocolo osservo con una certa trepidazione la formazione che ci sorvola; ed ecco, proprio quando gli apparecchi sono esattamente sull'Abruzzi, dei puntini neri si staccano dal loro ventre. Non posso trattenere un egoistico sospiro di sollievo; le bombe, sganciate sulla nostra verticale, cadranno molto più avanti; ma più avanti c'è il Garibaldi! Ho ben motivo di vergognarmi del mio impulsivo egoismo.
L'attesa è spasmodica; infine ecco formarsi un grosso fascio di colonne d'acqua di poco sulla destra del Garibaldi; proprio di poco, ma poco assai. Si vede che gli Inglesi non hanno lo Jozza come apparecchio di puntamento!
Poco dopo avviene uno scontro fra la caccia nostra e la caccia avversaria; mi sembra di ricordare che due aerei per parte caddero in mare.
Poveri ragazzi! Sarebbe stato meglio che non avessero rintracciato con tanta precisione la nostra formazione navale.
Durante questa fase me ne stavo, come prescritto, in uno spiazzo contiguo alla plancia di comando, addetto all'avvistamento di aerei nemici; è inutile dire che dopo il primo attacco stavo con occhi spalancati nel timore di una seconda ondata. Ed ecco infatti che, sempre da sud, vedo avanzare una seconda formazione. Non disordinata come la precedente, ma ordinatissima nella sua formazione a cuneo. « Aerei da poppa », grido. Non passa molto che dobbiamo con sollievo constatare che si tratta di una formazione... di gru o cicogne! Sospiro generale di sollievo e sguardi ironici verso di me, occhio di lince della Divisione.
Guardiamarina Siniscalchi! Ricordo ancora la sghignazzata che mi facesti in faccia, nonostante non rientri nelle norme di comportamento sghignazzare in faccia a un superiore. Finalmente Mortadella ebbe la sospirata occasione di darmi del fesso; in ogni modo mi fu facile replicare che in guerra è meglio scambiare cicogne per aerei che aerei per cicogne.
Finalmente in licenza
Credo che circa in quest'epoca mi ebbi la sospirata licenza. Avrei dovuto averla prima, ma sfortuna volle che dovessi sostituire l'Osservatore del Garibaldi che andava.., in licenza.
È chiaro che qualcuno pensava che io fossi caduto a bordo all'Abruzzi « scutuliando (scuotendo) l'albero dei fessi ».
In ogni modo, eccomi finalmente a casa.
Rivedo dopo un anno e mezzo la mia bambina nata poco dopo l'inizio della guerra. Ormai è una signorina! Un angelo biondo e riccioluto. Ogni giorno trascorso in licenza è per me una felicità che mi dà le vertigini.
E la mia felicità non ha limiti quando un telegramma mi comunica che avrei fruito di una settimana di proroga.
Sebbene non fosse Mortadella lo scrivente, la logica delle cose voleva che fosse lui all'origine di tanta generosità.
Qualsiasi risentimento nei suoi confronti sparì d'incanto; anzi mi vergognai di me stesso per i passati rancori.
Il brutto è che il giorno dopo altra comunicazione mi annunciò che « spiacente ma... la proroga di licenza doveva intendersi annullata ».
Essendo questo scherzo accaduto ad altri anche in tempi passati, mi viene il dubbio (ma è solo un dubbio) che Mortadella usasse questo espediente per guadagnarsi la fama diGran Capo bonario e generoso senza peraltro contravvenire alle disposizioni ministeriali in materia di licenze.
Addio all'Abruzzi
Poco dopo il rientro a bordo dalla licenza ecco arrivare di nuovo il movimento: torno all'Aereoporto di Taranto, alla mia vecchia 142 Squadriglia.
Lascio la mia nave con una certa emozione e fors'anche nostalgia; in fin dei conti quella di marinaio era la mia vocazione.
Note
1. E' molto importante che il carrello parta quando il cavo di trazione esercita uno sforzo ben determinato. Dopo molte prove deludenti con ganci tarati e simili il problema era stato finalmente risolto fissando il carrello alla coperta con una barretta di rame di sezione appropriata; lo strappo della barretta determinava con molta precisione la trazione sotto la quale il carrello veniva lasciato libero.
2. La « fiamma » è una bandierina tricolore alta una spanna e lunghissima che viene issata in testa d'albero.
Mario Loffredo Ali di legno sul mare Bizzocchi editore, Correggio 1983