Velivolo da trasporto leggero, biplano, bimotore, di costruzione mista.
[ vedi descrizione completa ]CARATTERISTICHE
motori: De Havilland Gipsy Six
potenza unitaria: cv. 185
aperture alare: m. 13,23
lunghezza totale: m. 10,42
altezza totale: m. 3,25
superficie alare: m2 40,07
peso a vuoto: kg. 1550
peso a carico: massimo: kg. 2.315
velocità massima: km/h 220
velocità minima: km/h 90
tempo di salita: 10’ 30’’ a 2.000 mt.
tangenza massima: m. 4.600
autonomia: km. 540
Decollo: m. 280
Atterraggio: m. 180
n. componenti quipaggio: 2
n. passeggeri : 6
progettista: Giuseppe Panzeri
pilota collaudatore: Ambrogio Colombo
primo volo del prototipo: MM. 267 nel giugno 1934
località: Bresso (Milano)
Breda Ba.44
DESCRIZIONE TECNICA
Velivolo da trasporto leggero, biplano, bimotore, di costruzione mista.
Ali sesquiplane a piani sfalsati in otto parti, controventate con montanti tubolari e tiranti in filo d’acciaio; struttura bilongherone in legno irrigidita in pianta da puntoni e crociere in acciaio; rivestimento in tela verniciata tranne il bordo d’attacco in compensato; alettoni a comando differenziale solo sull’ala inferiore.
Piani di coda con struttura in tubi d’acciaio saldati e rivestimento in tela verniciata che sui bordi d’entrata si sovrappone alla copertura in lega leggera, irrigiditi con montanti e tiranti; stabilizzatore ad incidenza variabile in volo.
Carrello fisso con ruote indipendenti, gambe di forza controventate, ricoperte da grosse carenature raccordate alle gondole-motori; freni meccanici indipendenti; ammortizzatori oleoelastici.
Ruotino di coda orientabile, non retrattile.
Fusoliera con sezione rettangolare in tubi di acciaio saldati con sovrapposta intelaiatura in legno; rivestimento in tela e lega leggera, smontabile per il controllo del gruppo comandi e degli strumenti di volo.
Motori con eliche bipale in legno a passo fisso; carburante in quattro serbatoi alari: due nei piani centrali superiori ai lati della fusoliera e due nelle gondole-motori, sul dorso dei piani centrali inferiori.
Cabina di pilotaggio a posti affiancati, comandi della pedaliera doppi, unico volantino di comando ribaltabile.
Strumentazione completa per i parametri di volo, funzionamento dei motori, accessori vari.
Cabina -passeggeri con vetratura continua, 6 poltrone, vano-bagagli di fronte alla porta d’ingresso; nella versione sanitaria 4 barelle e 2 poltrone, vano bagagli in funzione di farmacia.
PRODUZIONE
data |
Numero Costruzione |
Marca civile |
26.3.35 |
4304 |
I-EURO |
2.4.35 |
4303 |
I-AERE (sino al 18.11.35) I-ORSA (dal 14.3.40) |
23.5.35 |
4305 |
I-AURA |
5.12.35 |
4301 |
I-ARIA |
10.05.35 |
4306 |
I-ORIO |
DOTAZIONE
MM.267 – prototipo
MM. 60422 – 60426 n.5 (dal giugno 1940)
CREDITO
Autori Vari Dimensione Cielo volume 7 Trasporto Edizioni Bizzarri, Roma 1974
Questo velivolo inizia l’impiego operativo nella Società Aerea Mediterranea e, quando essa è assorbita nell’Ala Littoria, lo prosegue nella nuova compagnia.
Il Breda Ba.44 è un biplano bimotore a 8 posti destinato a linee richiedenti aeromobili di ridotta capienza. Esso è del tutto analogo quanto dimensioni, pesi, potenza istallata, prestazioni al ben più famoso De Havilland DH.89 Dragon Rapide. Il Ba.44 ha inizialmente deriva verticale di ridotta superficie e di forma triangolare, mentre i motori Colombo S.63 da 155 cv. sono situati completamente al di sopra dell’ala inferiore. Tale soluzione aerodinamica e la bassa potenza istallata portano ad una velocità massima di soli 185 km/h. gli esemplari di serie adottano invece motori De Havilland Gipsy-Six da 185 cv. disposti sull’ala inferiore in modo del tutto analogo al “Dragon Rapide” che è ricordato ulteriormente dalle vistose carenature del carrello: la velocità massima sale a 220 km/h.
Il breve ma intenso periodo di impiego in Libia dell’I-AERE
L’Ala Littoria ne inizia l'impiego in Libia ed il suo Ba.44 I-AERE, pilotato dal collaudatore della Breda ing. Ambrogio Colombo, partecipa al I Avioraduno Internazionale Sahariano (28-31 maggio 1935). Subito dopo l'aereo entra in servizio nella Squadriglia Stato Maggiore a Tripoli Mellaha. Dal 25 agosto al 2 ottobre 1935, pilotato dal ten. col. Stefano Cagna e dal cap. Ottavio Frailieh,esso compie un lungo raid (61h. 25') raggiungendo Cufra, Auenat, Asmara, Cassala, Khartum, Cairo, Tobruk, Bengasi, Tripoli. Dal giugno 1936 il Ba.44 è presente, come velivolo sanitario, presso una Sezione di Volo del Battaglione Sahariano basata a Cufra.
L’impegno sulle linee interne albanesi
L'Ala Littoria, che ha in appalto la gestione delle linee interne albanesi per conto del Governo locale, vi impiega 3 Ba.44 (giugno 1935) che salgono a 4 nel successivo esercizio (luglio 1935-giugno 1936). L'aereo si rivela molto adatto alle condizioni degli aeroporti, alle caratteristiche montuose della regione, all'intensità di quei traffici locali. I collegamenti fra Tirana, Scutari, Kukus, Peskopeja, Corítza, Devoli, Valona debbono solo fare i conti con il maltempo di certi periodi stagionali: il 14% dei voli programmati è infatti cancellato per avversità meteorologiche. Nel corso dell'esercizio 1936-37 i motori inglesi sono sostituiti su alcuni Ba.44 con i cecoslovacchi Walter Major Six da 205 cv. che consentono una velocità massima di 225 km/h. In questa annata sono trasportati 3.732 passeggeri che salgono a 4.288 nel 1937-38: in tale esercizio sono anche trasportati 59.000 chilogrammi di bagagli, merci, posta e giornali. Sulla rete albanese operano i piloti Mario Doria, Corinto Bellotti, Max Peroli, Cesare Amoroso. ed accanto ai Ba.44 sono impiegati un Ca.308 ed un vecchio SM. 71.
L’ esportazione in Paraguay di un esemplare con allestimento sanitario
Intanto la ditta Breda esporta in Paraguay un suo biplano in versione sanitaria, equipaggiato con quattro barelle. Questa attrezzatura è stata anche sperimentata sull'esemplare basato in Libia.
L’attività, nell’aprile 1939, connessa all’occupazione dell’Albania
Il 6-7 aprile 1939 gli SM.73 dell'Ala Littoria e gli stessi Ba.44 evacuano da Tirana e da Valona i nostri connazionali, alla vigilia della breve azione bellica contro l'Albania. In questi due giorni il solo com.te Amoroso effettua 10 collegamenti con la costa pugliese a mezzo dei biplani Breda.
L'8 aprile, con a bordo Umberto Klinger, egli ridecolla da Brindisi alla volta dell'aeroporto di Durazzo che deve essere occupato da un momento all'altro ad opera della « Colonna Messe » sbarcata dalle navi in questa località: per ben tre volte l'aereo deve tornare sulla costa pugliese risultando il campo ancora in mano nemica.
Nella tarda mattina questo Ba.44 è comunque il primo nostro aereo ad atterrare nel territorio occupato. Trasferitosi a Tirana il 10 aprile, Amoroso trasporta in ricognizione sulla conca di Coritza in fase di occupazione il gen. Francesco Pricolo, Comandante della II Zona Aerea Territoriale.
Da tale giorno fino al 14 aprile, i Ba.44 inoltrano piccoli contingenti di truppe a Valona, Coritza, Scutari, Peskopeja, Argirocastro, Kukus: essi arrivano a decollare con 12 soldati equipaggiati a bordo. Queste prestazioni sono eccezionali non tanto per le condizioni di sovraccarico quanto per le caratteristiche di alcuni aeroporti di arrivo: l'accidentata orografia circostante obbliga infatti a vere acrobazie per infilare la direttrice di atterraggio.
Una dimostrazione delle eccezionali doti di robustezza del velivolo
Altro fattore che ha reso sempre difficile la rete albanese è quello delle turbolenze atmosferiche. Durante un normale servizio sulla valle di Alessio, il Ba.44 di Amoroso precipita per 700 metri in un vuoto d'aria prima di trovare condizioni normali di pressione atmosferica. L'impatto con lo strato d'aria è talmente violento che il motorista Schmidt è proiettato contro il soffitto della cabina riportandone una grossa ferita alla testa. Anche i passeggeri rimangono contusi per la caduta dei bagagli ma il velivolo resiste meravigliosamente all'urto terribile e tutti sono alla fine salvi.
I periodici rientri in Italia per le revisioni dei velivoli
Questi biplani rientrano periodicamente in Italia per essere revisionati presso le officine aeronautiche dell'Ala Littoria, al Lido di Venezia. Ad esempio il 14 e 15 agosto 1939 l'I-ORIG si porta da Tirana a Brindisi (in 75 minuti), quindi a Pescara (145'), a Rimini (85'), a Venezia (75') ove rimane in revisione fino al 26 novembre, quando è compiuto il percorso in senso inverso. E' quindi la revisione generale dell'I-ORSA che viene ritirato a Venezia il 14 marzo 19.40, sosta a Rimini, giunge a Brindisi il 17 marzo, rientra finalmente a Tirana il 31 marzo.
La requisizione per l’uso militare il 10 giugno 1940
Nel giugno 1940 I-ARIA, I-AURA, IEURO, I-ORIO, I-ORSA sono requisiti ed inquadrati nella 611a squadriglia da trasporto comandata dal ten. Amoroso e dipendente dal Comando Aeronautica Albania. Il 23 luglio 1940 effettuano i passaggi sul velivolo i sottotenenti piloti Giuseppe Porzio e Giorgio Bozzi, di nuova assegnazione al reparto.
Il 20 ottobre anche la piccola squadriglia è mobilitata in vista dell'azione contro la Grecia e sospende i collegamenti civili. Già nel primo giorno di guerra (28 ottobre 1940), Amoroso porta in volo, nonostante il tempo proibitivo, il gen. Regio Esercito Sebastiano Visconti-Prasca, responsabile della sfortunata iniziativa bellica.
I voli di collegamento connessi ai giri ispettivi di Ufficiali Superiori della Regia Aeronautica …
Il 1° novembre, lo stesso pilota trasporta Francesco Pricolo, Capo di Stato Maggiore della Regia Aeronautica, ed il gen. Ferruccio Ranza, Comandante l'Aeronautica dell'Albania, in un giro ispettivo da Tirana, a Valona, Argirocastro e ritorno: quattro tratte per 165' di volo. Amoroso ripete questi collegamenti, coll'aggiunta dello scalo di Coritza, per accompagnare le giornaliere ispezioni del gen. Ranza ai reparti dipendenti. Il 2 novembre sono 5 tratte (235' di volo), il 3 novembre 6 (250') il 5 novembre 4 (225') il 6 novembre 4 (255'), l'8 novembre 4 (160'). Nella penultima giornata con Ranza è anche il gen. Ubaldo Soddu, Sottosegretario alla Guerra. Tra il 9 e l'il novembre effettua invece 7 spostamenti tra i campi albanesi sui preziosi Ba.44, il Sottocapo di Stato Maggiore Regia Aeronautica Giuseppe Santoro, sempre accompagnato dall'instancabile gen. Ranza.
Ormai la campagna bellica si è palesata in tutta la sua drammaticità: l'esercito greco si dimostra bene addestrato, combattivo, niente affatto corrotto ed oltretutto con una dotazione di uomini e mezzi all'incirca doppia del nostro schieramento in Albania. Operando nel maltempo è comunque la nostra aviazione ad impedire la catastrofe ed a contenere l'occupazione di territorio da parte nemica.
… E per lo sgombero di nostri militari feriti
A metà novembre anche i Ba.44 iniziano a trasportare truppe da Durazzo e Tirana verso Coritza: nei voli di ritorno è a bordo un amaro carico di nostri soldati feriti. Il solo 17 novembre, Amoroso effettua 6 di questi collegamenti (235') ed altrettanto gli altri piloti ed aerei della 61a. Tutto il mese di novembre e parte di dicembre continuano in questa drammatica e frenetica attività: negli ultimi sette mesi del 1940 la squadriglia ha garantito 524 collegamenti fra Tirana e le altre località albanesi.
La tragica perdita dell’I-ORSA
Purtroppo il 9 marzo 1941 il Ba.44 MM60426 I-ORSA (motori Gipsy Six) decollato alle ore 8,55 dall'aeroporto di Tirana con destinazione Valona, precipita per cause imprecisate dopo appena 15 minuti di volo. L'equipaggio, privo di paracadute, non può lanciarsi e l'urto con il suolo determina un incendio aggravato dalla presenza a bordo di un carico di 50 bombolette di ossigeno: muoiono nel rogo il sottotenente pilota Vittorio Basile, l'aviere scelto motorista Bonaventura Grando, il tenente dei Reali Carabinieri Carmagnano.
E quella, per “fuoco amico”, dell’ I-EURO e dell’ I-AURA
Ad un mese di distanza avviene un episodio singolare che solo per pura combinazione non ha tragiche conseguenze.
Il 15 aprile 1941, avendo le nostre truppe appena riconquistato la zona confinaria di Coritza, da Tirana alle ore 8,55, decollano due Ba.44 con Autorità e corrispondenti di guerra. Sull'I-AURA si trovano il gen. Ranza, Roberto Farinacci, il Consigliere del P.N.F. Vincenzo Tecchio, il ten. col. RR.CC. Di Nunzio: l'aereo è pilotato dal ten. Cesare Amoroso ed ha a bordo l'aviere scelto motorista Angelo Salmoiraghi. Sull'I-EURO (pilota Giuseppe Porzio e motorista l'aviere scelto Arnaldo Conte) sono il ten. col. G.A.r.i. De Luca, il cap. G.A.r.i. Ceccacci, il cap. pii. Grassi (aiutante di volo del gen. Ranza) ed i tenenti Regio Esercito Camurri e De Sanctis, inviati speciali del « Popolo d'Italia » e del « Messaggero ».
La piccola spedizione deve anche sovrintendere all'immediata riapertura dei due aeroporti di Coritza che si sa appena abbandonati dalle truppe greche ed ancora inagibili a velivoli di maggiori dimensioni.
Dopo le h. 9, mentre i due Ba.44 volano a 900 metri di quota nei pressi del lago d'Ocrida, sulla località di Pogradec sono erroneamente attaccati da un CR.42 e quindi fatti segno a violento fuoco contraereo di nostre postazioni. L'I-EURO MM.60423 ha il motore sinistro in fiamme ed il pilota, per eludere il tiro delle mitragliere, picchia violentemente verso le acque del lago, e quindi, richiamando molto basso, guadagna la riva, scavalca un filare d'alberi e posa magistralmente il velivolo in un campo arato senza cappottare. L'aereo, ormai in fiamme per tutta la parte sinistra, è abbandonato rapidamente dai passeggeri incolumi mentre il motorista Conte vi rientra coraggiosamente per aiutare il pilota, in difficoltà nell'abbandonarlo: entrambi riescono ad uscirne senza ferite od ustioni, ma il Ba.44 è completamente distrutto dalle fiamme.
Anche l'I-AURA, ripetutamente colpito, è portato con violenta picchiata dal tenente Amoroso al di fuori del tiro contraereo e quindi all'atterraggio in un campo. Qui esso riporta danni gravissimi per la natura del terreno, ma nessuno a bordo risulta ferito, dall'urto o dalla precedente reazione contraerea.
I due restanti velivoli continuano la loro preziosa attività nel “Paese delle Aquile”
I due superstiti Ba.44 della 611a squadriglia nella seconda metà dell'aprile 1941 cominciano anche a garantire i collegamenti straordinari con località jugoslave da noi occupate. La Direzione dell'Ala Littoria-Linee albanesi scarta invece la richiesta di prolungare i collegamenti dei suoi biplani al territorio greco. In rinforzo ad essi e al Ca. 308 INTRA, dal novembre 1941 cominciano a pervenire 6 Caproni Ca.312, di proprietà della Regia Aeronautica, a cui sono assegnate le sigle I-BUIA, I-BUIB, I-BUIC, I-BUID, I- BUIF, I-BUIG.
Dal luglio 1942 al gennaio 1943, Amoroso lascia la sua squadriglia per i reparti di SM.82 operanti in Sicilia: all'inizio di febbraio, egli incontra a Castelvetrano Umberto Klinger che gli comunica l'ordine di rientrare in Albania come pilota personale del Governatore Francesco Jacomoni. Così egli ritorna al biplano Ba.44 che vola intensamente, sulle rotte consuete, fino alla prima settimana del settembre 1943.
Per un arco di ben nove anni il Breda Ba.44 è la macchina più valida e caratteristica nell'accidentata orografia e nell'ancor più disagiata meteorologia della regione albanese. Pur essendo un velivolo piccolo e dall'aspetto fragile, esso si rivela un ottimo e coriaceo mezzo di trasporto unendo a ciò piacevoli ed onestissime caratteristiche di volo.
E' da ritenere che l'eccessiva somiglianza col De Havilland DH.89 Dragon Rapide abbia non poco nuociuto ad una maggior diffusione in Italia e all'estero: ma in questo caso la copia non è inferiore all'originale.
I rapporti tra Italia ed Albania risalgono al più antico passato, il volumetto pubblicitario della Società Aerea Mediterranea, una delle prime compagnie aeree italiane, risale al 1931, ed è quindi precedente all'immissione nelle rotte albanesi dei Breda 44. Comunque interessante la narrativa dei percorsi aerei i cui toponimi saranno ammantati dalla tragedia della guerra di Grecia.
L’idrovolante che ci deve portare in Albania è fermo sullo scivolo, davanti all’ hangar della Società. Sbrigate le poche formalità necessarie prendiamo posto: l’apparecchio scende dolcemente sull’acqua e poco dopo si libra tranquillo nell’aria. Guardiamo l’idroscalo dove gli impianti militari, imponenti, hanno a fianco quelli civili: della nostra Società e dell’Aero Espresso Italiana.
Qualche apparecchio si prepara a compiere un volo e qualche altro si dondola sull’acqua in un momento di sosta.
Il porto di Brindisi, naturale e sicuro rifugio a navi di ogni tonnellaggio, ci offre un colpo d’occhio stupendo, perfetto com’è per conformazione e per attrezzatura. Giungiamo all’imboccatura e seguiamo per poco la costa, bassa e uniforme. Alcune strade diritte conducono a paesi e città poco distanti dal mare: vediamo cosi Lecce, detta la Firenze della Puglia per la lingua che risente meno della cadenza locale.
La riva italiana si allontana sempre più: ma prima che sia scomparsa del tutto scorgiamo l’ isoletta di Saseno e la costa albanese. La baia di Valona e il porto di Brindisi sono considerati i due battenti della porta che chiude il canale d’Otranto e mai come ora, vedendoli materialmente cosi vicini, tale denominazione ci è sembrata esatta.
L’Albania ci si presenta in lontananza come un baluardo compatto e montagnoso che va precisandosi a mano a mano che ci avviciniamo; un anfiteatro di colline e di monti, alcuni dei quali biancheggianti di neve, circonda la baia di Valona che
si interna con una larghezza da 5 a 10 Km. con oltre 15 di profondità. Lo scoglio di Saseno posto proprio attraverso il suo ingresso ne è la guardia e la più ammirabile delle difese. Su di esso sventola il tricolore italiano, in virtù dell’accordo stipulato nel 1920.
Sorpassato lo scoglio vediamo alla nostra sinistra una grande laguna: e il lago di Arta, basso e paludoso, dove si ammara quando le condizioni del mare non ci permettono di scendere a Valona.
Ad una estremità della baia è l’idroscalo attiguo all’aeroporto:scorgiamo infatti sul prato, vicino all’hangar, l’aeroplano che più tardi ci porterà a Tirana. Questo E il luogo più bello della baia: la collina arriva degradando dolcemente fin presso al mare; case e ville ne popolano il fianco e si affacciano tra la folta vegetazione: il tratto pianeggiante, dove è anche l’aeroporto, è coltivato e salubre.
La cittadina rimane un po’ nell’ interno addossata alle montagne che la riparano dai venti freddi del nord. Come in tutta l’Albania, anche qui negli ultimi anni si e lavorato con grande fervore e molti edifici ce ne danno la prova. Bellissima la sede del Consolato italiano ed il mercato coperto che non sfigurerebbe in nessuna città occidentale.
Valona, per la sua posizione intermedia fra l’Oriente e l’Occidente è destinata ad avere un avvenire sicuro: posta su quella che sarà la via più rapida fra Londra e le Indie (attraverso Suez),quando avrà perfezionato le comunicazioni col retroterra ne diverrà lo sbocco naturale; il suo litorale bonificato tornerà a popolarsi e fieramente potrà ricordare allora le civiltà di Avlona e di Orico dalle quali e sorta.
Il promontorio di Capo Linguetta che chiude la baia di Valona e divide 1l Mare Adriatico dallo Ionio si precisa rapidamente mentre sorvoliamo la baia: le coste cadono a picco, rocciose,dominate dalle montagne che costituiscono l’ossatura del promontorio.
Dominato il capo Linguetta, il panorama non cambia: invece di facilitare l’accesso all’interno, la costa, vietando quasi completamente lo sbarco, ne custodisce maggiormente l’inaccessibilità, favorita in questo anche dalla mancanza di corsi d’acqua importanti.
I torrentelli che vediamo sfociare danno qualche varietà al paesaggio che cupo e severo contrasta con bell’effetto col colore verdastro del mare.
Porto Palermo è il primo ancoraggio sicuro che si incontra a sud di Valona. Di forma caratteristica per la insenatura oblunga, chiuso fra due promotori, si scorge da lontano e si continua a vedere per un pezzo: il paesino E: rannicchiato in fondo al golfo, al sicuro dai venti.
Partiti dall’aeroporto di Valona volteggiamo brevemente sulla città e facciamo rotta verso Nord, avendo a sinistra il mare e sotto di noi la pianura costiera. Siamo vicino ad Arta, piccolo paese in mezzo alla laguna bassa e salmastra che comunica col mare per mezzo del fiume omonimo; vediamo le acque serpeggianti della Vojussa in cui va a confondere le sue un torrentello chiaro che scende dalle montagne poco distanti. Alla nostra destra i sistemi montagnosi si succedono e accavallano uno all’altro senza fine: qualche valle li interrompe dove quadratini di terra verdi e gialli mostrano che sono coltivati; greggi di pecore pascolano altrove. Ecco Fieri di cui notiamo la moschea e l’elegante minareto. Intorno è tutto un variare di acque: fiumi, torrenti e paludi lasciano poca terra scoperta: in compenso quella poca è di un bel verde cupo. Il lago di Cravosta ha tutto l’aspetto di uno stagno: una striscia di sabbia lo argina in prossimità del mare
con cui tuttavia comunica. Scorgiamo un altro paese: Lusegna, addossato alle colline: una bella strada diritta percorre la pianura in cui tratti coltivati si alternano ad altri verdeggianti, ondulati e paludosi.
Dopo il fiume Skumbi, pur continuando a viaggiare in vista della costa, ci si fanno più prossime le montagne: quelle che ci chiudono l'orizzonte lontano sono altissime, con le cime nevose.
Ecco il Golfo di Durazzo ed ecco la città che sembra posta su una penisoletta. L’antica capitale dell’Epirus nova, prediletta da Cicerone che la chiamò << admirabilis arbs » era nell’antichità una bella e affaccendata città. Cicerone narra di averla dovuta abbandonare per il troppo strepito e nel suo porto, vasto e fiorente, egli vide adunata tutta la flotta di Pompeo che qui oppose vittoriosa resistenza agli attacchi di Cesare, durante la guerra civile.
Della vecchia Dyrrachium restano pochi ruderi: la dominazione turca, fatale all’Albania come agli altri paesi sottomessi, cancellò quasi ogni traccia anche delle opere costruite da Napoli e da Venezia, che la dominarono per quasi due secoli e mezzo: unico resto gli avanzi imponenti del forte che i Veneziani avevano costruito sul fianco della collina più vicina al mare.
Durazzo é lo scalo marittimo più importante dell’Albania: oggi nuovi lavori sono in corso, sia per rimettere in efficienza il porto (quello antico è stato completamente invaso dalle paludi), sia per risanare il territorio circostante infestato dalla malaria, sia per congiungerlo alle città maggiori del giovane regno: una ferrovia è in costruzione che l’unirà con Tirana.
Volgiamo ormai deliberatamente le spalle al mare e ci indirizziamo verso l’interno. Sotto di noi si succedono cocuzzoli di roccia viva e il panorama montagnoso si estende sempre più.
Ecco il fiume di Tirana che va a sboccare un po’ a Nord di Durazzo: poi le montagne si allargano per accogliere fra loro la conca ricca di fertili campagne, di orti, di giardini, di acque ove è posta la capitale.
I caseggiati si vedono da lontano apparire a poco a poco, finché tutta la città e in vista: un fiume le scorre dappresso e la valle è chiusa alle spalle da un monte altissimo; tutt'intorno sono alture che si adagiano al piano: di fronte altre più basse, ai lati altre ancora che si rinserrano ad abbellimento e difesa. Il panorama che adesso si gode è di indiscutibile bellezza, non selvaggio come in altri luoghi dell’Albania, ma, ingentilito quel tanto che senza nulla togliere alla maestà della natura ce la fa amare con maggiore confidenza. Già prima di essere capitale, Tirana era la città più moderna dell’Albania, soggiorno estivo di molte famiglie di Durazzo: ma va adesso a mano a mano ampliandosi con nuove strade e belle costruzioni, quasi tutte progettate e costruite dagli Italiani. Per conto del Governo sta sorgendo la città dei Ministeri e un nuovo Palazzo Reale dovrà essere edificato.
Pure anche cosi come ora si trova essa è originale e interessante, con le vie non selciate, ma battute, dove belle case in muratura e alberghi di tipo moderno e negozi con le ultime raffinatezze della moda si alternano a baracche di legno, a eleganti moschee, a qualche vecchia venerabile tomba; con certi vicoletti angusti e tortuosi, nei quali ritrovi o vecchie costruzioni o un botteghino ricolmo di un miscuglio di cose bellissime e miserevoli, o la taverna donde esala il puzzo del montone arrostito e d’un tratto da una apertura qualsiasi si spalanca la vista sullo scenario delle montagne che ti fa ampio il respiro e appagato lo sguardo.
Quando il piano regolatore sarà del tutto compiuto, Tirana sarà senza dubbio una bella città, ma rassomiglierà a molte altre costruite negli ultimi decenni; e i grandiosi boulevards, gli imponenti palazzi, la regolarità impeccabile, le faranno assumere forse il tono di banale prosopopea che è proprio delle cose troppo nuove: certamente andrà perduto l’originale e particolare carattere che oggi la distingue e ne rende così interessante la visita al forestiero e all’artista.
Chi ama viaggiare esigendo dai luoghi da visitare tutto il confort americanizzante che la civiltà di oggi può offrire, cioè comodi e veloci mezzi di trasporto, strade larghe, asfaltate, alberghi di prim’ordine con bagno, jazz band e ballo, teatri e tabarins, e meglio rimetta la visita dell’Albania a quando, e non passerà molto tempo, il vasto programma di ammodernamento e di riforma del governo di Re Zog sarà attuato. Ma se uno ama la natura nei suoi aspetti più genuini e variati, se non teme di conoscerne la terribile maestà, se cerca nella montagna lo sport faticoso e salubre, la vista che ripaga largamente della dura ascensione, troverà nei paesaggi albanesi il più grande godimento che sia dato agli occhi e allo spirito di godere.
Tra i mezzi di trasporto, l’Albania offre al turista il più moderno e veloce: l’aeroplano.
Distanze che bisognerebbe superare in giorni e giorni di faticoso cammino non sempre possibile in automobile, più spesso riservato alle cavalcature, sono superate da un breve volo che raramente dura più di un’ora, spesso termina in tempo assai più breve. `
Di tutti i percorsi il piu pittoresco é senza dubbio quello da Tirana a Coritza.
Lasciata la Capitale, si và diritti verso le montagne che ci accompagnano fino alla meta. Sono, in principio, le colline che chiudono la conca di Tirana, ma subito alle loro spalle si affacciano le catene montuose più alte e in breve tutto un panorama montagnoso è intorno a noi. Sono cime aguzze, tondeggianti, brulle, boscose, nevose, sparse di casolari, mostranti sulle pendici e sulle vette i resti del castello di qualche signorotto medioevale; pascoli, fiumi e torrenti si alternano senza posa.
Dopo circa quindici minuti di volo in una valle stretta e lunga a oriente, si vede Elbassan, l’antica Scampae, dove un campo d’atterraggio accoglie, quando c’é necessità di prendere o lasciare passeggeri, i nostri apparecchi. Questi quindici minuti equivalgono a sei ore di strada con due traghetti, per i mezzi normali.
La cittadina e stretta intorno al solito minareto snello e aguzzo: qui presso, nella città di Albanopolis, si ebbe la prima traccia dell’attuale nome di Albania; ad Elbassan dal 1909 al 1912 fecero capo tutti gli Albanesi che volevano la loro patria libera e indipendente; di qua partirono i moti insurrezionali e furono banditi nello storico congresso i capisaldi della difesa nazionale.
Il terreno è irriguo ed è uno dei più fertili di tutta l’Albania: esso dà soprattutto olive e ortaglie. Nelle vicinanze vi sono numerose sorgenti termali solforose.
Oltrepassata Elbassan, riprendiamo il volo sulle montagne: alcuni casolari con le abitazioni del colore della roccia sono appollaiati qua e là; a volte squarci netti tagliano i monti aprendo gole paurose: in fondo una fila di candide cime sbarra il passaggio verso la Grecia e la Jugoslavia.
D’un tratto scorgiamo in mezzo alla brulla cupezza del paesaggio un occhio di cielo: è il lago di Ocrida, zaffiro incastonato da diamanti grezzi che ne fanno risaltare la gentile purezza.
Compaiono gli alberi a gruppi isolati, poi a boschi, disseminati di casolari, interrotti da tratti di terra aperta di colore sanguigno.
Sul lago, che non ha niente da invidiare come bellezza a molti dei più celebrati delle Alpi Svizzere, una villa-castello su un piccolo promontorio sembra un’oasi di pace e di frescura; poco lontano Pocratcz, sulla bella striscia di altopiano nella quale sorgono numerosi altri paesi.
Lasciamo con rincrescimento il Iago che diventa sempre più piccolo, che i monti presto ci nascondono; sorpassiamo altre catene, altre vallate, altri paesi finché sbocchiamo in una valle lunghissima e ampia, acquitrinosa, in fondo alla quale, sul fiume Devol, sorge Coritza.
E questa una delle cittadine più belle e pittoresche dell’Albania. Situata in una magnifica posizione, a 860 m. sul livello del mare, ha belle strade regolari, moschee e chiese ortodosse, numerosi giardini ed un ricco mercato dove si trovano generi di produzione indigena come tappeti, coperte di lana, ecc. e svariati prodotti dati dalla fertilità del territorio. I cristiano-ortodossi sono in maggioranza sugli albanesi e le loro chiese massicce e dorate dominano tutto l’abitato. Un terremoto ha distrutto recentemente molte case, chiese ed edifici pubblici: ma l’opera di ricostruzione é già molto avanzata e la popolazione, attiva e tenace, come in genere è sempre quella montanara, continua nei suoi commerci e nei suoi traffici e pazientemente riedifica sulle rovine le case che già accolsero i lontani antenati.
Gli italiani hanno a Coritza alcune scuole fra cui quella industriale che può esser citata, pure non essendo molto grande, come un modello del genere per la modernità e la completezza dell’attrezzatura.
La facciata multicolore dell’ampio hangar del campo di Tirana è scomparsa, ma le propaggini della città continuano, sebbene in forma irregolare, per qualche tempo e ci confermano ancora una volta lo sviluppo che sta prendendo la capitale dell’Albania. Andiamo verso il Nord sulla terra che le truppe di Scanderbeg tante volte percorsero, indomite e fiere, per contenere e respingere i Turchi. Alla nostra sinistra é il mare sul quale poco dopo la partenza, vediamo sporgere la punta di Durazzo. Seguiamo per ora la valle dell’Ismi: ma già a Est ci seguono i colli che si trasformano più a oriente in alte montagne: e su uno di questi colli, avidamente cercata con lo sguardo, vediamo finalmente Kruja dove il massimo eroe albanese ebbe i natali e la capitale del suo Stato. Una strada alberata e tortuosa (in primavera anche profumata quando i tigli sono in fiore) conduce fino all’abitato dal quale digrada il cinerognolo degli uliveti che danno alla zona una certa rassomiglianza coi nostri paesaggi umbri. Il castello di Scanderbeg, diroccato, in parte adattato a fortezza, é proprio sulla cima, a cavallo delle due vallate che isolano e il monte, vero nido di aquile dove l’indipendenza albanese venne duramente affermata e difesa, donde partì la guerra ventennale contro gli oppressori stranieri e infedeli. Molti albanesi prediligono Kruja come luogo di villeggiatura per il clima fresco e salubre, per il paesaggio ombroso, per le acque di cui e ricca la regione: ma gli abitanti, ridotti a pochi in verità, sono attaccati più che ai pregi della natura e alle risorse del terreno, alla gloria che viene al loro paese da Giorgio Castriota di cui conservano l’incedere fiero e lo sguardo altero. Due tombe prossime al castello vengono spesso indicate, ora l’una ora l’altra, come ultima dimora dell’eroe il quale invece, morto ad Alessio, fu più tardi disseppellito ed ebbe le spoglie divise fra i conquistatori che le consacrarono come preziosi amuleti di incolumità e di vittoria in guerra.
Non c’é molto tempo da perdere in riflessioni e rievocazioni, quando si viaggia in aeroplano: infatti, da poco abbiamo passato Kruja ed ecco proprio Alessio, malarica e miserabile borgata ormai, sul Drin. Che cosa penserebbero i principi albanesi che ivi convennero a congresso per decretare l’unione con Scanderbeg a difesa dai Turchi se vedessero la città allora dei Veneziani, da animata e fiorente e importante porto qual era, ridotta allo stato attuale? Probabilmente la loro mano correrebbe nuovamente alla spada e dal loro petto proromperebbe ancora veemente il grido di guerra contro il Turco, colpevole del malgoverno e dell’abbandono in cui per secoli tenne il loro paese.
Salutiamo la cittadella veneziana, sorta sopra l’antica acropoli e volgiamo gli occhi su un’opera moderna, ugualmente compiuta dagli italiani: il ponte Zog sul Drin, a una campata, con sei archi superiori, ardito lavoro di ingegneria, di grande utilità per il transito nella regione spesso allagata dallo straripare dei fiumi. Il Drin, di cui seguiamo la valle, cambio corso nel 1859 andando a sboccare nella Bojana e da allora la città di Scutari fu più volte inondata e la pianura circostante impaludata. Anche il terreno che sorvoliamo adesso é acquitrinoso; oltre a numerose mandre di pecore vediamo grandi torme di anitre che fuggono spaventate al rumore del nostro apparecchio e passano da una palude all’altra ininterrottamente. Da lontano vediamo
il Iago di Scutari che é il più grande dell’Albania, di forma allungata, da cui esce tra un incredibile intrigo di canali e canaletti, la Bojana. Le acque di esso sono torbide e limacciose per la poca profondità che fa giungere fino al fondo sommovimenti provocati da ogni burrasca anche modesta. Questo lago sembra avere un'anima rapace e prepotente poiché si ingrandisce continuamente a spese delle terre circostanti, ingoiando tutto ciò che trova sul suo cammino; si calcola che soltanto negli ultimi cinquant’anni abbia guadagnato sulle rive una superficie di circa 12 mila ettari.
La città é posta sulla riva meridionale del Iago ed ha origine antichissima: prima romana, poi appartenente all’impero romano d'oriente, assoggettata dai barbari slavi, culla del Montenegro, passò nel XV secolo ai Veneziani e infine ai Turchi di cui fu emporio e centro commerciale importantissimo.
Ancora oggi i traffici per terra e per acqua vi sono intensi, più che in qualunque altra città albanese: un’impronta di nettezza e di straordinaria proprietà la distingue: e la domenica i costumi scintillanti di colori e di oro mettono una nota di gaiezza nelle strade affollate. Numerosi sono i giardini che recingono quasi ogni casa, di modo che la città risulta molto estesa; completamente isolato da essa è il bazar che sorge sulla destra della Bojana e forma quasi un altro paese con circa 2.000 negozi, dominato dalla cittadella veneta di Rosafa. Sul monte Tarabosh che soprasta la città é scolpito a lettere cubitali il nome di re Zog I » che sulle rive del Iago possiede una bella villa nella quale si reca di tanto in tanto.
La popolazione scutarina, in gran parte cristiana, é attiva, lavoratrice e fiera. Scutari infatti insieme con Tirana e con Elbassan ha capeggiato tutti i movimenti insurrezionali che hanno poi culminato con il trionfo dell’indipendenza Albanese e la proclamazione del Regno di Re Zog I: ben a ragione quindi il nome del Sovrano é scolpito sulla montagna a protezione della città e ad ammonimento per coloro che potrebbero ancora guardare con cupidigia la bella e ricca Scodra.