Alla ricerca della Tenda Rossa (un S.55 al Polo Nord)

La scomparsa del dirigibile “Italia” il 25 maggio 1928, durante il volo di ritorno dal Polo Nord, dà il via ad una febbrile attività di ricerca cui partecipano mezzi navali ed aerei di varie nazioni.

In Italia viene posto a dispo­sizione di Umberto Maddalena un SIAI Marchetti S.55 già pronto per la consegna alla Regia Aeronautica. Le modifiche ap­portate alla macchina sono limi­tate dall'urgenza della mis­sione.

La mattina del 10 giugno il velivolo lascia l'idroscalo della Ditta a Sesto Calende.

Il volo di trasferimento alla Baia del Re, circa 7.000 chilometri viene compiuto in otto giorni. Per la prima volta un aereo sorvola il Mare di Barents e la Lapponia,

Sui successivi voli di ricerca lasciamo al racconto di Umberto Maddalena.


 

 

 Stabilimento Costruzioni Aeronautiche N4 “Italia”

 

Stabilimento Costruzioni Aeronautiche N4 “Italia” dirigibile semirigido Classe “N” motore: 3 Maynbach IV L - potenza unitaria cv. 245 - lunghezza m. 104,00 - diametro medio m. 18,50 -  altezza m. 19,60 - cubatura m3 18.500 - peso proprio kg. 10.500 - carico carburante kg. 6.700 - velocità: massima km/h 117, di crociera km/h 97- Quota di navigazione: normale m. 500, massima m. 3.100 - consumo orario di carburante e lubrificante kg. 112

 


 

 Stabilimento Costruzioni Aeronautiche N4 “Italia” Baia del Re

 

Baia del Re (isole Svalbard) 6 maggio1928 ore 12,45 l’arrivo dello S.C.A. N4 “Italia”

 

L'appello disperato che nella notte del 18 giugno giunse dalla tenda dei nau­fraghi ci impone di riprendere al più pre­sto il nostro volo; ecco un agitarsi anima­to di uomini sulla nave e sull'idrovolante per renderci facile il compito dei prepara­tivi ed in poche ore il Savoia 55 è riforni­to di benzina e caricato di una innumere­vole quantità di pacchi contenenti battelli pneumatici, vestiti e indumenti di lana e pelle, viveri di varia natura, fucili e muni­zioni, bombe fumogene per segnalazioni, accumulatori e valvole ioniche per la ra­diotelegrafia e poi sigarette, giornali, lette­re e telegrammi.

Gli scafi dell'idrovolante ingoiano ma­teriale come la stiva di un piroscafo e la linea di galleggiamento di essi sorpassa il limite normale. Riusciremo a decollare con tanto carico?

 

Giungono per radio, dalla nave Bra­ganza in vedetta a Capo Nord, le noti­zie meteorologiche della zona dei ghiacci, notizie che sono favorevoli; si studia at­tentamente la rotta da seguire, si dettano le consegne all'equipaggio della nave e a quello dell'idrovolante per le eventuali operazioni di ricerca in caso di mancato ritorno; si ricevono le ultime comunicazio­ni circa l'esatta posizione della tenda e, alle ore 5 del mattino del 19 giugno, dopo una notte di febbrile lavoro e accompa­gnati dal sole accecante e dagli evviva de­gli amici, i quattro uomini del Savoia 55 riprendono le vie dell'aria verso il Nord.

 

Il volo ha del fantastico questa volta, il mare azzurro cupo da una parte, le montagne alte e nereggianti su di uno sfondo candido ultra-naturale dall'altra, l'orizzonte sconfinato e fosco che si con­fonde verso nord con la nebbia e verso est con ghiacciai sterminati e la solitudine, la più immensa che mente umana possa

im­maginare.

 

Alle 6 si incontrano i ghiacci sul mare e poco tempo dopo, mentre l'idrovolante segue la sua rotta verso il Capo Nord, tut­to diventa bianco; bianco al disotto di noi, bianco l'orizzonte, bianca la terra, so­lo il cielo mantiene il suo azzurro ed il sole già alto produce sui ghiacci e sulle nevi un riflesso noiosissimo dal quale ci dobbiamo difendere adoperando occhiali gialli.

E si continua il volo meccanicamente, mani rigide al volante; occhi fissi alla bus­sola, orecchio teso al rumore dei motori. Ogni tanto il mio secondo chiude gli occhi dalla stanchezza ed io lo sveglio con una scossa brusca, ma anch'io mi accorgo che la stanchezza mi vince e sono costretto a togliermi i guanti per farmi pungere dal freddo in modo da non addormentarmi.

 

Verso le Sette Isole il paesaggio cam­bia totalmente di aspetto ed i ghiacci al disotto di noi cominciano a prendere colo­ri e forme inaspettate. Il pensiero di un'eventuale avaria comincia allora a tor­mentarmi e mi tiene l'animo turbato per molte ore.

 

La visibilità in quella mattinata di sole è straordinariamente chiara e ci è possibile scorgere l'isola di Carlo XII ad una distan­za di circa 80 chilometri. Alle 7,20 siamo al traverso di Capo Platen ad una quota di 1.000 metri.

 

 

 

 La rotta del SIAI Savoia S.55 a Baia del Re

 

La rotta del SIAI Savoia S.55 I-SAAT dall'Italia alla Baia del Re

 


 

Il volo di ricognizione e rifornimento effettuato dall’S.55 il 20 giugno 1928 

 

Il volo di ricognizione e rifornimento effettuato dall’S.55 il 20 giugno 1928

 

 

 

 SIAI Savoia S.55 I-SAAT Umberto Maddalena

 

Ore 4 del mattino. Il sole splende nella notte polare. Maddalena e il comandante Romagna sul « Città di Milano »

 

 

 

SIAI Savoia S.55 I-SAAT Umberto Maddalena  

 

In volo sopra le montagne dell’Artide

 

Alle 7,55 siamo sulla verticale dell'iso­la Foyn, ultimo lembo di terra nordica e di qui ci affidiamo alla bussola, 59° vero, verso la tenda dei naufraghi, orologio alla mano.

Il cuore ci batte in petto a ritmo acce­lerato, il nostro sguardo si fa aguzzo verso la prua, i motori rallentano la loro andatu­ra ed il velivolo si abbassa lentamente. Dai calcoli fatti in relazione alla posizione se­gnalata dai naufraghi, la tenda doveva es­sere raggiunta al diciassettesimo minuto di volo dall'isola Foyn.

 

Passano 10 minuti, poi 15; siamo al 16° al 17° ma nulla di vivente si scorge sul ghiaccio.

Enormi blocchi policromi e multiformi dietro i quali i riflessi del sole producono ombre di tutti i generi, piccoli canali sparsi qua e là a guisa di rigagnoli neri, e la­stroni bianchissimi e levigati creano al no­stro sguardo una confusione incredibile.

Ogni tanto crediamo di individuare la tenda ma poi, abbassandoci, ci accorgiamo che non è che un'ombra immobile prodot­ta da un hummock (*). Passano 19,20, 22 mi­nuti di volo dall'isola Foyn e nulla ve­diamo ancora. Il tenente Cagna, il motori­sta Rampini, il radiotelegrafista Marsano ed io sembriamo dei pazzi forsennati, con gli occhi sbarrati in tutte le direzioni. Ma dove sono questi naufraghi? Lanciamo al­cuni appelli R.T. ma senza avere risposta.

 

Poi invertiamo la rotta nel dubbio di non aver seguito la direzione precisa e con la paura che la bussola abbia delle devia­zioni improvvise e cominciamo a girare in tutte le direzioni a quota bassissima per trovare un segno di vita.

Voliamo sui ghiacci da circa 5 ore e comincio a pensare alla necessità di studia­re un sistema di collegamento in modo da farci guidare dagli stessi naufraghi verso la loro reale posizione, così rimando, tutto al giorno dopo. Alle 8,55 iniziamo la rotta di ritorno sempre volando a quota bassissi­ma per rendere possibile la scoperta dell’altro gruppo di naufraghi in marcia verso Capo Nord.

 

 

 

 SIAI Savoia S.55 I-SAAT Umberto Maddalena

 

Ultimi preparativi di partenza per il primo volo sulla « Tenda Rossa »

 

 

 

 SIAI Savoia S.55 I-SAAT Umberto Maddalena

 

Note di Cagna e Maddalena durante il primo e secondo volo

 

A Beverley Sound ci abbassiamo a fior d'acqua per salutare la nave Braganza ed i colleghi norvegesi Larsen e Holm che con molto spirito umanitario e con grande perizia lavorano anche loro alla ricerca dei naufraghi. Alle 11,50, dopo circa 7 ore di faticoso volo, arriviamo alla Baia del Re col pianto in cuore ed una stanchezza fisi­ca incredibile. Ma il volo non è stato inu­tile, esso è servito per farci fare un'ottima esperienza dei ghiacci ed alla sera sulla Città di Milano concretiamo con cal­ma un programma di lavoro.

 

Intanto verso sera giunge un radiotele­gramma della tenda col quale ci si comu­nica che i naufraghi hanno visto nella mat­tinata il nostro idrovolante, ma che esso è arrivato a soli due chilometri di distanza da loro. La notizia ci riempie di gioia e ritorna in noi la speranza di essere prossi­mi al raggiungimento del nostro scopo.

 

Nella notte del 19 giugno mettiamo in perfetto ordine la nostra stazione R.T. e facciamo alcuni esperimenti per guidare l'idrovolante in volo. Guidarlo, s'intende, trasmettendo da terra gli ordini al pilota e così mentre il tenente Cagna si porta in quota con l'apparecchio io rimango sul Città di Milano per assistere alla prova.

L'esperimento ci ha dato ottimi risul­tati ed infatti ci è stato possibile vedere in quella notte il nostro idrovolante cambiare rotta, quota e posizione secondo gli ordini trasmessi da bordo della nave.

 

Poi per rendere più semplice il compi­to dei radiotelegrafisti, si pensa di stabilire un piccolo codice di segnalazione da ado­perarsi quando l'idrovolante sia giunto ad ottenere il collegamento R.T. con la ten­da. Comprendiamo in poche lettere dell'al­fabeto tutti i segnali che si ritengono ne­cessari per la direzione dell'idrovolante e precisamente stabiliamo che: D indichi de­stra; S sinistra; V via; R invertire la rotta; una serie di linee, siete sulla nostra verti­cale; K lanciate i materiali, e poi che i gradi di bussola siano indicati coi numeri da 1 a 9 significando ogni numero le deci­ne invece che le unità.

 

Nella notte si trasmettono gli ordini alla tenda rossa e si raccomanda al radio­telegrafista Biagi di fare la massima atten­zione e di segnalare con precisione le ne­cessarie indicazioni all'idrovolante.

Alle 6,45 del 20 giugno l'idrovolante parte per la seconda volta dalla Baia del Re. Tutto funziona alla perfezione e rive­diamo i luoghi sorvolati il giorno prima e già divenuti familiari.

Le isole dei Danesi e di Amsterdam passano veloci sotto di noi, poi troviamo i ghiacci, rivediamo Capo Nord e le Sette Isole, poi andando avanti Capo Platen, l'Isola Carlo XII ed infine Foyn, meta agognata e punto di partenza per l'inizio delle nostre segnalazioni radiotelegrafiche.

 

 

 

 SIAI Savoia S.55 I-SAAT Umberto Maddalena

 

L’I-SAAT alla fonda alla Baia del Re

 

 

 

 SIAI Savoia S.55 I-SAAT Umberto Maddalena

 

La « Tenda Rossa » fotografata da bassa quota, dall’idrovolante di Madallena.
Il pavese di bandiere lanciato nel volo precedente la rende assai visibile.

 

Siamo sulla verticale di Foyn alle 9 e cioè dopo un volo di due ore e un quarto. Il tempo si mantiene sempre chiaro, la visibi­lità è ottima e la quota di volo viene gra­dualmente abbassata da 600 a 300 e poi a 100 metri mentre il radiotelegrafista Marsano inizia con tutta calma le sue chiama­te alla Tenda Rossa.

 

Voliamo già da 10 minuti in direzione 59° senza risposta ma all'110 gli occhi di Marsano si animano e le sue mani gestico­lano a dritta e a sinistra. I naufraghi han­no risposto! Poi arrivano chiare le segna­lazioni:

 

"Accostate di 30 gradi a destra"

"Accostate di 30° a sinistra"

"Via"

"Ritornate"

 

Ma allora siamo già passati su di loro! E perché non li abbiamo visti? Poi ancora i segnali di Biagi:

 

"Accostate di 90° a sinistra"

"Siete sulla nostra verticale"

 

Marsano e Cagna come pazzi muovono le braccia in giù ed io faccio appello a tutta la mia abilità di aviatore e mi butto a picco quasi per infilarmi con l'idrovolan­te nelle voragini aperte tra i ghiacci.

 

Tutti vanno al posto di manovra per il lancio dei materiali.

Siamo a 50 metri di altezza ma gli uo­mini non si vedono. Poi d'un tratto un fascio di raggi solari riflessi da uno spec­chio mi incatena l'occhio verso un punto ed allora appare l'incredibile!

Ecco la tenda, l'antenna della radio, le piccole bandiere lacere, quattro uomini che si agitano tra i ghiacci e si sbracciano per salutarci. Ma è visione di un istante; l'idrovolante li sorpassa e più in là ritornano i ghiacci immobili. Inizio allora una vi­rata per ritornare sui naufraghi ma non riesco più a individuare la piccola tenda.

 

Riprendiamo le chiamate con la nostra radio, ma non rispondono perché eviden­temente ci vedono vicini e non pensano che noi li abbiamo già perduti di vista. Un'ora ancora dura il nostro volo spasi­mante per ritrovare i fratelli, ma senza ri­sultato ed allora riprendiamo la rotta ver­so Foyn per ricominciare di là il collega­mento radiotelegrafico.

Intanto i naufraghi, vedendo il nostro idrovolante allontanarsi decisamente, lan­ciano disperatamente il segnale di ritorna­re; l'allegria ci riprende tutti ed invertiamo ancora la nostra rotta.

 

Ad un tratto un altro fascio di raggi solari riflessi da uno specchio manovrato dai naufraghi ci indica chiaramente da lon­tano che essi sono là sulla nostra sinistra; questa volta non li perderemo.

 

Dodici volte siamo passati sulla loro verticale ad un'altezza inferiore ai quindici metri; non vi dico la gioia di Cagna, di Rampini e del radiotelegrafista; tutti e tre col corpo fuori degli scafi dell'idrovolante hanno compiuto quel giorno un miracolo di acrobazia per lanciare tutti i materiali. Alle 10,45 il nostro compito era assolto ed i naufraghi avevano ricevuto 300 chilo­grammi di rifornimenti.

 

Alle 10,50 riprendiamo la rotta del ri­torno e verso mezzogiorno sorvoliamo il Braganza per lanciare un messaggio e dare la lieta notizia. Il volo si conclude alle 14 alla Baia del Re dopo sette ore ed un quarto.

 

Verso sera sul Città di Milano ri­ceviamo i segnali della Tenda, precisi e for­tissimi grazie ai nuovi accumulatori gettati al mattino. Tutto il materiale è stato raccolto dai naufraghi e, con parole commoventi essi ci esprimono il loro grazie e la loro gioia.

Ma il compito non è finito per noi. C'è ancora molto materiale da portare alla tenda e perciò non ci lasciamo vincere dall’entusiasmo e continuiamo invece a lavo­rare per preparare la terza spedizione.

 

Il mattino del 22 due apparecchi ita­liani, il Savoia 55 ed il Marina II, parto­no da King's Bay con 400 chilogrammi di materiali destinati alla Tenda Rossa.

In due ore ed un quarto di volo siamo sopra i naufraghi e questa volta ci è facile individuare la tenda dal gran numero di segnali lanciati il giorno prima e pronta­mente impiegati.

 

Questa terza missione è durata 7 ore ed ora ci aspettava un meritato riposo. Nei giorni che seguirono portiamo la no­stra base più a nord per abbreviare il per­corso ed essere più sicuri delle condizioni meteorologiche, e ci spostiamo dalla Baia del Re alla Baia di Virgo dalla quale molti anni fa è partita la sfortunata spedizione di Andrèe.

L'audace aeronauta si lamentava in quei tempi di non avere a disposizione un pallone dirigibile per esplorare il Polo. Og­gi i naufraghi del dirigibile Italia deside­ravano un aeroplano per uscire dai ghiacci!

 

La permanenza alla Baia di Virgo è stata per noi molto faticosa a causa, del tempo cattivo e del mare agitato, ed è sta­ta molto utile in quel periodo la nostra grande esperienza di vecchi marinai.

 

Molti avvenimenti importanti si svolgo­no nei giorni che seguono.

Il volo del tenente svedese Lundborg; la miracolosa scoperta del gruppo Mariano da parte dell'aviatore russo Chuknomsky e la travolgente corsa verso levante della nave russa Krassin. Alla fine di luglio gran parte dei naufraghi è salva a King's Bay ed il Governo Italiano decide di man­dare due idrovolanti più piccoli dei nostri per continuare lg esplorazioni con essi e con la nave Braganza a nord-est della Terra di N.E.

 

Così il 31 agosto arriviamo felicemen­te a Sesto Calende avendo terminato la nostra missione.

Il bilancio è invero invidiabile. Il no­stro S.55 ha effettuato per primo la tra­versata della Lapponia e del Mare di Ba­rents mai tentata in precedenza ed ha rag­giunto ancora per primo la Baia del Re;

ha scoperto i naufraghi della Tenda Rossa dando in tal modo il via per lo svolgimen­to di tutte le conseguenti operazioni di ricerca e di salvataggio; ha rifornito i nau­fraghi con circa 500 chilogrammi di mate­riali e viveri; ha compiuto un numero di ore di volo superiore a quello di tutti gli altri 'apparecchi (120 ore) delle quali circa 30 sulle regioni dei ghiacci; è rientrato in­fine in Patria coi propri mezzi in perfetta efficienza di volo dopo aver percorso circa 18.000 chilometri attraverso difficoltà non comuni.

 

 

 

(*) Hummock: accumuli di lastroni di ghiaccio del pack polare che possono raggiungere lo spessore di decine di metri.

http://www.squadratlantica.it/