Caporetto - 3

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE,
AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

 

T. GAB. 2951/248.   

Washington, ... novembre 1917 (pervenuto ore 13,50 del 7).

 

Ho chiesto oggi a Lansing quali fossero le sue informazioni dall'Italia.

 

Mi ha risposto che esse portavano ad ammettere la necessità di dover abban­donare la linea del Tagliamento e probabilmente anche quella del Piave per ritirarci e mantenerci sopra una fronte più ristretta che non mi ha saputo specificare ma che implicherebbe l'abbandono di Venezia. Mi ha detto pure essergli stato riferito che la nostra 2a armata era stata interamente distrutta e che la sua mancata resistenza sembrava doversi attribuire all'infiltrazione della propaganda socialista. Ha aggiunto che il contingente mandatoci dagli alleati ammonterebbe a 100 mila uomini ma che per organizzarli ed incorpo­rarli si richiedevano almeno quindici giorni.

 

Avendomi chiesto a sua volta le mie notizie gli ho confermato il proposito fermo del R. Governo e la decisa resistenza del Paese. Egli ne fu convinto e mostrandosene anche informato mi ha detto di sapere che la sola Toscana cagionerebbe qualche perplessità ma che si contava sull'autorevole influenza di V. E. su quelle provincie. Ho naturalmente insistito sul maggiore e più pronto aiuto americano.

 

 

 

 

 

DELIBERAZIONE CONCERNENTE LA COSTITUZIONE

DEL SUPREMO CONSIGLIO DI GUERRA

 

I

 

I rappresentanti dei Governi britannico, francese ed italiano riuniti a Rapallo il 7 novembre 1917 hanno approvato lo schema per la organizzazione del Supremo Consiglio di Guerra, con un rappresentante militare permanente, quale risulta nel paragrafo seguente.

 

 

II

 

1°) In vista di una miglior coordinazione nell'azione militare al fronte occidentale, è creato un Consiglio Supremo di Guerra, composto del Primo ministro e di un membro del Governo di ciascuna delle grandi Potenze, gli eserciti delle quali combattono su quel fronte. L'estensione dello scopo del Consi­glio ad altri fronti è riservata Per la discussione con le altre grandi Potenze.

 

2°) Il supremo Consiglio di Guerra ha per compito di inve­stigare la condotta generale della guerra. Esso prepara proposte per la decisione dei Governi, si tiene informato della loro esecuzione, e ne riferisce ai rispettivi Governi.

 

3°) Gli Stati maggiori generali ed i Comandi militari degli eserciti di ciascuna Potenza, incaricati della condotta delle ope­razioni militari, restano responsabili di fronte ai loro rispettivi Governi.

 

4°) I piani generali di guerra, preparati dalle competenti au­torità militari, sono sottomessi al Consiglio supremo di Guerra, che, sotto l'alta autorità dei Governi, assicura la loro concordanza, e sottopone, ove occorra, ogni necessario cambiamento.

 

5°) Ciascuna Potenza delega al Consiglio supremo di Guerra un rappresentante permanente militare, la esclusiva funzione del quale è di agire come consulente tecnico del Consiglio.

 

6°) 1 rappresentanti militari ricevono, dal Governo e dalle Autorità militari competenti del Proprio Paese, tutte le propo­ste, informazioni e documenti relativi alla condotta della guerra.

 

7°) I rappresentanti militari seguono giorno Per giorno la situazione delle forze e dei mezzi di ogni specie di cui dispongo­no gli eserciti alleati, e quella delle forze nemiche.

 

8°) Il Consiglio supremo di Guerra si raduna normalmente a Versailles, dove risiedono i rappresentanti militari Perma­nenti ed i loro stati maggiori. Può adunarsi in altri luoghi, se­condo si converrà, conformemente alle circostanze. Le riunioni del Consiglio supremo di Guerra avranno luogo almeno una volta al mese.

 

 

III

 

I rappresentanti militari Permanenti saranno come segue:
Per la Francia: il generale Foch;

Per la Gran Bretagna: il generale Wilson;

Per l'Italia: il generale Cadorna.

 

 

 

 

 

TESTO DELLE ISTRUZIONI AL CONSI­GLIO MILITARE ALLEATO PER L'ESAME DELLA SITUAZIONE AL FRONTE ITALIANO.

 

1. — Il Consiglio supremo di Guerra, riunito a Rapallo il 7 novembre 1917, dà incarico ai suoi rappresentanti militari permanenti di riferire immediatamente sulla presente situa­zione al fronte italiano. Consultandosi col Quartiere generale italiano essi dovranno esaminare il presente stato delle cose, e, in un esame generale della situazione militare in tutti i teatri della guerra, riferire circa l'ammontare e la natura del concor­so da darsi dai Governi britannico e francese, come intorno al modo in cui ciò dovrà essere fatto.

 

2. — Il Governo italiano si impegna dare istruzioni al Co­mando supremo italiano di fornire ogni facilitazione ai rap­presentanti militari permanenti, per quanto concerne informa­zioni documentarie e movimenti nella zona delle operazioni.

 

 

 

 

 

COMUNICATO UFFICIALE SUL CONVEGNO DI RAPALLO

Proposto da Sonnino, diramato a mezzo dell’Agenzia Stefani

 

Nei colloqui di Rapallo, essendo stata decisa la istituzione, nei riguardi del fronte occidentale, di un nuovo organo interalleato, fra cui un Comitato permanente consultivo, il Governo italiano ha nominato suo delegato in tale Comitato il generale Cadorna, il Governo francese il generale Foch, il Governo britannico il generale Wilson.

 

A sostituire il generale Cadorna nel Comando supremo dell'esercito italiano è stato nominato il generale …

 

 

 

 

 

IL CAPO DEL SERVIZIO INFORMAZIONE DEL COMANDO SUPREMO, MARCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, E AL SOTTO­CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, PORRO

 

T. UU. A MANO 11582.     

Roma, 7 novembre 1917

 

Reputo interessante comunicare la seguente informazione proveniente da fonte che si ha ragione di ritenere seria:

« Un Ministro austriaco presso una Corte estera ha dichiarato negli ultimi giorni di ottobre a persona di sua assoluta fiducia che il favorevole sviluppo della prima fase dell'attacco combinato austro-tedesco contro l'Italia ha deciso i due Governi ad una azione a fondo contro l'antica alleata e, profittando del primo scompiglio, calcolano raggiungere rapidamente la pianura del Po. Siccome d'altra parte non è intenzione dei due governi, e tanto meno dell'austriaco, l'occupazione permanente di larghi tratti del territorio italiano, già sarebbero avviate pratiche per provocare un intervento della Santa Sede che s'interporrebbe, con sicurezza preventiva d'essere ascoltata, fra gli eserciti combattenti ed arresterebbe l'invasione. Il detto uomo politico si faceva inter­prete della convinzione che da un primo contatto diplomatico con l'Italia nasce­rebbe inevitabilmente la pace generale ».

 

 

 

 

 

THAON DI REVEL A DIAZ

 

Roma, 9 novembre 1917.

 

Invio a V.E. stralcio di due telegrammi direttimi dal Comandante la Divisione Navale dell'Jonio, circa eventuale sgombero di Valona e di Santi Quaranta.

 

Al riguardo riaffermo, nel modo il più esplicito, la necessità di mantenere a qualunque costo il possesso delle due anzidette località, perché senza Valona, o peggio ancora, con Valona Base Navale Austriaca, la situazione della Marina, già irta delle più gravi difficoltà, verrebbe d'un tratto posta nel più deleterio stato di inferiorità rispetto al nemico.

 

Se, come mi auguro, i telegrammi dell'Ammiraglio Salazar sono stati deter­minati da disposizioni precauzionali e preventive, impartite dal Comando Supremo, non rispondenti al concreto progetto di addivenire allo sgombro di dette basi Navali, ritengo mio dovere prospettare ali'E.V. la opportunità di impartire precisi ordini alle Autorità dipendenti sullo argomento, affinché la loro attività e l'im­piego dei mezzi di cui dispongono convergano esclusivamente al fine di mante­nere integra la nostra posizione sull'altra sponda Adriatica.

 

 

 

 

 

PROCLAMA AGLI ITALIANI DI RE VITTORIO EMANUELE III

 

10 novembre 1917

 

Italiani !

 

Il nemico, favorito da uno straordinario concorso di circostanze, ha potuto concentrare contro di noi tutto il suo sforzo. All'esercito au­striaco, che in trenta mesi di lotta eroica il nostro esercito aveva tante volte affrontato e tante volte battuto, è giunto adesso l'aiuto, lungamente invocato ed atteso, di truppe tedesche numerose ed agguerrite. La no­stra difesa ha dovuto piegare; ed oggi il nemico, invade e calpesta quella fiera e gloriosa terra veneta da cui lo avevano ricacciato la indomita virtù dei nostri padri e, l'incrollabile diritto dell'Italia.

 

Italiani!

 

Da quando proclamò la sua unità ed indipendenza, la Nazione non ebbe mai ad affrontare più difficile prova. Ma come non mai né la mia casa né il mio popolo, fusi in uno spirito solo, hanno vacillato dinanzi al pericolo, così anche ora noi guardiamo in faccia all'avversa à con virile animo impavido.

 

Dalla stessa necessità trarremo noi la virtù di eguagliare gli spi­riti alla grandezza degli eventi. I cittadini cui la Patria aveva già tanto chiesto di rinunzie, di privazioni, di dolori, risponderanno al nuovo de­cisivo appello con un impeto ancora più fervido di fede e di sacrificio. I soldati, che già in tante battaglie si misurarono con l'odierno invasore, e ne espugnarono i baluardi e lo fugarono dalle città con il loro sangue ardente, riporteranno di nuovo avanti la lacera bandiera gloriosa, al fianco dei nostri alleati fraternamente solidali,

 

Italiani, cittadini e soldati!

 

Siate un esercito solo. Ogni viltà è tradimento, ogni discordia è tradimento, ogni recriminazione è tradimento. Questo mio grido di fede. incrollabile nei destini d'Italia suoni così nelle trincee come in ogni più remoto lembo. della Patria; e sia il grido del popolo che combatte e del popolo che lavora. Al nemico, che ancor più che nella vittoria militare conta sul dissolvimento dei nostri spiriti e della nostra compagine, si ri­sponda con una sola coscienza, con una voce sola: tutti siamo pronti a dare tutto per la vittoria e per l'onore d'Italia.

 

Dato dal Quartiere Generale, il 10 novembre 1917.

 

VITTORIO EMANUELE

 

 

 

 

 

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INT'ERNO, ORLANDO, AI CAPI DI STATO MAG­GIORE DELL'ESERCITO, DIAZ, E DELLA MARINA, THAON DI REVEL

 

T. GAB. U. PRECEDENZA ASSOLUTA 1801.  

Roma, 12 novembre 1917, ore 12.

 

Questo ambasciatore di Spagna mi comunica che ministro d'Austria Unghe­ria a Berna lo prega a nome del suo Governo di chiedere urgentemente ed ufficialmente al Governo italiano se Venezia deve essere considerata come città aperta di cui le fortificazioni non sono bombardate. Desidera avere risposta con telegramma urgente. Prego V. E. comunicarmi quale risposta io possa far pervenire marchese di Villa Urrutia.

 

 

 

 

 

IL SENATORE SILJ
AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, ORLANDO

 

L. P. R.          

Roma, 18 novembre 1917.

 

Il Vaticano ha domandato agli imperi centrali il consenso per il ritorno del Vescovo di Udine nella sua diocesi, alla condizione che il Vescovo stesso non venga internato e lasciato libero nell'esercizio del suo ministero.

 

Il Cardinale Gasparri è rimasto molto contrariato dal non aver avuta, dal barone Monti, la promessa risposta intorno alla richiesta fatta fare, oltre che dal Governo spagnolo, dalla Santa Sede, al nostro Governo, se cioè Venezia si dichiarava città aperta o si voleva difendere. E più contrariato è rimasto quando ha saputo che il nostro Governo, senza nulla far sapere alla Santa Sede, da due giorni aveva dichiarato, per mezzo della Spagna, che Venezia era città aperta.

 

Sembra che l'Austria domanderà ulteriori informazioni, per mezzo della Spagna, al Governo italiano, intorno all'Arsenale di Venezia.

 

In Vaticano, mentre erano ignari della dichiarazione di città aperta, ave­vano da Venezia fatto esprimere ieri il desiderio, di consenso col nostro Governo, di far pratiche perché Venezia venisse dichiarata città neutrale.

 

Sembra che gl'Imperi centrali mirino a tagliare le comunicazioni dell'Italia con la Francia.

 

Il Vaticano ha diramato una circolare ai vescovi delle diocesi, prossime alle operazioni militari, o comprese nelle operazioni militari (intorno a 20), perché, col loro clero, rimangano, in ogni eventualità, al loro posto, spiegando opera di assistenza, di aiuto e di conforto. Sono stati incitati anche gli altri vescovi d'Italia ad opera più assidua di patriottismo.

 

A questo riguardo si è sorpresi che le autorità civili abbiano disertato, o disertino il loro posto, creando panico e seri imbarazzi specialmente alla popo­lazione più povera e bisognosa di assistenza. A Treviso le autorità hanno con­segnato ospizi, ospedali e chiavi degli uffici a quel povero vescovo cappuccino, che, senza risorse finanziarie né mezzi, ha dovuto assumere l'assistenza e l'ap­provvigionamento di vecchi, di orfani, di malati. Monsignor Bartolomei, ad osser­vazioni rivoltegli, ha scritto che, fin dal 24 luglio, aveva segnalato a S. E. Boselli, l'indisciplina, la stanchezza fisica e morale delle truppe. Il Presidente sembrò esser di tutto bene informato. Del resto egli pensa che anche altre cause determinarono la disfatta.

 

Il Cardinal Gasparri non si spiega perché la censura non ha consentito, all’Osservatore Romano, di pubblicare che la S.S. avesse espresso la fiducia agli Imperi Centrali che nelle terre invase fossero rispettate le persone e le proprietà, le chiese, i monumenti; e l’affidamento avuto a questo riguardo.

 

 

 

 

 

PROCESSO VERBALE DELLA CONFERENZA
TENUTA AL QUARTIER GENERALE ITALIANO A PESCHIERA L’8 NOVEMBRE 1917

 

Alla Conferenza parteciparono, oltre al re d'Italia, il primo ministro Lloyd George e il generale Smuts per l'Inghilterra; il presidente del Consiglio Painlevé e il ministro di Stato Franklin Bouillon per la Francia; il presidente del Consiglio Orlando, il ministro degli esteri Sonnino e il ministro Bissolati per l'Italia. In Aldrovandi, Guerra diplomatica, Milano 1936, pp. 178-181, in cui è edita la traduzione quasi letterale di questo documento, è detto a pag. 177: « Nessun segretario ha assistito alla Con­ferenza. Ma, secondo ho poi saputo, il gen. Smuts dette più tardi alcuni particolari della Conferenza ad Hankey, che ne formò, in viaggio, un documento da lui comunicatomi. Il documento è datato: Aix-les-Bains, 9 novembre ».

 

 

SEGRETO.   

Aix-les-Bains, 9 novembre 1917.

 

THE KING OF ITALY, at the outset, expressed his great regret that the advice of Mr. Lloyd George had not been followed and that the Allies had not made use of the Italian campaign to crush Austrian resistance. He had fully shared the view of Mr. Lloyd George, and regretted deeply that, whereas a few months ago Austria was on the point of breaking down, she had had the opportunity, with German assistance, of turning the tables on Italy.

 

MR. LLOYD GEORGE regretted that His Majesty was not present at the Rome Conferente, where he had strongly urged his views in favour of a combined move on the Italian front.

 

THE KING OF ITALY agreed with Mr. Lloyd George's remarks, and added that he did not always have the opportunity of having his own views carried out. The King then went on to give an account from his personal observation of the breakdown of the Italian army under the combined Austro-German attack. The main causes of the Italian failure he attributed to ‑

 

(a.) A very thick fog which prevailed on the day of the attack ori the northern flank of the Italian army, and which made the use of the artillery impossible.

 

(b.) The absence of highly trained professional officers who could pro­perly manoeuvre the Army when the retreat commenced.

 

He said that the Italian army had lost approximately 30,000 officers during the war, and that the younger officers had not been properly trained and could not handle their men under the difficult conditions which arose with the retreat. The men again were also insufficiently trained, and were really only fit to hold trenches and to make a simple advance. They had not been sufficiently instructed to manoeuvre for purposes of retreat, and when the retreat took place it soon degenerated into confusion. He had observed the same experience with the Austrian armies. As soon as the Italians had broken through the Austrian line in their recent advance, the Austrian soldiers, who were also inadequately trained, could not conduct a proper retreat, and fell a prey to the advancing Italian army. He thought that undue importante

 

had been attached to the extent that the Pacifist movement had progressed in the Italian army. No doubt a certain amount of mischief in isolated cases had been done by the preaching of priests, and to a smaller extent by the influence of Socialists; but on the whole he did not think that the Italian moral had been seriously undermined by these influences. He attributed more importance to the effects of the duration of the war, which made the men tired and depressed, and he remarked that it was generally observed that men who carne back from leave were depressed and disheartened by the state in which they had found their families and their small affairs. Although charges of treachery had also been made, not a single case had been proved, and he was convinced that the Italian army had not been successfully tampered with by the enemy.

 

With regard to the retreat itself, he said that the retirement of the Third Army had been quite successfully conducted, and that even the very large number of wounded of this Army had been successfully evacuated during the retreat. The Second Army had largely broken up in the retreat, but hundreds of thousands of men had been collected in the rear and would again be or­ganised into proper units as soon as possible. He did not think that the mural of the men had been very seriously affected by the retreat, and he spoke from personal observation of these men during their retirement.

 

With regard to the three divisions :that were further north in the Cadore, one had successfully retreated, but two had not been heard of for some days, and it was stili uncertain whether they had been cut off by the enemy, or whether they were retreating successfully through the foot-hills of the Alps in a westerly direction.

 

With regard to the future. The King thought that the Piave line could certainly be held; 400 siege guns and other heavy guns were already mounted on the right tank, as well as 600 field guns. Trenches were being made, and the embankments of the river also afforded excellent cover. If this line was not held the situation would become serious, not only because Venice would be lost—and that in itself was a serious matter—but because the loss of Venice would mean the retreat of the Italian fleet to Brindisi and Taranto, as there was no suitable base further north on the Italian toast. With the Austrian fleet and submarines dominating the Adriatic, the naval position would become very much worse. Therefore, in his opinion, every effort should be made to hold the Piave line. The real danger to this line, in his opinion, was in the north along the head waters of the Piave River, to which the German forces on the right flank of the Austrian army were rapidly pressing for­ward. Should the Germans succeed in crossing the Piave higher up and seize Monte Grappa between Asiago and the Piave River, the position along the Piave would be turned, and a further retreat might become necessary. Monte Grappa was now being occupied, and everything was being done to check the rapidity of the German advance, but there was no doubt that grave danger was threatening on that sector.

 

M. LLOYD GEORGE then spoke very strongly about the state of the Italian High Command. He said the accounts which had reached the British and French Governments vere such as to make them press strongly for a complete change. They were all the more entitled to make these representations, not only in the interest of the Italian army itself, but of the British and French armies, which were now appearing in Italy, and which would come under the supreme direction of the Italian High Command.

 

THE KING OF ITALY replied that, although he did not in every respect agree with the criticisms which had been made against General Cadorna, yet he thought that great weight should be attached to the representations that had been made, and his Government had already decided to remove General Ca­dorna from the command and to appoint in his place General Diaz, who, although a comparatively junior officer, had been on the General Staff both before and since the war, and was generally recognised as the brains of the Italian army and a profound student of the science of war. He himself (the King of Italy) had very great confidence in General Diaz, who certainly would be his own choice from among the officers of the Italian army. To strengthen the staff still further, the Government had decided to appoint General Giar­dino, the former Minister of War, as assistant to General Diaz. General Giar­dino was stated to be a man of great executive energy, and would usefully supplement the work of General Diaz.

 

MR. LLOYD GEORGE explained, with reference to the situation on the Piave and Trentino fronts, that the British and French Governments and mi­litary advisers were not certain that the best use was being made of the four French divisions in moving them west of Lake Garda along the Val Giudicaria, especially in view of the considerations already referred to by His Majesty, that the real danger was threatening between the Asiago Plateau and the Upper Piave. Both the British and French Governments were the­refore agreed, in view of the great urgency of the situation, that complete discretion should be given to Generals Wilson and Foch to move the six Allied divisions now in Italy to sectors of the Italian front where they thought the best use could be made of them.

 

It was agreed that Generals Wilson and Foch should proceed forthwith, with Signor Bissolati to the Italian headquarters at Padua, and there consult with General Diaz on the military situation, and thereafter move the six Allied divisions to the points of greatest danger on the Italian front without further reference for instructions to their Governments. They were, however, requested to consult with the British and French General officers commanding these divisions.

 

(At this stage Generals Robertson, Foch, and Wilson were called to the Conference and the above instructions were explained to them).

 

THE KING OF ITALY appeared cheerful throughout the Conference and said that he would do his best to continue working for victory for the Allied cause. He felt that more might have been made of the Italian campaign, and now more than ever he thought that the Italian campaign might assume very large and important proportions in the 'immediate future, and he expressed his great pleasure and gratitude that his British and French Allies were pre­pared to support the Italian armies to the full in the phases of the campaign which were now opening.

 

 

 

 

 

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO,

ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN

 

T. 1444.         

Roma, 11 novembre 1917, ore 22.

 

Mi viene segnalata e la segnalo all'E. V. per gli opportuni richiami a codesto Governo, la seguente corrispondenza del giornale 1'Éclair:

 

« Il Comando Supremo italiano e la truppa sono stati inferiori al loro compito. Si mandino in Italia soccorsi alleati e quindi si ponga la questione del comando unico in Italia.

Chi lo eserciterà? (Segue un brano censurato).

Sarà utile dare alle unità italiane un certo numero di comandi fran­cesi. È questo un sistema che è riuscito vantaggioso alla Germania rispetto ai suoi alleati.

In tale modo la Francia potrà avere, particolarmente nei riguardi ita­liani, una gran parte del successo ».

 

 

 

 

 

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

 

R. 4856 /1316.           

Londra, 12 novembre 1917.

 

Mi riferisco ai miei telegrammi di Gabinetto dai nn. 493, 497, 508.

 

V.E. troverà qui uniti i principali articoli pubblicati dai giornali inglesi fin dall'inizio dell'offensiva austro-germanica contro l'Italia.

 

Gli articoli sviluppano due opposti punti di vista. L'uno riconosce: 1) la preponderanza delle forze nemiche operanti contro di noi; 2) la subitanea ra­pidità dell'attacco; 3) la stretta relazione di dipendenza fra il nostro scacco e l'estremo decadimento bellico della fronte russa; 4) la necessità di trasformare immediatamente il nostro fronte in fronte principale alleato; 5) l'occasione per formulare recriminazioni contro l'opposizione fatta dallo Stato Maggiore all'iniziativa del Signor Lloyd George, ritenuto avveduto fautore della predetta teoria, ancora molto prima degli sciagurati eventi.

 

L'altro concetto è l'opposto. La sciagura sarebbe dovuta 1) non a forze soverchianti nemiche, ma allo scarso e codardo animo di reparti dell'esercito italiano, il quale sarebbe stato ritenuto in ogni epoca dallo stesso nostro Co­mando Supremo in piena efficienza ed in forze adeguate a resistere all'even­tuale concentrato attacco nemico; 2) che pertanto ogni progetto d'invio sul no­stro fronte di forti contingenti alleati non avrebbe risposto a necessità; 3) che anzi detta tendenza avrebbe prodotto disperdimento di forze a scapito del vit­torioso fronte occidentale; 4) che sarebbe fatale seguire questo concetto, se non, beninteso, nella sola eccezione d'inviare in Italia, nel momento attuale, le truppe indispensabili per arrestare il nemico; 5) che da tutti questi argomenti risulta in modo evidente l'assenza di qualsiasi responsabilità dei paesi alleati nella scacco italiano.

Siccome V.E. l'osserverà, i due concetti fanno capo, a loro volta, a due teorie principali ed opposte: la prima, consistente nel propugnare l'unicità del fronte offrente nella sua parte italiana forti possibilità di offensive decisive; la seconda, invece, nell'esaltazione del cosiddetto

« occidentalismo » del fronte generale, del quale, quello italiano, dovrebbe far solo parte secondaria.

 

Ora, sfortunatamente, le due teorie si trovavano ad essere sostenute, in contrapposizione, dal Signor Lloyd George e dal Generale Robertson, le cui di­vergenze di vedute e di carattere si erano andate delineando sempre più in questi ultimi tempi, tanto da far correre la voce di una non lontana sostitu­zione del capo di Stato Maggiore. Donde, e com'era del resto naturale, il ro­vescio italiano è servito malauguratamente di potente argomento agli attacchi ed alle difese dei giornali partigiani dell'uno e dell'altro personaggio; e, come di solito accade, il tono del dibattito e della polemica, appoggiantesi del resto su qualche nostro comunicato, è andato sovente oltre ai doverosi riguardi do­vuti al paese alleato. A ciò si aggiunga che, data l'imprecisione delle forze nemiche operanti contro di noi e la mancanza d'un nostro preciso comunicato al riguardo, tra gli argomenti più spesso addotti dalla stampa parteggiante per questo Capo di Stato Maggiore, ha primeggiato quello del poco rilevante nu­mero di truppa tedesca operante sulla nostra fronte, e ciò a prova della man­canza di responsabilità dei governi alleati nella sciagura che ci sovrasta.

 

In questo quadro generale, infine, è venuto ad innestarsi la campagna an­tiboloista, sostenuta più vivacemente dai giornali, che vorrebbero vedere nel doloroso rovescio italiano solo uno smarrimento di fede e d'energia combattiva.

 

La divisione della stampa è divenuta infine, o meglio sta per divenire, più acuta, pel fatto che i giornali di Lord Northcliffe, che è qui tornato dall'America, mostrano finora di voler parteggiare per l'attuale comando in capo, cioè per il generale Robertson ed il Generale Haig; donde non solo gli odierni accenni allo smarrimento dei reparti italiani, ma anche le loro critiche all'istituito Comando Generale di Guerra in Versailles.

 

V. E. riconoscerà dall'esposizione generale, che ho avuto l'onore di rias­sumerLe qui innanzi con ogni cura, quanto sia disgraziata la circostanza che, nelle dispute interne politico-militari di questo paese, i dolorosi eventi italiani si prestino a servire di argomento ai dibattiti partigiani; e che anzi sieno ri­torti, e talvolta contraffatti, a seconda dell'opportunità della polemica. Da ciò V.E. vorrà spiegare l'insistenza con la quale io sollecitai presso di Lei la reda­zione d'un diffuso comunicato generale.

 

Ora, di fronte a siffatta increscevole situazione, so bene che opere di pro­paganda, ed altre simili iniziative, non possano riescire ad avere alcun effetto dirimente; onde non posso che formare dal vivo del cuore il forte voto che la fortuna delle armi voglia di nuovo corrispondere alla santità degli intenti nazionali, cementati ormai in così lunghi mesi di guerra da tanto puro sangue italiano (1).

 

 

 

(1) Si pubblicano, qui di seguito, alcuni brani del H.r. 1652/777 di Mayor, datato Londra 20 novembre, sul medesimo argomento del presente rapporto.

 

« ... Il Colonnello Mola mi ha cortesemente comunicato la sua corrispondenza di addetto militare col nostro Ministero della Guerra. Da essa risulta che abbiamo buoni amici nelle sfere militari elevate, ma nelle sfere dirigenti abbiamo pure avversaria...

 

Il Colonnello Mola ritiene che gli elementi a noi avversi siano una minoranza; ma questa minoranza è imperante e s'impone sinora allo stesso primo ministro. Si spera che dopo che il Signor Lloyd George abbia parlato, mutino le cose. E Lloyd George ha parlato ieri sera con notevolissimo successo oratorio e parlamentare, al quale dobbiamo augurare tenga dietro un mutamento nel War Office, per cui colpa, per il cui proposito di difendere i proprii piani strategici, il nostro esercito ha avuto per quindici giorni in Inghilterra une mauvaise presse.

 

Di ciò non avrei parlato in questa corrispondenza, l'argomento esorbitando dalla mia competenza, se questa Delegazione nelle sue trattative non avesse, dei cennati dissensi, subito le conseguenze. Mentre in alcuni ambienti i nostri Delegati hanno sentita la medesima cordialità che in addietro, in altri, in quelli che dipendono dal War Office ed hanno con esso lui più stretti rapporti, hanno notato un contegno mutato ».

 

 

 

 

 

IL MINISTRO A BERNA, PAULUCCI,
AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

 

T. GAB. 79.

Berna, 13 novembre 1917.

 

Da buona fonte ho avuto conoscenza di una conversazione del conte Wen­ckeim, ciambellano dell'Imperatore Carlo col conte Czarnecki, e da questi riferito al mio informatore.

 

Parlando dell'offensiva contro di noi, il ciambellano avrebbe detto le se­guenti testuali parole: « cette offensive est la dernière carte sur laquelle nos deux Empires risquent tout leur enjeu ».

 

Il conte Wenckeim, avrebbe detto pure al suo amico essere stato incaricato Monsignor Valfrè di Bonzo di far sapere al Pontefice che l'Imperatore Carlo e l'Imperatrice Zita si sono proposti di vegliare a che la campagna nel Ve­neto non sia condotta coi metodi troppo soldateschi dei loro alleati (sic).

 

 

 

 

 

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

 

T. GAB. 2997/509.   

Londra, 13 novembre 1917, ore 10

(pervenuto ore 7,15 del 14).

 

Appena tornato oggi Lloyd George ha convocato il Gabinetto e questa sera sarà ricevuto dal re.

A giudicarlo dal linguaggio della stampa, sul di­scorso di Parigi si ha l'impressione, testé confermata del resto anche da due deputati bene informati, che spiri vento di tempesta. Il quale acquista carat­tere più minaccioso per provenire da parti diametralmente opposte, ossia dai conservatori intransigenti e dai radicali estremi. I primi, Morning Post in testa, guerrafondai ad oltranza sostengono in buona fede e con accanimento lo Stato maggiore che non vuole saperne di dirimenti direttive del nuovo Consiglio interalleato. I secondi (Daily News e Nation), animati da notorie tendenze pacifiste, i quali pur recentemente rivolgevano acerbe critiche contro Comando Supremo britannico, ne sono ora a un tratto divenuti caldi difensori, preci­puamente per loro avversione a Lloyd George considerato come transfuga e quindi cordialmente detestato. Un dibattito alla Camera sembra inevitabile. Del medesimo però, a quanto mi si .dice, non si avrebbero fino a oggi, e salvo circostanze imprevedute, motivi di prevedere fatali conseguenze per la sorte del Gabinetto e più precisamente per la persona stessa del primo ministro messo direttamente in causa. Lloyd George però dovrà dar prova di tutta la sua abilità in quanto mi si assicura che il sentimento nelle due Camere per un verso o per l'altro non appare favorevole al sottoporre l'attività Comando Supremo britannico alle decisioni di un consiglio interalleato. Tale la situa­zione al presente momento.

 

 

 

 

 

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO,
ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI

 

T. GAB. 1810.          

Roma, 14 novembre 1917, ore 0,05.

 

In data 9 corrente Comando Supremo telegrafa quanto segue: « A rettifica di quanto ambasciatore di Russia ha comunicato a codesto ministero (Tel. di Gab. 1782/190) si informa che: 1) divisioni germaniche accertate presenti sul fronte Giulia non sono tre, ma 6 di cui quattro (Alpen Korps - 200esima - 117esima - quinta) venuta diretta da fronte orientale e due (12esima e 26esima) da fronte francese, la cui diminuzione è stata compensata da trasferimento di quattro divisioni tolte dal fronte orientarle (sesta - ottava - 22esima e prima G) e già accertate su fronte franco-inglese.

2) Informatori e Stati Maggiori alleati, tra cui quello russo, segnalano partenza per fronte italiano di altre quattro divisioni germaniche dislocate sul fronte orientale (208esima - settima Landwehr - 2lesima - 12esima).

Si tratta quindi complessivamente di dodici divisioni già sottratte o in via trasferimento da fronte orientale.

 

 

 

 

 

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO,

ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN

 

T. GAB. 1813.          

Roma, 14 novembre 1917, ore 17.

 

Mio telegramma Gab. n. 1807.

Richiamo sotto le armi di altre classi più anziane oltreché per ragioni già date non è oggi possibile perché mancherebbe la relativa dotazione di fucili.

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, DE MARTINO,
AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

 

RELAZIONE RISERVATISSIMA.          

Roma, 14 novembre 1917.

 

L'ora decisiva della storia e della resistenza d'Italia si è aperta con i recenti fatti militari. Confidiamo che la sorte delle armi volga a favore nostro o dei nostri alleati. Confidiamo che la nostra resistenza abbia ragione della resistenza nemica, e che la nazione italiana trovi nella vittoria finale il compenso che essa attende per i lunghi sacrifici sostenuti, per la guerra volontariamente intrapresa con la nobiltà d'intento che giustamente pose in rilievo il Presidente del Consiglio francese nel suo recente discorso.

 

Tuttavia è compito doveroso di prendere anche in considerazione l'even­tualità che gli avvenimenti volgano al peggio. L'azione politica di Stato non prescinde dalle previsioni del futuro, nei limiti del possibile. E poiché oggi l'esistenza del paese è posta in giuoco, dobbiamo pur esaminare se vi è modo di conseguire una qualche contro-assicurazione della ipotesi di un possibile disastro.

 

L'Italia deve, nell'ora dell'avversità, mantenere la fede all'alleanza, a salvaguardia del suo onore nel mondo. Ma se per forza di sciagurati eventi, dovesse precipitare tale un generale disastro da ridurre la stessa alleanza alla condizione di un atto puramente formale, sostanzialmente sorpassato, privo di ogni pratico contenuto e di ogni pratica efficienza, non sarebbe indegno degli uomini di Stato italiani l'aver preveduto e provveduto a lasciare aperta una via, mentre ancora sia tempo, al salvataggio. Tale previsione e tale prov­videnza non sono politicamente inconciliabili con la fede all'alleanza, che dob­biamo mantenere, per l'onore d'Italia, finché sopraggiunga l'attimo estremo di vita o di morte. Non si tratta di operare contro l'alleanza, si tratta di pre­vedere la possibilità che, per forza di cose, venga meno il soffio vitale alla stessa alleanza. Allora, salus Reipublicae suprema lex erto.

 

In quest'ordine d'idee, le situazione dell'Italia, prospettata nel prossimo avvenire, risulta dai seguenti elementi:

 

1) Il Paese, mirabilmente unito sotto la sferzata della invasione nemica, sostanzialmente stanco della guerra, come più o meno tutti i belligeranti; ma sarebbe pericoloso fare a fidanza su di una lunga resistenza morale del popolo italiano.

 

2) Difficoltà del tonnellaggio, dei rifornimenti di grano e carbone, del cambio, della ascesa dei prezzi della vita.

 

3) Condizione del nostro esercito e situazione militare che non esclude le ipotesi peggiori. Incertezza sull'entità dell'aiuto militare alleato.

 

4) Situazione della Russia, che non esclude una pace separata seguita da una pace separata della Romania con pratico annullamento del blocco di guerra.

 

5) Possibilità di pubblica proposta di pace del nemico.

 

6) Possibilità che si affermino in Francia correnti di opinione pubblica a noi contrarie.

 

Dalla concomitanza totale o parziale di questi elementi può sorgere a un dato momento una situazione di fatto in forza della quale la continuazione della guerra dipenda dall'attitudine del partito socialista e del partito catto­lico, i quali hanno diretta presa sulle masse e sono in grado di determinare moti interni e pressioni tali da forzare la mano a qualsiasi governo.

 

Di fronte a questa possibilità, due sono le vie aperte:

 

1) Il Governo lascia che la pressione socialista e cattolica sia unica e autonoma determinante della pace — e in tal caso soccomberemo nella pace del vinto.

 

2) Il Governo è in grado di guidare l'azione socialista e cattolica in modo da servirsene come stromento di azione politica internazionale, e in tal caso, volgendo le cose al peggio, l'opera di salvataggio diventa possibile.

 

A raggiungere quest'ultimo risultato sarebbe necessario:

 

1) Stringere legami di politica interna coi socialisti e coi cattolici (se occorre, mediante ricomposizioni ministeriali) in modo da togliere ad essi il più possibile di libertà d'azione e farli agire nel momento ritenuto opportuno ai fini internazionali.

 

2) Intrapr0endere contatti indiretti col nemico per tramite irresponsa­bile e sconfessabile, e nel modo che dirò appresso, sulla base della seguente formula iniziale: Qualora l'Italia dichiarasse agli alleati suoi che crede giunto il momento di iniziare trattative comuni di pace, che cosa ci offrono Germania ed Austria per questa nostra iniziativa?

 

E difatti una simile iniziativa nostra costituirebbe pel nemico un van­taggio assai considerevole; nella ipotesi, dunque, che a tale iniziativa fossimo costretti, provvediamo affinché essa non a solo vantaggio del nemico, ma anche a beneficio nostro possa risultare. La susseguente trattativa, suscettibile di svolgimento vario, dovrebbe lasciare la possibilità d'essere quando si voglia interrotta.

 

Questa azione non potrebbe essere qualificata di tradimento verso gli alleati:

 

a) perché non sarebbe nell'origine dissimile dagli scambi d'idee o nego­ziati che ebbero luogo fra i nostri alleati ed i nemici e di cui in alcuni casi non ci fu data comunicazione ed in altri casi ci fu data comunicazione tardiva o incompleta. Questi contatti subirono negli ultimi tempi una modificazione per effetto della nuova intransigenza germanica riguardo l'Alsazia Lorena (ma questa è circostanza che potrebbe, in dati casi, agevolare il nostro interesse speciale) ;

 

b) perché nostro scopo essenziale sarebbe di prevenire che gli alleati o uno di essi prenda per conto suo l'iniziativa preliminare della pace, a tutto suo profitto e a danno nostro;

 

c) perché la grave nostra situazione riguardo grano, carbone e cambio, da cui sarebbe in parte originato il nostro passo, è imputabile agli alleati (ingiusta ripartizione del tonnellaggio, rifiuto della parità trattamento con Francia).

 

Il difetto di consimili negoziati indiretti consiste in ciò che non sono impegnativi. Essi servono però sempre « à savoir à quoi s'en tenir ». Tuttavia, presentemente, non ci mancherebbe forse il modo di conseguire la necessaria garanzia, senza pericolo di compromettersi: valersi del Vaticano, di cui cono­sciamo le strette relazioni colla Germania in occasione della nota papale del­l'Agosto scorso. Il Vaticano dovrebbe essere in grado di ottenere la garanzia della parola dei Sovrani nemici. Il Vaticano ha un suo proprio assai evidente interesse di agire, e di agire con efficacia, vale a dire mantenendo il segreto. Quando il segreto non fosse mantenuto, potremo sempre sconfessare ogni cosa; in qualunque modo, saremo sempre sospettati dagli alleati, che diffidarono di noi nonostante la dirittura della nostra politica, assai più diritta della loro.

 

Queste direttive non debbono però escludere la necessità suprema di con­seguire, con ogni più intenso sforzo, il ristabilimento del prestigio e dell'onore delle armi italiane. Se la guerra terminasse restando l'Italia sotto il peso della sconfitta vergognosa dello scorso Ottobre, ne deriverebbe tale un indebo­limento della forza politica dell'Italia, come fattore di politica internazionale, da compromettere gravissimamente, per lungo volgere di anni, i suoi più vitali interessi politici ed economici nel mondo.

 

 

 

 


IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO,
ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI

 

T. GAB. 276.

Roma, 15 novembre 1917, ore 13.

 

Tel. di V. E. Gab. 510 (2). La mutata situazione militare terrestre si riper­cuote in grave modo su quella militare marittima in Adriatico. Per la difesa di esso la Marina viene a trovarsi in ben serie difficoltà alle quali urge prov­vedere col congruo concorso che i nostri alleati, fortissimi in mare, sono in condizione di poter dare agevolmente.

 

Alla nostra marina, ora più che mai, è affidato il compito della protezione e difesa del fianco orientale tutto della nostra Italia, il quale per la sua lunghezza è suscettibile di ogni sorta di offese da parte sommergibili e del naviglio sottile e di linea nemico, sia pure a scopo terroristico e politico contro le popolazioni e richiede dislocazione di abbondante numero di cacciatorpe­diniere che noi non abbiamo disponibili. In questo momento più che mai sarebbe infatti esiziale il distogliere le poche navi che proteggono il traffico in Tirreno, traffico che deve garantire i rifornimenti tanto necessari al Paese. In Adriatico la R. Marina deve inoltre garantire le retrovie dell'esercito da qualunque sbarco ed incursione tentati di sorpresa da naviglio nemico.

 

 

 

 

 

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LON­DRA, IMPERIALI, A PARIGI, BONIN, A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO A BERNA, PAULUCCI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, VIGANOTTI GIUSTI

 

T. cns. 1820.

Roma, 16 novembre 1917, ore 13.

 

Avendomi questo ambasciatore di Spagna comunicato che il ministro d'Austria-Ungheria a Berna lo pregava a nome del suo Governo di chiedere urgentemente ed ufficialmente al Governo Italiano se Venezia deve essere considerata come città aperta di cui le fortificazioni non sono bombardate ho dato oggi all'ambasciatore di Spagna la seguente risposta:

 

« Venezia città non è fortificata. Quanto alla questione della difesa della zona di territorio nella quale essa si trova, non si ritiene che alcuna risposta possa darsi nella attuale fase delle operazioni di guerra ».

 

Tanto comunico per opportuna conoscenza di V. E.

 

 

 

 

 

IL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, DIAZ,
AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

 

T. 3008/24015.          

Italia, 16 novembre 1917, ore 18,15

(pervenuto ore 20,30).

 

Pronto riscontro telegramma Gab. n. 1816/192, di V. E. forze austro-tedesche sulla nostra fronte sono 57 divisioni di cui 48 austriache e 9 germa­niche. Di queste sono accertate in prima linea 47 austriache e 6 germaniche e segnalate in seconda linea una austriaca e tre germaniche. Inoltre da fonti molto attendibili sono segnalate in arrivo da altre fronti tre divisioni austriache e due divisioni germaniche formando così totale generale 62 divisioni. Poiché nel telegramma cui si risponde è detto che notizie fornite da questo comando su entità delle forze nemiche non sono concordanti, pregasi voler far cono­scere da quali documenti tale sconcordanza risulti giacché unici documenti che ufficialmente rispecchiano il pensiero comando supremo sono bollettino giornaliero delle forze nemiche e probabile situazione quindicinale forze nemiche alla fronte italiana pubblicati dall'ufficio situazione dì questo Comando che non sono stati mai comunicati a codesto ministero. Contemporaneamente inviasi a codesto ministero comunicato richiesto da telegramma Imperiali n. 2990 noto a V. E. Presidente del Consiglio qui presente conviene con­venga diramare tale comunicato come ordinario comunicato Stefani.

 

 

 

 

 

 

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

 

T. GAS. BR. 3017/515.        

Londra, 17 novembre 1917 ore 10,03

(pervenuto ore 8,30 del 18).

 

Lloyd George mi fece chiamare ieri sera. Gli parlai anzitutto con parti­colare insistenza della necessità di soddisfare le domande rispettive dei mini­steri della Marina e del Tesoro. Promise d'intervenire presso Bonar Law e an­nunziò la partenza dell'ammiraglio Wemyaz. Disse poi in base a impressioni raccolte dal generale Porro, dubitare molto che noi si possa resistere a lungo sulla linea del Piave. Ciò nullamente per deficienza morale delle truppe ma per la sempre crescente pressione nemica specie in fatto di artiglieria. Se però si riuscisse a tenere la linea Piave il risultato sarebbe splendido per noi e di­sastroso per il nemico. Il primo ministro mi parve preoccupato, sopra pensiero ma non depresso. Ad alcune domande rivoltemi, come è suo costume a brucia­pelo, per conoscere il mio pensiero sulla situazione politica e parlamentare in Italia, risposi attirando l'attenzione sua sull'importanza della manifestazione di concordia e virilità date dal nostro Parlamento. Tenete questo a mente, gli dissi, persuadetene i vostri colleghi e tutti in Inghilterra che noi italiani pos­siamo come ogni altro popolo avere i nostri difetti ma nell'ardentissimo amore e devozione alla patria, nella difesa dell'onore e del prestigio nazionale, nel rispetto scrupoloso della parola data e degli impegni presi non siamo secondi a nessuno al mondo. Questo ve lo affermo nel modo più reciso e come italiano e come ambasciatore del mio sovrano le cui memorabili recenti parole rispec­chiano l'animo, il cuore, i propositi di tutti i miei concittadini quale possa essere il Governo al potere. Replicò Lloyd George quantunque di tutto ciò egli fosse convinto gli riescivano gradite le mie affermazioni. A mia volta colsi l'occasione, senza accennare per ovvie ragioni di delicatezza alle attuali sue controversie collo Stato Maggiore, per rinnovare a lui le lagnanze e deplorare l'azione già manifestata a Balfour, al colonnello Buchan (capo dell'Ufficio Propaganda) e ad altri sul noto linguaggio scorretto e poco amichevole, so­prattutto poco abilmente ispirato di alcun giornale, linguaggio equivalente in pratica ad un « Boloismo »* puro e semplice. Lloyd George era già sformato delle mie lagnanze, mi espresse cordialmente il suo vivo rammarico, per l'av­venuto che se egli fosse stato qui avrebbe certamente impedito, assicurandomi che per quanto dipendeva da lui non avrei avuto più occasione di lagnarmi.

 

 

* Neologismo derivante dal cognome di Paul-Marie Bolo (detto Bolo pascià). - Avventuriero (Marsiglia 1867 - Parigi 1918); di famiglia modestissima, divenuto ricchissimo sposando, in stato di bigamia, la vedova di un facoltoso commerciante, riuscì a carpire la fiducia di uomini politici. Nel 1914 in Egitto si legò col chedivè dell’Egitto (che lo creò pascià) ed esercitò lo spionaggio in favore della Germania. Scoperto, fu processato con il complice Filippo Cavallini e fucilato.

 

 

 

 

 

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI,
AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

 

T. 4205/737.  

Londra, 23 novembre 1917, ore 22,05 (pervenuto ore 6 del 24).

 

Notizie eroica resistenza nostre truppe destano generale compiacimento e sincera ammirazione che ho potuto io stesso tangibilmente constatare in questi ultimi giorni. Pubblico segue con manifesta premurosa ansietà anda­mento nostre operazioni e per quanto risultati appaiano ancora incerti, le con­templa con maggiore ottimismo.

 

Giornali pubblicano articoli ispirati a viva simpatia con chiara tendenza a incoraggiare nostra resistenza in attesa non lontana entrata in linea truppe alleate.

 

Segnalo bellissimo articolo Daily Telegraph di avantieri. Odierno Times scrive che « l'indomita difesa degli italiani nel Veneto rimarrà sempre come una delle più memorabili battaglie della guerra ». Ed aggiunge che « finora gli italiani hanno combattuto unicamente con proprie forze ed hanno nobil­mente vendicato onore proprio esercito ». Sarà bene continuare invio frequenti comunicati illustrativi del tipo di quelli recentissimi che per forma e sostanza mi sembrano eccellenti.

 

Debbo pure segnalare spirito eminentemente amichevole per noi cui si sono finora ispirate corrispondenze dei giornalisti inglesi nostro fronte.

 

Prego comunicare S.E. Gallenga.

http://www.squadratlantica.it/