Sintesi del 1915

Finite, con l'inverno del 1914, le grandi operazioni di movi­mento, scomparsa la speranze di una guerra breve, l'Intesa cer­cherà di circondare gl'Imperi Centrali con un rigoroso blocco terrestre e marittimo e di guadagnare nuovi alleati; gli Imperi Centrali, invece, tenteran­no di battere isolatamente e di eliminare dalla lotta gli eserciti affianca­tisi all'Intesa, a cominciare dai più deboli. Sul mare, la Germania oppone al blocco la guerra sottomarina.

 

Avvenimenti fondamentali del 1915 sono:

— la sconfitta navale tedesca, a Dogger Bank (24 gennaio);

— le operazioni franco-inglesi nei Dardanelli (aprile-dicembre);

— l'intervento dell'Italia a fianco dell'Intesa (24 maggio);

— la vittoriosa offensiva austro-tedesca in Galizia (maggio-settembre);

— l'offensiva franco-inglese in Champagne ed in Artois (fine settem­bre-ottobre);

— l'intervento della Bulgaria a fianco della Germania, e l'attacco e occupazione della Serbia da parte di austriaci, tedeschi e bulgari.

 

In complesso, nel campo politico la situazione si mantenne, anche du­rante il secondo anno di guerra, in un certo equilibrio; nel campo militare, invece, si accentuarono i vantaggi per gl'Imperi Centrali, sopratutto per la condotta incerta e mal coordinata della guerra da parte dell'Intesa.

A que­sto inconveniente si cercò di porre riparo con le prime conferenze interal­leate (luglio e dicembre) ; si intensificarono, intanto, e coordinarono gli sforzi per meglio sfruttare le riserve umane, tratte anche dai rispettivi posse­dimenti coloniali, e per mobilitare tutte le energie economiche, industriali, scientifiche.

 

 

 

Fronte Occidentale

 

Durante l'inverno e la primavera i franco-inglesi svolsero vari attacchi di alleggerimento nella regione di Arras (seconda metà di dicembre), in Champagne (20 dicembre-13 gennaio), nella zona di Soissons-Crouy (8-15 gennaio), che dimostrarono, con la scarsezza dei loro risultati, la solidità delle sistemazioni difensive tedesche e la ne­cessità di accrescere smisuratamente i mezzi di attacco e specialmente le riserve di munizioni.

 

Maggiori risultati, ma pur sempre di scarsa importanza, sopratutto per carenza di artiglieria, ebbero gli attacchi, di più va­sta portata, in Champagne (15 febbraio-17 marzo) e sulla Woevre (5-14 aprile). Con forze molto più ingenti (sei Corpi d'armata e circa 350 pezzi di artiglieria pesante, agli ordini del generale Foch) fu sferrato un at­tacco combinato in Artois il 9 maggio, su un fronte di 18 km., ma l'azione, protrattasi sino gli ultimi giorni di giugno, fornì risultati modestissimi, assolutamente sproporzionati alle gravissime perdite.

 

In seguito alle decisioni adottate nella prima Conferenza interalleata, svoltasi a Chantilly il 7 luglio, ove i rappresentanti di tutti gli eserciti al­leati considerarono la necessità di coordinare gli sforzi, una nuova e più vasta offensiva fu iniziata, il 25 settembre, in Champagne e nell'Artois, pressoché contemporaneamente a quella italiana sull'Isonzo. Anche quest'offensiva, pur dando agli Alleati qualche guadagno di terreno, fu ben lontana dal realizzare le speranze dei Comandi.

 

Alla fine dell'anno si ebbero dei mutamenti notevoli negli alti Co­mandi degli eserciti francese e inglese: il generale Joffre fu inve­stito della direzione superiore delle Armate francesi su tutte le fronti, con a latere il generale Castelnau; il generale Douglas Haig assunse il comando dell'esercito inglese al posto del maresciallo French.

 

Allo scopo di ricacciare i Russi dalla Galizia e dalla Prussia Orientale, gli Austro-Tedeschi continuarono le operazioni, anche nella stagio­ne invernale. In Galizia, non si riuscì a sbloccare la piazzaforte di Prze­nuysl, ricaduta il 22 marzo in mano dei Russi, insieme a oltre 150.000 pri­gionieri e 1000 pezzi di artiglieria. La Prussia orientale fu bensì liberata in seguito all'esito della campagna invernale in Masuria, culminata nella bat­taglia di Augustovo (7-18 febbraio), ma l’ala sinistra russa, che aveva ripiegato dietro il Narew, tornò energicamente al contrattacco, riprese Prasnytz, infliggendo una sanguinosa sconfitta all'VIII Armata tedesca (22-28 febbraio).

 

Con le forze rese disponibili dalla capitolazione di Przemysl, i Russi ripresero, quindi, con maggior vigore, l'azione sui Carpazi, e solo a stento e con l'aiuto di un Corpo tedesco al comando di von Marwitz, gli Austriaci riuscirono ad impedire che penetrassero in Ungheria.

 

Il 1° maggio, cinque Armate (due tedesche, due austriache ed una mi­sta) passavano all'offensiva in Galizia; l'operazione principale era affidata all'Armata mista (8 divisioni tedesche e 3 austriache), formidabile unità, posta sotto il comando del generale Mackensen e destinata ad operare contro il saliente russo di Tarnov-Gorlice.

L’attacco sostenuto da una massa imponente di artiglieria, in cui si batterono circa quattro milioni di uomini, si risolse in una grande vittoria delle armi austro-tedesche. Ai primi di giugno il San era raggiunto, Przemysl ripresa, i Carpazi liberati dalla pressione russa.

 

Il Gran­duca Nicola, Comandante in capo delle forze russe, si preoccupò sopratutto di condurre in salvo l'esercito; ma la disfatta fu tale, da lasciare i russi prostrati per lunghi mesi. Alla fine di giugno, i russi dovettero abbandonare le linee del San e del Dniester, sgomberare Leopoli e ripiegare sulla media Vistola e sul Bug: solo l'estrema sinistra, in Bucovina, poté rimanere appoggiata al Dniester.

 

Alla metà luglio le Armate tedesche del nord si mossero per in­vadere la Polonia; il 5 agosto Varsavia dovette essere evacuata, e nei gior­ni seguenti, una dopo l'altra, capitolarono le grandi fortezze di Kovno, Novo Georgievsk, Brest Litowsk. Soltanto in ottobre, le Armate russe poterono arrestarsi, sfinite, su una linea da Riga al confine rumeno.

 

Il Granduca Nicola dovette cedere il comando, che fu assunto nominal­mente dallo Zar, con il generale Alexeieff come Capo di Stato Maggiore. L'esercito russo, che non aveva completamente perso le sue capacità offensive, rifornito pur tra grandi difficoltà dagli Alleati, nei primi mesi invernali, contrattaccò energicamente in Galizia, sullo Styr e sulla Strypa, e riconquistò Tarnopol.

 

 

 

Fronte italiano

 

L'esercito italiano passò la frontiera nella notte sul 24 maggio, in talune zone ricacciando con le armi il nemico, in altre occupando strisce di terreno di cui il Comando austriaco aveva disposto volontariamente l'ab­bandono. Sul fronte Giulia — ove il Comando Supremo italiano voleva esercitare lo sforzo principale, in direzione di Lubiana e di Trieste — fu varcato l'Isonzo nel suo corso più alto, a nord di Tolmino, e si passò all'attacco della barriera montana che si stende subito al di là. Il 16 giugno, fu espugnata la vetta del Monte Nero.

 

Il 5 giugno l'Isonzo fu passato anche a sud, nella zona di Monfalcone, e si iniziò l'attacco delle

alture Carsiche, solidamente apprestate a difesa dagli Austriaci.

 

Si svolsero quindi le prime quattro battaglie dell'Isonzo.

 

Con la prima (23 giugno-7 luglio) si portò il primo attacco alle due te­ste di ponte austriache di Tolmino e di Gorizia, e si costituì una piccola testa di ponte nostra a Plava. I risultati, sia nella zona di Tolmino e di Gorizia, sia sull'altipiano Carsico, furono molto modesti, sopratutto per la scarsezza delle artiglierie, quasi impotenti contro i reticolati e le trincee austriache.

 

Con la seconda (18 luglio-3 agosto) lo sforzo principale fu concentrato contro Monte San Michele, pilastro sud del campo trincerato Goriziano e caposaldo difensivo dell'altipiano Carsico. Due volte (20 e 26 luglio) la vetta fu raggiunta dalle nostre fanterie, ed entrambe la si dovette abbandonare.

 

Con la terza battaglia dell'Isonzo (18 ottobre-4 novembre) e la quarta (10 novembre-2 dicembre) pur perdurando la deficienza dei mezzi di attacco, furono compiuti notevoli progressi sia nelle zone di Tolmino e di Plava, sia davanti a Gorizia, ove furono conquistate la soglia di Oslavia, la sommità del Calvario (estremità sud del Podgora), e sull'altipiano Carsico, del quale fu espugnato il ciglio tattico, dominante la pianura Friu­lana.

 

Nella zona montana, la I Armata, cui era affidato il fronte triden­tino, aveva potuto migliorare alquanto, con una serie di azioni locali, la propria sistemazione difensiva. La IV Armata, operante in Cadore, cui era assegnato di recidere la grande arteria della val Pusteria che collegava il Trentino con l’Austria, non riuscì ad assol­verlo, a causa sopratutto della insufficienza delle artiglierie assegnatele per l'azione contro gli sbarramenti dell'alto Cordevole (Forte la Corte e Valparola) e dell'alto Cadore (Forti di Landro e di Sexten). Progressi note­voli, tuttavia, furono compiuti, tra il luglio e l'ottobre, nelle valli Padola e Boite, sulle Tofane e nella zona del col di Lana, importantissima posi­zione alla testata del Cordevole, la cui vetta fu espugnata il 7 novembre, ma non potè essere mantenuta.

 

Le truppe della zona Carnia assicurarono l'inviolabili­tà del crinale, contendo e respingendo i tentativi avversari di impadronir­si di posizioni dominanti e di qualche importanza (specialmente nel settore But-Degano, ove cercò, a più riprese, di contendere il possesso del Pal Piccolo).

 

La campagna del 1915 ebbe, quindi, sulla fronte italiana, modesti ri­sultati territoriali, ma l'azione dell'esercito italiano valse a tenere avvinta alla nostra fronte circa la metà dell'esercito austro-ungarico (25 divisioni) e ad infliggere all'avversario perdite molto gravi (oltre 250.000 uomini).

 

 

 

Fronti minori

 

Operazioni nei Dardanelli

La Russia, per poter mantenere integre le sue comunicazioni con gli al­leati, aveva proposto ad essi un'azione, diretta ad impossessarsi dello stretto dei Dardanelli. L'Inghilterra aderì prontamente alla proposta, anche perchè aveva interesse di distogliere la Turchia dagli attacchi al Canale di Suez.

L'azione si svolse in due fasi: la prima, essenzialmente navale (dal 19 febbraio al 18 marzo); la seconda, con operazioni combinate per terra e per mare, che, iniziate alla fine di aprile, furono sospese alla fine dell'anno.

 

Nella prima fase, navi inglesi e francesi bombardarono i forti esterni dei Dardanelli; ma, pur recando notevoli danni, lo scopo dell'azio­ne non fu raggiunto, e parecchie unità furono affondate.

 

Il 25 aprile sulla costa occidentale della penisola di Gallipoli, sbarca­rono 65.000 anglo-francesi, precedentemente concentrati in Egitto. Le operazioni di sbarco furono vivamente con­trastate dai turchi, i quali riuscirono ad impedire, nelle settimane succes­sive, che le truppe alleate estendessero le teste di sbarco.

 

Le operazioni assunsero, quindi, il carattere lento e sanguinoso della guerra di posizione, contrassegnata da combattimenti asprissimi (da ricor­dare, particolarmente, quelli del 6 maggio, del 21 e 28 giugno e del 12 luglio); gli Alleati, non essendo riusciti ad impadronirsi delle posizioni, efficace­mente allestite e difese dai turchi col concorso di consiglieri tedeschi, furono costretti a desistere dall'azione contro i Dardanelli, tanto più che l'offensiva austro-bulgaro-tedesca, iniziata nell'ottobre contro la Serbia, imponeva di portare a questa un aiuto diretto, cui egregiamente si prestava Salonicco.

 

Lo sgombero della penisola di Gallipoli, venne quindi attuato tra il 20 dicembre 1915 e l'8 gennaio 1916.

 

 

Operazioni nei Balcani

Serrati dal blocco avversario ad occidente e ad oriente, gli alleati Cen­trali cercavano con ogni mezzo di tenersi aperto lo sbocco nei Balcani e verso Costantinopoli. Dopo aver, quindi, guadagnata alla loro causa la Tur­chia, indussero anche la Bulgaria a schierarsi sul loro fianco. Il 5 ottobre, questa decideva l'interven­to; tre giorni dopo, un formidabile nerbo di truppe austro-bulgare-tedesche (circa 550.000 uomini) invadeva la Serbia, il cui esercito oppose una disperata resistenza, contendendo passo a passo l'avanzata degli avversari, ma alla fine dovette cedere alla loro schiacciante preponderanza.

 

Mossero in aiuto dei serbi forze alleate da Salonicco, ma sul Vardar fu­rono arrestate dai bulgari. Il 10 novembre, le Armate austro-tedesche si congiungevano, nei pressi di Nish, con l'ala destra bulgara; ai Serbi non rimaneva altro scampo che ripiegare verso l'Albania. I resti dell'esercito, che poterono scampare alla disastrosa ritirata, furono salvati dalle navi dell'Intesa; in quest'opera di salvataggio, compiuta tra difficoltà gra­vissime, una parte importante spettò all'esercito e alla marina italiana.

 

Le forze alleate dislocate nella parte orientale dei Balcani ripiegarono su Salonicco, che fu validamente organizzata a difesa.

 

 

Fronti extra-europei

Allo scopo di proteggere da qualsiasi mira tedesca il suo impero delle Indie, l'Inghilterra aveva curato, sin dalla fine del 1914, di assicurarsi il dominio del Golfo Persico e della Mesopotamia.

 

La divisione indiana del generale Wilson, quindi, sbarcata a Fao nel novembre 1914, aveva raggiunto sollecitamente Bassora, e nel gennaio 1915 si era impadronita di Kornah, alla confluenza, del Tigri e dell'Eufrate. Su due colonne, poi, aveva iniziata la marcia su Bagdad; la colonna dell'ovest, rimontando l'Eufrate, occupò successivamente Souk-el-Cheyoux (4 luglio), Nassryé (25 luglio) e più tardi Karbela (settembre); quella dell'est, invece, agli ordini del generale Townsend, dopo una brillante avanzata iniziale, fi­no ad Amara ed a Kut-el-Amara, dove inflisse, il 28 settembre, una sangui­noso sconfitta alle forze turche, subendo, a sua volta, un grave rovescio, il 22 novembre, presso Ctesifonte, ad opera del maresciallo tedesco Von der Goltz. Le forze inglesi superstiti dovettero ripiegare su Kut-el-Amara, ove furono assediate dai Turchi.

 

Nella zona del Caucaso, i turchi subirono uno scacco gravissimo nei primi giorni dell'anno, per opera del Granduca Nicola; per tutto il resto del 1915, le due Armate si fronteggiarono, davanti ad Erzerum, la più importante località dell'Armenia turca, da essi saldamente tenuta.

 

Il 2 febbraio 1915, forze turche al comando di Djemil Pascià erano riu­scite ad effettuare di sorpresa, favorite anche da una tempesta di sabbia, il passaggio del canale di Suez. Respinti dal fuoco di alcune navi da guerra, inglesi e francesi, poterono nondimeno mantenersi nella penisola del Sinai, trasformando in piazzaforte la città di El-Arish, ove aveva termine la ferro­via di Gaza.

 

Alla fine dell'anno 1915, i turchi sferrarono un nuovo attacco contro Suez, per opporsi al quale il Governo inglese inviò il generale Murray, Capo di Stato Maggiore dell'esercito inglese sul­la fronte francese.

 

 

 

Guerra marittima

 

Si è già accennato alle operazioni nei Darda­nelli e del tentativo di forzamento, iniziato il 18 marzo, dopo aver tenuto per parecchi giorni sotto un formidabile bombardamento i forti turchi, terminato in un vero disastro; parte colpite dalle artiglierie, parte per urto contro mine, quattro unità affondarono e due furono gravemente danneggiate. L'operazione dovette quindi essere sospesa.

 

Durante il periodo delle operazioni in Oriente, poi, altre unità inglesi e francesi furono affondate da sottomarini, e precisamente l'incrociatore fran­cese Gambetta e le corazzate inglesi Goliath, Triumph e Majestic. Agli attacchi dei sommergibili, gli Alleati risposero, inviando a loro volta una flottiglia di tali mezzi nel mar di Marmara, che riuscirono a tagliare le comunicazioni tra Costantinopoli ed i Dardanelli; ma ciò nonostan­te, altre navi alleate furono affondate (Joule, Mariotte, Turquoise).

 

Con l'entrata in guerra dell’Italia, fu molto intensificata l'attività na­vale in Adriatico; la flotta italiana, col concorso di unità alleate, costrinse le navi austriache a rinchiudersi nei porti della sponda istriana e dalmata. Qualche scorreria e qualche colpo di mano, tuttavia, furono tenta­ti contro la nostra costa, procurando danni, di non grande entità, a ta­lune località ed infliggendoci la perdita di qualche unità navale (incrocia­tori Amalfi e Garibaldi e la corazzata Benedetto Brin, fatta saltare ad opera di emissari).

 

Gli Imperi Centrali, comunque, erano bloccati inesorabilmente dal ma­re. Solo nel mare del Nord era aperta alla marina tedesca una porta verso l'Oceano, ma essa era tenacemente custodita dalla flotta inglese. Una sor­tita tentata contro le coste inglesi venne pagata a caro prezzo, da una divisione rapida, comandata dall'ammiraglio Hipper. Attaccata dalla squadra inglese dell'ammiraglio Beatty, subì la perdita di un incrociatore da battaglia e il grave danneggiamento di altri due gravemente e di alcune unità leggere. (Combattimento di Dogger Bank, 24 gennaio 1915).

 

Al blocco alleato la Germania oppose la guerra sottomarina. Il 3 feb­braio 1915, essa notificò che qualsiasi nave nemica, da guerra o mercantile, fosse stata sorpresa nelle acque dell'Intesa, sarebbe stata affondata senza preavviso, anche se riuscisse impossibile di salvare equipaggio e passeggeri Purtroppo, non furono risparmiate né navi dell'Intesa né neutrali; tra tutti gli affondamenti, quello del grande transatlantico Lusitania, avvenuto il 7 maggio sulle coste Irlandesi, che sollevò la più viva indignazione in America, perché tra i 1250 passeggeri morti si contavano ben 118 americani.

 

Nel solo mare del Nord furono affondate, nell'anno, ben 472 navi; nel Mediterraneo i sottomarini tedeschi fecero la loro prima apparizione nel maggio 1915, ma anche qui il numero di navi affondate salì ben presto in modo impressionante. Com'era naturale, fin dall'estate, l'Intesa si preoccupò di predisporre valide difese contro l'arma sottomarina, e già negli ultimi mesi dell'anno si ridussero le perdite del naviglio e aumentarono quelle dei sommergibili avversari.

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