Volare è passione e vocazione, che riempie di sè una vita.
Adolf Galland
Aerei
-
Caccia / Assalto
- SAIMAN V.A.L.
- FIAT CR.32
- Caproni A.P.1
- Breda Ba..65
- Breda 64
- IMAM Ro.44
- Breda Ba.88
- FIAT G.50 Freccia
- FIAT CR.25
- Aer. Macchi C.200 Saetta
- IMAM Ro.51
- IMAM Ro.57
- Caproni Ca.335 Maestrale e Ca.355 Tuffo
- Caproni Vizzola F.5
- SAI Ambrosini S.S.4
- Aeronautica Umbra T.18
- Reggiane RE 2000 Falco
- Reggiane RE 2001 Falco
- Aer. Macchi C.202 Folgore
- Caproni Ca.331A e B
- Reggiane RE 2002 Ariete
- CANSA Fc.20
- Caproni Vizzola F.4 / F.6M / F.6Z
- Savoia Marchetti SM.89
- Aer. Macchi C.205 Veltro
- FIAT G.55 Centauro
- Reggiane RE 2005 Sagittario
- IMAM Ro.58
- Piaggio P.119
- Savoia Marchetti SM.91/92
- Messerschmitt Bf.109
- Dornier Do. 217J-1/J-2 Messerschmitt Bf.110C
- Dewoitine D.520
- Bell P-39N / Q
- Supermarine Spitfire Mk.V
- FIAT CR.42 Falco
-
Bombardieri / Ricognitori
- IMAM Ro.37
- CRDA Cant. Z501 Gabbiano
- IMAM Ro.43
- Savoia Marchetti S.81 Pipistrello
- CRDA Cant. Z506B Airone
- Savoia Marchetti SM.79 Sparviero
- Piaggio P.32
- FIAT BR.20 Cicogna
- FIAT BR.20M Cicogna
- Caproni Ca.135
- Caproni Ca.309 Ghibli
- Savoia Marchetti SM.85 e 86
- Caproni Ca.310 Libeccio
- CRDA Cant.Z.1007 Alcione
- Caproni Ca.312
- Caproni Ca.311
- CMASA RS.14
- CRDA Cant.Z.1018 Leone
- Piaggio P.108B
- Savoia Marchetti SM.84
- CRDA Cant.Z.515
- Caproni Ca.316
- Jumkers Ju.87 Picchiatello
- Breda Ba.201
- Reggiane RE 2003
- AVIA LM.02
- Aeronautica Lombarda Assalto Radioguidato
- Junkers Ju.88
- Savoia Marchetti SM.93
- Martin A.30 Baltimore
-
Scuola / collegamento
- Caproni Ca.100
- Breda Ba.25
- FIAT CMASA G.8
- IMAM Ro.41
- Nardi FN.305 - 310 - 315 - 316
- CRDA Cant. Z.1012
- Avia FL 3
- Caproni Ca.164
- SAIMAN 202
- SAIMAN 200
- Fieseler Fi.156 Stork
- SAI Ambrosini 7
- FIAT CMASA G.50B
- Bestetti-Nardi BN.1
- Rogozarski SIM-XIV
- Caproni Ca.602 - Ca.603
- Bücker Bu.131 «Jungmann»
- Cansa Fc.12
-
Trasporto
- Savoia Marchetti S.66
- Caproni Ca.111
- Savoia Marchetti SM.73
- Savoia Marchetti SM.74
- Caproni Ca.133
- Breda Ba.44
- CRDA Cant. Z.506C
- Macchi C.94
- FIAT G.18
- Savoia Marchetti SM.83
- Savoia Marchetti SM.75
- Savoia Marchetti SM.87
- Macchi C.100
- Savoia Marchetti SM.82 Marsupiale
- FIAT G.12
- CRDA Cant. Z.511
- Piaggio P.108T
- Aeronautica Lombarda AL.12P
- Costruzioni Aer. Taliedo TM.2
- Savoia Marchetti SM.95
- Junkers Ju.52/3m P.X R
- Douglas DC2 - DC3
Caccia / Assalto
FIAT G.55 Centauro, immagini, scheda e storia
I pregi e i limiti del G.55, e degli altri caccia di “ V serie” nelle acute note di un pilota da caccia che ebbe occasione, tra guerra e dopoguerra, di volare con Bf.109, G.55, P.51 e P.47 (g)
RICORDO DEL «CENTAURO»
La mia conoscenza col G.55 avvenuta all'inizio del 1944, non fu particolarmente entusiasmante.
Sfortunatamente, per il pur ottimo velivolo italiano, avevo conosciuto un anno prima, il Messerschmitt 109/G, il «Gustav» come lo chiamavano familiarmente al mio 150° Gruppo Caccia del Ten. Col Vizzotto. Il «Centauro» lo ebbimo in dotazione successivamente, forse per un paio di mesi.
Avemmo alcune difficoltà per mancanza di sufficienti particolari di ricambio e di attrezzature per assicurare la manutenzione e renderlo idoneo operativamente.
Lo impiegammo in combattimento due o tre volte per intercettare i bombardieri alleati che attaccavano le città del nord Italia, ed in tale ruolo si comportò abbastanza bene. Aveva un'ottima maneggevolezza, una eccellente stabilità e un potente armamento.
Il discorso variava se però ai bombardieri si sostituivano i caccia alleati fosse anche il pur pesante e poco agile Lightning P.38.
Infatti, oltre i 3.000 m. il G.55 accusava la sua pesantezza d'ali e la mancanza di una adeguata potenza surplus del motore in rapporto al peso del velivolo, che lo trasformava in un caccia di media classe e come tale non particolarmente competitivo al confronto con il mediocre ma potente e veloce P.38, con il massiccio ma rapido ed esuberante P.47 e con il velocissimo, agile e poderoso P.51.
Il velivolo risentiva, come tutti i caccia italiani dei difetti e dei pregi che essi avevano in comune: buona maneggevolezza, brillante predisposizione acrobatica, splendida linea aerodinamica che si contrapponevano alla limitata consistenza operativa per il quasi completo sfruttamento della potenza motrice disponibile, per la costituzione non particolarmente robusta ad un prolungato sforzo d'impiego, per le difficoltà di manutenzione, per la scarsa efficienza del sistema d'armamento causa di numerosi inceppamenti, per l'insufficienza degli apparati di puntamento per il tiro, per il discontinuo rendimento dei collegamenti radio, tutti elementi che avevano la loro importanza nel combattimento e contribuivano in misura determinante a stabilire il reale valore combattivo di un caccia.
Se venivano a mancare tali caratteristiche, il caccia non poteva più configurarsi in modo esatto come tale, poiché era più rispondente ad un veloce aeroplano da turismo, acrobatico, esuberante come potenza e consumo, ed eccessivo sicuramente come prestazioni fornite.
Non vorrei essere tacciato di pessimismo, ma le mie convinzioni sono maturate progressivamente allorché all'esperienza entusiasmante ed indimenticabile fatta in guerra col Messerschmitt, ho aggiunto nel dopoguerra, la conoscenza ancor più incisiva e traumatizzante del Thunderbolt e del Mustang che più volte avevo affrontato, combattuto e vinto.
FIAT G.55 Centauro
5a squadriglia II gruppo Aviazione Nazionale Repubblicana Ghedi, luglio 1944
Questa constatazione a posteriori, mi fece comprendere esattamente cosa significava per gli americani la definizione di: velivolo da caccia. Ho studiato analiticamente tale definizione e ne ho tratta la convinzione che la realtà era rappresentata da una macchina concepita e realizzata per recare la massima offesa e non come ritenevo secondo la concezione nostrana, da un aeroplano che oltre a volare, essere maneggevole, veloce e bello esteticamente, poteva anche sparare e arrecare offesa all'avversario.
Il problema del velivolo concepito come macchina da guerra veniva contrapposto al velivolo come macchina volante per la guerra. Una sottigliezza di concetti che riveste importanza fondamentale.
Mi spiego meglio con un esempio: la specifica progettuale per il P.51 prevedeva la realizzazione di un caccia da intercettazione a lungo raggio armato con 4 armi da 12,7 ed altre 4 da 7,7. Per tale tipo di velivolo si scelse un motore Allison da 1.165 cv. ben presto sostituito col più potente Allison da 1.245 cv. ed infine col Packard Merlin da 1.510 cv. e mentre la R.A.F. ordinava il Mustang con 4 armi da 20 l'USAAF si orientava sulle 6 mitragliatrici da 12,7. La velocità arrivava ai 700 Km/h, l'autonomia variava dai 1.600 ai 3.400 Km. con un peso totale di poco inferiore ai 4.300 Kg., tangenza sui 13.000 m. e velocità ascensionale con un tempo di 7'30" per arrivare ai 6.100 m., a ciò aggiungasi che la versione standard tipo D era corazzata avanti e dietro l'abitacolo, aveva una paratia a prova di proiettili dietro l'ogiva dell'elica e immagazzinava circa 1.900 proiettili. Una vera macchina da guerra volante.
Nel confronto con tali velivoli ricordo, come aspetto positivo, la spregiudicatezza con cui li affrontavamo anche disponendo di macchine tecnicamente e qualitativamente inferiori, riuscendo non di rado a batterli con lo sfruttamento intelligente delle qualità personali insite in alta misura nei nostri piloti.
Nel dopoguerra ebbi occasione di esaminare da vicino e di provare lungamente in volo i caccia made in USA: P. 47 e P. 51 e di convincermi maggiormente delle loro qualità combattive con
l'aggiungere all'aggettivo enunciato poc'anzi il sostantivo circa la « disinvoltura » con cui in combattimento ci eravamo impegnati in cosî difficile confronto.
Nel dopoguerra ritrovai anche il « Centauro » nella nuova versione G.59 migliorata e nel ruolo più modesto ed inconsueto di addestratore-caccia. In tale veste ebbi modo di ricredermi sulle sue qualità tecniche poiché esplicò questo compito con generale ed unanime soddisfazione per molti anni, ed anche fuori ruolo, continuò ad operare egregiamente presso i C. A.V. [Centro Addestramento al Volo], presso i reparti caccia ormai passati agli aviogetti come velivolo da collegamento veloce e allenamento ed infine nel ruolo, in verità non molto congeniale,di trainer per il volo strumentale.
Di tali esperienze conservo un ottimo e valido ricordo.
Se mi è ancora concesso di esprimere un mio personale giudizio sui caccia della serie 5: G. 55, Mc.205/V e Re.2005 ritengo che la decisione di immettere nei reparti da caccia questi aerei non appena pronti in numero sufficiente, rappresentò per noi piloti un avvenimento molto importante, da sempre auspicato e lungamente atteso.
Speravamo, dopo aver fatto quasi tutta la guerra sui CR.42, sui Mc.200 e sui Re.2001, che una volta dotati di tali tipi di aerei, sarebbe stato possibile controbattere efficacemente i velivoli alleati ed allinearci qualitativamente con i velivoli tedeschi.
Aspettavamo con ansia il Mc.205 che ci era stato promesso e che avemmo occasione di ammirare in Sicilia nella primavera del 1943 da poco assegnato ad altri reparti. Attendemmo invano! Mi fu consegnato al posto del Veltro il Messerschmitt 109/G: un velivolo che mi viziò aprendo alla mia esperienza di cacciatore un diverso e, per tanti motivi, positivo aspetto del velivolo da caccia: un nuovo orizzonte operativo non più limitato da plafond di velocità maneggevolezza, potenza e soprattutto capacità distruttiva. Da tale incontro nacque in me una nuova prospettiva sulla definizione costruttiva e d'impiego dell'aereo da caccia.
Gen. B.A. Mario Bellagambi
già comandante 5a squadriglia «Diavoli» - II gruppo A.N.R.