il Medio Oriente tra guerra e guerriglia

Risulta opportuno liberare gli avvenimenti bellici della prima guerra mondiale dalla cappa geocentrica che li vuole confinare in Europa. Il fronte terrestre del Medio Oriente, per volerci limitare a quello, possiede infatti non solo una sua importanza strategica e operativa ma acquisisce notevole rilievo per la definitiva scomposizione del secolare impero Ottomano.

Una attenta lettura di quella campagna militare e delle sue finalità politiche è oggi di grande importanza per comprendere la natura e fini degli attori geopolitici che, ad esatta distanza di un secolo, stanno ridisegnando gli equilibri dell’area e del nord Africa. (g)

 

 

 Colonna cammellata di guerriglieri arabi

 

 

PRECEDENTI

 

Allo scoppio della prima guerra mondiale, il Sultano di Turchia rico­priva anche la carica di Califfo, cioè di capo spirituale della fede isla­mica. Questa religione aveva avuto origine, per opera di Maometto, nella penisola araba. Dopo la morte del fondatore, la carica di Califfo fu tenuta sino al 1517, con eccezione dei primi tre succedutisi imme­diatamente a Maometto, dalla famiglia Omayyadi e dopo dalla famiglia degli Abbassidi, discendenti da Omar e da Abbas, rispettivamente genero e zio del Profeta.

 

 

Espansione dell’Islam dal 623 (morte di Maometto) al 750 

 

Espansione dell’Islam dal 623 (morte di Maometto) al 750

 

 

In quell'anno gli Abbassidi, che avevano perduto gradualmente autorità e forza, vennero eliminati definitivamente dal Sultano ottomano Selim. Quella data segnò ufficialmente il passaggio al Sultano anche dell'auto­rità spirituale. Fu, in sostanza, la forza temporale dei Turchi, i quali prima dominarono l'Impero arabo in disfacimento e poi ne divennero successori a tutti gli effetti, che offrì loro i presupposti per impadronirsi anche del potere spirituale e per mettere, contrariamente alla ormai secolare tradizione, un principe non di nascita araba a capo della fede maomettana. Il provvedimento, però, suscitò reazioni nel mondo arabo e, di conseguenza, si vennero formando diverse sette religiose in con­trasto con l'autorità centrale. Di queste sette la più importante fu la Wahabíta che si estese con prestigio sulla penisola araba. Si trattava di una corrente religiosa estremista, puritana, attenentesi ai termini della più stretta ortodossia. Sorta nell'Arabia centrale nel 1760, cercò di frenare la rilassatezza dell'Islam ed acquistò notevole potere, met­tendosi automaticamente in contrasto con il Sultano. Solamente nel 1811, dopo diverse spedizioni militari, i Turchi riuscirono a trovare un accomodamento con la potente setta. [Indicare nel Wahabbismo un movimento di restaurazione dell’ortodossia religiosa, come fa Argiolas, è tuttavia largamente inesatto. In realtà i Wahhabiti si ispirarono alla rilettura delle dottrine teologico-giuridiche della scuola hanbalita fatta dal siriano Ibn Taymiyya (m. 1328), figura di sapiente assai controversa già nel suo tempo. Il wahhabismo riprende in larga misura le idee di tale personalità esasperandone ulteriormente alcuni aspetti. Già al loro sorgere, le idee wahhabite furono energicamente respinte e confutate da rinomati sapienti dell’ortodossia sunnita, tra cui Sulaymân b. ‘Abd al-Wahhâb, fratello di Muhammad b. Abd al-Wahhâb (m. 1792), fondatore di tale corrente, autore nel 1753 di un trattato in forma di lettera contro tali posizioni che, con la pretesa di “riformare” la religione musulmana riconducendola alla purezza delle sue origini, l’avevano solo terribilmente impoverita e resa una caricatura aggressiva e fanatica del messaggio coranico e della condotta profetica.]

Nel periodo che esaminiamo persisteva, quindi, nella penisola araba, un fermento a base religiosa unito ad un crescente desiderio di indipendenza e di sganciamento dall'Impero ottomano. 

Su questi due elementi si basò l'insurrezione araba.

 

 

 Fasi dello smembramento dell’Impero Ottomano (1863 – 1920)

 

Fasi dello smembramento dell’Impero Ottomano (1863 – 1920)

 

 

La sconfitta nei Balcani della Turchia e la recente vittoria riportata dall'Italia contro di essa avevano rinvigorito le spinte nazionaliste degli Arabi. Alle loro menti ritornavano gradualmente le passate glorie dell’Impero abbassida e si andavano formando aspirazioni rivolte ad una grande confederazione e ad un califfato arabi, retti dal legittimo suc­cessore di Maometto. Lo Sceriffo della Mecca, Hussein Ibn Alì, signore dell'Hijaz, ed i suoi figli, erano i più convinti assertori di queste aspirazioni. L'autorità dello Sceriffo dava vigore ed importanza alle idee che egli sosteneva ed alimentava. La forza della sua posizione, nel consenso dei vari principati arabi, gli derivava dalle funzioni di custode ereditario dei Luoghi Santi, cioè di Medina, della Mecca e della Costa dei Pellegrini, sul Mar Rosso, oltre che dall'origine e dignità della sua famiglia. La stessa ubicazione geografica dei territori sui quali dominava contribuiva a rinforzare la sua autorità. Infatti 1'Hijaz godeva di due caratteristiche, quella di affacciarsi sul Mar Rosso, e quindi di essere facilmente collegabile con gli Inglesi stazionanti in Egitto, e di essere il terminale della ferrovia che, avendo origine a Damasco, riforniva i presidii turchi dislocati nell'Arabia occidentale e meridionale, ammontanti, complessivamente, a 4 divisioni. Un altro principe godeva di grande prestigio, Ibn Sa'ud, Emiro di Riyadh, so­vrano di Nejd, in quanto controllava la setta Wahabita.

 

 

La ferrovia dell’Hijaz 

 

La ferrovia dell’Hijaz

 

 

 Carta schematica del sistema ferroviario dell’Impero Ottomano

 

Carta schematica del sistema ferroviario dell’Impero Ottomano

 

 

La situazione della Turchia nella penisola araba non era, però, molto debole, malgrado le sconfitte militari subite nelle recenti guerre nei Balcani ed in Libia. Anzi la sua posizione era stata rafforzata dalla costruzione della ferrovia dell'Hijaz che collegava l'Impero turco con i Luoghi Santi. Da considerare, inoltre, che dietro la Turchia c'era la presenza del potente Impero germanico. La realizzazione della fer­rovia dell'Hijaz rientrava nel grandioso piano espansionistico tedesco verso il Medio Oriente. Mentre la costruzione della ferrovia di Bagdad aveva messo in allarme le altre Potenze europee, specialmente l'Inghil­terra, per gli orizzonti che apriva alla Germania, quella della ferrovia nell'Hijaz era passata quasi sotto silenzio. Infatti la sua realizza­zione era stata mascherata dal motivo religioso di facilitare il pellegri­naggio ai Luoghi Santi. I musulmani di tutto il mondo ne avevano finanziata la costruzione con i loro oboli. In realtà questa ferrovia forniva uno strumento di potenza al Sultano di Costantinopoli che poteva così spingere più agevolmente la sua penetrazione ed il suo controllo nell'Arabia occidentale e meridionale. Per la Germania rappresentava un elemento di minaccia alle comunicazioni inglesi del Mar Rosso e di diminuzione dell'importanza politica, militare ed economica del Canale di Suez. La ferrovia che, nel 1908, aveva raggiunto Medina, era stata costruita da tecnici tedeschi. Il suo prolungamento era stato previsto sino alla Mecca ma era rimasto in sospeso per le vicende belliche che avevano direttamente coinvolto la Turchia. Mi sono un po’ dilungato su questa ferrovia in quanto essa rappresenterà uno degli obiettivi più importanti nella guerriglia che condurrà Lawrence.

 

L'Inghilterra, da parte sua, allo scoppio del conflitto mondiale, trovan­dosi schierata contro la Turchia, si riprometteva di mantenere aperte le comunicazioni attraverso il Canale di Suez ed il Mar Rosso, oppo­nendosi alle prevedibili operazioni avversarie contro il Canale e neutra­lizzando il tentativo turco di sollevare il mondo musulmano contro gli Alleati proclamando la guerra santa contro gli infedeli. In questo quadro gli Inglesi ispirarono la rivolta araba che veniva anche sostenuta da una vasta corrente di pensiero facente capo al generale Kitchener, corrente che mirava a battere contemporaneamente Tedeschi e Turchi avvalendosi, contro questi ultimi, del forte appoggio della popolazione araba.

 

Nella visione complessiva di queste premesse ed avvenimenti la posi­zione dello Sceriffo dell'Hijaz acquistò enorme prestigio allorché, quando la Turchia proclamò la guerra contro gli infedeli, egli si rifiutò di dichiararla nei Luoghi Santi. L'appello turco, perciò rimase puramente nominale e trovò scarse adesioni nel mondo arabo, pochissime in Asia, quella del Senusso e del Sultano di Darfur in Africa.

 

Successivamente, avendo così chiaramente indicato la sua vocazione, lo Sceriffo Hussein, senza quasi attendere l'aiuto inglese, ma forse con l'intendimento di mettere davanti al fatto compiuto il futuro alleato e di sollecitarne così i concreti appoggi, si rivoltò palesemente in armi contro le guarnigioni turche dell'Hijaz, attaccando Medina. Questa prima azione in forze contro le unità regolari turche si risolse in un disastro con la conseguente demoralizzazione degli Arabi, emotivamente instabili e non preparati a sostenere con forza d'animo il momentaneo insuccesso.

 

 

Uno dei ponti della ferrovia dell’Hijaz nelle vicinanze di Daraa (Siria) 

 

Uno dei ponti della ferrovia dell’Hijaz nelle vicinanze di Daraa (Siria)

 

 

LA GUERRIGLIA

 

Allorché iniziò lo scontro armato le minacce previste dagli Inglesi ebbero subito attuazione.

 

Infatti i Turchi, all'inizio del 1915, sferrarono il primo grande attacco contro il Canale di Suez. Da parte loro i Tedeschi, sfruttando la ferrovia dell'Hijaz, avevano trasportato rifornimenti per i loro sommergibili sulle coste del Mar Rosso. Nel febbraio del 1915 grosse mine marittime furono spostate per ferrovia da Ma'an ad Aqaba e lanciate in quel mare. La marina britannica riuscì a recuperarne otto. Si rendeva quindi necessario correre ai ripari. I provvedimenti da parte inglese furono di due ordini. Il primo fu l'avvio a regolari operazioni militari, affidate a consistenti forze, le quali, superato il canale, iniziarono ad agire lungo le coste mediterranee, con obiettivo Gaza. Il secondo si concretò nella sollecitazione e nel sostegno della rivolta araba per impegnare le forze turche stazionanti in Arabia, impedire il loro rifornimento e l'impiego massiccio sui campi di battaglia principali.

In questo quadro noi possiamo dire sin d'ora che la guerriglia araba rivestì, per tutta la durata delle operazioni, il ruolo classico di fiancheg­giamento dell'esercito amico.

 

L'entità delle forze turche operanti nella penisola araba si può così valutare:

 

— circa 20-25.000 uomini, con dieci batterie, operavano nella zona del Canale;

— circa 20.000 uomini, inquadrati in 4 divisioni erano stazionati nell'Arabia occidentale e meridionale.

 

Complessivamente un'armata, la 4a, il cui comando era dislocato a Damasco, operava in Arabia. I Turchi erano ottimi combattenti, però poco addestrati alla guerra manovrata. Si battevano molto bene in difensiva. Avevano subìto l'influenza dell'addestramento tedesco che, però, li aveva irrigiditi, togliendo loro l'efficace iniziativa e la elasticità operativa che in altre campagne avevano ottimamente manifestato. A loro agio in trincea o nelle azioni di fuoco contro un nemico che avan­zava frontalmente, i Turchi non potevano adattarsi e sopportare il logorio imposto da operazioni fluide.

 

Gli Arabi, a loro volta, si rifiutavano di attaccare le posizioni salda­mente fortificate ed erano incapaci di conseguire con la forza una decisione. Inoltre erano inadatti a difendere a lungo una trincea o un caposaldo. Quindi l'unico loro impiego utile fu l'attività di guerri­glia contro posti deboli ed azioni sempre manovrate contro l'obiettivo nemico più esposto, cioè la ferrovia dell'Hijaz.

 

La popolazione araba ammontava allora, secondo calcoli necessaria­mente poco precisi, a circa 6 milioni di anime.

 

 

reno in sosta presso una delle stazioni della ferrovia dell’Hijaz 

 

Treno in sosta presso una delle stazioni della ferrovia dell’Hijaz

 

 

La rivolta ebbe inizio il 5 giugno 1916 e poté contare, dall'inizio, su 30.000 combattenti, 6.000 fucili e 2 batterie da montagna, con personale musulmano, inviate dagli Inglesi. Gradualmente l'armamento indi­viduale migliorò con l'invio dei rifornimenti alleati. Sin dai primi momenti la rivolta e le conseguenti operazioni di guerriglia comincia­rono a conseguire i loro effetti perché isolarono nettamente dalla Tur­chia le forze ottomane dislocate nello Yemen (due divisioni), al punto che quando fu dichiarato l'armistizio il comandante di queste divisioni, Ali Said Pascià, venne avvertito dalle autorità inglesi della cessazione delle ostilità.

 

I Turchi reagirono subito con sanguinose repressioni. Djemal Pascià, capo delle forze turche in Arabia, da Damasco, agì con mano molto dura colpendo indiscriminatamente la popolazione, con le conseguenze che gli animi si inasprirono ed i soldati turchi di nazionalità araba cominciarono a disertare. Un altro effetto della rivolta fu che i Turchi dovettero cercare di impiegare su altri fronti i soldati arabi inquadrati nelle loro unità.

 

L'insurrezione non avrebbe conseguito gli obiettivi assegnatile se non avesse ricevuto il vigoroso aiuto materiale inglese e, soprattutto, se non avesse avuta la fortuna di essere coordinata da un uomo che rivelò qualità e competenza eccezionali nella organizzazione e condotta della guerriglia. Quest'uomo fu Lawrence, il leggendario ufficiale britannico il quale, inviato in missione in Arabia, seppe assurgere a posizioni di prestigio che gli permisero di ispirare tutto lo sviluppo della lotta. Allorché Lawrence giunse in Arabia si trovò di fronte diversi pro­blemi. Il primo era quello della scelta del capo delle formazioni arabe. Il secondo, connesso con il primo, era quello di mettere d'accordo i vari prìncipi e capi tribù, assai spesso in contrasto fra loro o, addi­rittura, in conflitto aperto e di dare loro la fiducia scossa dall'iniziale insuccesso nell'attacco in grande stile contro Medina. Il terzo era quello di adottare la forma di lotta migliore contro i Turchi e di scegliere gli obiettivi più remunerativi. Il quarto era rappresentato dalla scelta dell'idea che avrebbe dovuto giustificare e sostenere il movimento insur­rezionale. Dopo aver avuto diversi contatti con i capi arabi la sua attenzione cadde su Feisal. Questi godeva già di notevole prestigio, era animato da passione e convinzione nei fini della lotta. Inoltre aveva già a disposizione lo strumento, cioè le sue tribù, a lui fedelissime e guerriere. Lo stesso territorio nel quale dominava costituiva un'ottima base di partenza iniziale per la guerriglia contro i Turchi. Era un uomo di elevata cultura, educato alla Corte ottomana, iniziato alle sottigliezze della diplomazia. Aveva una certa esperienza militare perché aveva pre­stato servizio nell'esercito turco. La sua permanenza a Costantinopoli e la sua partecipazione al Parlamento turco ne avevano affinate le capa­cità. La scelta di Lawrence fu guidata dalla considerazione che gli Arabi « credono nelle persone e non nelle istituzioni ».

Il secondo problema fu agevolato nella sua risoluzione dalla precedente elezione di un capo da tutti accettato e, dopo lunghi contatti ed incontri, l'accordo fu di massima raggiunto e stabilita l'entità della partecipazione alla lotta dei vari capi arabi. Il terzo problema richiese, evidentemente, maggior tempo, una più approfondita conoscenza dell'ambiente naturale, delle possibilità avversarie, delle possibilità e capacità arabe. Sulla base di questi elementi la linea di azione fondamentale adottata fu quella di interrompere le comunicazioni ferroviarie, eseguire colpi di mano nelle retrovie delle forze turche, attaccare i punti deboli, evitando i grossi presìdi fortificati, immobilizzare ingenti forze in poche guarnigioni, logorando incessantemente la volontà turca di resistere. La sua deci­sione fu basata, inoltre, sul presupposto che i Turchi non erano in grado di controllare efficacemente tutti i territori sotto il loro dominio. Lawrence concentrò gli sforzi nella distruzione del materiale e nella immobilizzazione dell'avversario, più che nella eliminazione in battaglia del nemico. Egli aveva perfettamente individuato il punto debole delle forze turche, cioè la loro assoluta dipendenza dalle comunicazioni ferro­viarie, particolarmente dalla linea Damasco-Medina. I Turchi si preoc­cupavano, di conseguenza, molto più delle perdite di materiale che di uomini. Il quarto problema fu risolto facilmente. Egli, facendosi porta­voce del governo britannico, promise agli Arabi, al termine della

guerra, la creazione di un regno arabo indipendente ed esteso da Damasco alla Mecca. Lawrence stesso credeva in questa promessa: « era­vamo esaltati da idee inesprimibili ed inesistenti, ma meritevoli di essere difese con le armi... Intendevo creare una Nazione nuova, rista­bilire un'influenza decaduta, dare a venti milioni di Semiti la base sulla quale costruire un ispirato palazzo dei sogni per il loro pensiero nazionale ». Gradualmente egli si rese conto che le reali intenzioni del governo britannico sul futuro degli Arabi erano molto diverse dalle promesse.

Egli ne subì una grande delusione ed una grave crisi spiri­tuale. Ma questo esce dalla narrazione di questi avvenimenti e quindi non ne facciamo oggetto di esame.

 

 

Thomas Edward Lawrence (Tremadog, 16 agosto 1888 – Bovington Camp, 19 maggio 1935) 

 

« Tutti gli uomini sognano ma non allo stesso modo »

Thomas Edward Lawrence
(Tremadog, 16 agosto 1888 – Bovington Camp, 19 maggio 1935)

 

 

Questa visione, che coincideva perfettamente con le aspirazioni arabe, come abbiamo visto nei precedenti di questo capitolo, fu sufficiente per galvanizzare gli animi e lanciare i combattenti contri i Turchi. Il primo obiettivo di Lawrence fu quello di impadronirsi del porto di Aqaba, sul Mar Rosso, necessario per la successiva alimentazione delle forze arabe e, sul momento, pericolosa spina nel fianco delle comunicazioni marittime inglesi. Allo scopo di mascherare le sue vere intenzioni egli fece prima una puntata dimostrativa verso il Nord, per dare l'impres­sione di voler attaccare Ma'an, la città fortificata più importante fra Medina ed il Mar Morto, attirò il nemico verso questa regione e poi, ritornando bruscamente sui suoi passi con una marcia che ha dell'in­credibile, cadde improvvisamente sulla guarnigione turca di Aqaba, costringendola ad arrendersi. Per ottenere questi risultati Lawrence si sforzò di conferire agli Arabi la massima autonomia nel campo dei trasporti. Vi riuscì in quanto quelli erano abituati a muovere nei loro vasti spazi ricorrendo ad un minimo di mezzi e di rifornimenti. Per esempio una batteria da montagna, affidata a personale egiziano, aveva bisogno di 360 cammelli. In mano agli Arabi, la identica batteria con eguale quantitativo di munizioni, venne trasportata da 80 cammelli. I risultati della linea di azione adottata da Lawrence non si fecero attendere.

« Nei successivi quattro mesi i nostri esperti di Aqaba distrussero 17 locomotive. Il viaggiare divenne un terrore per il nemico. A Damasco la gente lottava per avere posti nelle vetture di coda, anche pagando di più. I macchinisti scioperavano. Il traffico civile cessò quasi completamente ed estendemmo la nostra minaccia ad Aleppo affiggendo semplicemente un avviso durante una notte nel Municipio di Damasco, informando che gli Arabi, d'allora in poi, avrebbero viag­giato sulle ferrovie siriane a loro rischio e pericolo. La perdita delle locomotive si fece sentire sui Turchi. Poiché il materiale rotabile veniva concentrato per la Palestina e per l'Hijaz, le nostre distruzioni non solo resero impossibile l'evacuazione in massa da Medina, ma comin­ciarono a creare preoccupazioni sulla sorte di Gerusalemme, proprio quando la minaccia britannica diveniva formidabile ».

In Medina, infatti, ben 10.000 Turchi rimasero isolati ed inattivi per tutta la durata della guerra, in conseguenza della interruzione della ferrovia, oltre a quelli, come abbiamo già visto, dislocati nell'Arabia meridionale. È interessante anche accennare ad una azione anfibia, attuata in collaborazione con la marina britannica, quando il 23 gennaio 1917, 500 Arabi sbarcarono a Wejh, sulla costa del Mar Rosso, a N.O. di Medina, occupando di sorpresa la città, togliendo un altro porto ai Turchi e costituendo una importante base per lo sbarco dei rifornimenti inglesi alle forze guerrigliere arabe. L'attacco dal mare si svolse in sintonia con quello terrestre operato dagli Arabi i quali si erano avvicinati all'obiettivo con rapida marcia e con colonne leggere ed intervallate. La mobilità conseguita dagli Arabi fu uno dei principali fattori del successo. Essi dovevano muoversi in spazi assai estesi, impegnare di sorpresa i vari punti fortificati nemici, immobilizzare le guarnigioni dimostrando di essere, con la loro presenza in ogni luogo, più di quanti erano in realtà. I guerriglieri erano montati su cammelli o a cavallo. Erano dotati di armi leggere e di esplosivo. Erano « senza fronte né retrovie, continuamente in movimento come una nuvola di zanzare », sempre in grado di avere la meglio contro le forze di occupazione statiche e soggette a linee di alimentazione interrompibili facilmente.

 

 

 ingresso ad Aqaba dei guerriglieri arabi il 6 luglio 1917 foto di T. E. Lawrence

 

Il trionfale ingresso ad Aqaba dei guerriglieri arabi il 6 luglio 1917 fotografato da Lawrence

 

 

Lawrence, invece di allontanare il nemico, cercò di bloccarlo sul posto, tagliandogli i rifornimenti e consentendo che gli arrivasse lo stretto necessario per sopravvivere. Egli dice

« molti Turchi sul nostro fronte non hanno avuto, per tutta la durata della guerra, alcuna possibilità di spararci addosso e non siamo stati sulla difensiva se non per acci­dente o per errore ». Gli Arabi non cercarono mai di conservare o migliorare un vantaggio acquisito nelle operazioni. Essi si spostavano subito e colpivano nuovamente in altri punti. Impiegavano le minime forze nel tempo più breve e nel punto più lontano. Lawrence così sinteticamente descrive il suo modo di agire: « dato che le circostanze in cui operavamo non furono mai due volte identiche, non potevamo impiegare gli stessi metodi della volta precedente e, di conseguenza, i servizi informativi del nemico perdevano completamente la testa. Quando i battaglioni e le divisioni hanno sempre lo stesso organico, i servizi informativi lavorano su un quadro tipico. La nostra forza consiste nei cambiamenti ».

 

 

 Autoblindate ed autoveicoli inglesi davanti la Roccia dei Sette Pilastri

 

Autoblindate ed autoveicoli inglesi davanti la Roccia dei Sette Pilastri

 

 

CONCLUSIONI

 

Lawrence comprese che il successo delle operazioni dipendeva dal disporre di basi inaccessibili, ed egli infatti le ottenne occupando Aqaba e Wejh, e nel deserto. E questo gli fu facile perché i Turchi poco mobili non si avventurarono mai in forze fuori delle loro piazze­forti. Si rese conto che il favorevole esito delle sue azioni era legato alla mobilità. Ed anche questa la conseguì disponendo di reparti mobi­lissimi, tutti montati, leggeri, frugali. L'appoggio della popolazione fu conseguito pienamente. Senza l'aiuto esterno l'insurrezione sarebbe fallita e questo sostegno fu assicurato sin dall'inizio e fu continuo. Da notare, per inciso, che Lawrence non era il solo Inglese che ope­rava con gli Arabi. Nel gennaio 1917 una missione militare inglese molto importante, guidata dal ten.col. Wilson, fu inviata nella peni­sola. Anche i Francesi mandarono aiuti nel 1916. Ma chi ispirò e condusse la rivolta araba fu Lawrence. Egli, dal 1916 al 1918 dimo­strò quello che è possibile ottenere con i guerriglieri, nel quadro di un piano strategico deliberatamente adattato alla guerriglia. Sollevò le tribù e fece, di quei nomadi, guerriglieri capaci di obbedire ad un capo. I suoi sforzi si esercitarono prevalentemente sulla linea Aleppo-Dama­sco-Medina. Interruppe i rifornimenti e le comunicazioni dell'armata turca facendo saltare treni, ponti, demolendo opere d'arte, sbullonando i binari. Nello stesso tempo equipaggiò l'armata araba che gradual­mente si andava costituendo e che ebbe poi un ruolo importante nell'ultima fase della guerra in Oriente. Immobilizzò e deteriorò l'eser­cito turco che perdette 35.000 uomini in combattimenti inconsistenti. Bloccò la maggior parte delle forze nemiche nel mentre che il generale Allenby, simulando un attacco lungo il Giordano, portava il suo eser­cito a nord di Giaffa, sulle sponde del Mediterraneo.

 

 

 Nesib el Bekiri ed altri capi tribali arabi

 

Nesib el Bekiri ed altri capi tribali arabi

 

 

L'azione di Lawrence fu sottovalutata, nel quadro strategico comples­sivo, perché il grosso delle forze turche in Palestina venne sopraffatto da una sola azione decisiva condotta dall'esercito britannico nel set­tembre del 1918. Ma questo fu possibile perché le altre unità ottomane dipendenti dalla ferrovia dell'Hijaz, erano ormai impotenti e para­lizzate.

 

Dall'esame della guerriglia portata dagli Arabi contro gli eserciti turchi ricaviamo le seguenti conclusioni:

 

— l'ideologia propulsiva e giustificante fu saggiamente scelta e costituì la forza spirituale che sostenne l'azione araba per tutta la campagna;

 

— gli sforzi furono rivolti prevalentemente contro l'obiettivo tecnico che condizionava l'efficienza operativa dei Turchi, cioè la ferrovia dell'Hijaz;

 

— la guerriglia fu sostenuta, anche in questo caso, dall'esterno, da basi inaccessibili alle forze nemiche, cioè dislocate in Egitto;

 

— l'ambiente naturale era favorevole allo sviluppo ed alla condotta della guerriglia ed era tanto esteso da consentirle di esplicare la sua attività nelle condizioni migliori di inafferrabilità e di mobilità; inoltre l'estensione delle coste, incontrollabile da parte dei Turchi, facilitò l'alimentazione dal mare, unica via di rifornimento;

 

— la guerriglia ebbe possibilità di successo perché esisteva un esercito amico che paralizzava l'attenzione difensiva dei Turchi;

 

— questo esercito, però, condusse le sue operazioni nelle condizioni numeriche migliori perché la guerriglia immobilizzò gran parte delle unità avversarie;

 

— dalle forze guerrigliere sorse gradualmente un esercito, che se non possiamo proprio definire regolare, ancora una volta comprova, con la sua creazione, la possibilità della guerriglia di dar luogo, col tempo, ad un esercito destinato poi a sostenere la battaglia finale contro le forze regolari nemiche dissanguate e logorate dalle prece­denti azioni guerrigliere;

 

— il coordinamento fra le operazioni affidate alle grandi unità britan­niche e quelle svolte dai guerriglieri fu conseguito pienamente attra­verso il comando supremo britannico delle armate operanti in Pale­stina, comando de] quale Lawrence non era nient'altro che l'abile e competente rappresentante fra gli Arabi;

 

— di contro, in campo tecnico, noi notiamo in maniera più che evidente la mancanza di

adattamento delle forze regolari turche alla nuova forma di lotta che si andava sviluppando alle loro spalle ed ai loro fianchi e l'assoluta carenza di ogni tentativo sostanziale per cercare di svincolarsi dall'elemento condizionatore rappresentato dalla fer­rovia dell'Hijaz;

 

— inoltre, l'assoluta inadeguatezza psicologica dei duri provvedimenti repressivi adottati dal comando ottomano che, rivolgendosi indiscri­minatamente contro tutta la popolazione araba, conseguì risultati completamente opposti a quelli sperati;

 

— da osservare, a giustificazione della linea di azione dei Turchi, che essi non riuscirono mai a conseguire, per la situazione militare che li impegnava in altri fronti, quel favorevole rapporto di forze, di 10 ad 1, necessario per intraprendere con speranza di successo, una guerriglia difensiva. Essi, quindi, furono costretti a subire l'azione guerrigliera senza possibilità concrete di opporvisi.

 

A chiusura si può dire che Lawrence fu un capo abile e lungimirante e che la sua azione si estrinsecò soprattutto nel conseguimento dell'accordo in un mondo arabo diviso e geloso e nella scelta degli obiettivi della guerriglia. Però non possiamo sottacere che mai un esercito, come quello turco in questo caso, si trovò nelle peggiori condizioni numeriche, ordinative ed ambientali per tentare di neutralizzare la guerriglia condotta ai suoi danni.

 

 

Gerusalemme, 9 dicembre 1917, il solenne ingresso del Generale Edmund Allenby nella Città Santa 

 

Gerusalemme, 9 dicembre 1917, il solenne ingresso del

Generale Edmund Allenby nella Città Santa

 

 

 

Crediti
Tommaso Argiolas, La guerriglia: storia e dottrina, Sansoni Editore, Firenze 1967
Liddell Hart, Lawrence d’Arabia, Bompiani Editore, Milano 1984

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