Volare è passione e vocazione, che riempie di sè una vita.
Adolf Galland
Bombardieri / Ricognitori
Martin A.30 Baltimore, immagini, scheda e storia
Scheda tecnica
CARATTERISTICHE
motore: Wrigth GR-2600-29 (GR-2600-A5B5)
potenza unitaria: cv. 1.600 al decollo (1.700 al decollo)
apertura alare: m. 18,70
lunghezza: m. 14,78
altezza: m. 5,40
superficie alare: mq. 50,00
peso a vuoto: kg. 7.190
peso a carico massimo: kg. 10.270
velocità massima: km/h. 515 a 4.570 m.
velocità minima: km/h.
tempo di salita: 12’a 4.500 m.
tangenza massima: m. 7.600
autonomia: km. 1.580
armamento: 8 mitragliatrici: 6 da 12,7 mm. (4 alari, 2 in torretta dorsale), 2 da 7,7 mm. ventrali
equipaggio: 4 componenti
equipaggio versione corriere aereo: 3
trasportati versione corriere aereo: 5
progettista:
pilota collaudatore:
primo volo del prototipo: AG 685 Il 14 giugno 1941
località: Baltimore (Maryland, USA)
DESCRIZIONE TECNICA
Velivolo da bombardamento leggero, monoplano ad ala medio-bassa a sbalzo, bimotore, a struttura interamente metallica.
Ala a struttura metallica con rivestimento lavorante in duralluminio suddivisa in quattro sezioni: due interne e due esterne più due estremità smontabili; alettoni ed ipersostentatori metallici rivestiti in duralluminio. Piani di coda a sbalzo completamente metallici. Le parti fisse completamente metalliche, il time e l’elevatore metallici ricoperti in tela. La deriva costituisce parte integrante della fusoliera. Le superfici mobili, munite di alette di compensazione, sono bilanciate staticamente e dinamicamente.
Carrello retrattile per rotazione verso l’indietro a scomparsa totale nelle gondole motori; ruotino di coda orientabile, non retrattile.
Fusoliera di tipo a semiguscio di sezione rettangolare con struttura metallica e rivestimento lavorante in duralluminio.
Motori con eliche tripale metalliche Hamilton Standard Hydromatic, a passo variabile in volo: carburante in serbatoi alari auto sigillanti per una capacità complessiva di 2.300 l., possibilità di istallazione nel vano bombe di un serbatoio supplementare della capacità di 3.632 l.
Equipaggio previsto di quattro componenti.
Cabina di pilotaggio monoposto dotata di strumentazione completa per parametri di volo e impianti, compresa tra due paratie: una posta alle spalle del puntatore e l’altra appoggiata al longherone principale; il pilota dispone di sedile regolabile in altezza e può comunicare con l’operatore radio a mezzo di interfono o direttamente tramite una finestrella posta sulla paratia posteriore. Tettuccio sganciabile in volo.
Postazione del marconista dotata di poltroncina girevole, tavolino ribaltabile, apparato radio ricevente RA-10DB, trasmittente TA12B, radiogoniometro. Portelli di emergenza situati sul dorso e ventre della fusoliera.
L’addetto all’osservazione ed il puntamento è alloggiato nella prua completamente vetrata contenente l’apparato di puntamento tipo Mk.IX o X, o D.8 Sperry, gli strumenti e i controlli del copilota. Portello inferiore d’accesso , munito di scaletta, sganciabile in volo.
Impianto di riscaldamento ad aria prodotta da due generatori; parabrezza del pilota e del bombardiere muniti di dispositivo antighiaccio ad alcool e tergicristalli.
Quattro mitragliatrici alari Browning da 12,7 mm. con tiro al di fuori del disco delle eliche; due mitragliatrici Browning da 12,7 mm. (una nella Mk.V) in torretta dorsale Martin a comando elettrico, 375 colpi per arma. Due mitragliatrici Browning da 7,7 mm. brandeggiabile a mano per la difesa ventrale. Di norma i velivoli forniti all’Aviazione cobelligerante sono privi delle 4 armi da 7,7 mm. in fusoliera sparanti all’indietro e verso il basso, i relativi fori sono chiusi da pezzi di tela verniciati.
Vano bombe in fusoliera per un massimo di 6 bombe da 500 lb.
L’armiere della torretta dorsale espleta anche la funzione di fotografo con apparecchio F24 montato su rotaia.
DOTAZIONE
MM. (FA o FW) – n. 49 (dal luglio 1944)
MM. 24977 - 25003 – n.27 in servizio alla fine del 1945
CREDITI
Autori Vari Dimensione Cielo volume VI Bombardieri ricognitori Edizioni Bizzarri, Roma 1974
Marco Gueli, Roberto Crespi Martin Baltimore La Bancarella Aeronautica, Torino 2004
Storia aereo
Storia pilota, aviatore
« Sempre i soliti quattro gatti! » Pochi tra i distinti dei nostri reparti reggono il confronto in efficacia ed espressività con questo che innalza il 132° Gruppo « Baltimore ». in verità sono sempre gli stessi a fare la guerra: lo furono prima dell’8 settembre e lo sono stati dopo, e chi torna oggi sui campi di volo non tarda a convincersene. L’insegna del 132° Gruppo potrebbe ben essere presa a simbolo di tutta la nostra piccola, indomita aviazione operante.
L'Aeroporto sulla necropoli
A metà strada fra Barletta e Canosa, in un punto della pianura solitaria solcata dal pigro Ofanto e recinta dalle piatte Murge, non lungi da un antichissimo campo di battaglia dal tragico nome che gli scavi hanno ormai ridotto ad una immensa necropoli, i reparti dello Stormo da bombardamento « Baltimore » hanno piantato le loro tende.
Ve le hanno piantate non nel senso metaforico, come usa dirsi talvolta, volendo significare lo stabilirsi in un dato luogo comunemente fornito, dei necessari, più o meno comodi impianti, ma nel senso elementare della frase, con paletti, rampini, anelli e funi su pertiche di legno infisse nel nudo suolo; tende dagli orli svolazzanti entro cui s'ingolfa l'aria delle stagioni e su cui si gettano, per tenerli calmi, palate di terra.
Un uliveto, una vigna, una strada carrareccia, al di là il campo e, sopra d'essi, il cielo tali i quadri del mondo — breve nelle dimensioni ma dilatato oltre i suoi confini dalle diuturne evasioni alate e dalla tensione degli spiriti — in cui vivono da mesi questi uomini figli di ogni parte d'Italia, venuti qui, lontani dai loro affetti e soli, a fare la guerra.
Tornare dopo qualche tempo in un aeroporto di guerra desta sempre nell'animo un'impressione profonda, singolare.
Una diversa atmosfera
L'atmosfera che vi si respira non è simile ad alcun'altra: ci si sente in un mondo diverso, quasi che la vita di tutti i giorni sia distante non un breve tratto di strada, ma centinaia di chilometri.
La visione della città, con i suoi volti promiscui, con le sue voci discordi, s'allontana e scompare non appena, entrati nel campo, ci si imbatte in un crocchio di aviatori. Chiunque si sia, da dovunque si venga, purché collega, le mani di tutti sono pronte a serrare la vostra. Non si intavola un discorso: sembra se ne continui uno già cominciato tempo addietro, non si sa dove.
L' ospitalità, questa perla delle solitudini, vi è offerta semplicemente, senza limitazioni, ed è il primo dono di cui si beneficia e il più ricco che si possa desiderare.
Subito si entra a far parte della comunità. Si rievocano episodi di tempi andati, nomi e figure di gregari e di comandanti, si scambiano domande e risposte su colleghi cari al ricordo: come l'hai visto, che faceva, quando si farà vivo. Ogni persona nota occupa, nell'opinione comune, una posizione particolare, a seconda delle sue qualità, e il giudizio è un giudizio sereno e comprensivo, ma difficilmente removibile. Aneddoti allegri, colti dalla realtà, memorie gravi, pareri tecnici, critiche sottili s'avvicendano sulle bocche di questi combattenti, pronte al riso gioviale come alla discussione serena, all'obiezione imprevista, alla staffilata cruda. Si è tra uomini.
Un mosaico di caratteri
Gente d'ogni parte d'Italia, abbiamo detto, i nostri bombardieri: ed anche — aggiungiamo — d'ogni condizione sociale e di ogni tipo e temperamento.
Fianco a fianco siedono intorno al lungo tavolo della mensa o si piegano su quello dell'« Ufficio Operazioni », fianco a fianco procedono in pattuglia o picchiano sul nemico, 1' impeccabile gentiluomo di antica famiglia illustre e il rude, schietto figlio del popolo, il padre di famiglia e lo scapolo impenitente, il pilotone anziano, incallito sui comandi e il pilotino dell’ultimo corso. C'è il carattere loquace e il taciturno, il pensoso e l'ameno, il metodico e l'impulsivo. C'è chi compie la sua missione con la distante freddezza con cui eseguirebbe un calcolo matematico, e chi vi si tuffa corpo ed anima, in cerca di un eroico brivido di avventura.
Gente strana e diversa, dunque, che si capisce subito, o non più; ma gente resa tuttavia compatta dalla passione comune che la sovrasta. Nessuna vita riesce ad affratellare gli uomini più di quella che spartisce il rischio in parti uguali fra tutti come un pane santo, e mette a nudo l'animo di ciascuno di fronte agli altri e a sé medesimo, rendendolo memore ogni giorno della fragilità e dei limiti umani. Tale la vita di questi aviatori, che pur nella molteplicità che li distingue appaiono coerenti ed inseparabili come le tessere disuguali d'un unico volto di mosaico, che ha i lineamenti del coraggio, della fede e della dedizione.
Un primato di guerra
L'aviatore raramente fa la guerra quando vuole lui, a un'ora prestabilita, come di solito i combattenti delle altre armi. Egli vive perpetuamente in attesa dello squillo che può chiamarlo e che certo lo chiamerà — fra un'ora, un giorno o un minuto — all'azione. A lungo andare impara cosa a vivere quasi staccato dal tempo, e soprattutto a non impiantare ipoteche sul futuro, come è vizio comune su questa terra. Lavora, si riposa, scherza e cerca di divertirsi quando può, ma non dimentica mai che deve venire lo squillo.
E lo squillo, per questi combattenti, è l'allarme, dato generalmente da uno o più apparecchi della caccia, in perlustrazione o già in missione offensiva, i quali abbiano notato in territorio nemico un movimento di treni, o di mezzi motorizzati, o d'uomini, o d'imbarcazioni lungo il litorale, tale da giustificare l'intervento di una prima o di una successiva aliquota di nostri bombardieri.
Dal momento dell’allarme il reparto incaricato dell’azione entra in energico movimento: bisogna essere al più presto sul nemico. Ogni ritardo può dargli la possibilità di sfuggire o dì concentrare la difesa. Già gli specialisti sono intorno ai velivoli, intenti agli ultimi controlli, menter i piloti, infilata la combinazione di volo, gettano nelle ampie tasche a toppa sulle ginocchia i pochi oggetti « prescritti per le missioni », che possono riuscire utili nel malaugurato caso di un forzoso atterraggio in territorio nemico, insieme a qualche documento e a qualche ricordo personale.
In meno di mezz'ora dall'allarme gli agili bimotori decollano verso l'obiettivo.
Tra le carte del Comando del Mediterraneo c’è una specie di graduatoria delle unità aeree che
Partecipano alla guerra nei Balcani. Fanno parte di questa aviazione dei Balcani apparecchi americani « Lightnings », veloci ed eleganti come rondini, apparecchi inglesi, apparecchi d'ogni tipo con piloti d'ogni nazionalità, apparecchi italiani pilotati da italiani e apparecchi americani e inglesi pilotati da italiani.
La graduatoria è fatta in base alle bombe lanciate, alla precisione con cui è stato colpito l'obiettivo, in base all'abilità di manovra nei decolli, negli atterraggi, nei voli in formazione, ecc.
In testa alla classifica dell'Aviazione dei Balcani c'è lo Stormo « Baltimore » pilotato da piloti italiani, cobelligeranti.
La vita al campo
La vita, su questo come su ogni altro aeroporto di guerra, è dura: molto più di quanto non possa
immaginare chi non la conosce. Ed è nonostante ciò, anzi, appunto per ciò, che il « morale » vi è incomparabilmente più elevato che altrove.
Lasciate a lungo un uomo, anche capace, seduto ad una scrivania, lontano così dal rischio come da ogni altra pietra di paragone tra la materia e lo spirito, stretto dalle mille piccole angustie della giornata cittadina, e difficilmente egli riuscirà a mantenersi immune dalla meschinità e dall'egoismo. L'animo ha bisogno, perché possa conservare ed esprimere le sue doti migliori, di difficoltà, di lotta, e talvolta anche di sofferenza, e tutto ciò ed altro ancora s'incontra su questo campo, soffocante e polveroso d'estate, fangoso e gelido d'inverno, spazzato per il resto dell'anno dai furibondi venti balcanici, intorno a questi velivoli che hanno bisogno di cure più di un essere animato dalla cui resistenza dipendono vite umane, sotto queste tende che per pavimento hanno il nudo terreno, per W. C. la contigua vigna e per ospiti le zanzare, qualche rospo e la nebbia della notte; qui dove, mentre altri nello stesso momento esce dal teatro o dal cinema, o si congeda dopo la partita a « ponte », si cerca brancolando a lume di lanterna l'entrata del propria rifugio, e quando la si è trovata, cresciuti di mezzo palmo per la mota accumulata sotto le scarpe, e ci si infila nella branda, si trovano le lenzuola umide e qualche sbattito d' ala intorno al viso.
Trasparenti musi di « Baltimore » rifrangono il sole.
Sugli apparecchi, specialisti sono intenti alla prova del motori.
Esercitato dalle difficoltà e dalla lotta, talvolta anche dalla sofferenza e soprattutto dal rischio, l'animo dei bombardieri s'erge fieramente sopra la debolezza e la viltà della materia, e le domina. E, ciò che è ancora più straordinario, riesce a tener desta e viva nel suo profondo la virile vena dell'umorismo e dell'ottimismo. Eccoli, i nostri ragazzoni, raccolti a mensa intorno al lungo tavolo, uno di fronte all'altro, con davanti la tazzina del caffè, vuota, e tra le dita la sigaretta appena accesa. È il più lieto momento della giornata. Hanno dimenticato come per incanto nostalgie è preoccupazioni, ed anche le fitte dello stomaco insoddisfatto del pasto, spesso molto! più frugale di quanto il loro giovanile appetito non richiederebbe. Ridono all'ultima freddura di G., un mattacchione esuberante, dalla mimica irresistibile. È quasi un'usanza, questa delle freddure: non appena uno ha terminato la sua, un altro è pronto; a continuare la serie. Ma ecco, si fa un po' di silenzio, e come l'attesa diventa più viva si ode la voce di P., che comincia una delle sue strane storie.
Dettaglio d'una fusoliera.
Lo spirito vivacemente animoso e sarcastico degli aviatori balza inconfondibile da questi rudimentali dipinti, dai bidone di benzina che sorvola il mare dalla scritta ammirativa.
Ogni sagoma di bomba rappresenta un'azione di bombardamento compiuta.
Una storia simbolica
« Questa mi è capitata la settimana scorsa, a Bari — racconta P. — Ero capitato alla Direzione X — due giorni di licenza per sbrigare una pratica un po' vecchiotta che mi riguardava — quando incontro in un ufficio un collega di lì, antica conoscenza.
Dopo avermi riconosciuto con un po' di fatica, mi domandò dove fosse attualmente il mio reparto.
— A Canne — rispondo io.
— A Canne!? — Lui casca dalle nuvole. — E che diavolo fate, lì?
P. fa una pausa d'intelligenza, stringe un po' gli occhi e tira una boccata.
— Ma sai.... — dico — facciamo un campeggio...
— Aaah! — Questa la beve subito. Fa un risolino: —Sempre fortunati, voi!... E vi divertite?
— Abbastanza.
— Ma... — s' informa — Cosa avete, lì? Soltanto le tende?
— È tutto organizzato — lo rassicuro. — Che tende! Ville requisite.
Lui sembra convinto. Ma dopo un po' ha un'idea. Dice:
— E il tempo, come lo passate?
— Vicino c'è il mare. Faccio il bagno ogni giorno. Non vedi tintarella? Cabine e tutto, naturalmente.
— Accidenti!... Fee —. fa col solito risolino— donne?
— 'A strafottere.
— Per forza!! — fa lui. Poi, riassumendo: — Insomma una compagnia in gamba, allegra.
— Sì e no. Il guaio è che o tanto capita qualche incidente.
— Grave?
— Abbastanza. Ci sono le barche, sono ragazzi, le prendon vanno al largo. O non sanno nuotare, o hanno mangiato da poco barche si rovesciano, e affogano. Non tornano più.
Mi guarda imbambolato, poi scuote la testa con disapprovazione:
— Le solite imprudenze...
— Appunto, imprudenze. Ma vuoi farci? sono ragazzi. Comunque abbiamo deciso di andarcene da lì; anche del mare ci si stufa. Dove, non sappiamo ancora bene, ma pare a Cortina d'Ampezzo.
E con questo lo lasciai, non sei avergli prima letto sul viso una sincera smorfia d'invidia ».
P. tace. Qualcuno ride sotto, ce, gli altri hanno sulle labbra sogghigno sarcastico. Solo il comandante è serio, immerso in qualche suo pensiero oscuro.
T. Andrei
Ora di riposo al campo dello Stormo « Baltimore ». Gli uomini sono e mensa o in branda: solo gli apparecchi attendono, portelli aperti, sotto l'accecante riverbero.
Italians Airplane story and details
Massimiliano ERASI
nato il 12 luglio 1908 a Bagni di Lusnizza (Udine).
Deceduto nel cielo dell'Adriatico il 21 febbraio 1945 in azione di guerra
MEDAGLIA D'ORO (alla memoria)
D.L. 22 dicembre 1945 (B.U. 1946 disp. 4 pag. 162)
MAGGIOIIE A.A.r.n.
Pilota in S.P.E. dello Stormo Baltimore
Comandante del 132° Gruppo, 253.a Squadriglia
Abile pilota, valoroso combattente, esemplare comandante, dava continue luminose prove delle più elevate virtù militari esponendosi sempre oltre il dovere nelle più audaci e rischiose azioni di siluramento. Dopo l'armistizio si votava tutto alla rinascita dell'Arma cui era tenacemente avvinto da solida fedeltà e da illimitata passione. In una importante azione di bombardamento su di una munita base costiera germanica, persisteva come sempre nella guida della sua formazione, fra le fitte maglie della reazione avversaria violenta e precisa. Colpito in pieno, precipitava in fiamme con il proprio equipaggio, dinanzi alle prore dei gregari, infrangendosi contro il sacro suolo conteso della Patria.
Cielo dell'Adriatico, 18 novembre 1944 - 21 febbraio 1945.