Dalla neutralità al Patto di Londra - 3

 GIOVANNI GIOLITTI A CAMILLO PEANO
LA LETTERA DEL “PARECCHIO”

Pubblicata dal quotidiano La Tribuna

 

Cavour, 24 gennaio 1915

 

Caro amico,

È stranissima la facilità con la quale, parte in buona e parte in mala fede, si formano le leggende. Ora due tendono a formarsi: una di pretesi miei rapporti col principe di Bulow, l'altra l'opinione che ani si attribuisce che si debba mantenere in modo, assoluto la neutralità in qualunque caso.
Conosco il principe di Bulow da molti anni, ho grande stima del suo ingegno e del suo carattere, l'ho sempre trovato amico dell'Italia, ben inteso mettendo sempre in prima linea il suo paese come è suo dovere.

Egli, quando era a Roma come semplice privato, veniva spesso a visitarmi. Ora, che venne a Roma come ambasciatore, lo incontrai per caso in piazza del Tritone; mi disse che voleva venirmi a trovare. Gli risposi che essendo io un disoccupato, sarei andato da lui, e così feci l'indomani. Si parlò in modo affatto accademico dei grandi avvenimenti, ma mi guardai bene dall'entrare nell'argomento del contegno che debba tenere l'Italia. Avrei mancato al mio dovere; né egli entrò in tale argomento, perché è uno che non viene mai meno alle convenienze. Alcuni giorni dopo venne a restituirmi la visita. Io non ero in casa. Mi lasciò una carta da visita. E non lo vidi più, essendo io partito da Roma.

La mia adesione al partito della neutralità assoluta: l'altra leggenda.

Certo io considero la guerra non come una fortuna, ma come una disgrazia, la quale si deve affrontare solo quando sia necessaria per l'onore e per i grandi interessi del Paese.

Non credo sia lecito portare il paese alla guerra per un sentimentalismo verso altri popoli. Per sentimento ognuno può gettare la propria vita, non quella del proprio paese. Ma quando necessario, non esiterei ad affrontare la guerra; e l'ho provato.

Potrebbe essere, e non apparirebbe improbabile, che, nelle attuali condizioni dell'Europa, parecchio possa ottenersi senza una guerra; ma su di ciò chi non è al Governo non ha elementi per un giudizio completo.

Quanto alle voci di cospirazioni e di crisi, non le credo possibili. Ho appoggiato e appoggio il Governo, nulla importandomi delle insolenze di chi gli si professa amico e invece è forse il suo peggiore nemico.

Gradisci i più cordiali saluti.

Affezionatissimo Giovanni Giolitti.

 

 

 

 

 

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA,
ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, BOLLATI

 

L. P.   

Vienna, 19 febbraio 1915.

 

Ti ringrazio della tua buona lettera dell'11 corrente.

 

È accaduto quanto avevo preveduto. Il negoziato è stato rotto dietro iniziativa di Sonnino, per le ragioni che già sai.

 

Ne informai domenica scorsa Buriàn. La sua risposta fu calma. Mi disse però, in via personale, pregandomi di non telegrafarlo a Sonnino, che non comprendeva la decisione da lui presa, né le ragioni che l'avevano moti­vata avendo egli mostrato le migliori disposizioni per continuare la discussione.

 

Non dubito che il telegramma in cui riferisco il mio colloquio con Buriàn ti sia stato comunicato.

Appena mi pervenne il telegramma di Sonnino annunziante la rottura del negoziato, credetti rispondergli subito che sarebbe stato, a mio parere, più opportuno di non prendere tale iniziativa, ma di aspettare la risposta di Buriàn la quale non poteva non essere negativa per far ricadere così sul Go­verno I. e R. la responsabilità della rottura stessa.

 

Diressi tale telegramma a Sonnino, che rimase naturalmente senza rispo­sta, non già nella speranza di farlo rimuovere dalla sua decisione, perché sapevo come fosse inutile, ma perché mi sembrava mancare ad un dovere di coscienza se non avessi manifestato il mio pensiero al riguardo.

 

Siamo quindi giunti oramai al momento critico.

 

Non credo che un cambiamento di governo, come tu sembri supporlo, potrebbe impedire la guerra. Questa è inevitabile e nessuno, neppure Giolitti, potrebbe avere il potere, anche se lo volesse, impedirla.

 

Dall'alto, poi, come tu dici, la si vuole per timore di pericoli interni che non sono certo da escludere, e perché si è convinti della vittoria delle nostre armi.

 

E di ciò non si dubita dai vani partiti estremi; tale è l'infatuazione che ha invaso una buona parte della nostra opinione pubblica.

 

Ti prego di dirmi cosa ti ha detto Zimmermann della rottura del negoziato.

 

Il tuo telegramma del 9 corrente non mi fu mai comunicato.

 

La situazione militare qui si è ora migliorata tanto in Bucovina che nei Carpazi e ciò devesi, come tu dici, unicamente alle truppe tedesche me­diante le quali si spera di far sgombrare il territorio della Monarchia dalle truppe russe.

 

Quanto all'articolo della Frankfurter Zeitung non comprendo come costà si possano ancora illudere di modificare l'andazzo della nostra opinione pub­blica, con articoli simili.

 

Lo lessi, ma lessi pure la risposta che vi fu data dalla nostra stampa favorevole alla guerra.

 

Con tali articoli si raggiunge uno scopo differente da quello che i loro autori si prefiggono.

 

Lo dissi chiaramente a Monts, il quale mi rispose che era pure necessario che in Italia si sapesse il pensiero della Germania.

 

E che fa a Roma il povero Bulow?

 

Qui si nutre, come ti scrissi, la maggiore sfiducia verso di lui. Me lo disse appena egli giunse a Roma il conte Berchtold e me l'ha ripetuto ora Buriàn il quale lo considera al pari di te, come ormai « gaga ».

 

E tale egli deve essere infatti, perché altrimenti non si spiegherebbe la sua andata a Roma. Egli si accorgerà, ma troppo tardi, quale effetto ha avuto la sua missione a Roma auando col consegnargli i passaporti, lo si pregherà di lasciare Villa Malta.

 

La guerra doganale tra noi e l'Austria-Ungheria si acuisce ogni giorno più. Anche questi importatori italiani di derrate alimentari hanno protestato contro il recente decreto del R. governo.

 

Il telegramma da me diretto in proposito a Roma ha avuto l'istesso effetto di quello da te spedito.

 

Ti ringrazio delle affermazioni che mi dai circa l'eventuale atteggiamento della Romania. Vedo però che tu pure sei come me all'oscuro, almeno per ora, sulle vere disposizioni di quel governo.

 

Ti invio qui unita, per la tua informazione personale, copia della risposta e            data da Sonnino al mio rapporto del 25 gennaio che gli avevo diretto dietro sua richiesta, circa l'eventuale rottura di rapporti tra noi e l'Austria‑Ungheria.

 

Questa risposta non lascia più dubbio alcuno sulle intenzioni del nostro governo e conferma le nostre previsioni.

 

La prontezza con cui mi pervenne la risposta farebbe supporre che non siamo troppo lontani dall'intraprendere la progettata gita di piacere.

 

Anch'io mi auguro come te che possa al più presto cessare la penosa agonia nella quale siamo da più tempo per non prestare più la mano ad una politica che condanno altamente.

 

Credimi sempre con antica e cordiale amicizia.

 

P. S. [Questo post-scriptum è stato evidentemente aggiunto il giorno 23] Ti avevo già scritto la presente quando mi pervenne il tele­gramma di Sonnino, che ti è stato pure diretto.

 

Ne parlai ieri a Buriàn, che fu sorpreso del tono comminatorio della comunicazione da me fattagli.

 

La sua risposta fu negativa circa l'interpretazione data da Sonnino all'articolo VII del Trattato e circa il terreno dei compensi.

 

Quanto al primo punto, pur consentendo nel parere di Sonnino che l'accordo dovesse essere iniziato prima d'intraprendere qualsiasi azione militare in Serbia, dichiarò di non potere ammettere che esso fosse condotto a termine prima di quelle operazioni giacché in tal caso l'Austria-Ungheria avrebbepotuto trovarsi in una situazione impossibile.

 

Le ragioni che mi dette mi sembrano in parte giuste.

 

Per ciò che riguarda il secondo punto mi disse di non potersi legare fin d'ora circa la base dei compensi.

 

E persistette nel suo duplice rifiuto nonostante le ripetute mie insistenze. o           Le cose si mettono molto male ed è naturale che non possano prendere altra piega, perché da noi si manca assolutamente di buona volontà e si vuole condurre le cose agli estremi.

 

Mi aspetto da un momento all'altro un nuovo scatto di Sonnino.

 

Intanto qui hanno mangiato la foglia, un po’ tardi però, e sembra che si preparino di nascosto cercando intanto di tirare le cose per le lunghe.

 

San Marzano, che è qui di passaggio, mi ha detto che Giolitti si sarebbe espresso con Pansa in modo del tutto contrario alla guerra a causa specialmente della questione finanziaria.

 

 

 

 

 

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI,
AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

 

T. GAB. 359/49.       

Londra, 22 febbraio 1915, ore 23,20 (per. ore 6,15 del 23).

 

Telegramma di V. E. n. 133.

 

R. Addetto Militare riferisce quanto segue: Inghilterra ha ora sul conti­nente sedici divisioni sommanti complessivamente a 450 mila uomini con 1.300 bocche da fuoco di vario calibro.

 

I primi tre nuovi eserciti (sei divisioni ciascuno) saranno pronti rispet­tivamente fine marzo aprile e maggio: essi hanno effettivo di 150 mila uomini ciascuno, con 450 bocche da fuoco e sono già completamente armati. Fabbri­cazione armi procede in modo continuo intenso; mentre in agosto si produceva circa venticinque mila fucili e quindici milioni di cartucce per settimana, ora tale produzione è pressoché raddoppiata; arsenali governativi e ditte private costruiscono artiglierie di ogni calibro e consegna avviene in ragione di circa cinquanta batterie al mese. Motivo addotto dal Generale Paget della mancanza di fucili per giustificare ritardo invio di nuovi contingenti non pare quindi seriamente attendibile. Continuato invio in Francia di nuove unità e di rinforzi per aumentare effettivi ha costretto a togliere dai nuovi eserciti elementi già istruiti sostituendoli con reparti di nuova formazione; ciò ha cagionato ritardo istruzione nuovo esercito. Questa probabilmente è la vera ragione per cui essi non hanno potuto e non potranno entrare in azione prima della primavera. E qui giustamente non si vuole per alcun motivo allonta­narsi dal principio stabilito di non fare entrare in campagna che reparti bene istruiti e perfettamente allenati. Sulla scelta del momento per prendere una vigorosa offensiva con ferma volontà di avanzare su tutto o parte del fronte, nulla si può sapere tanto più che essa dovrà essere decisa non da French soltanto ma di concerto con Joffre e dovrà necessariamente dipendere anche (e forse precipuamente) dalle circostanze che potranno emergere dall'andamento delle operazioni militari in altri scacchieri e dalla situazione poli­tica internazionale. Perciò qualunque previsione in proposito, anche se non si volesse tener conto della naturale assoluta riserva di queste sfere mili­tari, sarebbe fuori di proposito azzardata e priva di qualsiasi serio fonda­mento.

 

Per conto mio ritengo alle dichiarazioni di Paget, che intimamente co­nosco, va attribuita importanza relativa. Egli poco o nulla può sapere. È in disgrazia in seguito suo contegno durante incidente Irlanda anno scorso e non è riuscito malgrado potenti influenze ad ottenere un comando attivo; per tenerlo tranquillo gli hanno affidato missione meramente onorifica in Russia. Alto personaggio francese estraneo politica suo paese, qui ora residente, mi ha detto aver veduto giorni sono presidente del Consiglio belga reduce dal campo dove conferì con Generalissimo. Joffre si dichiarava perfettamente sicuro del trionfo. Egli è pronto a prendere offensiva non verso Yser causa condizione terreno, ma in altri punti da determinare. Esige però oltre alle truppe di cui già dispone seicentomila uomini di riserva. Esse ora ammontano a settecentomila perfettamente istruite, allenate, ma Joffre vuole portarle a novecentomila per avere più largo margine. Resta ora da vedersi qualora si ritenga urgente assumere offensiva nello scacchiere occidentale se Inghilterra potrà inviare altre truppe di rinforzo prima del tempo stabilito. Al riguardo regna qui assoluto mistero, si sente però parlare di quotidiane partenze di truppe. A quanto mi viene riferito da chi potrebbe saperlo il numero di soldati degli eserciti inglesi in preparazione è superiore a quello di cui per volere di Kitchener si è data primitivamente notizia. Generale inglese mio amico che ha fatto la campagna fin da principio, mi diceva ieri aver assoluta convinzione successo finale. Egli non ha lodi sufficienti per slancio energia e solidità esercito francese. Assicura artiglieria francese incomparabilmente su­periore a quella tedesca ed inglese non solo per qualità, materiale quanto per precisione tiro dovuto meraviglioso allenamento soldati, sotto-ufficiali ed uffi­ciali. A suo avviso soldati francesi hanno ormai perduto ogni esitazione ed apprensione sulla a priori stabilita superiorità tedesca, hanno acquistato in­vece sicurezza vittoria. Generale ha aggiunto che dopo sei mesi di campa­gna e lunga permanenza trincee ha avuto agio constatare differenza di giorno in giorno crescente fra contegno truppe prussiane e degli altri Stati ger­manici.

 

 

 

 

 

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO,
ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI

 

T. GAB. R. SP. 62/8.

Roma, 3 marzo 1915, ore 13,45.

 

V. E. può dar corso al mio dispaccio n. 1 riservato speciale del 16 febbraio u.s. con le modificazioni introdottevi posteriormente (miei telegrammi n. 48/3, 53/4 e 61/7).

 

Prego V. E. insistere presso sir Edward Grey nell'importanza grandissima di mantenere il segreto più assoluto anche sulla stessa esistenza dei negoziati in quanto che ogni divulgazione potrebbe metterci nella condizione di dover forzatamente le trattative, e anche dopo la loro conclusione potrebbe precipitare le ostilità con nostra gravissima jattura esponendoci ad offese nemiche ancora militarmente impreparati.

 

 

 

 

 

 

IL MINISTRO DEGLI ESTERI SONNINO,
AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI,
E A PIETROGRADO, CARLOTTI

 

T. GAS. R. SP. 149.

Roma, 27 marzo 1915, ore 21,30.

 

(Per Londra) Telegrammi di V. E. nn. 76, 78, 79 riservati speciali.

 

(Per Parigi e Pietrogrado) Ho telegrafato al R. Ambasciatore a Londra quan­to segue:

 

(Per tutti) A meno che V. E. non abbia già sicura notizia che le nostre prime proposte vengono accettate integralmente o con modifiche a noi più favorevoli a quelle contenute nel presente telegramma, l'autorizzo di significare a Sir E. Grey quanto segue:

 

Desideroso di compiacere Sir Edward Grey e anche soddisfare in quanto possibile Sazonov, il R. Governo si è deciso ad accettare fin d'ora la proposta conciliativa espostale da Grey (telegramma . di V. E. n. 78) arrecandovi solo riguardo alle isole alcune leggerissime ma imprescindibili modificazioni o più precise specificazioni che consistono nell'assegnare all'Italia oltre alle altre isole più propriamente Dalmate tutte le isole Curzolari, salvo le cinque tra grandi e piccole che fronteggiano più immediatamente il porto di Spalato e nello estendere la neutralizzazione, dal Grey già ammessa per tutta la costa da assegnarsi alla Serbia, anche alle isole che le verrebbero rilasciate.

 

Accettiamo insomma che il possedimento italiano termini sulla costa a Punta della Planka; restando a disposizione della Serbia e del Montenegro tutta la costa da Punta della Planka fino al Drin, che comprende in più delle nostre prime proposte il desiderato porto di Spalato col suo hinterland della vallata della Cetina, oltre altri porti minori.

 

Formulo qui sotto le modificazioni da portarsi ai singoli articoli della con­venzione.

 

Autorizzo inoltre V. E. a non tener conto del mio telegramma n. 136 riser­vato Speciale e a lasciare l'articolo IX così come fu proposto da principio e quale venne già concordato da Sir Edward Grey.

 

Con ciò abbiamo raggiunto il limite ultimo delle concessioni che possiamo fare e non potremmo consentire altri emendamenti.

 

Ecco le modifiche agli articoli.

 

Nell'articolo V alle parole « e giungendo al Sud fino al fiume Narenta con inoltre la penisola di Sabbioncello e tutte le isole giacenti... » sostituire le se­guenti: « e giungendo al Sud fino ad una linea che partendosi dalla Punta della Planka sulla costa proceda verso Oriente sulle creste delle alture lungo gli spartiacque in modo da lasciare all'Italia le intere vallate di tutti i corsi di acqua che scendono verso Sebenico come la Cikola, la Kerka e la Butisnica e loro confluenti con inoltre la intera penisola di Sabbioncello e tutte le isole giacenti... ».

 

E infine all'articolo V stesso, dopo le parole « oltre che Pelagosa » aggiun­gere le seguenti: « eccettuate le isole di Zirona grande e piccola, Bua, Solta e Brazzà ». Inoltre aggiungere il seguente capoverso: « tutta la costa da Punta della Planka fino alla Vojussa comprensivi i porti di Spalato, di Ragusa, di Cattaro ecc, come pure tutte le isole che non vengono assegnate all'Italia re­steranno neutralizzate ».

 

Nella nota (II) all'articolo V alle parole: «tutta la costa dal fiume Na­renta in giù (compreso un lungo tratto ora ascritto alla Dalmazia) fino al fiume Drin, con gli importanti porti di Ragusa... » sostituire le seguenti: « tutta a costa dalla Punta della Planka in giù (salvo la penisola di Sabbioncello) fino al fiume Drin, con gli importanti porti di Spalato di Ragusa... ».

Inoltre alle parole «e le isole di Jaklian... » sostituire le seguenti: «e le isole di Zirona grande e piccola, Bua, Solta e Brazzà, oltre Jaklian... ».

 

Nell'articolo VII in fine, dopo le parole « Montenegro, Serbia e Grecia » fare punto fermo; e alle parole susseguenti sino alla fine dell'articolo, sosti­tuire il seguente periodo: « La costa a cominciare dal confine meridionale del possedimento italiano di Valona (vedi articolo VI) fino al Capo Stylos sarà neutralizzata ».

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