Volare è passione e vocazione, che riempie di sè una vita.
Adolf Galland
Bombardieri / Ricognitori
Savoia Marchetti S.81 Pipistrello, immagini, scheda e storia
Velivolo da bombardamento, trimotore monoplano a struttura mista.
[ vedi descrizione completa ]Scheda tecnica
CARATTERISTICHE
motori: Alfa Romeo 126 R.C.34
potenza unitaria: cv 680 al decollo
apertura alare: m 24,00
lunghezza totale: m 17,875
altezza totale: m 4,55
superficie alare: mq 92,20
peso a vuoto: kg 6.800
peso a carico massimo: kg 10.505
velocità massima: km/h 347 a 4000 m
velocità minima: km/h 85/88
tempo di salita: 13' 40" a 4000 m
tangenza massima: m 7.000
autonomia: km 1.800 (km 640 con 2.000 kg di bombe)
decollo: m 290
atterraggio: m 200
armamento: 6 da 7,7 mm (2 dorsali, 2 ventrali, 2 laterali)
carico bellico: kg 2000 di bombe o spezzoni
componenti equipaggio: 6
costo al 1938: Lit. 1.104.500
progettista: Alessandro Marchetti
pilota collaudatore: Adriano Bacula
primo volo del prototipo: MM. 326 l'8 febbraio 1935
località: Vergiate (Varese)
Savoia Marchetti SM.81 Pipistrello, Libia inizio 1941
DESCRIZIONE TECNICA
Velivolo da bombardamento, trimotore monoplano a struttura mista.
Fusoliera in tubi d’acciaio al cromomolibdeno; rivestimento in legno e tela.
Cellula di tipo monoplano ad ala bassa a sbalzo rastremata trilongherone, divisa in tre parti: piano centrale e semiali, in legno ricoperti di compensato; ipersostentatori Zap e alettoni in tubi d’acciaio al cromomolibdeno rivestiti in tela come i piani di coda; aletta di compensazione laterale regolabile a terra, trim di profondità per rotazione meccanica dello stabilizzatore, timone di direzione con aletta servo motrice.
Carrello triciclo fisso a ruote indipendenti ancorato su tre punti con ammortizzatori oleoelastici, freni pneumatici tipo FAST; ruotino di coda non carenato, ammortizzato con dispositivo di richiamo a fascio elastico.
Motori istallati su dispositivi elastici SIAI , cappottatura divisa in due parti e di notevoli dimensioni (Piaggio), in un sol pezzo più piccola (Alfa Romeo 125 RC35) o costituita da due anelli aperti (Isotta Fraschini k.15); eliche tripala in alluminio a passo variabile a terra; otto serbatoi di benzina a 87 ottani per totali l 3.620 (Alfa Romeo e Piaggio P.X) o l. 4.440 (k.14): l 600 al centro in fusoliera in quattro serbatoi semapizzati, più due serbatoi laterali e due alari in lamiera. Generatore unico a mulinello, fisso sul lato destro della fusoliera; batteria da 12 V – 90 Ah. Equipaggio previsto di quattro componenti. Cabina di pilotaggio a posti affiancati, dietro a quello di sinistra botola di accesso al tunnel alare per l’ispezione in volo dei motori laterali ed alla gondola di puntamento; sul cielo della cabina finestrature sganciabili per l’evacuazione d’emergenza; istallazioni fotografiche sul pavimento.
Oltre alla strumentazione relativa ai motori ed agli impianti, il cruscotto comprende due altimetri da 8.000 m., due da m. 1.000, un anemometro, un variometro, una bussola magnetica, un giroscopio direzionale, un giroscopio direzionale, un orizzonte giroscopico, uno sbandometro (la sola “pallina”), un indicatore ottico di pilotaggio. Apparato ricetrasmittente e goniometrico nella postazione del marconista, di fronte alla porta d’entrata.
Portelli d’emergenza sganciabili sui fianchi a metà della corda alare, otto hublots per fiancata più tre sul dorso.
Gondola di puntamento retrattile sganciabile, azionata da una carrucola, incernierata posteriormente; due seggiolini metallici: previsto a sinistra il puntatore di direzione (primo pilota), guida il velivolo col volantino di direzione sul bersaglio attraverso un traguardo di puntamento a visuale modello Jozza a reticolo universale; a destra il puntatore di gittata (marconista o motorista) calcola i dati di tiro e tramite un analogo traguardo effettua lo sgancio.
Armamento di caduta variabile per un massimo di 2.000 kg (normale 1.000 kg) di bombe alternabili tra 4 da 500 o da 250 (disposte orizzontalmente) o 16 da 100 kg. o 1.008 spezzoni (disposti verticalmente).
Torrette dorsale e ventrale di tipo Breda (2 Safat da 7,7 mm accoppiate) retrattili tramite verricello a mano, girevoli ad attuazione idraulica comandata dal brandeggio delle armi, più due Lewis da 7,7 mm in fusoliera in corrispondenza degli appositi portelli; dotazione complessiva di 3.000 colpi (500 per arma).
PRODUZIONE
MM. 20099 - 20106 8 marzo - aprile 35 SIAI (I), P. IX
MM. 20149 - 20172 24 settembre 35 - aprile 36 Piaggio (I), P. IX
MM. 20173 - 20196 24 marzo 35 - febbraio 36 Macchi (I), P. IX
MM. 20197 - 20220 24 settembre 35 - aprile 36 CRDA(I), Alfa 125 RC35
MM. 20221 - 20244 24 ottobre 35 - aprile 36 Breda (I), Alfa 125 RC35
MM. 20245 - 20268 24 gennaio - giugno 36 C.M.A.S.A. (I), Alfa 125 RC35
MM. 20269 - 20304 36 periodo mancante SIAI (II), PIX RC40
MM. 20325 - 20360 36 novembre 35 - febbraio 36 SIAI (III), [*]
MM. 20361 - 20456 96 novembre 35 - giugno 36 SIAI (IV), K.14
MM. 20457 - 20480 24 marzo - giugno 36 Macchi (II), Alfa 125 RC35
MM. 20481 - 20492 12 luglio - ottobre 36 CMASA (II), Alfa 125 RC35
MM. 20493 - 20504 12 maggio - giugno 36 Breda (II), Alfa 125 RC35
MM. 20505 - 20516 12 maggio - luglio 36 Piaggio (II), P. IX
MM. 20517 - 20528 12 febbraio - agosto 36 CRDA (II), Alfa 125
MM. 20595 - 20606 12 luglio - settembre 36 Macchi (III), Alfa 125
MM. 20607 - 20618 12 giugno - luglio 36 SIAI (IV), P. X
MM. 20619 - 20628 10 luglio - settembre 36 Piaggio (III), P. X
MM. 20629 - 20638 10 periodo mancante CMASA (III), Alfa 126
MM. 20639 - 20642 4 periodo mancante Macchi (IV), Alfa 126
MM. 20643 - 20650 8 ottobre 36 - febbraio 37 Aeronautica Umbra S.A. (I), Alfa 126
MM. 20742 - 20777 36 luglio - settembre 36 SIAI (V), Alfa 125 RC35
MM. 20857 - 20868 12 novembre 36 - gennaio 37 Macchi (V), Alfa 126
MM. 20869 - 20880 12 marzo - giugno 37 AUSA (II), Alfa 125
MM. 20881 - 20892 12 febbraio - maggio 37 CMASA (IV), Alfa 126
MM. 20925 - 20936 12 ottobre - dicembre 36 SIAI (IV), P.XRC15
MM. 20937 - 20944 8 maggio - agosto 37 Piaggio (IV), P.XR
MM. 20945 - 20950 6 agosto - ottobre 37 Piaggio (V), P.XR
MM. 21229 - 21239 12 settembre 37 - marzo 38 Caproni Aer. Predappio (I), Alfa 126
MM. 326 S.81B
MM. 20163 “Saturno”
[*] di cui: MM. 20325 – 20327 Alfa 125 RC35, MM. 20328 K.14, MM. 20329 – 20330 Alfa 125 RC35, MM. 20331 – 20332 P. X RC15, MM. 20333 – 20334 Alfa 125 RC35, MM.20335 P. X RC15, MM.20336 – 20337 Alfa 125 RC35, MM. 20338 – 20360 K.14
Storia aereo
Il necessario rinnovamento della linea operativa della Regia Aeronautica
Dalla fine della I guerra mondiale, per circa quindici anni, i nostri reparti da bombardamento hanno avuto in dotazione vari tipi di aerei, generalmente biplani, con limitate prestazioni di volo e velocità massima nell'ordine dei 200 km/h. Come tecnica e come caratteristiche d'impiego il Savoia-Marchetti S.81, trovando al suo arrivo aerei quali il Fiat BR.3, i Caproni Ca.73, 82,101, rappresenta un grosso passo avanti ed è un tramite indispensabile all'immissione in reparto delle macchine più moderne con carrello retrattile: ma già lui, al momento di essere adottato, è considerato velivolo d'avanguardia e come tale ha posto nuove esigenze addestrative.
Il prototipo del Savoia Marchetti S.81
L’aereo può essere considerato un derivato del velivolo da trasporto civile S.73
Inoltre esso convalida la formula del bombardiere trimotore, divenuta poi classica presso la Regia Aeronautica a causa della mancanza di unità motrici di sufficiente potenza unitaria. Per esso, in sede di progettazione, è ancora contemplato il ruolo secondario come velivolo da trasporto.
L'aereo è valutato positivamente, si richiede soltanto un allargamento della carreggiata e poi si passa alla produzione in grande serie che viene eseguita in ben otto complessi industriali con cinque differenti tipi di unita motrici. Ognuna di queste conferisce un particolare aspetto al velivolo, peraltro differenziato nelle sue serie, da numerosi elementi: cabina di pilotaggio, finestrature di fusoliera, armamento difensivo, apparati radio, carenature del carrello. Le varie motorizzazioni diverranno caratteristiche dei settori operativi ove il velivolo opererà: i Piaggio in AOI, gli Isotta Fraschini in Libia, gli Alfa Romeo in Spagna e Mediterraneo.
Il Savoia Marchetti S.81 è esposto dal 12 al 28 ottobre 1935 al I Salone Internazionale Aeronautico di Milano
Roma-Littorio (oggi Urbe), 28 marzo 1936.
Schieramento di S.81/AR125 in occasione del XIII annuale di fondazione della Regia Aeronautica
L’immissione ai reparti operativi
Dall'aprile 1935, i primi esemplari sono presi in carico dai reparti. Comincia il 7° stormo di Lonate Pozzolo; seguono il 9° stormo (26° gruppo con l’11a e la 13a squadriglia, 29° gruppo con la 62a e la 63a) a Roma-Ciampino, il 13° stormo a Lonate Pozzolo, il 15° stormo (46° gruppo con la 20a e la 21a, 47° gruppo con la 53a e la 54a) basato a Ferrara.
Nel gennaio 1936 è la volta dell'8° stormo (27° gruppo con la 17a e la 18a, 28° gruppo con la 10a e la 19a) sull'aeroporto di Bologna-Panigale, quindi il 14° basato a Vicenza (febbraio), il 10° stormo di Bresso (marzo), l’11° di Ferrara (aprile), il 30° stormo di Poggio Renatico (aprile), il 12° di Guidonia (maggio).
Nel dicembre 1936 a riceverlo è anche il 16° stormo (Vicenza), il 32° (aeroporti di Ferrara e Forlì, poi Cagliari-Elmas), quindi dal 33° (Napoli-Capodichino), dal 34° (marzo 1937, Forlì), dal 36° (febbraio 1938, Bologna-Borgo Panigale).
Un equipaggio familiarizza con un S.81 appena consegnato dalla fabbrica
La guerra d’Etiopia
Al momento del conflitto italo-etiopico, il 9° stormo è già ad un buon livello sia come dotazione di velivoli sia dal punto addestrativo: può dunque inviare sul lontano fronte una aliquota di S.81 /P. IX e proprio Personale. Trasferiti a Napoli-Capodichino, gli aerei sono parzialmente smontati e quindi inviati per mare; sbarcati a Massaua, hanno come loro base un nuovo grande aeroporto realizzato sull'altopiano eritreo, non lungi da Asmara, il campo di Gura.
Già il 26 dicembre 1935, 10 S.81 compiono la loro prima azione bombardando e spezzonando postazioni nemiche. Segue un'attività molto intensa per risolvere, coi mezzi aerei, le sorti della campagna nei vastissimi territori etiopici. Ai voli propriamente offensivi si intrecciano le ricognizioni e gli aviolanci di rifornimenti per le colonne avanzanti. A fine maggio 1936 risultano lanciati 389.575 kg di bombe e 172.889 Kg. di viveri e munizioni.
Il 22 maggio viene dislocato a Maccalè un gruppo di S.81 che effettua il trasporto ad Addis Abeba, stante l’impossibilità di farlo via terra per l’impraticabilità della “strada imperiale” con la stagione delle piogge e le azioni di guerriglia delle bande etiopi, di un battaglione di granatieri equipaggiati, armi, munizioni, una stazione radio telegrafica. Ciascun trimotore ospita 8 o 10 soldati e sino a 900 Kg di carico. Gli apparecchi debbono provvedere, inoltre, al carico di benzina per il volo di ritorno non essendo disponibile sul campo di Addis Abeba. Il trasporto di uomini e materiali viene compiuto nell’arco di dieci giorni.
Transito nelle strade Partenopee verso l’imbarco di S.81 destinati alle operazioni in Etiopia
Savoia Marchetti S.81/P.IX, 11a squadriglia B.T. (26° gruppo, 9° stormo) Gura, Eritrea 1935
Africa Orientale, decollo di un Savoia Marchetti SM.81. Nel corso della campagna per la conquista dell’Etiopia e nelle successive fasi di consolidamento dell’occupazione il trimotore, al suo debutto operativo, coniuga felicemente il ruolo offensivo con quello di trasporto di materiali e persone
La guerra civile spagnola
Alle h. 5,35 del 30 luglio 1936, dodici S.81 al comando del col. Ruggero Bonomi lasciano l'aeroporto di Cagliari-Elmas. Li precede il Cant.Z.506 I-CANT, nel ruolo di accertatore meteorologico. Un forte vento di libeccio e vaste formazioni nuvolose provocano un inaspettato aumento dei consumi di carburante. Alle h. 11,45 solo nove S.81 atterrano all'aeroporto di Nador nel Marocco spagnolo costituendo, di fatto, il primo nucleo dell'Aviazione Legionaria.
Dei tre S.81 non giunti a destinazione due vanno perduti: l’aereo del ten. Angelini si stacca dalla formazione e precipita in mare, con la perdita dell’intero equipaggio. Quello comandato dal ten. Mattalia, a corto di carburante, atterra d’emergenza sul campo algerino di Saidia distruggendosi in atterraggio e provocando la morte di Mattalia ed altri tre componenti dell’equipaggio. Mentre il velivolo del ten. Ferrari (si tratta della MM.20467), anch’esso privo di carburante, compie un perfetto atterraggio di fortuna alla foce del fiume Moulouya ad appena tre chilometri dal confine del Marocco Spagnolo. Sequestrato dalle autorità francesi, l’aereo rientrerà in Italia nell’ottobre 1938. L’atterraggio di due velivoli italiani con personale della Regia Aeronautica in territorio algerino crea un attrito diplomatico col governo francese e rivela il sostegno fornito dall’Italia alla causa degli insorti spagnoli.
Già il 2 agosto, 3 S.81 decollano dal Marocco attraversano lo stretto di Gibilterra e penetrano in profondità sul territorio spagnolo, attaccando le difese di Merida in Estremadura. Il giorno successivo, quattro velivoli intervengono su Badajoz, importante nodo di traffico al confine col Portogallo. Il 5 agosto 2 S.81 attaccano e mettono in fuga un cacciatorpediniere che sta bombardando Larache, una località costiera marocchina tenuta dagli uomini del generale Franco, mentre altri 3 aerei, dopo aver scavalcato la Sierra Nevada, sono su Guadix ove i repubblicani stanno concentrando ingenti mezzi per un'azione contro Granada. Risulta ben centrato il tiro sul locale scalo ferroviario e sull'aeroporto.
Finalmente, il 6 agosto il generale Franco decide di tentare il trasferimento delle sue truppe da Ceuta (Marocco) ad Algeciras (territorio metropolitano). Il tratto di mare è modesto, nell'ordine dei 50 km., ma Franco non ha navi da guerra per contrastare il blocco navale repubblicano esercitato da una corazzata, due incrociatori, sette cacciatorpediniere, otto sommergibili. I nove S.81 vivono dunque una giornata intensissima: dalla loro azione dipende l'arrivo dei cinque mercantili stracarichi di soldati. Il primo tentativo di un cacciatorpediniere repubblicano non ha la possibilità di materializzarsi perché un S.81 lo attacca ripetutamente costringendolo ad invertire la rotta. Poi viene individuato un sommergibile per cui il suo attacco al convoglio, sotto bombardamento aereo, è piuttosto impreciso ed i siluri mancano il bersaglio. Un altro cacciatorpediniere abbandona quasi subito l'azione e ripara in Atlantico, mentre due ulteriori unità sono intercettate ed impegnate dai bombardieri: il « José Luis Diez », danneggiato, attracca a Gibilterra sbarcando 8 morti e 18 feriti gravi.
Il 9 agosto, gli S.81 si portano a bombardare il porto di Malaga ove è basata un'aliquota della flotta nemica. Si incendiano i depositi di nafta e di munizioni e si determina lo spostamento delle navi ad altre basi della costa spagnola, ben lungi dalla zona dello stretto.
Nador - Taouima (Marocco Spagnolo), luglio 1936. Uno dei dodici Savoia Marchetti SM.81 inviati a sostegno dell’Alzamiento Nacional. Di essi solo nove giungono regolarmente nella località africana e dal 2 agosto potranno iniziare a fornire il loro sostegno agli insorti. Si notino le vistose bande sub alari (Aviationcorner.net)
Subito dopo gli S.81 si trasferiscono a Tablada (Siviglia), da dove riprendono le azioni su Guadix, Malaga, Cordova, Navalmoral, Oropesa, Toledo, Huelva. Il 31 agosto, 3 S.81 si trasferiscono a Palma di Majorca dando nei giorni successivi un decisivo contributo al consolidamento delle forze franchiste nell'isola, e quindi alla conquista di Ibiza e Formentera.
Dopo essere avanzati sul campo di Talavera de la Reina, il 1° ottobre 5 S.81 attaccano un importante nodo sulla strada Toledo-Madrid; il 9 ottobre bombardano l'aeroporto di Malaga, il 16 quello di Andujar, il 19 l'aeroporto di Guajon. Il 13 ottobre, 3 S.81 lanciano da bassa quota 2.000 kg. di rifornimenti per coloro che sono assediati alla Virgen de la Cabeza. In novembre, gli S.81 in condizioni di volo sono ormai ridotti a sette. Gli obiettivi sono ora alla periferia di Madrid: il 19 novembre, anche 4 S.81 partecipano all'azione contro il nemico che difende strenuamente la Città Universitaria.
Il 24 novembre, la colonna avversaria che tenta la controffensiva puntando su Talavera è sgominata anche dall'azione dei trimotori che scendono persino a mitragliare da bassa quota. Il giorno successivo, parte dei velivoli di Bonomi, decollati per un'azione su Madrid, scampano ad un violentissimo bombardamento aereo sul campo di Talavera. Dopo quattro mesi di guerra, gli S.81 hanno già lanciato 210.800 kg. di bombe, ma il loro nucleo iniziale è giunto agli estremi mentre l'aviazione nemica si rivela aggressiva e potenziata: bisogna far affluire rinforzi.
Il 26 dicembre 1936 il ten. col. Ferdinando Raffaelli giunge con 9 S.81, già appartenenti alla 13a squadriglia (26° gruppo, 9° stormo). Il volo si svolge perfettamente e dopo pochi giorni lo stesso Ufficiale è incaricato di rientrare in Italia per condurre una seconda formazione di altrettanti aerei, già dell'11a squadriglia (stesso gruppo e stormo). I 18 velivoli, già nel gennaio 1937 si trasferiscono sull'aeroporto di Soria da dove operano intensamente su due importanti fronti, prima a sud nella zona di Guadalajara (marzo 1937) poi a nord verso Santander (aprile-agosto 1937).
Il ricorso a tecniche di volo strumentale durante l'azione bellica, va considerata una vera priorità di questi aerei. Non si tratta delle azioni notturne, per le quali si devono attendere sia pur minime condizioni di luminosità, quanto delle missioni compiute con tempo proibitivo per nebbia e nubi. In pattuglie di tre, ala contro ala, gli S.81 si infilano nel maltempo, tengono la formazione, forano quindi lo strato nuvoloso per avvistare l'obiettivo e sganciare, rientrano quindi alla loro base. E' tale la confidenza presa con questa normativa d'impiego che le pattuglie, strettissime per concentrare il fuoco delle torrette bi-armi ad alta cadenza di tiro, hanno buon gioco della caccia avversaria che commette il ricorrente errore di attaccare con un velivolo alla volta: in caso di difficoltà, se ci sono nubi, gli S.81 puntano decisi verso di esse, ovviamente lasciandosi alle spalle l'avversario. Pur lavorando spesso con la scorta dei CR.32, gli equipaggi del bombardamento preferiscono solitamente agire da soli proprio per evitare tutti i problemi che il volo di formazioni così differenti finisce per porre, specie se condotto in condizioni meteorologiche non buone.
Oltre al Gruppo impiegato sul continente, un secondo reparto di S.81 è basato nell'isola di Majorca. Il 25° gruppo « Pipistrelli delle Baleari » (251a e 252a squadriglia) è particolarmente attivo su Minorca e sulle località costiere spagnole. Il 22 dicembre 1936, durante un'azione sul porto di Mahon (Minorca) viene gravemente colpito l'S.81 del ten. pil. Brescianini e del serg. magg. pil. Luigi Nerieri: alla Memoria di quest'ultimo viene conferita la massima onorificenza militare.
Particolarmente intensa è l'attività nella primavera del 1937 su obiettivi stradali e ferroviari al confine con la Francia, su porti ed aeroporti, ma ulteriori citazioni non farebbero che ribadire modalità d'impiego già descritte.
Purtroppo la carriera degli S.81 legionari si conclude con un gravissimo incidente. La guerra è al termine e si pensa di organizzare la grande azione aerea del marzo 1939. Durante gli incontri preliminari per concentrare in questo compito alcune centinaia di velivoli italiani e tedeschi, il 20 febbraio 1939 da Valenzuela Zaragoza decolla un S.81 pilotato dal col. Mario Vetrella coadiuvato dal serg. Magg. Motorista Marcello Ponticelli con a bordo alcuni nostri Comandanti di Gruppo (ten. col. Letterio Canistracci e Francesco Imperi, cap. Alfredo Anghileri e Antonio Miotto). L'aereo si incendia in fase di decollo ed ogni tentativo di soccorso da parte del Personale di terra è reso vano dal violentissimo rogo.
Tutti gli S.81 sopravvissuti alle ostilità (21° stormo, 24° e 25° gruppo con le squadriglie 213a, 214a, 215a, 216a) il 30 settembre 1938 sono ceduti all'aeronautica spagnola.
Due immagini dell’intensissimo impiego del Savoia Marchetti S.81 nel corso della Guerra Civile spagnola
Savoia Marchetti S.81/AR 126 XXIV Gruppo (21° stormo B.P.) Soria, estate 1938
San Bonet, Spagna 1951. Un Savoia Marchetti S.81/AR126 trasformato in velivolo da trasporto. Si noti l'istallazione in fusoliera di una fila di finestrini. Presso l'arma aerea spagnola il velivolo avrà la sigla T.1. (aviationcorner.net)
L’attività sul territorio nazionale e nelle colonie, impieghi particolari
Durante la guerra di Spagna continua la consegna delle ultime serie di S.81 e si sviluppa un vasto piano addestrativo su tutto il territorio metropolitano. Gli aerei partecipano a numerose manovre ed il loro concentrarsi per le manifestazioni aeronautiche è una forma di propaganda altamente spettacolare.
Esemplari modificati sono basati sull'aeroporto di Centocelle presso il Reparto P, assegnati come velivoli personali a Vittorio Emanuele III, a Mussolini, al Capo di Stato Maggiore Generale, al Capo di Stato Maggiore e Sottosegretario dell'Aeronautica, ciascun apparecchio dipinto in avorio reca, a lato del portello d’accesso, l’araldica della personalità utilizzatrice.
Intanto si provvede ad inviare oltremare i nuovi aerei. Nel giugno 1936 si trasferisce a Castel Benito (Tripoli) il 46° gruppo del 15° stormo, seguito in luglio dal gruppo gemello, il 47°. Hanno in dotazione gli esemplari con motori Gnome-Rhone K.14, poi costruiti su licenza dalla Isotta-Fraschini. Lo stesso tipo di motori è anche sui velivoli del 14° stormo che il 25 novembre 1936 si porta a Benina (Bengasi). In occasione della visita in Libia di re Vittorio Emanuele (maggio 1938), gli S. 81/K.14 effettuano bombardamenti su poligono ed il lancio dimostrativo di un intero battaglione di paracadutisti libici. Lo stesso Italo Balbo, Maresciallo dell'Aria e Governatore della Libia, partecipa a lunghi voli sul deserto ai confini meridionali della colonia.
Gli S.81/P.X sono invece concentrati in Africa Orientale Italiana ove armano 7-8 squadriglie da bombardamento; gli S.81/ Alfa 125 e 126 costituiscono invece la più importante aliquota dei velivoli rimasti in Italia.
Roma-Littorio (oggi Urbe), 21 giugno 1936. Decollo di un S.81 con a bordo i ministri Alfieri, Ciano, Lantini, e Lessona. Si noti come il portello d’emergenza sganciabile, posto sul fianco a metà della corda alare, sia munito di un finestrino rettangolare anziché del consueto hublot.
Aeroporto Luigi Ridolfi di Forlì, 20 settembre 1936. Imbarco del Ministro dei Lavori Pubblici Giuseppe Cobolli Gigli su un S.81 in carico alla 193a Squadriglia BT, l’araldica sotto il finestrino attesta che il velivolo è quello del comandante di gruppo
Aeroporto di Sforzacosta (Macerata), 28 ottobre 1936 Mussolini scende dall'S.81 da lui abitualmente pilotato
Il ponte aereo per l’occupazione dell’Albania, la situazione operativa al 10 giugno 1940
Nel quadro dell'occupazione dell'Albania l'8 aprile 1939 numerosi S.81, insieme ai Ca.133, trasportano da Grottaglie (Taranto) al campo di Tirana, appena occupato dalla colonna Masse, un intero reggimento di granatieri. In questo caso, come già in Spagna ed in Etiopia, l'ineccepibile impiego dell'aviazione secondo i criteri più avanzati fa meditare sui risultati conseguibili dalla Regia Aeronautica, qualora si fosse evitato di sminuzzarla su ben cinque fronti.
Al 1° novembre 1939 risultano in carico presso reparti operativi 312 S.81: ad essi bisogna aggiungere gli esemplari impiegati presso le Scuole di volo o per compiti ausiliari, fino ad un totale generale di circa 400 esemplari.
Al 10 giugno 1940 i reparti da bombardamento allineano ancora 293 S.81 di cui 59 basati in Africa Orientale: gli altri sono in Libia con il 14° e 15° stormo, a Lecce con il 37° stormo (54° gruppo, 218a e 219a squadriglia; 55° gruppo, 220a e 221a squadriglia) e con il 40° gruppo del 38° stormo (202a e 203a squadriglia), a Tirana con il 39° gruppo del 38° stormo, a Maritza (Rodi) con il 39° stormo (56° gruppo, 222a e 223a squadriglia; 92° gruppo, 200a e 201a squadriglia).
Grottaglie (Taranto), 8 aprile 1939. Imbarco di militari su un S.81 nel quadro delle operazioni d’occupazione dell’Albania
L’Africa Orientale Italiana
In Africa orientale i 59 S.81 con motori Piaggio P.IX e P.X sono con il 4° gruppo (14a e 15a squadriglia) a Ghinielè, con il 27° (118a squadriglia) e con il 29° (62a e 63a) ad Assab, con il 28° (10a squadriglia) a Zula, con il 26° (11a e 13a) nella zona del lago Tana (aeroporti di Gondar e Bahr Dar). E' il grosso delle forze strategiche su questo fronte, dopo 167 Caproni Ca.133.
I primi due mesi di guerra si svolgono senza azioni massicce con reciproca valutazione delle possibilità avversarie. Si attua un ripiegamento dei reparti su località più interne non esposte e si effettuano raids sulla Somalia francese (Gibuti), Somalia britannica (Zeila e Berbera), sul Kenya, Aden, Port Sudan ecc.
Le azioni notturne degli S.81 su Aden si rivelano subito impegnative: già il 13 giugno 1940 vanno perduti 2 dei 4 velivoli attaccanti. Il 27 giugno, in mar Rosso, alcuni S.81 costringono tre navi da guerra inglesi ad interrompere l'attacco contro un nostro sottomarino arenato. Purtroppo in un solo mese di guerra l'Aeronautica A.O.I. vede paurosamente assottigliarsi la linea-velivoli: 9 aerei abbattuti, 10 distrutti al suolo, 18 dichiarati fuori uso o perduti in incidenti. Alla conquista della Somalia britannica (3-19 agosto 1940) partecipano anche 19 S.81 del 4° e del 29° gruppo: due vanno perduti.
Nelle giornate dall'1 al 6 settembre 1940 i nostri bombardieri sono alla ricerca di un importante convoglio nemico, carico di truppe, proveniente da Bombay. Il 4 settembre essi attaccano e danneggiano un piroscafo da 7.000 t., spingendosi quindi sulla piazzaforte di Aden. Il giorno successivo, SM.81 ed SM.79 attaccano 8 mercantili scortati, colpendone tre; anche 5 nostri aerei tornano indietro con gravi danni. Finalmente il 6 settembre, dopo aver immobilizzato una nave-cisterna da 5.000 t., due squadriglie di SM.81 ed una di SM.79 intercettano il convoglio proveniente dall'India: 29 mercantili e tre incrociatori, con scorta aerea. Viene affondato un piroscafo ed altri due sono colpiti, due nostri aerei riportano gravi danni.
11 luglio-10 settembre, continua il bilancio delle perdite: 7 aerei abbattuti, 19 distrutti al suolo, 21 perduti in incidenti o radiati perché non riparabili. Con un simile ritmo l'Aeronautica A.O.I. è presto ridotta ai minimi termini: le si prolunga l'esistenza con i pochi SM.79 che giungono senza scalo e con i CR.42 trasportati dagli SM.82. Questi complessi provvedimenti di emergenza sono ulteriormente aggravati all'inizio del 1941 dall'abbandono della Cirenaica. Al 10 gennaio, gli SM.81 sono ridotti a 26 unità. Ma se in febbraio la nostra aviazione si impegna ancora a fondo per la difesa di Cheren, tenendo sotto pressione le truppe nemiche, in marzo essa non può più essere considerata una entità bellica.
S.81/PX della 14a Squadriglia BT atterrato d’emergenza in un uadi a 240 chilometri ad est di Aden,
recuperato e trasferito in quest’ultima località da un pilota inglese
Il Mediterraneo e l’Egeo
Degli altri stormi di SM.81, va innanzitutto ricordata la partecipazione alle prime azioni sulla flotta inglese. Nel pomeriggio dell'8 luglio 1940, durante la fase preliminare alla battaglia di Punta Stilo, 11 SM.81. del 39° stormo attaccano il nemico. Il pomeriggio successivo, 26 SM.81 del 37° stormo e 9 del 40° gruppo (38° stormo) sono nel cielo della battaglia aero-navale ma in parte vengono coinvolti nell'errore dei tiri sopra la nostra flotta. Tra le h. 11,20 e le h. 12,35 del 13 luglio, 20 SM.81 del 39° stormo conducono un'ulteriore azione contro la flotta inglese.
Nell'episodio bellico di Capo Spada (h. 13,30 del 19 luglio 1940) 6 SM.81 del 39° stormo danneggiano il cacciatorpediniere « Havoc ». Altre otto azioni su obiettivi navali sono compiute tra il luglio e l'agosto 1940. Questo reparto (56° gruppo a Gadurrà e 92° gruppo a Maritza, con un totale di 30 SM.81 ha anche effettuato importanti missioni su obiettivi terrestri del Mediterraneo orientale.
La notte del 22 giugno, 12 suoi velivoli attaccano il porto di Alessandria ed uno di essi, per esaurimento del carburante, al rientro è costretto ad effettuare un ammaraggio non lungi da Rodi. Le azioni notturne su Alessandria si ripetono il 7 luglio con 11 SM.81 (uno non rientrato), il 16 luglio con 12 SM.81 (uno ammara presso Scarpanto), il 25 luglio con 9, il 26 agosto ancora con 9, l'8 settembre con 8 velivoli (due non rientrati), il 21 settembre con 7, il 5 ottobre con 5 S.81. Le lunghissime missioni sono sospese proprio alla fine di questo mese per esigenze di drastico risparmio sui consumi di carburante. Un'isolata missione sul canale di Suez, a Porto Saíd e ad El Qantara, è effettuata il 28 agosto 1940 da 8 SM.81.
Egeo, formazione di S.81 in volo sul mare, la foto è prebellica
La guerra di Grecia
Alle ostilità contro la Grecia, partecipano i 24 velivoli del 38° stormo, basati a Valona (poi Scutari) e 18 esemplari del 37°, a Lecce. Già dal 2 novembre 1940 alcuni S.81 del 38° stormo debbono essere utilizzati per il lancio di rifornimenti alla divisione « Julia » che si trova in gravi difficoltà di fronte alla supremazia nemica. Gli aviolanci continuano anche in seguito, mentre si deve far fronte alle esigenze del ponte-aereo tra la Puglia e l'Albania per sopperire in qualche maniera al grave stato di difficoltà in cui la nostra azione terrestre è venuta a trovarsi.
Nel solo bombardamento, continua invece l'azione da parte del 39° stormo. Esso partecipa alla rioccupazione dell'isola di Castelrosso tenuta tra il 25 ed il 27 febbraio 1941 da un piccolo contingente inglese, alle azioni su convogli nemici del 6 marzo e del 2 aprile 1941, al bombardamento della stazione radio di Mitilene (21 e 23 febbraio, 31 marzo 1941) e dell'aeroporto di Heraklion nell'isola di Creta (13 marzo) sino a due missioni notturne sul porto del Pireo, il 15 ed il 16 aprile 1941. Nei primi 12 mesi di guerra, le azioni inglesi su Scarpanto, Maritza, Gadurrà vi danneggiano gravemente 8 SM.81.
Sul fronte greco-albanese ha inizio l’impiego del Savoia Marchetti S.81 nel ruolo di trasporto
Personale della Regia Aeronautica festeggia sull’aeroporto di Tirana la fine delle ostilità sul fronte greco-albanese
L’africa Settentrionale
Esaminiamo adesso la partecipazione di questo velivolo alle vicende belliche in Africa settentrionale. Al 10 giugno 1940, 21 aerei sono con il 44° e 45° gruppo del 14° stormo (El Adem) ed altri 8 SM.81 rimangono presso il 15° stormo (Castelbenito) per compiti di trasporto. Il 15 luglio 1940 si aggiungono 13 S.81 del 54° gruppo (37° stormo) destinati ad essere impiegati in esclusive missioni di bombardamento notturno. In effetti questo fronte si rivela subito molto difficile per la presenza di forze avversarie poderose ed attivissime e per la continua richiesta di intervento della nostra aviazione al fine di risolvere le compromesse sorti della battaglia terrestre. Ecco dunque gli S.81 a caccia di autoblindo e camionette.
Più omogeneo è l'impiego notturno sulle retrovie del nemico, su aeroporti e basi logistiche. Ma anche i nostri campi sono frequentemente soggetti all'azione avversaria con la perdita al suolo, nei primi sette mesi di guerra, di 10 S.81 ed il danneggiamento di altrettanti; 4 velivoli debbono poi essere abbandonati nel corso del ripiegamento dalla Cirenaica (dicembre 1940-gennaio 1941).
L'aereo è assegnato anche ai Gruppi di Presidio coloniale e all'Aviazione Sahariana, ove alterna aviolancí e trasporto alle consuete missioni offensive.
Ma la maggior parte degli S.81 è concentrata in un'unità organica da trasporto, il 145° gruppo, che entro il 31 gennaio 1941 ha già effettuato 3.200 ore di volo trasportando 11.600 persone e 1.140 tonnellate di materiali. Questa attività è esplicata nei collegamenti con l'Italia, rifornendo i nostri presidi nelle oasi dell'interno, provvedendo allo sgombero del territorio cirenaico.
Tripoli 1939, Italo Balbo ed Hermann Göring passano in rassegna uno schieramento di S.81/K14
Savoia Marchetti S.81/K14 preda bellica su un aeroporto libico
Relitto di un S.81/K.14 su un campo libico occupato dagli inglesi nel corso dell’operazione Kompass
Gli esemplari sanitari
In Libia deve essere anche ricordata l'opera di cinque SM.81 sanitari, adattati al compito presso la SRAM di Bengasi. Nell'ultimo bimestre del 1940, i loro valorosi equipaggi, integrati da Personale medico, provvedono al trasferimento di 587 feriti gravi da Sidi Barrani, Bardia, Tobruk.
Purtroppo l'avversario, forse temendo l'impiego di questi aerei in missioni di rifornimento, non tiene conto dei contrassegni internazionali, attaccandoli con fuoco da terra ed aerei da caccia. In uno di questi episodi, vicino Tobruk assediata, il 17 gennaio 1941 si sacrifica l'intero equipaggio di un SM.81 sanitario: sei vittime innocenti in una guerra sempre più crudele.
Sidi el Barrani, corto finale di un Savoia Marchetti SM.81 sanitario
L’impiego come velivolo da trasporto in Africa settentrionale e Mediterraneo
Al particolare compito della scorta convogli sono assegnati i pochi S.81 della 103a squadriglia sahariana, costituita il 18 marzo ed i 6 velivoli della 244a squadriglia trasferiti in Libia il 7 maggio 1941. A partire dal gennaio 1942, anche questi S.81 sono impiegati per missioni di trasporto.
Interessante è l'apporto dato da un SM.81 al bombardamento effettuato il 21 gennaio 1942 da un Heinkel He.111 della Luftwaffe su Fort Lamy, nel centro dell'Africa. L'S.81 porta infatti a Tummo, punta meridionale della nostra colonia in corrispondenza al meridiano del lago Ciad, il carburante necessario al lungo volo del bimotore tedesco.
Anche nel 1941, a causa delle 228 incursioni nemiche sugli aeroporti libici, deve lamentarsi la perdita di 7 S.81 e il danneggiamento di una dozzina, compresi alcuni esemplari sanitari.
Nel giugno 1942, sospesa l'Operazione «C 3» per l'occupazione di Malta ed in concomitanza all'avanzata italo-tedesca fino ad El Alamein che fa prevedere l'offensiva verso Alessandria, gli uomini della « Folgore » e della « Pistoia » sono inoltrati in Africa: altra intensa attività del 145° gruppo.
Dato il notevole spostamento del fronte verso oriente, la rotta seguita da questi aerei si appoggia all'aeroporto ateniese di Tatoi. Invece, dalla sera del 23 ottobre al 2 novembre le forze italo-tedesche debbono sostenere la violentissima azione inglese: le perdite sono alte da entrambe le parti ma mentre i nostri danno fondo ad ogni risorsa ed hanno alle spalle 400 km. di deserto, gli inglesi si trovano in un'ottima situazione logistica colla zona del delta del Nilo e del canale di Suez piene di rifornimenti. Dal 3 novembre l'azione nemica è inarrestabile.
Alle drammatiche operazioni di ripiegamento ed all'occupazione della Tunisia (Esigenza C 4) prendono parte anche gli S.81 del 18° stormo (56° e 57° gruppo). E' questa una speciale unità, costituita il 10 ottobre 1941, per coordinare l'impiego e la manutenzione di tutta la linea dei trasporti basati sull'S.81. Come tale, il reparto ha aerei sparsi su ogni fronte operativo. Naturalmente alla fine del 1942, i lentissimi S.81 carichi di rifornimenti e di Personale sono facile preda della caccia nemica. Il 15 dicembre, un aeroconvoglio partito da Sciacca e diretto a Lampedusa è intercettato dai caccia che abbattono due trimotori e ne danneggiano gravemente altri quattro: cinque S.81 sono poi distrutti da un bombardamento sull'aeroporto dell'isola. Egualmente drammatica è la situazione in Tunisia ove deve essere svolta una frenetica attività di aviotrasporto mentre le forze aeree nemiche hanno ormai una superiorità schiacciante.
S.81 utilizzato come supporto logistico della 208a squadriglia BaT su un aeroporto siciliano, in primo piano Personale movimenta un carrello con una bomba tedesca di medio calibro
L'impiego sul fronte russo
Gli S.81 vivono anche le vicende della spedizione in Russia. I primi due giungono sull'aeroporto di Tudora (poco oltre il confine con la Romania) il 12 agosto 1941. In settembre, coll'arrivo di altri 8 SM.81, si costituisce a Krivoi-Rog la 245a squadriglia da trasporto. Essa assicura i collegamenti con Bucarest ove fanno capolinea i velivoli militarizzati dei S.A.S. in arrivo dall'Italia, appoggia l'avanzata logistica delle squadriglie da caccia, provvede alle innumerevoli esigenze sulla linea del fronte.
Il 25 novembre 1941 giunge dall'Italia un'altra squadriglia (la 246a) con 6 S.81, che viene avanzata a Stalino. Il continuo incremento delle distanze e delle esigenze operative sullo sterminato territorio obbliga al trasferimento di una terza squadriglia (la 247a) che rimane basata a Otopeni, in Romania, per effettuare le tratte intermedie.
Nonostante le limitate capacità di carico e la delicatezza dei componenti in legno e tela, l'S.81 rimane l'unico trasporto adatto a questo difficilissimo fronte ove le strisce di decollo sono modeste superfici in cattive condizioni di fondo. Al momento della rottura del fronte da parte russa, gli SM.81 si prodigano per alleviare le sofferenze della terribile ritirata. Due aerei, il 18 dicembre 1941, provvedono allo sgombero dell'aeroporto di Kantemirovka, poi il 20 ed il 21 dicembre vi tornano 6 S.81 per evacuare 70 feriti gravi. Le operazioni di questo mese sono condotte sotto il fuoco nemico ed in pessime condizioni atmosferiche: 3 S.81 sono abbattuti dalla contraerea, uno precipita per formazioni di ghiaccio, due debbono essere abbandonati dopo atterraggi di fortuna, un altro è distrutto dall'artiglieria russa appena atterrato a Millerovo, dieci altri tornano danneggiati dalle missioni. In pochi giorni, l'aviazione da trasporto dell'ARM.I.R. si è completamente sacrificata sulla linea del fronte.
Savoia Marchetti S.81 sul fronte russo
Fronte russo, manutenzione di un Savoia Marchetti S.81
La perdita del Generale Enrico Pezzi
Lo stesso Comandante dell'Aviazione italiana in Russia, gen. Enrico Pezzi, scompare durante un'azione di rifornimento. A Tscerkow, dal 23 dicembre sono accerchiati 7.000 italiani e 4.000 tedeschi. Il 29 dicembre, proveniente da Woroscilovgrad, vi giunge l'S.81 di Pezzi (MM.20257, numero individuale 246-7) che ha con sé il col. medico Federico Bocchetti, il magg. oss. Romano Romanò, i ten. pil. Giovanni Busacchi e Luigi Tomasi, gli specialisti Antonio Arcidiacono, Salvatore Caruso, Alcibiade Bonazza. L'aereo scarica viveri e medicinali e poi verso le h. 14 dello stesso giorno decolla ma non tornerà mai alla base di partenza.
Abbandonata anche Stalino, i resti dell'aviazione italiana in Russia sono concentrati a Odessa: alla fine del marzo 1943, la 245a squadriglia torna in Italia, seguita in maggio dalla 246a.
Fronte russo, estate 1942. Il generale Enrico Pezzi ed un ufficiale tedesco vicino ad un Savoia Marchetti S.81
Il rifornimento di Pantelleria assediata
Dal 14 maggio 1943 inizia il blocco navale anglo-americano contro l'isola di Pantelleria, azione che si prolunga fino all' 11 giugno nonostante i cospicui mezzi impiegati. Per ventotto giorni, gli aerotrasporti della Regia Aeronautica riforniscono gli assediati di acqua, viveri, munizioni; evacuano la popolazione civile ed i militari feriti. Sull'aeroporto sconvolto da continue incursioni, non operano gli SM.82 od i G.12, ma gli SM.81 in operazioni prevalentemente notturne per le quali si « bonifica », volta a volta, una modesta striscia d'atterraggio. Un paio di aerei, se non ridecollano immediatamente, possono essere ospitati nel famoso hangar in caverna. Anche dal 10 al 10 giugno, nonostante la caccia notturna avversaria ed i bombardaménti aerei e navali, 12 SM.81 arrivano e partono regolarmente: sono gli ultimi collegamenti coll'Italia.
Il contributo nei Balcani
Continua intanto nella Jugoslavia occupata, sino ai giorni dell'armistizio, l'opera dei Nuclei Trasporto. In ventisei mesi di attività, Caproni Ca. 111 e Savoia-Marchetti SM.81 provvedono a trasportare o lanciarvi oltre 650 tonnellate di viveri e materiali.
Dopo l’otto settembre: gli esemplari in forza all’Aeronautica Co-belligerante
Dopo l'8 settembre 1943, la Regia Aeronautica co-belligerante al sud conserva una mezza dozzina di SM.81, due già appartenenti al 51° stormo caccia, basato in Sardegna. Poco prima dell'armistizio, il 12 agosto, un SM.81 del supporto logistico di questo reparto si è incendiato durante il decollo dall'aeroporto di Capoterra causando la morte dei 18 occupanti, reduci da tanti episodi di guerra.
Dalla Puglia, gli SM.81 riforniscono le truppe italiane in Jugoslavia operanti contro i tedeschi. La prima missione è compiuta il 29 novembre 1943 quando un SM.81 atterra a Plevlja scaricando rifornimenti ed una preziosissima stazione radio per i nostri reparti.
Seguono altre azioni, particolarmente importanti gli arrivi di una coppia di SM.81 il 15 e 29 marzo 1944, a Berane, per evacuare i feriti della divisione «Venezia».
Successivamente questi aerei sono impiegati in collegamenti meno impegnativi. Il 24 agosto 1944, sull'aeroporto di Lecce-Galatina, un SM.81 è distrutto in una collisione a terra, così che un unico esemplare rimane in carico allo Stormo Trasporti fino al 10 dicembre 1944 quando viene radiato dal reparto.
Bari, settembre 1943. Lo Squadron Leader R. Davies, diacono della RAAF, svolge un servizio religioso per commemorare il secondo anniversario della Battaglia d’Inghilterra. La bandiera australiana è legata alle eliche di un SM.81/K14
L’utilizzo con l’Aviazione Nazionale Repubblicana: il 10 Trasport-Gruppe “Terracciano”
Più numerosa dotazione di SM.81 è nell'aviazione della Repubblica Sociale Italiana. Alla fine del 1943, sull'aeroporto di Orio al Serio, si concentra il Personale destinato ad operare in una nuova unità, il Gruppo Trasporto « Felice Terracciano » sotto il comando del magg. Egidio Pellizzari, un veterano del S.A.S.
Per l'addestramento sono utilizzati tre SM.81, poi ceduti al R.A.C. (Reparto Aerei Collegamento). Nella seconda metà del gennaio 1944, il Personale del « Terracciano » raggiunge l'aeroporto di Goslar, nella Germania centrale, ove la Luftwaffe ha concentrato una sessantina di SM.81 prelevati dagli aeroporti italiani e balcanici. Il lavoro di revisione, per avere 36 aerei efficienti, dura fino a marzo. Gli aerei del Gruppo, inquadrato nella Luftwaffe come Transport-Gruppe 10, portano insegne tedesche con l'aggiunta del tricolore in fusoliera. Il reparto è quindi avanzato sull'aeroporto lituano di Siauliai, ma in effetti gli SM.81 delle tre squadriglie finiscono per operare in settori vastissimi, sulla Finlandia, Russia, Polonia, Cecoslovacchia, Austria. L'apporto maggiore è sul fronte orientale e quando in settembre questo entra in crisi, il Gruppo è fatto rientrare in Germania a Bautzen, vicino Dresda. Dopo sei mesi di pesante e continua attività gli aerei non consentono ulteriori ricondizionamenti per cui si decide la loro radiazione ed il rientro del Personale in Italia.
Savoia Marchetti S.81 del X Trasport Gruppe Felice Terracciano a Helsinki nel 1944
La versione bimotore
L'unico esemplare bimotore, ottenuto tramite trasformazione della MM.20338, è propulsori Isotta-Fraschini Asso XI RC da 840 cv. e caratterizzato dal muso completamente ridisegnato e dotato di ampie finestrature. Essendo rimasti pressoché invariati i pesi a vuoto ed a carico massimo, l'aereo risente della bassa potenza installata, del 20% inferiore alla soluzione trimotore, con una velocità massima non raggiunge i 330 km/h. Per tali ragioni la variante rimane senza seguito, l’esemplare viene utilizzato presso il 12° stormo per le esigenze di addestramento connesse all’immissione in reparto degli S.79.
Vista frontale e della cabina di pilotaggio del Savoia Marchetti S.81 bimotore
(Cortesia “Piùcento”)
Prove di lancio siluri
Con un normale velivolo di serie sono invece condotte prove di lancio con siluro aereo: il 2 novembre 1935 un velivolo del 9° stormo(MM. 20415, motori Piaggio P.X) viene provvisto di attacchi ventrali per due siluri presso le officine T. Contini di Sarzana. Cominciati all'inizio del 1936, tali esperimenti si prolungano per oltre un anno, a Capodichino e quindi a Gorizia dove viene affiancato da un ulteriore S.81 (MM. 20448, motori Alfa 126) e da un S.79. In tale attitudine il Duca d’Aosta, comandante della I Divisione Aquila, ne effettua collaudo il 5 maggio 1936. Nell’edizione del 1937 del Salone dell’Aeronautica di Milano viene presentato un S.81, con l’armamento di due siluri; è bene specificare come tale installazione debba essere comunque considerata puramente dimostrativa in quanto già la presenza di un solo ordigno compromette notevolmente la manovrabilità dell'aereo.
Il Savoia Marchetti S.81 esposto dal 12 al 28 ottobre 1935 al I Salone Internazionale Aeronautico di Milano, come per gli altri velivoli siluranti italiani l'aggancio di due armi deve considerarsi meramente propagandistico
L’impiego come addestratore e trainatore di alianti
L'S.81 è poi largamente usato nel settore addestrativo, nelle Scuole di Specialità come presso la Scuola Volo Senza Visibilità; è inoltre assegnato quale trainatore al nostro unico reparto destinato ad operare con alianti da trasporto.
Trasformazione in stazione radio a terra per aeroporti
Molto interessante è la trasformazione (inizio 1941) di alcuni esemplari con una completa apparecchiatura rice-trasmittente: trasmettitore RT.310 (successivamente RT A.350), ricevitore AR 8, radiogoniometro RG. 37. L'aereo è destinato a fornire assistenza radio ad aeroporti che ne siano sprovvisti, potendo emettere in onde corte e lunghe con 300 watt di potenza, creando celermente punti di radioassistenza da campi avanzati.
Da ricordare, per tale utilizzo, l’MM.20759 assegnata al Comando Aeronautica Fronte Orientale nel settembre 1942.
Un altro S.81 in configurazione RT è al seguito della squadriglia di CR.42 inviata nel maggio 1942 a sostegno della sollevazione anti inglese in Iraq. Incidentatosi in atterraggio a Gadurrà (Rodi) viene sostituito da analogo velivolo. Al fallimento dell’insurrezione rientrerà insieme ai velivoli superstiti della brevissima campagna.
L’S.81 Saturno per il brillamento di mine magnetiche marine
L''S.81 Saturno è un velivolo fatto modificare all'inizio dèlla guerra presso i laboratori di Guidonia, dal cap. G.A.r.i. Luigi Palieri, installando a bordo un generatore di corrente continua che alimenta una spirale di rame contenuta in un anello del diametro di circa 14 metri assicurato inferiormente all'aereo. Il velivolo, analogamente alle soluzioni tedesche, vola a pelo d'acqua e con il campo magnetico generato dalla spirale è in grado di far brillare le mine. Purtroppo Saturno è pesantissimo, aerodinamicamente molto inerte, picchia e cabra con difficoltà, la sua velocità massima è nell'ordine dei 180 km/h.
Dato lo scarso impiego di mine magnetiche all'inizio della guerra, esso viene praticamente accantonato: comincia la carriera nella primavera del 1942 con un paio di voli di prova compiuti dal cap. G.A.r.i. Antonino Asta, destinato a continuarne la sperimentazione. A Guidonia, in alcune occasioni Asta controlla a terra l'intensità del campo magnetico mentre l'SM.81 esegue passaggi a 15-20 metri di quota, quindi si dedica allo studio ed alla realizzazione di una versione alleggerita. Il suo obiettivo è di impiegare una corrente più intensa al fine di ridurre il numero delle spire e di utilizzare per queste un materiale molto più leggero, l'alluminio. Si conta di ridurre il peso dell'apparecchiatura a circa un quinto dell'originale. Il modello della nuova versione è sperimentato in galleria del vento dal ten. col. G.A.r.i. Antonio Eula e viene giudicato, sia aerodinamicamente che elettromagneticamente, in maniera favorevole.
Nell'autunno 1942, essendo sorto il sospetto di un lancio di mine magnetiche nel golfo di La Spezia, l'SM.81 Saturno è inviato a Sarzana con un volontario, il ten. pil. Reiter, che sorvola il golfo in due lunghe missioni senza rilevare la presenza di tali ordigni.
Approvata la nuova versione, si passa ai Cantieri Riuniti dell'Adriatico di Monfalcone, già costruttori su licenza dell'SM.81, l'ordine di allestire questa dotazione su dodici esemplari. L'armistizio trova i velivoli in fase di approntamento.
S.81 Saturno (MM. 20163)
Modello statico dell'S.81 Saturno (MM. 20163), realizzato dal Signor Paolo Colomdo dell’AMCF di Monza
Storia pilota, aviatore
Come abbiamo vito nella storia operativa del velivolo l'intervento degli S.81 sia determinante per il passaggio dello stretto di Gibilterra dell'Armata d'Africa. Leggiamo ora, dal libro di Ruggero Bonomi "Viva la muerte" la narrazione di quegli eventi fatta dal protagonista.
Capitolo primo
UN'IMPREVISTA OFFERTA BENE ACCOLTA
29 luglio 1936-XIV
La sera del 28 luglio 1936-XIV, a Roma, mi viene proposto di assumere la direzione del trasporto di un gruppo di apparecchi da bombardamento che un certo signor Louis Bodin, giornalista di Malaga, ha acquistato, per incarico del generale Franco, dalla ditta Savoia Marchetti. I dodici apparecchi trimotori S. 81 sono già pronti presso la ditta stessa e verranno portati in volo sul campo di aviazione di Elmas in Sardegna, donde il più presto possibile urge farli partire per raggiungere il Marocco spagnolo. Accetto la proposta e, avuto incarico di prendere con me altri tre piloti buoni navigatori, trovo disposti a seguirmi nella spedizione i piloti Altomare, Erasi e Lo Forte insieme ai quali, all'alba del 29 luglio, mi reco in idrovolante ad Elmas.
Alle 10.45 giungono su Elmas i dodici l'S. 81 condotti da Allio.
Vedo per la prima volta l'S. 81. Da un sommario sguardo mi sembra un buon apparecchio. Avrò poi modo si sperimentarlo e di apprezzarne le indiscutibili doti di impiego, specie notturne, e la robustezza. Dopo sedici anni ininterrotti di idrovolante, eccomi finalmente all'aeroplano!
Non conosco Allio e di tutto il suo personale solo Spotti fece con me un corso di volo strumentale a Orbetello.
Ci riuniamo tutti sotto l'aviorimessa per una reciproca conoscenza. Comunico agli equipaggi che assumo la responsabilità della spedizione, lasciando ad Allio la direzione tecnica del reparto di formazione che io ancora non conosco.
Nostro compito è di portare al generale Franco gli apparecchi che ha acquistati e quindi ritornare in Patria.
Alcuni piloti e specializzati, a loro volontà, potranno rimanere per istruire gli equipaggi spagnoli ed io pure rimarrò, se occorrerà e fino a che sarà necessario, come consulente aeronautico presso il gen. Franco. Riuniti i capi equipaggi, do le disposizioni di massima per il volo di trasferimento da Elmas al campo di Nador presso Melilla.
Avuta assicurazione da Spotti, unico pilota da me conosciuto, che le bussole del suo apparecchio sono ottimamente compensate, stabilisco di partire in testa alla formazione con tale apparecchio e ordino che venga fatto il carico completo di benzina, scaricando, se occorre, il materiale di ricambio non ritenuto strettamente necessario.
Alle ore 19 giunge in volo, con un Cant. della linea civile, il signor Bolin. Lo accompagna il console della Milizia Ettore Muti. In tutta la Romagna non vi è chi non abbia sentito parlare dì quest'uomo impetuoso e tutti, con maggiore o minore precisione, conoscono le sue avventurose peripezie durante la grande guerra, durante l'impresa fiumana e negli anni dello squadrismo. Ultimamente in Africa Orientale si è comportato tanto valorosamente, da meritare la promozione a capitano pilota della Riserva per merito di guerra e varie ricompense al valore. Siamo diventati subito amici. E' un bel tipo, intelligente e spassoso.
Ruggero Bonomi ed Ettore Muti il giorno precedente la partenza alla volta del Marocco spagnolo
Dopo una cena, fatta tutti insieme, chiassosa e allegra, stabilita la partenza per l'alba, ci siamo adattati a dormire in alcune palazzine in costruzione nei pressi dell'aeroporto. Bolin, Muti ed io siamo accampati nella stessa stanza. Fin dalla prima notte Muti ha messo a dura prova la mia resistenza al sonno con la sua esuberante vitalità, ma più di me credo ne abbia risentito Bolin che deve aver dormito ben poco.
30 luglio. 1936-XIV
Il decollo da Elmas ha inizio alle ore 5.35 per apparecchi isolati. In volo si costituisce la formazione in colonna di pattuglia di tre apparecchi a cuneo. La prima pattuglia è condotta da me, la seconda da Lo Forte, la terza da Erasi, la quarta da Altomare.
La prima mezz'ora di navigazione viene compiuta con accostate alternate, allo scopo di consentire alle pattuglie di incolonnarsi a vista; indi si dirige per Rv. 135. Il Cant. della linea civile, alzatosi in volo per darmi le condizioni del vento alle varie altezze, mi segnala che in alta quota c'è un fortissimo vento in prua e mi consiglia di navigare sotto i 2000 m. Mi mantengo per un'ora a 1000 metri, ma sia perché a 2000 metri si stende uno spesso strato di nuvole, sia perché il flussometro segna un eccessivo consumo di benzina, salgo fino a 3500 metri e vedendo che risparmio in consumo e guadagno in velocità, mi porto successivamente a 4200 metri. Pietra, il mio bravo radiotelegrafista, rileva la stazione di Algeri che mi serve ottimamente come riferimento. In distanza affiorano dalle nuvole i monti dell'Algeria. Accosto e mi metto in rotta per Rv. 260.
Ogni tanto qualche apertura del banco di nuvole lascia vedere, sotto, un mare tempestoso. Il vento è sempre fortissimo. Intravedo sulla sinistra, a gran distanza, Capo Tenez e faccio rotta diretta per le isole Zafarinos Rv. 245. Navighiamo per lungo tempo senza veder nulla. Tutto procede regolarmente, ma già sono passate cinque ore di volo. Abbiamo sempre un forte vento in prua. Faccio più volte eseguire dal motorista il controllo della benzina e non ho preoccupazioni. Calcolo e ricalcolo la rotta e, per maggior sicurezza, faccio verificare anche da Spotti mentre il bravo Badii, secondo pilota, porta l'apparecchio.
Tutto è regolare, ma da quasi sei ore siamo in volo e, secondo i calcoli fatti, avremmo già dovuto essere arrivati da molto tempo. Ecco finalmente la costa del Marocco francese, ed ecco le isole Zafarinos. Ho compiuto tutta la traversata in piedi, recandomi dal posto di pilotaggio al tavolo per carteggiare, alla torretta delle mitragliatrici per controllare la formazione, al posto del radiotelegrafista, battendo testate e ginocchiate un poco dappertutto; ma la vista delle Zafarinos mi ha fatto passare ogni stanchezza.
Mi assale, però, un'altra grave preoccupazione. E se il campo di Nador fosse rosso? Speriamo che già se ne siano impadroniti i nazionali. Ci è noto che il Marocco si è sollevato in favore dei nazionali, ma nulla di preciso sa nemmeno Bolin. Le varie guarnigioni si sono dichiarate chi per una parte e chi per l'altra. Sarebbe un bel guaio se il campo verso cui siamo diretti fosse in mano dei rossi. Questi apparecchi rappresenterebbero un prezioso regalo per loro. E noi come saremmo « ricompensati »? Ormai non c'è nulla da fare. Con la benzina che ancora abbiamo non possiamo che atterrare a Nador.
Come se si fossero passati la voce, quasi tutti i compagni di volo mi comunicano che la benzina sta per esaurirsi e chiedono di accostare verso terra. Ordino di seguirmi comunicando che siamo a dieci minuti dall'arrivo. Baduel, mio sezionano di sinistra, mi si accosta e mi fa segno che non ha più benzina e vuol dirigere verso terra. Gli faccio segno che siamo a portata di volo librato dal campo di arrivo ed egli mi rimane affiancato.
Ecco il Mar di Chica, Melilla in prua e, a sinistra, il campo di Nador. Cominciamo a scendere puntando decisamente su terra. Anche se qualcuno rimanesse del tutto senza benzina e non potesse manovrare per entrare in campo, tutt'intorno il terreno è piatto e consente un eventuale atterraggio di fortuna.
Alle 11.45, ora italiana, atterriamo sul campo di Nador.
Ci fermiamo ai limiti del campo, con le eliche in moto e con le mitragliatrici pronte, ad osservare cosa fa la gente che si trova presso i fabbricati dell'aeroporto. Finalmente alcuni uomini ci vengono incontro di corsa. « Arriba Espana! » gridano salutandoci romanamente. Benone. Rulliamo fino al piazzale e scendiamo dall'apparecchio.
Il personale dell'aeroporto ci accoglie molto calorosamente. Gli apparecchi atterrano regolarmente uno alla volta. Ne conto nove soltanto. E gli altri tre? Nessuno avendomi comunicato nulla, ero convinto fossimo al completo. Avranno forse atterrato fuori del campo e non mi preoccupo, dato lo stato del terreno tutto atterrabile. Il capitano Ugarte, comandante dell'aeroporto, parte con un Bréguet per esplorare i dintorni. Salvetat mi dice che, più di un'ora prima dell'arrivo, l'apparecchio di Angelini, sezionario dell'ultima pattuglia, aveva abbandonato la formazione dirigendo verso la costa di Orano. Altri mi dicono che quando già eravamo in vista del Mare di Chica, due apparecchi erano usciti dalla formazione dirigendo direttamente verso terra. Se avessero seguito la formazione, da 4200 metri di quota, anche senza benzina, sarebbero comodamente arrivati a Nador.
Il capitano Ugarte ritorna dopo mezz'ora di ricognizione compiuta fino ai confini del Marocco francese, senza aver avvistato nulla. Faccio eseguire una verifica alla benzina. Nel mio apparecchio ce ne sono ancora più di 150 litri. Baldi ne ha più di 350, Baduel ne ha ancora 200. Tutti gli altri non ne hanno che pochi litri. Ordino a Baduel di partire con il suo apparecchio e di spingersi lungo la costa del Marocco francese.
Dopo pochi minuti Baduel ritorna. Ha avvistato lungo la costa del Marocco francese, presso Saidia, nelle vicinanze di un campo di atterraggio, un S. 81 fracassato e un altro a tre chilometri dal confine, presso Cabo de Agua, atterrato regolarmente sulla spiaggia.
L'equipaggio se ne stava tranquillamente seduto vicino all'apparecchio, perché convinto di trovarsi in territorio spagnolo. Abbiamo poi saputo che Mattalia, forse calcolando di non aver benzina sufficiente per arrivare a Nador, quando già la formazione planava, aveva diretto su terra, accostando a sinistra anziché seguire la formazione, e si era internato nel Marocco francese, e dopo aver vagato per quaranta minuti, sorvolando anche il confine spagnolo, aveva avvistato il campo di fortuna di Saidia e aveva tentato di atterrarvi, ma nella manovra, girando coi « flaps » aperti, era precipitato ai limiti del campo. Un solo uomo dell'equipaggio si è salvato. L'altro apparecchio, rimasto totalmente senza benzina, anziché planare dritto in direzione di Nador, si era subito portato su terra e, con riuscitissima manovra, girando a sinistra aveva perfettamente atterrato sulla spiaggia, ad est del fiume Muluya. Se nella manovra di atterraggio avesse girato sulla destra, avrebbe atterrato ad ovest del Muluya, cioè in territorio spagnolo. Peccato! Del resto non è da farne del tutto colpa agli equipaggi che, nella fretta della partenza, non avevano potuto procurarsi le carte della regione e avevano soltanto fotografie delle coste e degli eventuali campi di atterraggio. Fortuna che io avevo le arte nautiche e che non ho seguito la rotta costiera, come era in programma, altrimenti, col vento che abbiamo avuto costantemente in prua, non sarebbe arrivato nessuno!
Nulla invece è possibile precisare circa il terzo apparecchio pilotato da Angelini. Non è probabile sia rimasto senza benzina, né è da ritenersi abbia avuto qualche avaria, perché avrebbe lanciato il prescritto S. O. S., a meno che anche la radio sia avariata o comunque non in funzione. Può darsi che Angelini, pensando di non aver benzina sufficiente e preoccupato di navigare su mare, abbia ritenuto più conveniente portarsi su terra, che si intravedeva di sopra le nuvole, per proseguire quindi costeggiando, senza considerare che non aveva l'autonomia sufficiente per raggiungere in tal modo il Marocco spagnolo. Eravamo a 4200 metri di quota e, molto probabilmente, avrà tentato di bucare le nuvole e si sarà imbarcato precipitando in mare.
Poveri miei camerati! E' triste che le vostre giovani vite siano state troncate all'inizio di un'impresa, alla quale voi avreste certo dato tutta la vostra baldanza e il vostro entusiasmo, sicuri di servire una causa santa. Ma la vostra morte non deve abbatterci. Dal vostro sacrificio ci verrà la forza per compiere tutto il nostro dovere. Voi siete i primissimi immolati per la risurrezione della Spagna nuova nella crociata contro le false e barbare ideologie asiatiche e la Patria vi darà degno posto fra. i suoi Eroi caduti sul campo dell'onore.
Per tutta la giornata hanno continuato ad arrivare notizie. contraddittorie dal confine circa gli avvistamenti di velivoli. Vorremmo tentare di ricuperare l'apparecchio che si vede al di là del Muluya.
Incarico Baduel di gettare all'equipaggio un messaggio nel quale comunico che provvederò a far loro arrivare la benzina, ma l'apparecchio già e piantonato da guardie francesi. Falangisti ed ufficiali spagnoli si offrono di organizzare una spedizione per passare il Muluya, portare la benzina e con due piloti e un motorista tentare di decollare con l'apparecchio. Prepariamo il fusto di benzina, ma non riusciamo a passare il fiume per mancanza di un'imbarcazione che trasporti il fusto. D'altra parte i francesi certo avranno provveduto ad asportare i magneti e ordino perciò di desistere da ogni tentativo, anche per evitare complicazioni che potrebbero sorgere coi francesi. I militari francesi coloniali sarebbero forse propensi a lasciar fare, ma ormai sono già :sul posto i funzionari civili e relative guardie, e questi sono ligi al Fronte Popolare. Peccato che i componenti l'equipaggio, appena atterrato l'apparecchio, non si siano resi conto della situazione, perché avrebbero fatto comodamente in tempo a incendiarlo e a passare il Muluya.
Vi sono all'aeroporto di Nador tre soli piloti: il capitano Ugarte, il tenente Melendrero e un sottufficiale, con due vecchi Bréguet da ricognizione. Gli ufficiali dell'aeroporto e quelli dell'esercito si fanno in quattro per prepararci le camere per dormire e perché non ci manchi da mangiare, da bere e da fumare. Fraternizziamo subito e apprendiamo le prime notizie, imprecise è vaghe, circa il movimento nazionale iniziatosi da appena dodici giorni. Siamo tutti molto stanchi e ci corichiamo presto la sera, rimandando al giorno dopo ogni decisione sul da farsi. Qui non si sa nulla. Non ci sono ordini per noi.
Capitolo secondo
COME NACQUE L' « AVIACION DE EL TERCIO »
31 luglio 1936-XIV
Dopo una notte durante la quale ben poco si è potuto dormire per il caldo soffocante e l'assalto insistente di innumerevoli ferocissime zanzare, ci alziamo alle prime luci dell'alba e ci re chiamo sul campo per riassettare gli apparecchi. Giungono notizie disparate. Si teme un attacco di velivoli rossi e si ritiene possibile anche un attacco dal mare da parte di navi rosse. Il campo di Nador in linea d'aria dista dal mare soltanto una quindicina di chilometri e l'Jaime I ha cannoni da 305 mm. Siamo completamente immobilizzati e senza alcuna difesa contraerea né aeroplani da caccia. Do ordine di sistemare gli apparecchi lungo la periferia del campo il più distante possibile l'uno dall'altro e mascherati con frasche.
Faccio disporre una rigorosa guardia di marocchini per ogni apparecchio, perché mi dicono che vi sono in giro ancora molti rossi.
Mi reco a Melilla in auto e prendo contatto con le locali autorità militari spagnole. Nessuno ha ordini per noi. Faccio chiedere istruzioni telefonicamente a Tetuan. Il generale Franco comunica che ha assoluto e urgente bisogno degli apparecchi per iniziare le operazioni. Mi informa sulla situazione generale: i nazionali dispongono di ben pochi piloti; quasi tutto il personale di aviazione è rimasto dalla parte dei rossi, molti volontariamente, ma parecchi anche costretti; le basi principali sono a Madrid, a Barcellona, a Los Alcazares, ad Albacete; gli aviatori di sentimenti nazionali o sono stati uccisi o devono per forza far servizio per i rossi che tengono in ostaggio le loro famiglie. Che fare? Il generale Franco ha bisogno dei nostri apparecchi subito. E chi li impiega se non rimaniamo noi? A Melilla è di sede la quarta « bandera de El Tercio ». Decido di arruolarmi nella Legione Straniera, in questo glorioso « Tercio », magnifico corpo fondato dall'eroe nazionale Milan Astray. Lo Stato Maggiore di Melilla accoglie con entusiasmo la mia decisione.
Ritorno a Nador e riunisco gli equipaggi. Metto il personale al corrente della situazione, comunico che mi sono arruolato ne « El Tercio » e invito a fare un passo avanti quelli che vogliono seguirmi volontariamente. Tutti, senza la minima indecisione, aderiscono con entusiasmo al mio invito, fieri di dare la loro opera di fascisti alla causa nazionale spagnola. Cosi nasce quell'aviazione de « El Tercio » che ha scritto fulgide pagine di gloria nei cieli della Spagna. Gli ignobili gazzettieri antifascisti hanno diffuso in proposito le più cretine e impudenti fandonie, inscenando a Ginevra la commedia dell'intervento armato del Governo italiano e inventando le più stupide menzogne. Non è mai stato un mistero per nessuno come quel primo nucleo di aviatori fosse formato da Italiani e che fra essi vi fossero anche ufficiali effettivi dell'Aeronautica italiana. Indubbiamente. Anch'io, che ne ero il capo, sono un ufficiale effettivo. Ma questo significa forse che il Governo italiano ha inviato dei reparti regolari? Ma in quali Paesi, anche nei ricchissimi Paesi plutodemocratici, le varie Case costruttrici aeronautiche hanno piloti e personale navigante propri per trasportare in volo delle formazioni di aerei? E' logico che quando ne hanno necessità, prendano temporaneamente piloti civili e piloti militari. In qualsiasi Nazione il Ministero concede sempre una licenza al proprio personale per questi servizi. I nostri equipaggi sono formati parte di personale effettivo, che ha ottenuto regolare permesso, e parte di personale civile. Se noi siamo rimasti volontariamente a combattere arruolandoci nella Legione Straniera, l'abbiamo fatto a nostro rischio e pericolo. D'altra parte la Legione Straniera ha uno stato giuridico internazionale riconosciuto e noi siamo in regola. Salvo qualche eccezione, ci sono stati dati i gradi corrispondenti a quelli che rivestivamo in Italia, sia per gli effettivi, che per i civili, che hanno tutti un grado nella Riserva, riconosciuto non solo in Italia, ma in tutti i Paesi del mondo, compresi i plutodemocratici. Si è detto anche che gli apparecchi italiani erano militari. Ma avrebbe forse il generale Franco dovuto comprare apparecchi civili per fare la guerra?
Le ditte costruttrici hanno sempre nelle loro aviorimesse gran numero di apparecchi pronti, che quasi tutti sono già stati in uso ai reparti dell'aviazione militare e quindi restituiti per le modifiche e la messa a punto. Il generale Franco comprò dodici di questi apparecchi dalla ditta S.I.A.I. e noi abbiamo avuto incarico dalla ditta stessa di portarglieli. Ecco tutto.
Quando in Spagna è scoppiato il movimento nazionale come reazione contro la tirannia dissolvitrice del Fronte Popolare, non sono stati i nazionali a dichiararsi fascisti, ma i governativi si sono subito dichiarati antifascisti perchè, logicamente, chi combatte contro l'ordine, contro la fede, contro la giustizia, contro la civiltà e contro tutte le leggi umane, non può che chiamarsi antifascista. L'ineffabile Azana, il tracotante Caballero, la divina, sublime rappresentante del gentil sesso — la Passionaria - non hanno forse chiamato a raccolta tutta la feccia del mondo per combattere contro il Fascismo? Noi tutti siamo fascisti, fascistissimi; e perchè dunque meravigliarsi se abbiamo accettato la sfida e, al fiele dei pennaioli internazionali, abbiamo risposto con le nostre possenti bombe e con le nostre fulminanti mitragliatrici?
Ruggero Bonomi con l'uniforme del Tercio
In accordo con le autorità militari, si procede subito all'incorporamento del personale nella « 4a bandera de El Tercio ». Ci vengono mandati da Melilla gli indumenti. Arrivano vari sarti per aggiustare le divise, ci viene distribuito il simpatico gorro e la caratteristica camicia di legionario. lo vengo promosso colonnello dal sarto. Proprio così.
In Spagna non si usa come da noi chiamare colonnello anche il tenente colonnello, e il sarto, sentendomi chiamare colonnello, ne ha appiccicato i gradi. Quando mi consegnano la camicia e il gorro con sopra tre grosse stelle a otto punte, li restituisco, dicendo che non sono miei ma di un capitano, credendo che le tre stelle corrispondessero a tale grado. Gli ufficiali spagnoli mi spiegano che le stelle a otto punte rappresentano i gradi degli ufficiali superiori, mentre gli ufficiali inferiori hanno stelle più piccole a sei punte. Comunque rispondo che devono togliere una stella perché io sono tenente colonnello. Tutti si oppongono, Spagnoli e Italiani, e Allio e Bolin mi dicono che, come capo della spedizione, costituendo ora un reparto, è giusto che io assuma il grado di colonnello. Penso anch'io che forse è meglio, per aver maggiore autorità, e poi, in definitiva, anche in Italia avevo le funzioni del grado superiore e aspettavo la promozione.
Così sono stato incorporato nel « Tercio » col grado di colonnello, con un anticipo di tre mesi sulla promozione avuta poi in Italia. Muti si arruola col grado di capitano e Bolin lo stesso. Tutti gli altri hanno i gradi corrispondenti a quelli rivestiti in Italia. I secondi piloti e gli specialisti assumono il grado di « brigada », cioè sergente. Ognuno, secondo l'usanza, prende un nuovo nome di legionario e le pratiche vengono rapidamente espletate. Tutti siamo senza denaro, perché la poca moneta italiana, che ognuno di noi ha con sé, qui non serve. In verità non abbiamo bisogno di nulla, perché qualsiasi cosa desideriamo, all'aeroporto e fuori, i camerati spagnoli ce la offrono premurosamente. Ma non possiamo rimanere così: non si può né andare, a un caffè, nè comprare un pacchetto di sigarette. Mi informo quali sono all'incirca le competenze nella Legione e stabilisco i mensili in 2000 pesetas per gli ufficiali, senza distinzione di grado, 1000 pesetas per i sottufficiali secondi piloti e 500 pesetas per gli specializzati. Che ridere quando chiedo a Bolin di fare la richiesta di fondi, e, domandatami l'aliquota, gli dico di farsi dare 50.000 pesetas! Fa una faccia quasi spaurita: — Cinquentamil pesetas? — esclama sillabando. In seguito Muti quante volte ha preso in giro il buon Bolin per quel cinquentamil pesetas! Bolin non ha pensato che siamo più di cinquanta. L'Intendentia manda subito il denaro e prendiamo così il primo stipendio di legionari. Anche su questo fatto quante esagerazioni si sono create! Si parlava di ingaggi fortissimi, di prebende favolose. Ben differenti dai nostri modesti stipendi, sono i lauti assegni che i piloti rossi si fanno pagare per gli ideali comunisti e per difendere il povero popolo spagnolo dallo sfruttamento fascista!
1° agosto 1936-XIV
Eccoci dunque legionari « de El Tercio ». Cosa ci riserverà questa avventura in cui ci siamo lanciati? Coraggio e che Dio ce la mandi buona! Siamo tutti di morale elevatissimo. Mi rendo perfettamente conto delle responsabilità che mi assumo prendendo il comando di questi uomini, lontani dalla nostra Patria, sotto (Litro nome, combattenti sotto altra bandiera, ma tutti animati da generoso entusiasmo, e non ho preoccupazioni perché sono sicuro di loro, perché siamo tutti fascisti sorretti da una sola fede e perché sappiamo di adempiere ai comandamenti del Duce.
La nuova uniforme e i nuovi nomi, assegnati a caso, ci mettono in allegria. A me è toccato il nome di Francesco Federici. Mi occorrerà un po’ di tempo ad abituarmi a firmare od a sentirmi chiamare con questo nome. Vi sono nomi buffi come Pallanca ad Altomare, Spallotta a Spotti, Urso a Salvetat e ognuno ci scherza sopra.
Ma che rabbia essere così immobilizzati! Vorremmo cominciare subito a fare qualche cosa. Chiedo a Tetuan se hanno tetraetile di piombo per preparare la miscela necessaria per i nostri motori, ma non se ne trova.
Allo scopo di prendere subito contatto diretto col generale Franco, faccio riunire in un apparecchio tutto il carburante rimasto nei serbatoi degli altri otto e parto per Tetuan col bravo Spotti. Lascio a Nador il comando ad Allio diventato il teniente coronel Rizzini. Vengono con me Bolin e Muti diventato il capitàn Gim Valeri. Da oggi, per tutta la durata della mia permanenza in Spagna, non mi sono più separato da Muti, compagnone spassoso e divertente, camerata preziosissimo, amico fraterno.
Decolliamo da Nador alle 18,7, giriamo la punta di Melilla e seguendo la costa del Marocco spagnolo, brulla e arida, dirigiamo per Tetuan. Mare deserto. Scorgiamo in distanza le bianche vette della Sierra Nevada. La valle del Rio Martin è coperta da uno strato di nuvole, ma riconosciamo in prua Ceuta e, addentratici su terra, dopo pochi minuti siamo sulla bella cittadina di Tetuan.
Alle 19,5 atterriamo. Gli ufficiali spagnoli ci accolgono molto calorosamente. Ci rechiamo in automobile in città, all'Alto Commissariato, ove il generale Franco mi riceve subito. E un uomo piuttosto piccolo, forte, un'espressione buona, aperta, franca, sguardo pensoso ed intelligente. Lo metto al corrente della situazione del nuovissimo reparto dell'« Aviacion de El Tercio » e gli spiego come non sia possibile muoverci causa la mancanza di carburante adatto e la inutilità di un tentativo di impiegare miscela similare, oltre che per il rischio di avarie gravi ai motori, anche per l'assoluta mancanza di bombe. Dopo avermi intrattenuto molto cordialmente, il generale Franco mi congeda rimandando le decisioni del caso al mattino dopo, in una visita che verrà a fare all'aeroporto.
Capitolo terzo
IL GEN. FRANCO ESPONE IL PIANO DA SVOLGERE
2 agosto 1936-XIV
Il generale Franco viene all'aeroporto a visitare gli S. 81. E' molto soddisfatto, si compiace della qualità del materiale ed esprime parole di ammirazione per l'ltalia fascista e per il Duce. Mi invita a colazione all'Alta Commissaria e prima di sederci a tavola, mi espone in linea generale il programma che dovremo svolgere. Al nostro reparto viene assegnato, per ora, il còmpito di perseguire la squadra navale nemica. Quasi tutte le unità
della marina spagnola sono rimaste in mano ai comunisti e ciò rende assai grave la situazione. Si tratta di una corazzata, la Jaime I, due incrociatori, il Libertad e il Cervantes, sette cacciatorpediniere e otto sommergibili che infestano metodicamente lo Stretto di Gibilterra e bloccano la costa del Marocco e le coste nazionali della Spagna. I nazionali non hanno che la corazzata Espania, attualmente in un porto del Nord per alcuni lavori in corso, due incrociatori, il Baleares e il Canarias, non ancora completi di armamento, uno o due cacciatorpediniere nel Nord e nessun sommergibile.
Nel Mediterraneo, dunque, nessuna unità navale nazionale ma tutta la squadra rossa. Dobbiamo rimediare noi a questa grave inferiorità. I nostri apparecchi sono pochi per assolvere un tale compito, ma faremo del nostro meglio.
3 agosto 1936-XIV
Tetuan è una bella cittadina favorita da un ottimo clima. Vi sono pochi ufficiali aviatori ma moltissimi ufficiali del « Tercio », coi quali fraternizziamo subito.
Facciamo la conoscenza del tenente colonnello Yague, bel tipo di soldato. Abitiamo in un buon albergo, il Nazionale, gestito da due Italiani, molto bravi e molto gentili. Spotti si e subito dimostrato qui un poderoso mangiatore di criadillas e hamon e Muti il più fenomenale divoratore di sandias, cocomeri magnifici del Marocco. La città è molto animata. Già è stata eseguita la limpieza, cioè l'eliminazione dei sovversivi e c'è molto entusiasmo. Ci sono alcuni Tedeschi della società civile di aviazione « Hisma » (linea aerea « Hispano-Maruecos »). Hanno all'aeroporto alcuni trimotori Junkers, coi quali fanno un attivissimo servizio di trasporto truppe da Tetuan e Jerez de la Frontera e a Sevilla.
Mi sono recato con Muti al Consolato italiano ove, a dire la verità, non siamo stati ricevuti molto entusiasticamente. Povero console Leonini, non ha tutti i torti! Noa sa proprio come comportarsi con noi: se considerarci degli avventurieri o delle persone per bene. In fondo, arruolandoci nella Legione Straniera, siamo diventati giuridicamente degli Spagnoli.
Da buon diplomatico egli dice di ignorarci come Italiani e che, ad ogni modo, avrebbe richiesto istruzioni a Tangeri al ministro d'Italia, da cui dipende. Capisco benissimo il suo imbarazzo. In momenti già difficili ed incerti come questo, la nostra presenza non gli deve essere certo molto gradita. A Muti, però, questo atteggiamento non va molto a genio e si spazientisce.
Torneremo domani. Intanto andiamo in giro per la città.
La parte europea non ha nulla di speciale, ma il bario moro è molto interessante. Muti familiarizza subito con i marocchini e specialmente coi riffani. Che tipo! E mangia sandias con loro.
Ci viene assegnata una bellissima residenza moresca come sede del Comando. E a metà strada fra l'aeroporto e la città.
Non l'abbiamo mai utilizzata.
Cerchiamo di raccogliere tutte le informazioni e gli elementi necessari alla preparazione delle operazioni. Il generale Franco mi aveva prospettato l'idea di dividere in due gruppi il reparto, facendone operare uno da Nador e uno da Tetuan. Trattandosi di soli nove apparecchi e date le enormi difficoltà logistiche per organizzare tutti i servizi a terra, ho preferito stabilire Tetuan come prima e unica base di operazione,
4 agosto 1936-XIV
Finalmente sono arrivate benzina e bombe. All'aeroporto di Nador vengono inviati il carburante e il munizionamento occorrenti al trasferimento e ad una azione degli otto aeroplani. All'aeroporto di Tetuan viene spedito il resto del materiale.
Domani avrò qui i miei apparecchi e si potrà cominciare a fare qualche cosa. Urge il nostro aiuto. Il Marocco è tutto nazionale e ha molta forza, ma non può aiutare gli insorti nella penisola ove la situazione è ancora molto indecisa.
In Andalusia. Siviglia, Cordova, Granada, Cadice e Algesiras sono in mano ai nazionali, ma le provincie sono ancora piene di comunisti e solo le strade principali, guardate dall'esercito, sono sicure.
C'è assoluto bisogno nella penisola dell'intervento delle forze del Marocco. In Spagna regna il caos più completo e nulla vi è di organizzato e di ben inquadrato, perchè la rivoluzione nazionale ancora non era pronta quando ha dovuto per forza di eventi essere anticipata. Se l'esercito spagnolo e tutta la parte sana della Spagna non fossero insorti nella notte dal 17 al 18 luglio per difendere la Patria, dopo pochi giorni sarebbe scoppiata la rivoluzione rossa che, favorita e alimentata dal Fronte Popolare, avrebbe distrutto irrimediabilmente la Nazione.
Torniamo al Consolato d'Italia per vedere se si può stabilire un servizio postale per comunicare con le nostre famiglie. Muti, per far dispetto al console, compra dei bagini e, nell'ufficio, mentre io parlo col funzionario, se ne sta seduto con aria assorta in un angolo, tutto serio, a mangiare i suoi frutti, buttando con la più grande naturalezza le bucce sul pavimento sotto gli sguardi esterrefatti di Leonini. Certo, Leonini ci crede per lo meno dei pazzoidi che deve per forza sopportare. Caro Leonini, scusateci quei primi incontri così poco gradevoli. Siamo diventati poi, quando la situazione internazionale ebbe definite le posizioni, dei buoni amici ed è stato con noi gentile, aiutandoci in tutti i modi per qualsiasi cosa potesse esserci utile.
Il console mi comunica che il ministro a Tangeri non aveva logicamente nessuna istruzione per noi e, naturalmente e ancor più logicamente, si raccomandava di non creare possibili complicazioni e ci consigliava di astenerci da azioni belliche, limi- tandoci ad eseguire trasporti di truppe dal Marocco alla Spagna, come facevano gli apparecchi civili tedeschi. Gli rispondo che i nostri apparecchi sono da bombardamento ed ora che abbiamo bombe e benzina, entreremo in azione al più presto. D'altra parte noi siamo legionari del « Tercio », ci siamo messi agli ordini del generale Franco e responsabile di ciò che faremo sarà unicamente il generale Franco. Veramente è un bel pasticcio! Bisogna andar cauti per evitare guai. Ad ogni modo ormai siamo in ballo e bisogna ballare.
La sera mi comunicano che gli apparecchi a Nador sono pronti a partire. Baldi, per ordine di Allio che aveva dovuto cedere alle insistenze dei comandi spagnoli, ha provato ieri a decollare con benzina normale. Logicamente il tentativo è fallito e si deve unicamente alla perizia di Baldi se non si sono bruciati i motori.
Capitolo quarto
LE PRIME AZIONI
5 agosto 1936-XIV
Alle prime ore del mattino arrivano a Tetuan sei S. 81. Il settimo apparecchio in partenza da Nador ha una lieve avaria ad un motore e raggiungerà domani Tetuan. L'ottavo, in decollo, per cattivo funzionamento del motore centrale, non riesce a staccare e. giunto ai limiti del campo, imbarda a sinistra. Purtroppo nell'imbardata il pilota Lanfranco non riesce ad evitare l'investimento di un Bréguet spagnolo fermo sul campo. Il Bréguet rimane completamente sfasciato e l'S.81 riporta danni all'ala sinistra e all'elica sinistra. Le avarie non sono gravi, ma non c é modo di poterle riparare per l'assoluta mancanza di materiale.
E' un guaio grosso. Restiamo così con soli otto apparecchi.
Gli equipaggi vengono passati in rivista dal generale Alfredo Kindelan, comandante delle forze aeree del Marocco. In seguito passo io in rivista una « bandera » del « Tercio » che poi sfila davanti agli equipaggi. Molto caratteristico lo sfilamento di questo reparto coi trombettieri in testa che eseguono giochi con le trombe. Sono magnifici soldati, di portamento marziale, disciplinatissimi nei ranghi. Sono « los novios de la muerte », i fidanzati della morte, e in terra di Spagna non hanno smentita la loro, fama, immolandosi generosamente.
Nella stessa mattinata viene al campo il generale Franco per porgere il saluto ai primi aviatori del « Tercio ». Gli presento. gli equipaggi con poche parole di occasione e il generale risponde con un caloroso discorso pieno di cede e di entusiasmo nella giusta causa ed ha parole elevate di ammirazione per la nostra Patria, per il Duce. Grida di « Evviva il Duce! », « Arriba Espana! », « Viva Franco! » lo salutano quando lascia il campo.
Dopo qualche ora viene comunicato che un esploratore rosso bombarda il porto e la città di Larache e viene richiesto il nostro intervento.
In brevissimo tempo una sezione di due apparecchi, già pronti con 14 bombe da 50 chilogrammi ciascuno a bordo, decolla per un'azione offensiva contro la nave nemica. E' bene rompere il ghiaccio e iniziare subito. La nave non viene colpita, ma è costretta a desistere dal bombardamento e si allontana a tutta forza, reagendo energicamente con le artiglierie antiaeree. Alcuni informatori ci riferiscono poi che la stessa nave l'indomani ha sbarcato a Gibilterra un morto e alcuni feriti.
Appena rientrati i due apparecchi, Altomare, che a volte ha inceppamenti nel parlare, viene da me e, balbettando fortemente per quanto non spiri scirocco, mi dice con gesti molto significativi: « Signor comandante ti... ti... » « Sì, sì» lo aiuto, « tirano, tirano ». Eh! lo so. L'ho provato anch'io pochi minuti fa sullo Stretto. Abbiamo riconosciuto una nave rossa e l'abbiamo inseguita, lanciando quattro bombe per volta. Era un cacciatorpediniere e fuggiva a tutta forza zigzagando e sparando. Non ho capito, in principio, che si trattava di cannonate. Credevo fossero i motori che starnutivano e pensavo preoccupato a un ammaraggio, ma quando è scoppiato un colpo avanti, un poco basso, ho capito la musica e mi ha fatto una certa impressione. La prima volta che si sentono arrivare cannonate un poco di fifa si prova. Per forza! Soltanto Allio, Muti e Baldi devono aver già provato le cannonate, per terra, però, nella grande guerra, ma per aria, eccetto Muti in Africa Orientale, siamo tutti novizi a tale genere di omaggi. Ci abitueremo anche a questo.
Riforniti di carburante e caricati di bombe gli apparecchi, il pomeriggio mando il personale a riposare. Io non sto bene, già da ieri. Non riesco a dormire, né a mangiare e ho un poco di febbre. Mi dicono che è la « tetuanite » che certo mi son preso. Sono disturbi viscerali molto noiosi dovuti al clima di questa città. Speravo poter riposare il pomeriggio, ma vengo chiamato all'Alto Commissariato. Il generale Franco aspetta il passaggio in Spagna delle truppe de « El Tercio » e di un contingente di « regulares », truppe marocchine, con molto materiale bellico, !per trasferirsi a Sevilla e assumere il comando dell'Armata del Sud. Le truppe ed il materiale già da vari giorni si trovano a Ceuta imbarcati su cinque: piroscafi. Si deve forzare il blocco dello Stretto di Gibilterra tenuto dalle navi comuniste e raggiungere Algesiras. I nazionali non hanno possibilità di proteggere il convoglio con unità navali, perchè non ne hanno a disposizione nel Mediterraneo e le poche che sono al nord ancora non sono pronte, né sarebbero sufficienti. Poichè ho visto che le navi rosse attaccate dagli aerei fuggono a tutta forza, propongo dl generale Franco di forzare il blocco e proteggere il con voglio con gli aerei durante la breve traversata da Ceuta ad Algesiras. In meno di due ore il convoglio può uscire da Ceuta e ,arrivare ad Algesiras eludendo l'offesa nemica.
Il generale Franco accetta il mio piano e, presi gli accordi con lo Stato Maggiore, mi affida la direzione e il comando di tutta l'operazione.
Vengono messi a mia disposizione due idro Dornier e quattro aeroplani da ricognizione terrestre che impiego per la scorta anti-sommergibile.
Con gli otto S. 81 formo due pattuglie di tre apparecchi e una sezione di due.
I compiti che dobbiamo assolvere sono:
— pulizia preventiva dello Stretto;
— scelta del momento di uscita del convoglio da Ceuta;
— protezione del convoglio durante la navigazione;
— protezione del porto di Algesiras durante le operazioni di sbarco.
Nel pomeriggio compilo l'ordine di operazione, che Bolin traduce in spagnolo, e la sera riunisco all'aeroporto di Tetuan i comandanti dei bastimenti, delle truppe e dei reparti aerei.
Dopo aver spiegato in tutti i dettagli l'ordine di operazione, si stabilisce l'azione per il giorno dopo all'alba.
6 agosto 1936-XIV
Alle prime luci del giorno tutto è pronto per l'azione. Alle 6.30 la sezione di due apparecchi decolla, portandosi subito sullo Stretto di Gibilterra. La visibilità è ottima. Vi sono nuvole fra i mille e i duemila metri verso Malaga, ma lo Stretto è sgombro. Nell'Atlantico, da Tangeri fino a Cadice, non si vedono navi nemiche. Rientrati nel Mediterraneo, in una puntata fino al largo di Malaga non viene avvistata nessuna nave da guerra. Ritornando verso la costa del Marocco, vediamo un cacciatorpediniere nello Stretto in rotta da sud-ovest a nord-est. La sezione accosta per riconoscerlo. E' rosso!
Ordino a Spotti di dirigere per l'attacco e scendo in gondola per eseguire il tiro. Il cacciatorpediniere si accorge della manovra, spara alcune salve e a tutta forza si dirige decisamente su Gibilterra. Quando siamo in posizione di tiro, il caccia è già nelle acque territoriali inglesi, non spara più e noi dobbiamo desistere dall'attacco. Che rabbia! La sezione rimane a incrociare in vista del porto. Il caccia entra nell'avamporto, prosegue, passa tra due navi da guerra inglesi, ferma, sembra indeciso, entra nel porto, manovra a marcia indietro in direzione di tre piccoli piroscafi alla fonda, passa lentamente fra numerose bettoline e finalmente dà fondo vicinissimo alla banchina. Gli si accosta una imbarcazione che attracca di fianco. Dopo poco si avvicina un motoscafo, si ferma e poi riparte verso la banchina. Arrivano altri due, motoscafi che manovrano e attraccano a poppa. Dal cacciatorpediniere sbarcano qualche cosa. Intanto una imbarcazione porta alla banchina il cavo di ormeggio. Il momento è propizio. Se il caccia dà il cavo a terra, non ha certo intenzione, di ripartire subito e anche se volesse, ormai, di dove si è cacciato non può certo uscire in meno di due ore. Lancio per radio il segnale convenuto per, l'uscita del convoglio da Ceuta e do ordine a Tetuan alle due pattuglie di S. 81 di tenersi pronte per la protezione del passaggio dello Stretto.
Il caccia rosso continua la manovra di ormeggio e certo non un Intenzione di riprendere il mare finché ci vede in crociera al largo. Passa un quarto d'ora, mezz'ora e da Ceuta non esce alcun piroscafo! Dirigiamo su Ceuta. La cannoniera Dato e i piroscafi sono fermi dentro il porto, con le ancore pennellate, ma fermi. Che non abbiano ricevuto il segnale? Ci abbassiamo fino ad un centinaio di metri e lanciamo, come convenuto, tre fumate. Torniamo su Gibilterra bassissimi. Il cacciatorpediniere è ormeggiato alla banchina ed ha attorno traffico di motoscafi e imbarcazioni. Siamo di nuovo a Ceuta. I piroscafi hanno dato fondo. Due sono attraccati alla banchina e si vede gente scendere a terra. Ma cosa è successo? Dirigiamo per il rientro e atterriamo a Tetuan alle 9.30. Ho la febbre, e sono furibondo per questa mancata azione. Mentre dal Comando di aeroporto cerco di aver notizie e mi faccio mettere in comunicazione col Comando navale di Ceuta, arriva al campo il generale Franco. Mi dice subito che si trovava dall'alba sulle alture della costa di Ceuta per assistere nell’operazione e aveva ordinato lui di non fare uscire il convoglio, perché aveva visto il cacciatorpediniere rosso e da Algesiras gli avevano telefonato che era entrato in Gibilterra e che all'avvicinarsi del convoglio avrebbe potuto muovergli incontro e silurare i piroscafi. Peccato! Certo da terra non si poteva sapere come stavano le cose ed era logico che il generale Franco avesse rimandato la partenza del convoglio.
Il giorno dopo si è saputo che il cacciatorpediniere rosso era il Lepanto, il quale era stato colpito da una bomba di uno degli Idrovolanti che avevo mandato in servizio antisommergibile e aveva sbarcato a Gibilterra otto morti e vari feriti.
Pazienza! Abbiamo perso un'ottima occasione, ma ritenteremo. Mi accordo col generale Franco per ripetere, con le stesse modalità, l'azione nel pomeriggio. Do ordine di rifornire gli apparecchi e alle 11,25 parto con un Douglas bimotore, assieme al capitano pilota spagnolo Haya. Magnifica figura di combattente questo capitano Haya, pilota abilissimo, patriota fervente. Ha Ia moglie e due figlie in Malaga, prigioniere dei rossi. Con questo suo bimotore civile, dall'inizio della rivoluzione vola giorno e notte per bombardare, in modo alquanto primitivo, gli aeroporti e le città in mano ai rossi. Sulle poltrone e sotto le poltrone sono varie bombe da cinquanta chilogrammi. A due finestrini, uno da una parte e uno dall'altra della fusoliera, vengono applicate due specie di cucchiaie che sporgono fuori. Le bombe adagiate sulle cucchiaie a un cenno del pilota, che esegue la mira ad occhio, vengono spinte fuori. Con questo sistema rudimentale il capitano Haya, ormai addestratissimo, riesce, da quote sempre assai basse, a colpire spesso l'obbiettivo. La difesa è affidata a quattro fucili mitragliatori. Quando c'è la volontà di combattere, tutto si adatta ed è ben strano l'interno di questa fusoliera piena di bombe e di fucili, di pistole e di giornali. Già, anche di giornali, perchè il capitano Haya fa di tutto: bombarda, mitraglia le truppe, fa rifornimento agli assediati, getta giornali di propaganda. Povero, grande Haya! Ci ha seguiti sempre, in tutta la campagna col suo fedele Douglas, poi, passato alla caccia, è caduto da prode in terra d'Aragona nel 1938 e alla sua memoria il Governo italiano ha concesso la medaglia d'oro.
Giunti sullo Stretto, dirigiamo per Gibilterra. Il caccia rosso sta manovrando dentro il porto. Ci allontaniamo per non farci scorgere e per attaccarlo al largo, se uscirà.
Arriviamo fin quasi all'altezza di Malaga.
Non si vede nessuna nave da guerra. Tornando, passiamo al largo di Gibilterra e arriviamo fino in vista di Tangeri. Nulla.
Qualche piroscafo al largo, in Oceano.
Rientriamo nel Mediterraneo.
Da Gibilterra stanno uscendo tre cacciatorpediniere. Navigano lungo le coste orientali della Spagna in formazione a cuneo. Al largo di Punta Carbonera i due caccia laterali invertono la rotta e il terzo prosegue verso nord. E' certo il caccia rosso di stamani che si è fatto scortare fuori di Gibilterra da due caccia inglesi. Puntiamo decisamente contro la nave che fugge a tutta forza. Essa comincia subito a zigzagare e a sparare, togliendoci ogni dubbio sulla sua identità. Siamo a 1800, metri di quota in Posizione giusta di attacco. Haya alza il braccio. « Parao! » grida. Il radiotelegrafista e il motorista sono pronti a spingere le bombe che già sono nelle cucchiaie. « Fuera! » grida Haya abbassando il braccio. Partono le due bombe, le seguiamo nella caduta; una esplode a poppavia a destra a cinquanta metri dal caccia e l'altra un poco più distante. Dalla nave continuano a sparare celermente, ma si vede che i marinai rossi non sanno raduare bene le spolette o apprezzare la quota, perché le granate esplodono tutte molto più alte di noi.
Ripetiamo cinque o sei volte l'attacco diminuendo sempre la quota, finché il caccia riesce a portarsi sotto un largo banco di nuvole che stagnano alla quota di seicento metri circa. Ci portiamo a ottocento metri e, profittando degli squarci nelle nuvole, eseguiamo ancora due attacchi. Il caccia spara anche senza individuarci, perché vediamo scoppiare le granate sopra le nuvole. Quando ci scorge, spara anche con le mitragliatrici. Siamo ornai all'altezza di Malaga e vedendo che il caccia vi dirige decisamente, invertiamo la rotta per rientrare, anche perché non abbiamo ormai più che due bombe e sarebbe un peccato imbattersi in qualche fortuita buona occasione ed essere a... mani vuote.
Lo Stretto è sgombro, non si vedono navi da guerra in rotta né dall'Atlantico né dal Mediterraneo.
Atterriamo a Tetuan alle 13,30.
Già ho fatto da stamani cinque ore di volo e sono un poco stanco, tanto più che non posso mangiare ed ho una leggera febbre.
Capitolo quinto
LE PRIME TRUPPE NAZIONALI, PASSATO LO STRETTO DI GIBILTERRA, ENTRANO NELLA SPAGNA
Gli S. 81 sono riforniti e pronti. Da Ceuta mi comunicano che il convoglio è pronto a partire. Mando a dire che si tengano preparati ad uscire dal porto dalle 15 in poi, al segnale già convenuto. Do ordine ai due Dornier e ai due Bréguet di iniziare la scorta antisommergibile alle ore 15.
Riunisco gli equipaggi del « Tercio » per le disposizioni dell'azione. Una pattuglia di tre. S. 81 si porterà in Atlantico e incrocierà a dieci miglia ad ovest dallo Stretto, sorvegliando la provenienza da Tangeri. Un'altra pattuglia di tre S. 81 si porterà in Mediterraneo e incrocierà a dieci miglia ad est dello Stretto, sorvegliando la provenienza da Malaga. Io col Douglas incrocierò fra le due pattuglie, sorvegliando lo Stretto. In caso di necessità, chiamerò con segnale convenzionale radio e le pattuglie dovranno subito raggiungermi ed eseguire il bombardamento delle unità contro le quali dirigerò l'attacco. Gli altri due S. 81 rimarranno sul campo di Tetuan, pronti su allarme per intervenire durante il passaggio del convoglio o in sua protezione durante lo sbarco ad Algesiras, mentre i primi sei S. 81, rientrati, provvederanno al rifornimento.
Gli eventuali bombardamenti di unità nemiche dovranno essere eseguiti con numerosi successivi attacchi, lanciando due bombe per apparecchio ogni volta, per allontanare le navi dallo Stretto o comunque ritardarne e ostacolarne l'avvicinamento.
Alle 15 decollano successivamente le due pattuglie e alle 15,15 decollo col Douglas. Navighiamo fino in vista di Malaga senza scorgere alcuna unità da guerra. Invertiamo la rotta, doppiamo Gibilterra, navighiamo in Atlantico fino in vista di Tangeri. Vari piroscafi stanno dirigendo verso lo Stretto, ma non si vede alcuna nave da guerra. Il momento è propizio. Invertiamo la rotta e lancio l'ordine al convoglio di uscire. Se i piroscafi salpano subito, passeranno indisturbati, perché nessuna nave può ormai raggiungere lo Stretto durante la loro traversata. Siamo su Ceuta: c'è gran movimento sulla banchina. I piroscafi sono ancora fermi! Ma che non abbiano ricevuto l'ordine? Lancio di nuovo più volte il segnale e rimaniamo a girare sul porto. Nulla, nulla, i piroscafi non accennano a muoversi. Ma cosa sarà successo? Ci abbassiamo fino a cinquanta metri e lanciamo, come convenuto, tre fumate. Ripigliamo quota dirigendo su Gibilterra. Lo Stretto è sempre sgombro e nulla si vede né da Malaga né da Tangeri. Torniamo su Ceuta. Finalmente! Il Dato, piccola vecchia cannoniera spagnola, sta uscendo ora dal porto. La seguono due grandi piroscafi bianchi stracarichi di uomini e di materiale, poi altri due piroscafi minori. Si mettono in rotta in fila indiana navigando a tutta forza. Hanno tardato quaranta minuti dal segnale dato. Speriamo che riescano ugualmente a farla franca. In queste due ore si gioca la carta più importante per la riuscita della rivoluzione nazionalista.
Zigzaghiamo un poco per lo Stretto a bassa quota per garantirci dalla sorpresa di qualche sommergibile, poi dirigiamo nuovamente verso Malaga. Tutto bene. Torniamo nello Stretto. Il convoglio è già a metà strada. Ci abbassiamo sui piroscafi. Sono tutto uno sventolio di berretti, di fazzoletti, un agitare di braccia e di armi. Dirigiamo su Gibilterra riprendendo quota, poi giriamo a sinistra passando su Algesiras. Mentre sto guardando l'uscita di una piccolissima torpediniera costiera nazionale che va ad incontrare il convoglio, Haya mi batte su una spalla gridando: « Buque rojo! Buque rojo! ». Maria Vergine! Mi sento agghiacciare il sangue. « Es un destructor! » urla Haya. Infatti, proveniente da Tangeri, una nave da guerra dirige a tutta forza per lo Stretto. Certo da Ceuta le navi rosse di Tangeri sono state avvisate dell'uscita dei piroscafi e il ritardo di quaranta minuti consente al cacciatorpediniere di arrivare in tempo a raggiungere il convoglio. Dirigiamo contro la nave prendendo quota.
Siamo ancora lontani e già i rossi aprono il fuoco contro di noi, disordinatamente.
Eseguiamo un primo attacco con due bombe. Niente!
La nave zigzaga due volte sempre sparando e si rimette in rotta.
Lancio il segnale convenuto alle pattuglie. Speriamo che arrivino.
Ripetiamo due volte l'attacco, ma il caccia, pur eseguendo rapide accostate, continua nella sua rotta ed è ormai nello Stretto.
Il Dato si porta sulla sinistra del primo piroscafo e apre il fuoco, ma il tiro è molto impreciso.
Il caccia risponde con una bordata cortissima e prosegue a tutta forza.
I due piroscafi grossi filano veloci, a i piccoli arrancano faticosamente e vengono distanziati.
Il caccia è ormai sulla rotta del convoglio.
Dai piroscafi sparano con mitragliatrici e fucili, ma il caccia, forse maggiormente preoccupato della nostra offesa, non tira sui piroscafi e spara a ritmo celerissimo contro di noi, che eseguiamo attacchi senza lanciare bombe, per tema di colpire i piroscafi e perché di bombe ne abbiamo ancora poche.
Continuando nella sua corsa veloce, il caccia passa fra il secondo piroscafo grande e il primo piccolo e fila via velocissimo.
Penso con grande sollievo che la ciurmaglia, priva degli ufficiali che ha assassinato, desista dall'attacco e fugga verso Malaga, ma purtroppo accosta a sinistra con largo giro.
Indubbiamente si vuol portare a proravia del convoglio e, tenendosi alle spalle l'ospitale rifugio di Gibilterra, aspettare al varco i piroscafi per silurarli.
Il Dato intanto è passato sulla dritta del convoglio e riprende bravamente a sparare, ma i colpi non raggiungono il bersaglio.
Effettuiamo un altro attacco da novecento metri di quota.
Le due bombe cadono abbastanza vicine, ma il caccia prosegue la sua manovra e spara sempre rabbiosamente contro di noi.
Ma come mai non arrivano le due nostre pattuglie?
Che non abbiano ricevuto il mio segnale?
Eppure il nostro marconista continua sempre a chiamare! Dio mio, che ossessione!
Se i1 caccia riesce a portarsi ancora più avanti, è un vero disastro.
Che responsabilità mi sono preso!
Il Dato, con le sue misere artiglierie, ben poco può fare e, sacrificandosi generosamente, potrà forse salvare il primo piroscafo, ma gli altri...
Giriamo e ripetiamo un altro attacco. Siamo in direzione giusta. Haya è già col braccio alzato quando ci passa davanti alla prua un grappolo di bombe da cento. Che spavento!
Saranno forse passate a trenta o quaranta metri, ma, nella fifa, a me sono sembrate a una diecina di metri.
Finalmente! Sono le nostre pattuglie.
Chiudo il gas e picchio fortemente girando a destra.
Haya, intento al tiro, non ha visto nulla, strilla non so cosa e riprende i comandi, rimettendo l'apparecchio verso i quattrocento metri. Credeva fossimo stati colpiti. Sbanda l'apparecchio a sinistra e vediamo enormi colonne d'acqua alzarsi tutt'attorno al caccia.
Che tiro centrato! Bravi, perdio!
Haya capisce e ride. Speriamo che il caccia sia stato colpito. Infatti fa due giri strettissimi a sinistra. Forse ha avaria al timone. Macché! Riprende la sua marcia verso il convoglio.
Gli puntiamo contro picchiando, ma siamo troppo bassi e quei dannati ci sparano con le mitragliatrici. Vediamo le fiammelle di grosse mitragliere e le codette fumogene. Per liberarci invertiamo girando quasi in candela fino a cinquanta metri sull'acqua e ci allontaniamo a tutta manetta, dirigendo verso il convoglio.
Il primo piroscafo è già all'altezza di Punta Carnero.
Ecco la seconda pattuglia. E' già sul convoglio, dirige contro il caccia, sgancia le bombe. Alcune cadono corte, tra il convoglio e il caccia; altre lunghe e lunghissime, spostate a destra.
Il tiro questa volta non è preciso, ma il caccia, forse impressionato dalla prima scarica o temendo altri attacchi, inverte decisamente la rotta e si allontana verso nord-est.
Evviva! Ci siamo riusciti.
Dal centro dello Stretto, al traverso di Punta Europa, si vedono distintamente due scie bianche un poco divergenti correre in direzione del convoglio.
Certo è qualche sommergibile in agguato, troppo lontano dalla rotta, forse costrettovi dagli aerei, e stupidamente lancia due siluri fuori distanza utile. Le scie infatti scompaiono qualche miglio prima di raggiungere la linea del convoglio.
Al comandante rosso questo lancio a vuoto frutterà forse una promozione o certo lo salverà dalla fucilazione, se verrà accusato di non aver ostacolato il passaggio del convoglio.
Durante questo putiferio, proprio entro lo Stretto navigano cinque grossi piroscafi diretti in Mediterraneo. Uno è italiano e una scia di siluro gli è passata a proravia di qualche diecina di metri.
Riportatici a un migliaio di metri, inseguiamo il caccia che si allontana verso Malaga costeggiando. Sarà bene togliergli ogni velleità di ritornare all'attacco.
I due piroscafi piccoli sono ancora un poco indietro. Non ci restano che quattro bombe.
Facciamo alcuni attacchi a vuoto. Il caccia zigzaga e spara all'impazzata. L'equipaggio deve essere assai spaurito. Al loro arrivo a Malaga diranno di aver sostenuto un violento combattimento e faranno sfoggio di eroismo. E pensare che un comandante in gamba, con un equipaggio in pugno, avrebbe potuto senza alcun pericolo e facilmente affondare il Dato e tutti i piroscafi, col siluro e col cannone. Naturalmente il comandante non poteva sapere che di aerei « non ce n'erano più e che quelli che erano passati avevano esaurito le bombe », ma ad ogni modo avrebbe dovuto a tutti i costi sbarrare il passo a quelle truppe che — non poteva ignorarlo — al loro giungere in terra di Spagna, avrebbero deciso in proprio favore la guerra civile.
Lanciamo ancora due bombe di saluto all'eroica nave rossa in fuga, ci accertiamo che da Malaga nessuna unità diriga verso lo Stretto e invertiamo la rotta. Ci spingiamo fino in Atlantico. Nessuna unità in vista. Planiamo su Algesiras e passiamo più volte a rasentare gli alberi dei piroscafi già attraccati alla banchina. Gran parte del personale è già sbarcato. Tutti ci salutano.
Chissà quanti evviva ci lanciano!
Il bravo Haya ha le lacrime agli occhi e mi abbraccia.
Da questo momento comincia la gloriosa marcia delle truppe d'Africa per la liberazione della nuova Spagna.
Sono ormai le 19,15.
Diamo un ultimo saluto a quei valorosi soldati e dirigiamo per il rientro.
Lo Stretto è deserto e il corpo di spedizione è ormai al sicuro da ogni offesa dal mare.
Alle 19,30 atterriamo sul campo di Tetuan.
Sono in piedi dall'alba con ben 9 ore e 20 minuti di volo movimentato, ma d'incanto mi passano stanchezza, febbre, « tetuanite »: effetto salutare dell'entusiasmo, della tensione nervosa... della fifa. Si sì, anche della fifa, ché ne ho avuta tanta, sia per il convoglio che per me.
Ho soltanto una gran sete, una sete feroce che mi impedisce di parlare.
Tutti gli equipaggi mi circondano esultanti.
Bravi! Sono stati veramente bravi!
Avevo dubitato di loro nell'ansia di non vederli arrivare alla mia chiamata, ma il loro tempestivo intervento nel momento più critico è stato davvero miracoloso.
Intuendo la gravità della situazione, tutti i capi equipaggi hanno ordinato lo sgancio totale delle bombe. E' stato un rischio perché se il lancio andava male, il cacciatorpediniere avrebbe poi potuto attaccare indisturbato; però credo che sia stata appunto la poderosità delle salve che ha indotto la ciurmaglia rossa a desistere dall'attacco. Comunque è stata un'azione magnifica e noi ne siamo orgogliosi. Per merito di otto trimotori italiani - perché non dirlo? -, con equipaggi italianissimi della Legione Straniera, è stata conseguita questa prima vittoria, di importanza decisiva per l'ulteriore andamento della rivoluzione spagnola.
Dopo un brindisi al Circolo Ufficiali dell'aeroporto e molti evviva, andiamo in città.
Tetuan è tutta imbandierata. La notizia del passaggio del convoglio si è sparsa rapidamente e per le strade e per i caffè regnano grande animazione ed entusiasmo.
Ovunque ci accolgono calorosi evviva, e tutti gli aviatori del « Tercio » sono festeggiatissimi.
Anche dopo pranzo l'animazione continua. Innumerevoli sono i brindisi festosi e ovunque si inneggia a Franco, alla Spagna, al Duce, all'Italia.
Italians Airplane story and details
Goffredo FRANCHINI
nato il 22 gennaio 1909 a Genova.
Deceduto nel cielo del Mar Rosso 18 luglio 1940 in azione di guerra
MEDAGLIA D'ORO (alla memoria)
R.D. 18 aprile 1941 (B.U. 1940 disp. 44 pag. 1578e B.U. 1942 disp. 8 pag. 366). In commutazione della Medaglia d'Argento al V.M. (R.D. 21 agosto 1940)
SOTTOTENENTE DI VASCELLO M.M.
Osservatore di Complemento del 28° Gruppo Autonomo, loa Squadriglia
Ufficiale osservatore abilissimo, volontario per le più aspre e ardite azioni di guerra, aveva portato sempre brillantemente a termine, in un'aura di entusiasmo e di fede, tra i rischi più gravi, tutte le missioni affidategli. Sulla via del ritorno da un'azione bellica alturiera, compiuta su velivolo terrestre, attaccato da soverchianti forze aeree nemiche, sosteneva, con coraggio superbo e valore mirabile, l'impari lotta, incitando con l'esempio e la parola i compagni di volo nel duro combattimento. Rimasto ucciso il primo pilota, feriti tutti quanti gli altri di bordo, abbattutosi l'apparecchio sul mare, egli, assumendone il comando dava immediatamente disposizioni e istruzioni per porre in mare la zattera pneumatica. Quindi si trascinava su di un'ala dei velivolo per dirigere l'opera di salvataggio. Conscio che la sua presenza a bordo della zattera avrebbe compromesso la salvezza degli altri, rifiutava l'aiuto che i compagni insistentemente gli offrivano e, sanguinante, dall'alto dell'ala semisommersa, li incitò ad allontanarsi, salutandoli. Poco dopo il mare ricoperse l'eroe e l'ala relitta.
Cielo del Mar Rosso, 8 luglio 1940.
Enrico PEZZI
nato il 22 maggio 1897 a Collevecchio (Rieti).
Deceduto in Russia il 29 dicembre 1942 in azione di guerra
MEDAGLIA D'ORO (alla memoria)
D.C.P.S. 30 dicembre 1947 (B.U. 1948 disp. 6 pag. 333 e B.U. 1959 suppl. 7 pag. 255)
GENERALE DI BRIGATA AEREA
Comandante dell'Aeronautica del Fronte Orientale 18° Stormo, 246.a Squadriglia
Veterano di quattro guerre dove ha sempre saputo strappare al cielo lembi di azzurro per ornarsene il petto. In terra di Russia ha scolpito con la sua audacia, l'esempio e la sicurezza di fronte al pericolo, in lettere d'oro, la traccia dell'Ala italiana. In sublime rischiosa offerta per salvare camerati italiani chiusi in cerchi di fuoco, immolava la giovane vita salendo col sorriso dei forti nel cielo degli eroi.
Fronte Russo, 29 dicembre 1942.
Fulvio SETTI
nato il 16 febbraio 1914 a Modena
MEDAGLIA D'ORO (a vivente)
D.L. 1 febbraio 1945 (B.U. 1945 disp. 7 pag. 302 e B.U. 1959 suppl. 7 pag. 82)
TENENTE A.A.r.n.
Pilota di Complemento del 44° Stormo 146° Gruppo, 609a Squadriglia
Giovane ed abile pilota d'aeroplano ha compiuto intensa ed avventurosa attività di guerra. Comandante di una pattuglia di aerei da trasporto, dopo aver visto cadere in acqua tutti i suoi gregari, colpiti dalla caccia nemica, benché in difficili condizioni di volo per gravi avarie da colpi ricevuti, proseguiva il viaggio sul mare sotto la minaccia di nuovi attacchi, anziché atterrare in una isola vicina. Impossibilitato a proseguire per arresto di un motore, con abile manovra prendeva terra su una spiaggia e si preoccupava subito del salvataggio dei compagni naufraghi, della consegna del carico, della riparazione del velivolo e dell'apprestamento del terreno per la partenza. Per tre giorni successivi lottava con indomabile energia contro l'avverso destino che sovrastava le nostre forze armate allo scopo di rimettere in efficienza il proprio velivolo e rifiutava di prendere posto assieme ad altri Ufficiali piloti su di un aereo diretto in Patria. Riusciva poscia a sottrarsi alla cattura delle travolgenti forze nemiche e arrischiando gravi incidenti di volo si metteva al pilotaggio di un aereo in riparazione mancante di strumenti e di seggiolini mentre l'aviazione nemica sorvegliava costantemente e con bombe e mitraglia impediva ogni movimento sui nostri campi. Raggiunto il proprio velivolo nuovamente colpito ne effettuava risolutamente il trasporto di notte e senza l'ausilio di alcuna luce egli che non era addestrato al volo notturno. Portava così in salvo il proprio equipaggio e numerosi altri militari. Esempio d'inflessibile forza d'animo sorretta e guidata da indomabile coraggio.
Cielo del Mediterraneo e della Tunisia, 5-6-7-8 maggio 1943.