Volare è passione e vocazione, che riempie di sè una vita.
Adolf Galland
Aerei
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Caccia / Assalto
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Bombardieri / Ricognitori
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Scuola / collegamento
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Trasporto
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- CRDA Cant. Z.511
- Piaggio P.108T
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- Savoia Marchetti SM.95
- Junkers Ju.52/3m P.X R
- Douglas DC2 - DC3
Caccia / Assalto
FIAT G.55 Centauro, immagini, scheda e storia
Il Fiat G.55 e i caccia di quinta serie
Il prototipo del G.55 (MM.491) è costruito nei primi mesi del 1942 e portato in volo da Valentino Cus, il 30 aprile; seguono altri due prototipi (MM.492 e 493).
Il confronto tra C.205, G.55, RE 2005 pone ai collaudatori militari un difficile quesito, nello stabilire una graduatoria di merito. Il C.205 è il più veloce dei tre, preferibile agli altri nell'impiego a bassa quota: ma oltre i 7.000 metri, in parte a causa della modesta superficie alare, è da essi abbondantemente surclassato. Le sue installazioni interne sono molto più sacrificate e legate al C.202; non completamente risolti i fenomeni di surriscaldamento dell’unità motrice. L'aumento del carico alare richiede un pilotaggio piuttosto attento: insomma un C.202 più pesante e armato, ma anche più difficile.
Inferiori a bassa quota, G.55 e RE 2005 eccellono oltre i 7.000 metri: il secondo, più manovriero e veloce, è però più delicato strutturalmente, con particolare riguardo al complesso di coda.
L'illusione di avere un unico, nuovo tipo di aereo in produzione è breve. La Ditta, infatti, non riesce a garantire un sufficiente gettito produttivo. Tutta l'operazione Centauro dall'aprile 1942 al settembre 1943 passerà attraverso una serie di ritardi, talora poco motivati, per cui il G.55 sarà il meno prodotto e impiegato, rispetto a C.205 e RE 2005.
Così, ancora una volta, come nel 1939 e nel 1941, anche nel 1943 si finisce per mancare alla standardizzazione e all’unificazione del tipo in produzione. Ne risulta il seguente quadro: due primi ordini di C.205, per un totale di 250 esemplari; un primo ordine di 600 G.55; un ordine di 750 RE 2005.
Quindi in Italia si fa il contrario di quanto realizzato in America, Gran Bretagna, Germania, ove dallo stesso aereo si sono derivate delle sottoversioni per allargarne le possibilità operative, contenendo al minimo le complicazioni derivanti dall'addestramento di piloti e specialisti e dalla manutenzione.
L'occasione offerta dal nostro vuoto produttivo è colta dai tedeschi che inviano a Guidonia una missione prestigiosa e nutrita. Ma il Messerschmitt Me.109G e lo stesso Focke-Wulf 190A alla prova dei fatti non risultano preferibili al G.55 e gli stessi piloti tedeschi finiscono per darne indirettamente prova, con i loro voli. La riproduzione su licenza di uno dei caccia tedeschi non avrà così ragione di materializzarsi e tutto si limiterà, come misura transitoria, alla fornitura diretta di alcune decine di Me.109: purtroppo il G.55, vincitore anche di questo secondo ciclo valutativo, giungerà ai reparti in un numero ridottissimo di esemplari.
Un prototipo è assegnato provvisoriamente in data 21 marzo 1943, al 20° gruppo del 51° stormo, basato sull'aeroporto di Ciampino. Due mesi dopo, quando il reparto si trasferisce in Sardegna, anche il G.55, pilotato dal maggiore Riccardo Roveda, basato sull'aeroporto di Capoterra, compie una breve ma brillante apparizione nel cielo dell'isola.
Vista laterale del secondo prototipo di Fiat G.55 Centauro
L’utilizzo nella Regia Aeronautica
Nel giugno, i primi esemplari hanno raggiunto l'aeroporto di Foligno ove sono presi in carico dal Gruppo Complementare del 51° stormo. In conseguenza del violentissimo bombardamento degli scali ferroviari romani la mattina del 19 luglio 1943, sono prese immediate misure per potenziare la difesa aerea della Capitale. Il provvedimento, oltre che dal Capo di Stato Maggiore Regia Aeronautica è esaminato da Mussolini in persona. Si decide di utilizzare anche gli undici G.55 del Gruppo C, con i piloti della 353a squadriglia (20° gruppo, 51° stormo). Il Comandante di Squadriglia, cap. Egeo Pittoni, molto accortamente propone che gli aerei siano dislocati a Ciampino. L’aeroporto, devastato in un secondo bombardamento pomeridiano lo stesso 19 luglio, offre le migliori garanzie per celare gli apparecchi, nuovi di fabbrica, tra i cumuli di macerie e hangars semidistrutti. Ma la proposta non piace a Mussolini. Così a Pittoni è proposto un piccolo campo da approntare lungo il fiume Tevere, qualche decina di chilometri a nord di Roma: ma gli aerei della 353a vedranno solo la più opportuna sede di Ciampino. Qui essi svolgono poche missioni anche a causa delle limitazioni nell'impiego operativo imposto dalla dichiarazione di Roma città aperta del15 agosto 1943. I responsabili della squadriglia sono infatti portati a conoscenza di una carta geografica in cui è segnata una grossa area sulla quale è vietato compiere intercettazioni.
Il 27 agosto le altre due squadriglie del 20° gruppo (maggiore Roveda) la 351a e la 352a lasciano la Sardegna e si portano sull'aeroporto di Foligno ove è vana l’attesa di ricevere i G.55.
All'8 settembre oltre che a Ciampino, un unico esemplare del Centauro è presente solo presso il 53° stormo (Torino-Caselle), anch'esso in attesa dei nuovi velivoli.
Dopo la serie zero, armata con un cannoncino da 20 mm e quattro mitragliatrici da 12,7 (due sopra, due sotto la cappottatura motore), nell'agosto del 1943 comincia la produzione della I serie, armata due mitragliatrici da mm 12,7 e tre cannoni da 20 mm; due alari e uno sparante attraverso l'ogiva dell'elica.
Tra prototipi, serie zero e I serie, la Regia Aeronautica riceve una trentina di G.55.
Vista posteriore del secondo prototipo di Fiat G.55 Centauro
L’utilizzo da parte dell’Aeronautica Nazionale Repubblicana
Il primo reparto dell’Aviazione Nazionale Repubblicana ad avere in carico G.55 è la Squadriglia Autonoma Montefusco, costituita nel novembre 1943 sull'aeroporto di Venaria Reale sotto il comando del cap. Giovanni Bonet, che riceve in dotazione diciotto di serie zero e I serie. Quando alla metà del gennaio 1944 il 1° gruppo lascia il Piemonte per il Veneto, la Montefusco rimane sola a difendere i complessi industriali dell'area torinese. Per questa ragione essa è potenziata con altri 23 G.55 di nuova produzione. L'attività autonoma della Montefusco-Bonet (il doppio nome è assunto alla morte in combattimento del Comandante, il 29 marzo 1944) si chiude nel giugno 1944 quando la Squadriglia, completa di aerei e di piloti, si trasferisce sugli aeroporti dell'Emilia ed è assorbita dal l° gruppo. Pochi giorni dopo, questi G.55 ripiegano sugli aeroporti di Vicenza e di Thiene, lasciando l'area emiliana al 2° gruppo. Complessivamente, nei mesi di giugno e luglio 1944, il reparto impiega circa settanta G.55.
Anche il 2° gruppo (4a squadriglia Gigi tre osei, 5a Diavoli Rossi, 6a Gamba di Ferro) ha avuto per qualche tempo i caccia Fiat. I primi esemplari sono ritirati sull'aeroporto di Caselle nel marzo 1944 ed entrano in fase operativa alla fine di aprile, sugli aeroporti di Bresso (Milano) e Lonate Pozzolo (Varese). Operando in seguito dagli aeroporti di Parma e di Cascina Vaga (Pavia). Oltre alle perdite in combattimento, altri aerei sono distrutti al suolo dalle incursioni nemiche per cui, già alla metà del mese, la 4a squadriglia deve passare sui Me. 109G. Nei due mesi successivi il reparto, trasferito a Ghedi (Brescia) ed a Villafranca-Ganfardine (Verona), interviene spesso con formazioni miste di Me.109 e di G.55.
L'impiego di questi ultimi è di piena soddisfazione dato il poderoso armamento, l'ottima manovrabilità, una robustezza che consente affondate estremamente violente.
È invece la Fiat che non riesce a garantire nuovi esemplari per l'integrazione della linea di volo. La causa principale è costituita dal violentissimo bombardamento subìto nell'aprile del 1944.
Ad esso fa seguito il tentativo di decentrare nel Monferrato una parte dell'apparato produttivo: l'operazione non dà esito anche per la regolarità con cui le formazioni partigiane riescono ad intercettare i camions addetti al trasferimento.
In questo periodo l'industria torinese deve barcamenarsi in un difficile gioco di equilibrio: mantenere una certa aliquota di lavoro al fine di evitare l'asportazione dei macchinari e, cosa ben più grave, la deportazione delle maestranze, cercare dunque di non provocare rappresaglie tedesche senza peraltro dar luogo a forme di collaborazionismo tali da fomentare una più energica azione clandestina all'interno degli stabilimenti. La sostanziale riuscita di questa linea di condotta non evita comunque gli atroci episodi propri di ogni guerra civile.
Fra tali complessi eventi s’inserisce anche un episodio singolare. Un collaudatore della Ditta, Serafino Agostini, con l'occasione datagli da un volo di prova di un G.55 si porta, insieme a un capitano inglese già prigioniero di guerra, a Guidonia.
Ma questo tempo di difficili rapporti ha avuto ben altre e più gravi ragioni di dissidio. Già alla fine del 1943, la costituzione dell’ANR ha trovato accoglienza ostile da parte tedesca. Il cui segreto obiettivo è quello di creare una sorta di Legione italiana inquadrata nella Luftwaffe. Questo piano, mai abbandonato, è riproposto con pressioni particolarmente violente nell'estate 1944, sfruttando anche le simpatie esasperatamente filo-tedesche di un ristrettissimo gruppo di appartenenti all'ANR. Non mancano gli episodi drammatici ma la decisa opposizione incontrata nelle sedi operative e amministrative, porta i tedeschi ad abbandonare definitivamente il piano, mentre i loro simpatizzanti subiscono gravi sanzioni disciplinari venendo anche espulsi dall'ANR.
Gli strascichi del «chiarimento» di agosto bloccano l'attività operativa dei reparti da caccia sino alla seconda metà di ottobre. Alla ripresa delle operazioni partecipano anche i G.55: ma, non più integrati da nuova produzione, sono rimpiazzati con i Me.109.
Nel complesso l’ANR ha ricevuto circa 150 G.55, nuovi di fabbrica; altri, per un numero non precisabile, sono stati requisiti o acquistati dalla Luftwaffe.
Due Fiat G.55 Centauro dell’ANR: quello in primo piano appartiene alla I serie, l’altro alla serie O, priva delle armi alari
Il Fiat G.55S (Silurante)
La versione silurante del G.55, già considerata presso la Regia Aeronautica, è ripresa all'inizio del 1944, soprattutto per dare senso alla produzione dei G.55 qualora i tedeschi ne esigessero l'interruzione. Questo studio, pur avendo l'avvallo della Ditta, preoccupata delle conseguenze di un eventuale blocco nella produzione, è condotto completamente al di fuori di essa: il progettista nutre dubbi sulla fattibilità tecnica della modifica e preferisce non assumersi responsabilità. Se ne occupa un Ufficio Tecnico esterno, formato dall'ing. Sergio Stefanutti, dal cap. Umberto Sodani e dal cap. di corvetta G. Marazio. È destinato ai collaudi di volo il cap. Adriano Mantelli che ha già svolto intensa attività, presso la Ditta costruttrice, su G.55, nuovi e revisionati.
Il lavoro di progettazione del G.55S (silurante) si svolge nella villa Scandolara a Tradate e occupa diversi mesi a causa delle difficoltà contingenti. La modifica di un velivolo di serie è realizzata in un'officina sull'aeroporto di Venegono e riguarda la partizione del radiatore in due unità sub-alari, l'allungamento, il rinforzo dell'elemento portante il ruotino di coda, l'attacco ventrale per un siluro da 930 kg. Infatti non si tratta dell'arma accorciata (il cosiddetto silurotto) già provato sui RE 2002, ma di quella tradizionalmente usata dagli SM.79 ed SM.84.
A fine marzo 1945, Mantelli trasferisce il G.55S sull'aeroporto di Lonate Pozzolo. Qui è agganciato un simulacro in cemento esattamente riproducente l’arma, come forma, peso e dimensioni. Sull'aeroporto è anche presente una Commissione tedesca alla quale si è dovuto far credere uno stadio più avanzato dicendo che l'aereo è già stato collaudato da vario tempo, con pieno successo. Mantelli decolla comunque regolarmente, dopo una lunga corsa. Una volta in aria, egli esegue tutto un programma acrobatico, nonostante il sovraccarico esterno: è la dimostrazione che il velivolo conserva margini di manovrabilità più che sufficienti. Poi ad alta velocità, al termine di un'affondata, il pilota sgancia con precisione sul bersaglio convenuto. L'esito positivo del collaudo salva dalla demolizione alcune decine di G.55 che tuttavia rimangono accantonati in località decentrate sino al termine del conflitto.
Il Fiat G.55S (Silurante) con agganciato il simulacro dell’arma
Il dopoguerra
Nel dopoguerra ha volato la versione biposto (G.55B) e ne è ripresa la costruzione. Ciò ha portato alla consegna di sedici esemplari all'Aeronautica Militare Italiana (MM.91214-91229) tra il febbraio e il maggio 1948, di 100 esemplari all'Argentina, di piccoli quantitativi a Siria ed Egitto.
Profili di quattro Fiat G.55 Centauro utilizzati nel dopoguerra
Aeronautica Militare Italiana, MM.91167, Scuola Caccia, Lecce-Galatina, 1947
Fuerza Aerea Argentina, Palomar, 1947
Royal Egyptian Air Force, 5° Squadron, dicembre 1948
Syrian Air Force, Damasco 1949
Il Fiat G.55 Centauro conservato presso il museo dell’AMI di Vigna di Valle,
ottenuto dalla ricostruzione/restauro del relitto del Fiat G.59A, MM. 53265
Il Fiat G.56
Il Fiat G.56, è il Centauro che si avvale della maggiore potenza del Daimler Benz DB.603. Studiato all'inizio del 1943, ricevere la matricola militare (MM.536) ma il giorno del primo volo di collaudo l'aereo non può che portare le insegne tedesche.
Distrutto il primo prototipo durante il bombardamento degli stabilimenti Fiat dell'aprile 1944, l'attività di volo è ripresa solo nell'estate col secondo. Il G.56 è quasi identico al predecessore, presentando solo lievi incrementi nella lunghezza e un maggior peso a causa della nuova unità motrice. Il G.56, per velocità massima e tempi di salita, è il più veloce caccia a elica costruito in Italia.
Fiat G.56 CARATTERISTICHE propulsore: Daimler Benz DB.603A – potenza: cv 1750 – apertura alare: m 11,85 – lunghezza: m 9,56 – altezza: m 3,13 – superficie alare: mq 21,11 – peso a vuoto: kg 2.900 – peso a pieno carico: kg 3.854 – velocità massima: 685 km/h – tempo di salita: 5’45” a 6.000 m – tangenza: m 13.400 – autonomia: 1.280 km – armamento: 3 cannoncini da 20 mm – pilota collaudatore: Valentino Cus – primo volo del prototipo: MM. 536 il 28 marzo 1944 – località: Caselle (Torino)