Dalla neutralità al Patto di Londra - 2

 COMPOSIZIONE DEL GOVERNO NEL PERIODO DELLA NETRALITÀ

 

Presidente e Interni: Antonio Salandra
Esteri: Sidney Sonnino
Grazia e Giustizia: dep. Vittorio Emanuele Orlando
Guerra: gen. Vittorio Zupelli

Marina: senatore, vice ammiraglio Leone Viale

Tesoro: dep. Paolo Carcano

Finanze: dep. Edoardo Daneo

Colonie: dep. Ferdinando Martini

Lavori Pubblici: dep. Augusto Ciuffelli

Istruzione Pubblica: dep. Pasquale Grippo

Agricoltura, Industria e Commercio: sen. Giannetto Casavola

Poste e Telegrafi: dep. Vincenzo Riccio

 

 

 

 

 

L'IMPERATORE DI GERMANIA, GUGLIELMO II,
AL RE D'ITALIA, VITTORIO EMANUELE III

T. [Consegnato dall'ambasciatore di Germania]    

1 agosto 1914.

 

Pendant que tour mes efforts tendaient à faire le médiateur entre l'Autriche-Hongrie et la Russie que j'échangeais encore des télégrammes a ce sujet avec l'Empereur Nicolas, la Russie a mobilisé son armée et sa flotte entières et, de

 

ce fait, menacé l'Allemagne. Pour sauvegarder la sécurité de l'Empire, j'ai été forcé de déclarer à la Russie que je me vois obligé de proclamer aussi la mobilitation, à moins que la Russie ne révoquât toutes les mesures prises contre moit et mon allié, 1'Autriche-Hongrie. La guerre avec la Russie me parait imminente et inévitable. Je viens de faire poser à Paris la question si la France dans une guerre russo-allemande, voulait rester neutre. La réponse malheureusement, ne peut pas être douteuse. En ce moment suprême, me rappelant la cordialité des rapports d'amitié et d'alliance qui existent entre nous et nos deux pays, mes pensée s'adressent à Toi dans une entière confiance.

 

 

 

 

 

L'IMPERATORE D'AUSTRIA-UNGHERIA, FRANCESCO GIUSEPPE,
AL RE D'ITALIA, VITTORIO EMANUELE III

T.        

1 agosto 1914.

 

La Russie qui s'arroge le droit de s'immiscer dans notre conflit avec la Serbie a mobilité son armée et sa flotte et menace la paix de l'Europe. D'accord avec l'Allemagne je suis décidé de défendre les droits de la Triple Alliance et j'ai ordonné la mobilitation des toutes mes forces militaires et navales. Nous devons trente années de paix et la prospérité au traité qui nous unit et dont je constate avec satisfaction l'interprétation identique par nos Gouvernements. Je suis heureux en ce moment solennel de pouvoir compter sur le concours de mes alliées et de leurs vaillantes armées. Je forme les vœux les plus chalereux pour les succès des nos armes et pour un glorieux avenir de nos Pays.

 

 

 

 

 

IL RE D'ITALIA, VITTORIO EMANUELE III,
ALL'IMPERATORE D'AUSTRIA-UNGHERIA, FRANCESCO GIUSEPPE

 

T.                   

2 agosto 1914.

J'ai reçu le télégramme de Votre Majesté.

Je n'ai pas besoin d'assurer Votre Majesté que l'Italie qui a fait tous les efforts possibles pour assurer le maintien de la paix et qui fera tout ce qu'elle pourra pour contribuer à la rétablir aussitôt que possible, gardera une attitude cordialement amicale envers ses alliés conformément au traité de la Triple Alliance, à ses sentiments sincères et aux grands intérêts qu'elle doit sauvegarder.

 

 

 

 

 

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI SANGIULIANO, A TUTTE LE AMBA­SCIATE E LEGAZIONI, ALL'AGENTE DIPLOMATICO AL CAIRO E AI GOVERNATORI AD ASMARA, MOGA­DISCIO, TRIPOLI, BENGASI.

 

T. 4474.

Roma, 3 agosto 1914, ore 12,45.

 

Trovandosi alcune Potenze d'Europa in istato di guerra, ed essendo l'Italia in istato di pace con tutte le Potenze belligeranti, il Governo del Re e i cittadini e sudditi del Regno hanno l'obbligo di osservare i doveri della neutralità, secondo le leggi vigenti e secondo i principii del diritto internazionale.

Chiunque violi questi doveri subirà le conseguenze del proprio operato e incorrerà, quando sia il caso, nelle pene dalla legge sancite.

Pregola informare (sic) codeste Autorità e provvedere alla diffusione di questa notizia.

 

 

 

 

 

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI SANGIULIANO

 

Con successivo T. gab. 72 (T. gab. 964) del 3 agosto, ore 14 (perv. ore 18), Ruspoli informava che nella comunicazione al Governo francese non aveva incluso la frase « rimane almeno per ora neutrale ». Lo stesso giorno l'agenzia Havas, comuni­cando il passo di Ruspoli, aggiungeva: « Il Presidente del Consiglio ha ringraziato commosso il rappresentante del Governo italiano e si è felicitato del fatto che le due nazioni sorelle latine che hanno la stessa origine gli stessi ideali tutto un passato di glorie comuni non si trovino di fronte l'una dell'altra ». (Tel. di Ruspoli n. 6178 del 3 agosto).

 

T. GAB. 962/68.       

Parigi, 3 agosto 1914, ore 13,5 (per. ore 18).

 

Giuntomi nella notte. Conformemente istruzioni di V. E. ho questa mattina notificato a questo Presidente del Consiglio decisione R. Governo di rimanere neutrale nel presente conflitto. Il Signor Viviani non trovandosi ancora al Mini­stero all'ora indicatami feci la comunicazione a Margerie e Berthelot facente funzioni di Direttore politico, i quali accolsero annunzio con manifesta emo­zione. Introdotto presso Viviani questi mi ringraziò commosso e mi pregò di ringraziare V. E. e mi espresse a nome Francia sensi viva riconoscenza. Detta notizia produrrà la più grande impressione in Francia dove non sarà mai dimen­ticato atteggiamento preso dalla Nazione sorella nel gravissimo momento che Paese sta attraversando.

 

 

 

 

 

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI SANGIULIANO,
AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, SALANDRA

 

L. P.   

Fiuggi, 9 agosto 1914.

 

Si può cominciare a prevedere sin da ora, se non la probabilità, almeno la possibilità che l'Italia debba uscire dalla sua neutralità per attaccare l'Austria.

 

Ciò non potrà farsi se non quando si abbia certezza, o quasi certezza di vittoria, e quando, perciò, le sorti della guerra generale accennino in modo abbastanza sensibile a volgersi contro Austria e Germania.

 

Non possiamo però dissimularci che una tal guerra, che sarebbe considerata in tutta Europa come un atto di slealtà, e accrescerebbe la diffidenza verso di noi anche da parte di quelli che diventerebbero i nostri nuovi alleati, invol­gerebbe per noi grandi rischi non soltanto in caso di sconfitta, ma anche nel caso di vittoria perché la nostra posizione nel Mediterraneo potrebbe diventare oltremodo pericolosa con una Francia vittoriosa e coi nostri attuali alleati trasformati in nemici implacabili.

 

Se dunque una guerra siffatta si dovesse intraprendere essa dovrebbe essere preceduta da espliciti accordi diplomatici colla Triplice Intesa, i quali si dovrebbero iniziare e concludere a suo tempo con molta rapidità, così che è necessario che fin da ora ne decidiamo le basi principali.

Non è possibile iniziare per ora tali trattative, perché ancora non si pos­sono fare previsioni sull'esito della guerra europea e perché non si possono avere mai garanzie di segretezza quando si tratta col Governo francese.

 

A mio parere, salvo però maturo esame, le basi dell'accordo fra l'Italia, la Francia, l'Inghilterra e la Russia da concludere prima della nostra eventuale dichiarazione di guerra all'Austria, dovrebbero essere le seguenti:

 

1) Le quattro potenze si obbligano a non conchiudere pace separata.

 

2) Le tre flotte, italiana, francese ed inglese debbono subito ricercare e distruggere la flotta austriaca.

 

3) L'Italia avrà almeno il Trentino e possibilmente altre parti delle pro­vincie italiane dell'Austria fino al limite consentito dall'esito della guerra ge­nerale.

 

4) Ottenendo questo l'Italia non si oppone a che l'Albania, se Francia, Russia ed Inghilterra lo desiderano, venga divisa tra Grecia e Serbia, purché le sue coste da Capo Stylos al confine montenegrino vengano neutralizzate e Valona col suo distretto venga non soltanto neutralizzata ma anche dichiarata autonoma ed internazionalizzata a condizioni analoghe a quelle adottate per Tangeri e con partecipazione dell'Italia al pari delle altre Potenze adriatiche, alla sua amministrazione.

 

5) L'Italia non intende tenere per sé alcuna delle isole dell'Egeo che ora occupa, purché:

 

a) sia mantenuta l'integrità territoriale della Turchia;

b) se questa non sarà mantenuta e altre grandi Potenze debbono averne qualche parte, sia assicurata all'Italia anche la sua parte proporzionale, benin­teso tra le provincie ottomane bagnate dal Mediterraneo;

e) siano assicurate all'Italia le concessioni economiche chieste nella zona d'Adalia;

d) rimangano temporaneamente nelle isole da restituire alla Turchia, in una forma qualunque, alcuni ispettori consiglieri o controllori (o qualsiasi altro titolo) italiani, e ciò unicamente per dare una soddisfazione all'opinione pubblica italiana. Si potrebbe anche fissare la durata del loro mandato.

 

6) L'Italia avrebbe una parte dell'eventuale indennità di guerra corri­spondente ai suoi sforzi e sacrifici.

 

7) Le quattro Potenze si impegnerebbero a mantenere l'assetto territo­riale e l'equilibrio politico risultanti dalla guerra insieme combattuta e a coope­rare eventualmente per impedire che venga modificato colla forza.

 

Tale accordo dovrebbe avere carattere esclusivamente pacifico, difensivo e conservatore e non potrebbe impegnare in alcun caso alcuna delle parti ed aiutare l'altra in caso di politica aggressiva e delle sue conseguenze.

 

 

 

 

 

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI SANGIULIANO,
ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI

T. GAB. u. s. 892.     

Roma, 11 agosto 1914, ore 21,35.

 

Rispondo ai suoi telegrammi Gabinetto Segreti nn. 268, 273, 274, 275, 276, 277, 278.

 

Prego V. E. di parlare subito personalmente con Grey presso a poco nel termini seguenti colle modificazioni che V. E. crederà opportune e col reciproco impegno di segretezza assoluta, dovendo quando Grey crederà opportuno di comunicare ad altri Governi figurare almeno per ora come idee di Grey e non nostre, perchè Ella sa, e Grey sa pure, che non si può essere mai sicuri della segretezza dei Governi francese e russo.

 

Il Governo italiano per lealtà verso Austria e Germania desidera vivamente di mantenere scrupolosa ed imparziale neutralità ma in vista dei pericoli che possono derivare all'Italia da un mutato assetto dell'equilibrio territoriale nella penisola balcanica, nell'Adriatico, nel Mediterraneo ed in genere in Europa è dei pericoli non meno gravi che possono derivare dal profondo risentimento de­stato in Austria e Germania specialmente nei circoli militaristi, dalla sua neutralità, nonché in vista delle considerazioni svolte a V. E. da Grey ed affacciatesi anche spontaneamente alla nostra mente, ritiene possibile che debba decidersi a partecipare alla guerra insieme ad Inghilterra, Russia e Francia. Esso però per ragioni economiche che profondamente influiscono sulla situazione politica interna e sulla preparazione materiale e morale del popolo italiano ai sacrifici ed ai rischi d'una grande guerra non può neanche prendere in esame tale possibilità se l'In­ghilterra non consente subito alla esportazione del carbone verso l'Italia. (Vedi mio telegramma n. 4624)

 

Inoltre il Governo italiano non può esporre il Paese ai rischi d'una tale guerra senza le seguenti garanzie d'ordine militare e d'ordine politico:

 

1. Italia, Francia, Inghilterra e Russia si obbligano a non conchiudere pace separata.

 

2. La flotta italiana e le Squadre francese ed inglese del Mediterraneo deb­bono trovarsi riunite nella località da designare sin dal primo giorno della nostra partecipazione alla guerra e sin da quel giorno debbono recarsi riunite nell'Adria­tico per ricercare e distruggere la flotta austriaca.

 

3. In caso di vittoria finale l'Italia avrà il Trentino sino al displuvio prin­cipale alpino e Trieste.

 

4. Ottenendo questo l'Italia non si opporrà a che l'Albania, se Francia, Russia ed Inghilterra lo desiderano, venga divisa tra Grecia e Serbia, purché le sue coste da Capo Stylos alla foce della Bojana vengano neutralizzate e Valona con una proporzionata regione venga non soltanto neutralizzata ma anche dichia­rata autonoma ed internazionale a condizioni analoghe a quelle adottate per Tan­geri e con partecipazione di tutte le Potenze adriatiche, tra cui l'Italia, alla sua amministrazione.

 

5. L'Italia non terrà per sé alcuna delle isole dell'Egeo che ora occupa purché sia mantenuta l'integrità territoriale della Turchia.

Se questa non sarà mantenuta, ed altre grandi Potenze ne avranno qualche parte, dovrà averla anche l'Italia tra le provincie bagnate dal Mediterraneo.

 

6. Saranno in ogni caso assicurate all'Italia le note concessioni economiche nella zona di Adalia.

 

7. Per durata limitata, nello scopo di dare all'opinione pubblica italiana una soddisfazione, rimarrà nelle isole ad un titolo qualunque qualche funzionario italiano.

 

8. L'Italia avrà una parte dell'eventuale indennità di guerra corrispondente ai suoi sforzi e sacrifici.

 

9. Le quattro Potenze si impegneranno a mantenere e difendere eventual­mente l'assetto territoriale e l'equilibrio, che risulteranno dalla guerra, ma tale accordo avrà carattere pacifico e difensivo e non impegnerà alcuna delle parti ad aiutare l'altra in caso di politica aggressiva e delle sue conseguenze..

 

Sarebbe desiderabile che quanto sopra venisse da V. E. esposto come idee sue personali. Qualora poi V. E. credesse necessario di parlare a nome mio La prego ben chiarire come è verità che quanto le ho esposto non è impegnativo pel R. Go­verno, dovendo io, dopo che saprò se le suddette idee sono accettate da Grey, parlarne al Presidente del Consiglio ed a S. M. il Re ed esaminare se siano o no probabili i pericoli cui ho accennato più sopra, senza di che non sarebbe leale da parte nostra entrare in accordi colla Triplice Intesa.

 

Non le dissimulo, e V. E. può se e come crede far notare a Grey, che dà pensiero e mi sorprende il fatto che mentre egli ci spinge a partecipare alla guerra, il che può farsi da noi soltanto attaccando nostra limitrofa, Inghil­terra non è ancora in guerra coll'Austria, alleata della sua nemica e nemica dei suoi alleati, e la Francia ha rotto appena adesso le sue relazioni con essa.

 

Aggiungo che l'Inghilterra, Francia e Russia, che hanno il modo, dovrebbero affrettarsi senza un giorno d'indugio a fare quanto occorre per impedire che Turchia, Bulgaria e Romania prendano parte alla guerra contro di loro. Dalle nostre informazioni risulta che tale pericolo è imminente.

 

Esse dovrebbero assicurarsi in tal caso la cooperazione della Grecia dove pare che Imperatore Guglielmo faccia molta assegnazione su Re Costantino. Carlotti mi telegrafa che:

 

1. È in corso uno scambio d'idee tra Russia, Francia ed Inghilterra sulla partecipazione dell'Italia alla guerra presso a poco alle condizioni accennate in questo telegramma.

 

2. Buchanan gli ha offerto anche Valona; ma noi preferiamo la soluzione da me proposta in questo telegramma.

 

3. Buchanan gli ha pure promesso la cooperazione della flotta anglo-francese la quale ci sarebbe certamente indispensabile.

 

4. Sazonoff gli ha offerto anche la Dalmazia ma noi crediamo che non ci convenga estenderci sino alla Dalmazia che è fuori dei confini geografici d'Italia.

 

5. Sazonoff gli ha detto che sede delle trattative debba essere Londra e tale è pure la mia opinione.

 

La nostra partecipazione alla guerra sarebbe facilitata se intanto e senza indugio la flotta anglo-francese attaccasse e sconfigesse la flotta austriaca perché ciò provocherebbe in Italia dimostrazioni di gioia che il Governo non potrebbe reprimere e darebbero all'Austria occasione a rimostranze che il Governo non potrebbe accogliere.

 

Quanto all'oggetto del telegramma n. 876 Gabinetto non è il caso di parlarne dopo quanto le disse Grey e V. E. ha telegrafato a Salandra.

 

È urgente che V. E. parli con Grey e la prego pure di telegrafarmi il suo autorevole parere.

 

 

 

 

 

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI SANGIULIANO,
ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI

t. 4624

Roma, 11 agosto 1914.

 

Conflitto internazionale rende difficile provvista carbone ed industria nazionale è minacciata arresto generale. R. Governo cerca mezzi facilitare importazione carbone Inghil­terra e America. È perciò indispensabile Governo britannico non ostacoli esportazione car­bone qualità non requisite o comunque riservate Ammiragliato inglese. È anche necessario Governo britannico in conformità sua dichiarazione relativa contrabbando guerra, non ostacoli partenza e libero passaggio piroscafi coperti bandiera italiana e altra neutrale recanti carico carbone destinato Ferrovie Stato o in generale consegnatari italiani, lasciando liberi quei piro­scafi che siano stati per caso già fermati. Prego V. E. interessare massima urgenza codesto Governo al riguardo, telegrafandomi risposta ottenuta .

 

 

 

 

 

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI SANGIULIANO,
ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI


T. GAB. 1040.          

Roma, 16 settembre 1914, ore 23.

 

R. ambasciatore a Pietroburgo telegrafa quanto segue: (telegramma da Pietroburgo Gabinetto n. 81).

 

Il modo di vedere di Sazonoff contrasta con quello di Grey (suo tele­gramma Gabinetto n. 302) il quale disse a V. E. che mentre Sazonoff vorrebbe spingerci a prendere presto una decisione, egli rendendosi conto della nostra situazione rifugge dal sollecitarci desiderando lasciare il R. Governo libero delle decisioni. La realtà è che Sazonoff non si rende conto della importanza capitale che ha per l'Italia quell'elemento che è costituito dalla probabile lunga durata della guerra. Tale elemento risulta dagli stessi telegrammi di V. E. poiché ap­punto sulla lunga durata della guerra fa assegnamento la Triplice Intesa per fiaccare la Germania. Ma a V. E. deve essere noto che il nostro Paese difficil­mente si troverebbe in grado di affrontare una guerra prolungata, per le speciali sue condizioni economiche che influiscono su quelle politiche interne. Si deve riflettere che l'Italia ha intrapreso la guerra libica dopo appena ricostituita la sua compagine economica che tanto gravissima crisi aveva traversato. La guerra libica superata con mirabile sforzo di perseverante energia morale, ebbe la durata più lunga del previsto ed ebbe conseguenze serie per la saldezza del bilancio dello Stato e pel bilancio economico della Nazione. Ond'è che il R. Governo deve preoccuparsi delle conseguenze che la partecipazione ad una guerra prolungata non può mancare di produrre. Di ciò, ripeto, non sembra rendersi conto Sazonoff.

 

Ma appunto sotto questo punto di vista, che la prego di esporre a lui Sir Ed. Grey, io vorrei che un'altra clausola fosse aggiunta a quelle contenute nel mio telegramma Gabinetto n. 892 dell'11 agosto scorso nonché nei successivi. Sarebbe cioè necessario che l'Inghilterra ci procurasse al momento opportuno un prestito a buone condizioni per la somma di un miliardo circa.

 

In data 5 corrente Ruspoli scrive da Parigi quanto segue: « Persona sicura mi informa che un gruppo di finanzieri inglesi di primissimo ordine fanno offerta all'Italia di un prestito fino ad oltre il miliardo nel caso l'Italia si unisca agli alleati. Condizioni favorevolissime ».

 

Per ragioni che non sfuggono a V. E. sarebbe per noi di gran lunga prefe­ribile concludere il prestito in Inghilterra anziché in Francia ed a questo scopo prego V. E. adoperarsi nel modo più efficace. La autorizzo a domandare a Ruspoli maggiori particolari in proposito.

 

Il punto quarto del predetto telegramma di Carlotti dovrebbe ad ogni modo essere chiarito con opportuni accordi militari ad evitare l'eventualità che la Russia lasci libera militarmente l'Austria-Ungheria la quale concentrerebbe contro di noi il suo maggiore sforzo.

 

Osservo inoltre che. dalle ultime conversazioni di Sazonoff sembra sorgere una più grande aspirazione e pretesa slava sull'Adriatico, mentre nei primi tele­grammi di Carlotti si fa semplice riserva di uno sbocco alla Serbia nell'Adria­tico e di una rettificazione del confine epirota alla Grecia.

 

Sbocco della Serbia. (Telegramma da Pietroburgo in data 11 agosto comu­nicato all'E. V. col n. 940). Ora è noto a V. E. che la ragione fondamentale in forza della quale potrebbe l'Italia decidersi al sovvertimento di tutto il suo indirizzo di politica estera consiste appunto nella minaccia che ai suoi vitali interessi adriatici risulta dalla politica austro-ungarica. Non potremmo dall'in­cubo della minaccia austriaca passare all'incubo della minaccia slava, e per ciò ci occorrono chiare garanzie. Debbo quindi prevenirla che il punto terzo delle condizioni enumerate nel mio telegramma 892 Gabinetto e così pure per quanto si riferisce a Valona dovrà formare oggetto di ulteriore discussione.

 

Sarà bene avvertire a tal proposito che né Trento né Trieste possono da noi considerarsi come concessioni a noi della Triplice Intesa. Il Trentino per ineluttabile ragione etnica è devoluto all'Italia il giorno prossimo, ovvero lon­tano ma sicuro, del disgregamento della Duplice Monarchia. Ed è per questo motivo che da molti uomini di Stato italiani non si è mai voluta accettare l'ipo­tesi di compenso del Trentino in cambio di acquisti territoriali austriaci nei Balcani. E quanto a Trieste, è un interesse della Francia sopratutto, nonché dell'Inghilterra e della Russia, che l'acquisto italiano di quella città distruggendo l'aspirazione adriatica del pangermanesimo, costituisca una non reparabile causa di risentimento fra Germania e Italia.

 

E a proposito dell'Adriatico prego V. E. tornare a insistere con Grey per dimostrargli quanto faciliterebbe la nostra attitudine una più decisiva azione della flotta anglo-francese che faciliterebbe le operazioni militari dei Serbi e Montenegrini e creerebbe uno stato di cose che giustificherebbe la nostra parte­cipazione alla guerra.

 

La flotta anglo-francese non ha neppure proseguito il facile bombardamento di Cattaro; ciò ci lascia incerti e dubbiosi.

 

L'interesse maggiore dell'Italia, e maggiormente minacciato, è nell'Adria­tico. Non abbiamo alcun interesse ad altri campi dell'attuale conflitto, come per esempio l'indipendenza del Belgio.

 

Quindi tenga presente V. E. per sua personale norma di condotta che nostro avversario è l'Austria-Ungheria e non la Germania. Viceversa lo scopo princi pale della Triplice Intesa è lo schiacciamento della Germania mentre la que­stione adriatica è per essa secondaria. Ne consegue che a noi occorrono espliciti tassativi impegni di efficacissimo aiuto contro l'Austria-Ungheria. E principal­mente, pel caso di nostra partecipazione alla guerra, occorre ottenere dalla Francia e dalla Inghilterra esplicite assicurazioni di azione veramente efficace contro l'Abissinia, la quale può seriamente minacciare la colonia eritrea mentre non saremo più in grado di inviarvi le necessarie forze militari. Su questo punto mi riservo telegrafarle ulteriormente.

 

 

 

 

 

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI SANGIULIANO,

AGLI AMBASCIATORI A BORDEAUX, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI

La prima stesura di questo telegramma è di alcuni giorni prima. Infatti il 23 settembre Di Sangiuliano scriveva a Salandra: « Vorrei ristudiare i punti delle condizioni nel noto progetto di telegramma. Non ne ho alcuna copia e perciò ti prego di mandarmelo, e te lo rimanderò dat­tilografato ».

 

T. GAB. RR. s. 1066.           

Roma, 25 settembre 1914, ore 17.

 

Il R. Governo manterrà la neutralità d'Italia a meno vengano lesi o minac­ciati suoi vitali interessi. Occorre tuttavia considerare l'eventualità che abbia luogo tale minaccia dei suoi interessi. Il caso può verificarsi qualora per effetto di sconfitte subite l'Austria-Ungheria si dimostri incapace di mantenere l'equili­brio dell'Adriatico contro l'invadenza slava. In tale ipotesi l'Italia a tutela dei suoi vitali interessi adriatici sarà costretta ad accordarsi cogli avversari dell'Austria schierandosi a loro fianco. Le trattative per garanzia di segretezza deb­bono aver luogo esclusivamente a Londra. Tuttavia mi preme conoscere in via telegrafica e d'urgenza l'autorevole parere V. E. sui seguenti punti che parmi dovrebbero formare i caposaldi delle suddette trattative:

 

1) Modus procedendi: operazioni navali efficaci delle flotte alleate nell'Adriatico per mettere in essere l'interesse Adriatico dell'Italia; dopo tali opera­zioni firma di un accordo fra Italia e Triplice Intesa; dopo la firma nostra mobilitazione generale dalla quale scaturirà naturalmente la guerra con l'Au­stria-Ungheria.

 

2) Obbligo reciproco di non concludere pace o armistizio o sospensione d'arme separata.

 

3) Convenzione militare.

 

4) Convenzione navale.

 

5) In caso di vittoria finale Italia avrà le provincie italiane dell'Austria sino al displuvio principale delle Alpi, cioè sino al confine naturale dell'Italia. Dalla parte del mare il nostro confine arriverà come minimo sino al Quarnaro.

 

A tale proposito gradirò conoscere il suo pensiero circa possibili nostre rivendicazioni in Dalmazia e se ci convenga sostenerle tenendo presente il peri­colo di futuri gravi conflitti cogli Stati slavi.

 

6) L'Italia non si opporrà alla spartizione dell'Albania fra Montenegro, Serbia e Grecia, previa neutralizzazione di quelle coste. Però Valona in piena sovranità all'Italia. In caso di difficoltà insormontabili, che non mi paiono pre­vedibili, internazionalizzazione di Valona con guarnigione italiana. Tale espe­diente non sarebbe però scevro di pericoli.

 

7) Gradirò suo parere se e quali isole della Dalmazia dobbiamo richiedere.

 

8) In caso di mantenimento dell'integrità territoriale ottomana sembra miglior partito non conservare Dodecaneso, ma dovrà rimanervi a un titolo qualunque, qualche funzionario italiano.

 

9) In caso non sia mantenuta l'integrità ottomana o sia portata una alterazione all'attuale equilibrio del Mediterraneo orientale per effetto di ac­quisti o di affermazioni politiche di alcuna grande Potenza resterà acquisito all'Italia il Dodecaneso.

 

10) In caso di spartizione dell'Impero Ottomano l'Italia vi avrà la sua parte colla nota zona di Adalia e qualora la Germania debba rinunziare ai suoi inte­ressi in Asia Minore la detta zona sarà estesa a favore dell'Italia fino a Mersina inclusa con hinterland economicamente adeguato.

 

11) In generale le parti si accordano nel decidere che gli interessi dell'Italia nel Mediterraneo Orientale siano tutelati, e quindi nella ipotesi che permanendo l'integrità territoriale ottomana, siano alterate le presenti zone di interesse delle varie Potenze nell'Impero Ottomano, gli interessi dell'Italia sa­ranno tenuti in conto mediante congrua estensione della nota zona da Mendelia a Macri Marmaritza e Adalia. Qualora la Germania debba rinunziare ai suoi interessi in Asia Minore, la detta zona di lavoro italiana sarà estesa a favore dell'Italia sino a Mersina inclusivamente.

 

12) L'Italia avrà una parte dell'eventuale indennità di guerra corrispon­dente ai suoi sforzi e sacrifici.

 

13) Prego V. E. esprimermi suo parere sulla convenienza e pratica possi­bilità di domandare all'Inghilterra e alla Francia speciali concessioni in Africa in compenso degli acquisti che quelle Potenze faranno a spese delle colonie ger­maniche. (Rettificazione del confine di Tunisia).

(Per Parigi). V. E. avrà rilevato che in alcuni circoli politici italiani ed in alcuni nostri giornali si è considerata la possibilità che la Francia ci compensi della nostra neutralità e di una entrata in azione mediante la cessione della Tunisia. Tale ipotesi pare a me fuori del verosimile, tuttavia gradirò conoscere il suo avviso.

 

14) (Per entrambi). Le quattro Potenze si impegneranno a mantenere e difendere eventualmente l'assetto territoriale e l'equilibrio che risulteranno dalla guerra, ma tale accordo avrà carattere pacifico e difensivo e non impegnerà alcuna delle parti ad aiutare l'altra in caso di politica aggressiva e delle sue conseguenze.

 

15) L'Inghilterra s'impegna ad agevolare l'immediata conclusione ad eque condizioni di un prestito di non meno di quaranta milioni di sterline a conclu­dersi sul mercato di Londra. Per norma personale di V. E. aggiungo che è desi­derabile escludere, per quanto è possibile, la finanza francese.

 

16) Le Potenze della Triplice Intesa s'impegneranno a prestare una azio­ne diplomatica veramente efficace all'Italia in caso di difficoltà coll'Abissinia.

 

Su tutto quanto precede prego l’E.V. mantenere il più assoluto segreto con chicchessia.

 

Pregola pure darmi il suo parere sull’opportunità o meno per l’Italia di partecipare alla guerra e sulle probabilità di vittoria a favore della Triplice Intesa e sulla vera entità delle sue forze e di quelle austriache e germaniche che essa può tenere impegnate e mettere nell’impossibilità di rivolgersi contro di noi.

 

 

 

 

 

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, SALANDRA,
ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, BOLLATI

 

T. 6163.         

Roma, 1° novembre 1914, ore 24.

 

Suo telegramma n. 943.

 

Non pongo menomamente in dubbio la lealtà del Governo germanico ed i suoi sforzi a Costantinopoli per ottenere che movimento panislamico non abbia ripercussioni nelle nostre Colonie e conseguentemente anche sulla opi­nione pubblica italiana. Credo perfettamente sincere le dichiarazioni di Zim­mermann, ma gli avvenimenti purtroppo accennano a svolgersi nel modo da noi temuto. A Tripoli, nel Fezzan ed in Libia infatti serpeggia fermento. Gar­roni poi telegrafa che a Cospoli ed in provincia circola già voce rivoluzione scoppiata a Tripoli. Nostro agente Bushire comunica che già nello scorso ago­sto era sparsa a Basgrah la voce che era scoppiata guerra tra Italia e Turchia. Ho sotto gli occhi il manifesto panislamico lanciato a Costantinopoli a tutti gli islamiti. Ci si parla espressamente è vero dell'Inghilterra, Francia, Russia ed anche dell'Olanda, ma non dell'Italia; vi si incita il Senussi alla guerra contro l'Inghilterra; ma l'intonazione generale è la guerra santa contro i cristiani senza distinzione, la liberazione degli islamiti da ogni dominazione europea in Africa ed in Asia.

 

Tutto ciò ed il fatto dell'agitazione che cova in Libia anche nel remoto Fezzan ci preoccupano seriamente ed io desidero che Ella esponga nuovamente queste nostre apprensioni nella forma la più amichevole a codesto Governo.

 

 

 

 

 

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, SALANDRA,
ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, BOLLATI

 

T. GAB. 1152.          

Roma, 2 novembre 1914, ore 9.

 

Flotow mi ha letta una comunicazione da parte del suo Governo tendente a rassicurare l'Italia circa l'eventualità che potrebbero verificarsi a danno di essa per effetto dell'entrata in guerra della Turchia. La Germania s'impe­gnava ad evitare qualunque ripercussione del movimento panislamico in Libia, mediante l'azione particolarmente efficace del Sultano, dichiarava che, nell'ipo­tesi che si verificassero modificazioni territoriali nei Balcani, si sarebbe tenuto conto degli interessi italiani; che si sarebbe pure tenuto conto degli interessi italiani nel caso che modificazioni territoriali si verificassero nell'Africa setten­trionale. Flotow ha soggiunto ritenere che la navigazione del Canale di Suez non sarebbe stata turbata dal conflitto fra la Turchia e l'Inghilterra. Riteneva pure che l'azione bellica della Turchia non si sarebbe spiegata in Europa e nella penisola balcanica, almeno per ora. Ho risposto vagamente dichiarandomi grato delle buone intenzioni del Governo germanico verso l'Italia. Ma non ho man­cato di soggiungere che, per quanto riguarda l'agitazione islamica in Libia, se dovevamo affidarci nelle dichiarazioni del Governo germanico, non altrettanta fiducia avremmo potuto riporre in quelle del Governo turco; che intanto ave­vamo notizie poco buone dalla Tripolitania e dalla Cirenaica, e che a Bengasi aveva fatto impressione il fatto che un arabo dell'interno si era presentato a quella Banca per cambiare 20.000 marchi. Al che Flotow ha osservato che non si poteva supporre così grossolana l'opera del Governo tedesco da spendere in marchi il denaro che avrebbe potuto mandare in Africa.

 

Tanto le comunico per sua norma di linguaggio ed in relazione al mio telegramma n. 6163.

Anche da altre fonti ci consta che agenti tedeschi sotto le spoglie di ufficiali turchi fomentavano il movimento islamitico specialmente in Cirenaica.

 

 

 

 

 

L'AMBASCIATORE A BERLINO, BOLLATI,
AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, SALANDRA

 

T. 10806/960.

Berlino, 3 novembre 1914, ore 21,05 (per. ore 2,40 del 4).

 

Telegramma di V. E. n. 6163 e telegramma V. E. gabinetto n. 1152.

 

In una lunga conversazione avuta stamane con Zimmermann mi sono espres­so nei termini prescrittimi da V. E. adducendo tutte quelle circostanze che mal­grado assicurazioni ricevute fanno persistere in noi le preoccupazioni per le conseguenze che l'agitazione panislamica può avere per la sicurezza delle nostre possessioni africane.

 

Egli si studiò nuovamente di dissiparle riferendosi anzitutto al comunicato che questo Governo aveva fatto ieri pubblicare e che doveva darci la certezza che tutti i provvedimenti erano presi per salvaguardare gli interessi italiani e, per tener lontano qualsiasi movimento dalla Libia.

 

Gli risposi, come aveva fatto V. E. con Flotow, che se noi potevamo avere piena fiducia nelle dichiarazioni del Governo germanico non avevamo le stesse ragioni, né egli poteva contestarlo, per fidarci di quelle del Governo ottomano. Gli citai poi i vari fatti venuti recentemente a nostra conoscenza. A quello dei 20000 marchi stati presentati per il cambio. alla Banca d'Italia a Bengasi Zimmer­mann non voleva attribuire alcuna importanza dicendo non essere credibile che l'azione germanica si valesse se mai di mezzi così disadatti e malaccorti come sarebbe stato quello di distribuire in Africa monete che dovettero essere neces­sariamente cambiate e ne avrebbero troppo facilmente tradita la provenienza.

 

Egli era invece propenso a considerare il fatto quale una grossolana mano­vra inglese come in generale si ha qui la tendenza a vedere in ogni cosa la mano dell'Inghilterra e da fonte privata oggi appunto mi è stata fatta la pretesa rivelazione che al principio della guerra il Governo britannico aveva fatto distribuire armi e denaro fra le tribù arabe della Libia per sollevarle contro l'Italia.

 

Quanto alla presenza in Cirenaica di agenti e perfino di ufficiali germanici sotto le spoglie di ufficiali turchi od altro, Zimmermann credeva di poterla senz'altro escludere avendo dato gli ordini più severi in proposito: supponeva si trattasse di qualcuna di quelle notizie che circolano con tanta facilità nei paesi orientali; avrebbe però ordinato nuovamente scrupolose indagini perché ove un solo di quegli agenti si trovasse colà potesse esserne immediatamente richiamato. In complesso Zimmermann affermava che si dovesse prestar fede piena alle assicurazioni della Turchia che aveva ogni interesse ad attenervisi fedelmente; avrebbe tuttavia cercato di ottenere che all'impegno da essa preso fosse data anche maggiore solennità sotto la forma per esempio di un nuovo proclama del Sultano imponente agli islamiti di rispettare l'Italia ed i possedi­menti suoi. Da quella stessa fonte privata cui ho, accennato più sopra, è stato detto che gli accordi diretti conclusi fra Enver Pascià ed i senussi ponevano a questi come condizione « sine qua non » che si astenessero da qualsiasi azione contro territorio italiano. In generale parmi possa aversi la convinzione che la Germania ha fatto, fa, farà tutto quanto è umanamente possibile per persua­dere e, occorrendo, per obbligare la Turchia, ad abbandonare ogni propaganda in Libia.

 

Troppo evidente è l'interesse di questo Governo ad evitare in questo mo­mento tutto quanto possa indisporre l'Italia.

 

 

 

 

 

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

 

T. GAB. 1567/391.   

Londra, 18 novembre 1914, ore 15,50 (per. ore 21,40).

 

Telegramma di V. E. gab. n. 1168.

 

Durante il colloquio di ieri credetti bene nella forma e con intonazione prescrittami da V. E. parlare a Grey bene rilevando che questione romana per noi non esiste. È una questione puramente interna italiana nella quale, come non l'ammisero i nostri maggiori da 44 anni, così siamo irrevocabilmente decisi a non ammettere nemmeno noi alcuna ingerenza straniera.

 

Grey prese nota osservando non aveva alcuna notizia che della cosa si fosse recentemente discorso. E difatti qui nessun giornale dei principali da me quotidianamente letti ha fatto alcuna menzione dei piani attribuiti alla Santa Sede di risollevare questione romana nel futuro Congresso della pace, del quale del resto parmi siamo ora purtroppo ancora lontani.

 

 

 

 

 

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO,
AL MINISTRO DELLE COLONIE, MARTINI,
E ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI

 

T. GAB. 1177.          

Roma, 18 novembre 1914, ore 16.

 

Questo Ambasciatore di Turchia durante un colloquio avuto con me ieri si dichiarò pronto a qualunque negoziato tra la Turchia e l'Italia, e ciò in relazione a quanto io gli avevo accennato l'11 scorso intorno alle questioni rimaste sospese a Losanna sulla sudditanza e rappresentanza dei libici all’estero.

 

Naby bey mi disse di avere avvertito a Costantinopoli della opportunità di richiamare El Baruni dalla Cirenaica. Assicurò che ci saremmo presto con­vinti della serietà degli sforzi fatti dal Governo del Sultano per evitarci qua­lunque noia in Albania o in Cirenaica e per distogliere il Senussi dal molestarci. Che non era la vera Guerra Santa quella proclamata dal Sultano, poiché la Guerra Santa si applicherebbe egualmente contro tutti i cristiani, mentre questa era ristretta alle sole Potenze nemiche. Osservai che le manifestazioni sul tipo dell'intervista tra lo Sceik-ul-islam ed un corrispondente del Berliner Tagblatt non erano fatte per restringere l'azione della Guerra Santa proclamata, bensì per allargarla.

 

 

 

 

 

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO,

AGLI AMBASCIATORI A BER­LINO, BOLLATI, A LONDRA, IMPERIALI, A MADRID, BONIN, A VIENNA, AVARNA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BORDEAUX, RUSPOLI

 

T. GAB. s. 1178.       

Roma, 18 novembre 1914, ore 18.

 

Faccio seguito al telegramma n. 1168.

 

In un recente colloquio con questo Ambasciatore di Germania accennai alle voci, mantenute vive dalla stampa, che si agitasse presso il Vaticano la questione dell'ammissione di un Rappresentante del Papa nella futura Con­ferenza per la pace al termine della presente guerra. L'Italia non potrebbe che opporsi ad una tale ammissione, così come si oppose alla proposta analoga in occasione della Conferenza dell'Aja. Il Governo non potrebbe non conside­rare ogni passo fatto in questo senso, e tanto più ogni impegno che si prendesse dai terzi, come un atto poco amichevole. L'impressione che desterebbe nell'opi­nione pubblica in Italia qualunque notizia simile sarebbe funesta, e produr­rebbe una forte agitazione contro qualunque Ministero che non vi si opponesse risolutamente; con che non si poteva che facilitare l'avvento di un Governo con programma più acceso in fatto di politica ecclesiastica come di politica estera.

 

Tanto mi pregio comunicarle per sua notizia ed eventuale norma di lin­guaggio, per prevenire qualsiasi malinteso pur sempre evitando qualunque segno di preoccupazione.

 

 

 

 

 

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO,
AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, BOLLATI, E A VIENNA, AVARNA

 

Con questo telegramma ha inizio la serie dei telegrammi di Gabinetto « riservati speciali » in partenza, destinati a raccogliere i telegrammi relativi ai negoziati con gli Imperi centrali, l'Intesa e la Romania.

 

T. GAB. R. Sp. 1.     

Roma, 9 dicembre 1914, ore 20,30

 

Riservatissimo per Lei solo. Decifri Ella stessa.

 

[Per Berlino]. Ho telegrafato quanto segue al R. ambasciatore a Vienna:

 

[Per entrambi]. * Per S. E. Avarna. Mi riferisco alle conversazioni avute qui con V. E. [Avarna aveva trascorso alcuni giorni a Roma per consultazioni.] nelle quali fu presa in esame la situazione dell'Italia nella presente fase del conflitto europeo. *

 

Prego V. E. di fare al conte Berchtold la seguente comunicazione verbale:

 

L'attuale avanzata militare dell'Austria-Ungheria in Serbia costituisce un fatto nuovo che non può a meno di formare oggetto di esame da parte dei Governi italiano ed austro-ungarico sulla base delle stipulazioni contenute nell'articolo VII dalla Triplice alleanza. Dall'articolo stesso deriva al Go­verno I. e R., anche per occupazioni temporanee, l'obbligo del previo accordo con l'Italia e l'obbligo dei compensi. Il Governo I. e R. avrebbe pertanto dovuto interpellarci e mettersi con noi d'accordo prima di far passare la frontiera serba al suo esercito, ma su questo ritardo siamo disposti a non insistere e con ciò diamo prova delle nostre disposizioni concilianti e del nostro desiderio di non ostacolare le esigenze militari. Ma, nell'occasione, e per meglio far risaltare la nostra attitudine, dobbiamo rammentare al Go­verno I. e R. che esso, fondandosi appunto sul disposto dell'art .VII ci impedì, durante la guerra nostra contro la Turchia, di compiere diverse operazioni militari che avrebbero certo abbreviato la durata della guerra stessa. Le operazioni navali ai Dardanelli dettero pure luogo a formali riserve del Governo I. e R. L'Italia ha un interesse di prim'ordine alla conservazione della piena integrità e dell'indipendenza politica ed economica della Serbia. Il Governo austro ungarico ha bensì a varie riprese dichiarato di non aver intenzione di fare acquisti territoriali a danno della Serbia, ma una dichia­razione così formulata non costituisce un impegno stabile, e le stesse assi­curazioni generiche fatteci dal Governo I. e R. in occasione dell'entrata in guerra della Turchia lasciavano prevedere come possibili eventuali modi­ficazioni nella penisola balcanica. D’altra parte la sola invasione della Serbia, ancorché dovesse poi risultare soltanto temporanea, è già bastata a turbare seriamente l'equilibrio della Penisola Balcanica e a darci diritto a compensi. Deve pure essere notato che la stipulazione del predetto art. VII dà all'Italia il diritto a compensi anche per vantaggi di carattere non territoriale che il Governo austro-ungarico avesse a conseguire nella regione dei Balcani. Il Governo italiano ritiene che sia necessario di procedere senza alcun ritardo ad uno scambio d'idee e quindi ad un concreto negoziato col Governo I. e R. circa una situazione complessa che tocca da vicino vitalissimi interessi politici ed economici dell'Italia. Segni non dubbi di inquietudine si notano nel Par­lamento e nella pubblica opinione italiana la quale manifesta chiaramente la tendenza delle aspirazioni nazionali italiane. Di questa inquietudine e di queste aspirazioni il R. Governo è costretto a tener serio conto. L'intesa da me invocata, su questa base, tra i due Governi avrebbe per risultato di eliminare per l'avvenire ogni occasione a incresciosi incidenti, attriti e dif­fidenze, che oggi sono così dolorosamente frequenti, e renderebbe invece possibili e naturali fra i due popoli quelle relazioni di cordiale e costante amicizia che sono nei comuni desideri e senza le quali ogni accordo ufficiale resta forzatamente monco e sterile. Nel far rilevare pertanto al conte Berchtold lo spirito amichevole che ha ispirato questo passo, voglia V. E. pregarlo di farci conoscere, colla sollecitudine richiesta dal caso, il modo di vedere del Governo I. e R.

 

[Per Berlino] Prego V. E. informare di quanto precede il signor von Jagow e domandargli efficace appoggio presso il Governo di Vienna. Ella vorrà opportunamente illustrare a codesto Ministro degli Affari Esteri lo stato della pubblica opinione italiana e la connessione che si verifica in Italia tra la questione di politica estera e quella di politica interna. La corrente che, grazie agli sforzi perseveranti del R. Governo, si manifesta in una parte dell'opinione pubblica a favore della neutralità non significa rinunzia agli interessi italiani nei Balcani e nell'Adriatico e alle aspirazioni nazionali, ma bensì la persua­sione che tali interessi e tali aspirazioni saranno validamente tutelati pur man­tenendo la neutralità. E quando, nel fatto, si verificasse il contrario, la reazione nella pubblica opinione sarebbe assai grave e con effetti che è obbligo del R. Governo prevedere e possibilmente prevenire.

 

* Riguardo l'interesse dell'Italia al mantenimento della indipendenza della Serbia, mi riferisco, e la prego rammentarlo al signor von Jagow, alle esplicite dichiarazioni del marchese di San Giuliano al signor von Flotow, come risulta dal telegramma Gabinetto n. 787 del 28 luglio scorso.

 

Nel telegramma odierno ad Avarna ho menzionato la recente comunicazione di questo Ambasciatore d'Austria-Ungheria; quella dell'Ambasciatore di Ger­mania, in data 2 novembre, contempla anche più esplicitamente le previste modificazioni territoriali nei Balcani, affermando che qualora le modificazioni stesse accadessero « si sarebbe tenuto conto degli interessi italiani nella misura la più larga ».

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