Volare è passione e vocazione, che riempie di sè una vita.
Adolf Galland
Caccia / Assalto
FIAT G.55 Centauro, immagini, scheda e storia
Velivolo da caccia, monoplano ad ala bassa a sbalzo, monomotore, monoposto a struttura interamente metallica.
[ vedi descrizione completa ]Scheda tecnica
CARATTERISTICHE
(in parentesi quelle del G.55 di I serie)
motore: Alfa Romeo RA. 1050 RC. 58 Tifone
potenza: cv 1.475 al decollo
apertura alare: m 11,85
lunghezza totale: m 9,37
altezza totale: m 3,13 (3,77)
superficie alare: mq 21,11
peso a vuoto: kg 2.630 (2730)
peso a carico massimo: kg 3.520 (3.720)
velocità massima: km/h 620 a 7.000 m
velocità minima: km/h 165
tempo di salita: 5’50" a 6.000 m (6' a 6.000 m)
tangenza massima: m 12.700 (13.000)
autonomia: km 1.160 (1.650)
decollo: m 350
atterraggio: m 480
armamento: 1 cannone da 20 mm e 4 mitragliatrici da 12,7 mm, in fusoliera (3 cannoni da 20 mm: uno in fusoliera e due alari, 2 mitragliatrici da 12,7 mm in fusoliera)
progettista: Giuseppe Gabrielli
pilota collaudatore: Valentino Cus
primo volo prototipo: MM. 491 il 30 aprile 1942
località: Caselle (Torino)
Fiat G.55 Centauro
DESCRIZIONE TECNICA
Velivolo da caccia, monoplano ad ala bassa a sbalzo, monomotore, monoposto a struttura interamente metallica.
Fusoliera a sezione ellittica in duralluminio con struttura a semiguscio, la parte anteriore, a guscio la parte posteriore: rivestimento in super-avional.
Ala metallica con due longheroni e centine, rivestimento lavorante in duralluminio; alettoni con struttura in duralluminio e rivestimento in tela; ipersostentatori ad apertura ventrale interamente metallici.
Carrello retrattile per retrazione verso l’interno a scomparsa totale; ammortizzatori oleo-pneumatici della FAST.
Ruotino di coda orientabile, retrattile.
Piani di coda a sbalzo completamente metallici tranne le superfici mobili rivestite in tela.
Posto di pilotaggio con cappottina vetrata ribaltabile lateralmente e pilone posteriore di protezione; seggiolino del pilota corazzato; apparecchiatura radio rice-trasmittente.
Strumentazione: giroritzzonte, collimatore S.Giorgio, altimetro, bussola, anemometro, indicatore di virata, variometro, contagiri, manometro carburante, manometro olio, teletermometro doppio del refrigerante, teletermometro doppio olio, indicatore di livello carburante.
Un serbatoio in fusoliera dalla capacità di 330l, due alari da 125 l. cadauno.
Motore con elica tripala metallica Piaggio a passo variabile in volo.
Quattro mitragliatrici Breda-Safat da 12,7 montate sopra e lateralmente la cappottatura motore, 300 colpi per arma; un cannone Mauser MG151/20 con tiro attraverso il mozzo dell'elica, con una dotazione di 200 colpi.
Negli esemplari di prima serie due mitragliatrici Breda-Safat da 12,7 mm. montate sopra la cappottatura motore, sincronizzate e sparanti attraverso il disco dell’elica, 300 colpi per arma; un cannone Mauser MG151/20 da 20 mm. con tiro attraverso il mozzo dell’elica, 250 colpi; due cannoni Mauser da 20 mm. nelle ali sparanti al di fuori del disco dell’elica, 200 colpi per arma, .
Due attacchi subalari per carichi di caduta o serbatoi ausiliari.
PRODUZIONE
MM. 491 - primo prototipo
MM. 492 - secondo prototipo
MM. 493 - terzo prototipo
MM. 91053-91652 - n. 600 (circa 30 consegnati al settembre 1943)
Storia aereo
Il Fiat G.55 e i caccia di quinta serie
Il prototipo del G.55 (MM.491) è costruito nei primi mesi del 1942 e portato in volo da Valentino Cus, il 30 aprile; seguono altri due prototipi (MM.492 e 493).
Il confronto tra C.205, G.55, RE 2005 pone ai collaudatori militari un difficile quesito, nello stabilire una graduatoria di merito. Il C.205 è il più veloce dei tre, preferibile agli altri nell'impiego a bassa quota: ma oltre i 7.000 metri, in parte a causa della modesta superficie alare, è da essi abbondantemente surclassato. Le sue installazioni interne sono molto più sacrificate e legate al C.202; non completamente risolti i fenomeni di surriscaldamento dell’unità motrice. L'aumento del carico alare richiede un pilotaggio piuttosto attento: insomma un C.202 più pesante e armato, ma anche più difficile.
Inferiori a bassa quota, G.55 e RE 2005 eccellono oltre i 7.000 metri: il secondo, più manovriero e veloce, è però più delicato strutturalmente, con particolare riguardo al complesso di coda.
L'illusione di avere un unico, nuovo tipo di aereo in produzione è breve. La Ditta, infatti, non riesce a garantire un sufficiente gettito produttivo. Tutta l'operazione Centauro dall'aprile 1942 al settembre 1943 passerà attraverso una serie di ritardi, talora poco motivati, per cui il G.55 sarà il meno prodotto e impiegato, rispetto a C.205 e RE 2005.
Così, ancora una volta, come nel 1939 e nel 1941, anche nel 1943 si finisce per mancare alla standardizzazione e all’unificazione del tipo in produzione. Ne risulta il seguente quadro: due primi ordini di C.205, per un totale di 250 esemplari; un primo ordine di 600 G.55; un ordine di 750 RE 2005.
Quindi in Italia si fa il contrario di quanto realizzato in America, Gran Bretagna, Germania, ove dallo stesso aereo si sono derivate delle sottoversioni per allargarne le possibilità operative, contenendo al minimo le complicazioni derivanti dall'addestramento di piloti e specialisti e dalla manutenzione.
L'occasione offerta dal nostro vuoto produttivo è colta dai tedeschi che inviano a Guidonia una missione prestigiosa e nutrita. Ma il Messerschmitt Me.109G e lo stesso Focke-Wulf 190A alla prova dei fatti non risultano preferibili al G.55 e gli stessi piloti tedeschi finiscono per darne indirettamente prova, con i loro voli. La riproduzione su licenza di uno dei caccia tedeschi non avrà così ragione di materializzarsi e tutto si limiterà, come misura transitoria, alla fornitura diretta di alcune decine di Me.109: purtroppo il G.55, vincitore anche di questo secondo ciclo valutativo, giungerà ai reparti in un numero ridottissimo di esemplari.
Un prototipo è assegnato provvisoriamente in data 21 marzo 1943, al 20° gruppo del 51° stormo, basato sull'aeroporto di Ciampino. Due mesi dopo, quando il reparto si trasferisce in Sardegna, anche il G.55, pilotato dal maggiore Riccardo Roveda, basato sull'aeroporto di Capoterra, compie una breve ma brillante apparizione nel cielo dell'isola.
Vista laterale del secondo prototipo di Fiat G.55 Centauro
L’utilizzo nella Regia Aeronautica
Nel giugno, i primi esemplari hanno raggiunto l'aeroporto di Foligno ove sono presi in carico dal Gruppo Complementare del 51° stormo. In conseguenza del violentissimo bombardamento degli scali ferroviari romani la mattina del 19 luglio 1943, sono prese immediate misure per potenziare la difesa aerea della Capitale. Il provvedimento, oltre che dal Capo di Stato Maggiore Regia Aeronautica è esaminato da Mussolini in persona. Si decide di utilizzare anche gli undici G.55 del Gruppo C, con i piloti della 353a squadriglia (20° gruppo, 51° stormo). Il Comandante di Squadriglia, cap. Egeo Pittoni, molto accortamente propone che gli aerei siano dislocati a Ciampino. L’aeroporto, devastato in un secondo bombardamento pomeridiano lo stesso 19 luglio, offre le migliori garanzie per celare gli apparecchi, nuovi di fabbrica, tra i cumuli di macerie e hangars semidistrutti. Ma la proposta non piace a Mussolini. Così a Pittoni è proposto un piccolo campo da approntare lungo il fiume Tevere, qualche decina di chilometri a nord di Roma: ma gli aerei della 353a vedranno solo la più opportuna sede di Ciampino. Qui essi svolgono poche missioni anche a causa delle limitazioni nell'impiego operativo imposto dalla dichiarazione di Roma città aperta del15 agosto 1943. I responsabili della squadriglia sono infatti portati a conoscenza di una carta geografica in cui è segnata una grossa area sulla quale è vietato compiere intercettazioni.
Il 27 agosto le altre due squadriglie del 20° gruppo (maggiore Roveda) la 351a e la 352a lasciano la Sardegna e si portano sull'aeroporto di Foligno ove è vana l’attesa di ricevere i G.55.
All'8 settembre oltre che a Ciampino, un unico esemplare del Centauro è presente solo presso il 53° stormo (Torino-Caselle), anch'esso in attesa dei nuovi velivoli.
Dopo la serie zero, armata con un cannoncino da 20 mm e quattro mitragliatrici da 12,7 (due sopra, due sotto la cappottatura motore), nell'agosto del 1943 comincia la produzione della I serie, armata due mitragliatrici da mm 12,7 e tre cannoni da 20 mm; due alari e uno sparante attraverso l'ogiva dell'elica.
Tra prototipi, serie zero e I serie, la Regia Aeronautica riceve una trentina di G.55.
Vista posteriore del secondo prototipo di Fiat G.55 Centauro
L’utilizzo da parte dell’Aeronautica Nazionale Repubblicana
Il primo reparto dell’Aviazione Nazionale Repubblicana ad avere in carico G.55 è la Squadriglia Autonoma Montefusco, costituita nel novembre 1943 sull'aeroporto di Venaria Reale sotto il comando del cap. Giovanni Bonet, che riceve in dotazione diciotto di serie zero e I serie. Quando alla metà del gennaio 1944 il 1° gruppo lascia il Piemonte per il Veneto, la Montefusco rimane sola a difendere i complessi industriali dell'area torinese. Per questa ragione essa è potenziata con altri 23 G.55 di nuova produzione. L'attività autonoma della Montefusco-Bonet (il doppio nome è assunto alla morte in combattimento del Comandante, il 29 marzo 1944) si chiude nel giugno 1944 quando la Squadriglia, completa di aerei e di piloti, si trasferisce sugli aeroporti dell'Emilia ed è assorbita dal l° gruppo. Pochi giorni dopo, questi G.55 ripiegano sugli aeroporti di Vicenza e di Thiene, lasciando l'area emiliana al 2° gruppo. Complessivamente, nei mesi di giugno e luglio 1944, il reparto impiega circa settanta G.55.
Anche il 2° gruppo (4a squadriglia Gigi tre osei, 5a Diavoli Rossi, 6a Gamba di Ferro) ha avuto per qualche tempo i caccia Fiat. I primi esemplari sono ritirati sull'aeroporto di Caselle nel marzo 1944 ed entrano in fase operativa alla fine di aprile, sugli aeroporti di Bresso (Milano) e Lonate Pozzolo (Varese). Operando in seguito dagli aeroporti di Parma e di Cascina Vaga (Pavia). Oltre alle perdite in combattimento, altri aerei sono distrutti al suolo dalle incursioni nemiche per cui, già alla metà del mese, la 4a squadriglia deve passare sui Me. 109G. Nei due mesi successivi il reparto, trasferito a Ghedi (Brescia) ed a Villafranca-Ganfardine (Verona), interviene spesso con formazioni miste di Me.109 e di G.55.
L'impiego di questi ultimi è di piena soddisfazione dato il poderoso armamento, l'ottima manovrabilità, una robustezza che consente affondate estremamente violente.
È invece la Fiat che non riesce a garantire nuovi esemplari per l'integrazione della linea di volo. La causa principale è costituita dal violentissimo bombardamento subìto nell'aprile del 1944.
Ad esso fa seguito il tentativo di decentrare nel Monferrato una parte dell'apparato produttivo: l'operazione non dà esito anche per la regolarità con cui le formazioni partigiane riescono ad intercettare i camions addetti al trasferimento.
In questo periodo l'industria torinese deve barcamenarsi in un difficile gioco di equilibrio: mantenere una certa aliquota di lavoro al fine di evitare l'asportazione dei macchinari e, cosa ben più grave, la deportazione delle maestranze, cercare dunque di non provocare rappresaglie tedesche senza peraltro dar luogo a forme di collaborazionismo tali da fomentare una più energica azione clandestina all'interno degli stabilimenti. La sostanziale riuscita di questa linea di condotta non evita comunque gli atroci episodi propri di ogni guerra civile.
Fra tali complessi eventi s’inserisce anche un episodio singolare. Un collaudatore della Ditta, Serafino Agostini, con l'occasione datagli da un volo di prova di un G.55 si porta, insieme a un capitano inglese già prigioniero di guerra, a Guidonia.
Ma questo tempo di difficili rapporti ha avuto ben altre e più gravi ragioni di dissidio. Già alla fine del 1943, la costituzione dell’ANR ha trovato accoglienza ostile da parte tedesca. Il cui segreto obiettivo è quello di creare una sorta di Legione italiana inquadrata nella Luftwaffe. Questo piano, mai abbandonato, è riproposto con pressioni particolarmente violente nell'estate 1944, sfruttando anche le simpatie esasperatamente filo-tedesche di un ristrettissimo gruppo di appartenenti all'ANR. Non mancano gli episodi drammatici ma la decisa opposizione incontrata nelle sedi operative e amministrative, porta i tedeschi ad abbandonare definitivamente il piano, mentre i loro simpatizzanti subiscono gravi sanzioni disciplinari venendo anche espulsi dall'ANR.
Gli strascichi del «chiarimento» di agosto bloccano l'attività operativa dei reparti da caccia sino alla seconda metà di ottobre. Alla ripresa delle operazioni partecipano anche i G.55: ma, non più integrati da nuova produzione, sono rimpiazzati con i Me.109.
Nel complesso l’ANR ha ricevuto circa 150 G.55, nuovi di fabbrica; altri, per un numero non precisabile, sono stati requisiti o acquistati dalla Luftwaffe.
Due Fiat G.55 Centauro dell’ANR: quello in primo piano appartiene alla I serie, l’altro alla serie O, priva delle armi alari
Il Fiat G.55S (Silurante)
La versione silurante del G.55, già considerata presso la Regia Aeronautica, è ripresa all'inizio del 1944, soprattutto per dare senso alla produzione dei G.55 qualora i tedeschi ne esigessero l'interruzione. Questo studio, pur avendo l'avvallo della Ditta, preoccupata delle conseguenze di un eventuale blocco nella produzione, è condotto completamente al di fuori di essa: il progettista nutre dubbi sulla fattibilità tecnica della modifica e preferisce non assumersi responsabilità. Se ne occupa un Ufficio Tecnico esterno, formato dall'ing. Sergio Stefanutti, dal cap. Umberto Sodani e dal cap. di corvetta G. Marazio. È destinato ai collaudi di volo il cap. Adriano Mantelli che ha già svolto intensa attività, presso la Ditta costruttrice, su G.55, nuovi e revisionati.
Il lavoro di progettazione del G.55S (silurante) si svolge nella villa Scandolara a Tradate e occupa diversi mesi a causa delle difficoltà contingenti. La modifica di un velivolo di serie è realizzata in un'officina sull'aeroporto di Venegono e riguarda la partizione del radiatore in due unità sub-alari, l'allungamento, il rinforzo dell'elemento portante il ruotino di coda, l'attacco ventrale per un siluro da 930 kg. Infatti non si tratta dell'arma accorciata (il cosiddetto silurotto) già provato sui RE 2002, ma di quella tradizionalmente usata dagli SM.79 ed SM.84.
A fine marzo 1945, Mantelli trasferisce il G.55S sull'aeroporto di Lonate Pozzolo. Qui è agganciato un simulacro in cemento esattamente riproducente l’arma, come forma, peso e dimensioni. Sull'aeroporto è anche presente una Commissione tedesca alla quale si è dovuto far credere uno stadio più avanzato dicendo che l'aereo è già stato collaudato da vario tempo, con pieno successo. Mantelli decolla comunque regolarmente, dopo una lunga corsa. Una volta in aria, egli esegue tutto un programma acrobatico, nonostante il sovraccarico esterno: è la dimostrazione che il velivolo conserva margini di manovrabilità più che sufficienti. Poi ad alta velocità, al termine di un'affondata, il pilota sgancia con precisione sul bersaglio convenuto. L'esito positivo del collaudo salva dalla demolizione alcune decine di G.55 che tuttavia rimangono accantonati in località decentrate sino al termine del conflitto.
Il Fiat G.55S (Silurante) con agganciato il simulacro dell’arma
Il dopoguerra
Nel dopoguerra ha volato la versione biposto (G.55B) e ne è ripresa la costruzione. Ciò ha portato alla consegna di sedici esemplari all'Aeronautica Militare Italiana (MM.91214-91229) tra il febbraio e il maggio 1948, di 100 esemplari all'Argentina, di piccoli quantitativi a Siria ed Egitto.
Profili di quattro Fiat G.55 Centauro utilizzati nel dopoguerra
Aeronautica Militare Italiana, MM.91167, Scuola Caccia, Lecce-Galatina, 1947
Fuerza Aerea Argentina, Palomar, 1947
Royal Egyptian Air Force, 5° Squadron, dicembre 1948
Syrian Air Force, Damasco 1949
Il Fiat G.55 Centauro conservato presso il museo dell’AMI di Vigna di Valle,
ottenuto dalla ricostruzione/restauro del relitto del Fiat G.59A, MM. 53265
Il Fiat G.56
Il Fiat G.56, è il Centauro che si avvale della maggiore potenza del Daimler Benz DB.603. Studiato all'inizio del 1943, ricevere la matricola militare (MM.536) ma il giorno del primo volo di collaudo l'aereo non può che portare le insegne tedesche.
Distrutto il primo prototipo durante il bombardamento degli stabilimenti Fiat dell'aprile 1944, l'attività di volo è ripresa solo nell'estate col secondo. Il G.56 è quasi identico al predecessore, presentando solo lievi incrementi nella lunghezza e un maggior peso a causa della nuova unità motrice. Il G.56, per velocità massima e tempi di salita, è il più veloce caccia a elica costruito in Italia.
Fiat G.56 CARATTERISTICHE propulsore: Daimler Benz DB.603A – potenza: cv 1750 – apertura alare: m 11,85 – lunghezza: m 9,56 – altezza: m 3,13 – superficie alare: mq 21,11 – peso a vuoto: kg 2.900 – peso a pieno carico: kg 3.854 – velocità massima: 685 km/h – tempo di salita: 5’45” a 6.000 m – tangenza: m 13.400 – autonomia: 1.280 km – armamento: 3 cannoncini da 20 mm – pilota collaudatore: Valentino Cus – primo volo del prototipo: MM. 536 il 28 marzo 1944 – località: Caselle (Torino)
Storia pilota, aviatore
I pregi e i limiti del G.55, e degli altri caccia di “ V serie” nelle acute note di un pilota da caccia che ebbe occasione, tra guerra e dopoguerra, di volare con Bf.109, G.55, P.51 e P.47 (g)
RICORDO DEL «CENTAURO»
La mia conoscenza col G.55 avvenuta all'inizio del 1944, non fu particolarmente entusiasmante.
Sfortunatamente, per il pur ottimo velivolo italiano, avevo conosciuto un anno prima, il Messerschmitt 109/G, il «Gustav» come lo chiamavano familiarmente al mio 150° Gruppo Caccia del Ten. Col Vizzotto. Il «Centauro» lo ebbimo in dotazione successivamente, forse per un paio di mesi.
Avemmo alcune difficoltà per mancanza di sufficienti particolari di ricambio e di attrezzature per assicurare la manutenzione e renderlo idoneo operativamente.
Lo impiegammo in combattimento due o tre volte per intercettare i bombardieri alleati che attaccavano le città del nord Italia, ed in tale ruolo si comportò abbastanza bene. Aveva un'ottima maneggevolezza, una eccellente stabilità e un potente armamento.
Il discorso variava se però ai bombardieri si sostituivano i caccia alleati fosse anche il pur pesante e poco agile Lightning P.38.
Infatti, oltre i 3.000 m. il G.55 accusava la sua pesantezza d'ali e la mancanza di una adeguata potenza surplus del motore in rapporto al peso del velivolo, che lo trasformava in un caccia di media classe e come tale non particolarmente competitivo al confronto con il mediocre ma potente e veloce P.38, con il massiccio ma rapido ed esuberante P.47 e con il velocissimo, agile e poderoso P.51.
Il velivolo risentiva, come tutti i caccia italiani dei difetti e dei pregi che essi avevano in comune: buona maneggevolezza, brillante predisposizione acrobatica, splendida linea aerodinamica che si contrapponevano alla limitata consistenza operativa per il quasi completo sfruttamento della potenza motrice disponibile, per la costituzione non particolarmente robusta ad un prolungato sforzo d'impiego, per le difficoltà di manutenzione, per la scarsa efficienza del sistema d'armamento causa di numerosi inceppamenti, per l'insufficienza degli apparati di puntamento per il tiro, per il discontinuo rendimento dei collegamenti radio, tutti elementi che avevano la loro importanza nel combattimento e contribuivano in misura determinante a stabilire il reale valore combattivo di un caccia.
Se venivano a mancare tali caratteristiche, il caccia non poteva più configurarsi in modo esatto come tale, poiché era più rispondente ad un veloce aeroplano da turismo, acrobatico, esuberante come potenza e consumo, ed eccessivo sicuramente come prestazioni fornite.
Non vorrei essere tacciato di pessimismo, ma le mie convinzioni sono maturate progressivamente allorché all'esperienza entusiasmante ed indimenticabile fatta in guerra col Messerschmitt, ho aggiunto nel dopoguerra, la conoscenza ancor più incisiva e traumatizzante del Thunderbolt e del Mustang che più volte avevo affrontato, combattuto e vinto.
FIAT G.55 Centauro
5a squadriglia II gruppo Aviazione Nazionale Repubblicana Ghedi, luglio 1944
Questa constatazione a posteriori, mi fece comprendere esattamente cosa significava per gli americani la definizione di: velivolo da caccia. Ho studiato analiticamente tale definizione e ne ho tratta la convinzione che la realtà era rappresentata da una macchina concepita e realizzata per recare la massima offesa e non come ritenevo secondo la concezione nostrana, da un aeroplano che oltre a volare, essere maneggevole, veloce e bello esteticamente, poteva anche sparare e arrecare offesa all'avversario.
Il problema del velivolo concepito come macchina da guerra veniva contrapposto al velivolo come macchina volante per la guerra. Una sottigliezza di concetti che riveste importanza fondamentale.
Mi spiego meglio con un esempio: la specifica progettuale per il P.51 prevedeva la realizzazione di un caccia da intercettazione a lungo raggio armato con 4 armi da 12,7 ed altre 4 da 7,7. Per tale tipo di velivolo si scelse un motore Allison da 1.165 cv. ben presto sostituito col più potente Allison da 1.245 cv. ed infine col Packard Merlin da 1.510 cv. e mentre la R.A.F. ordinava il Mustang con 4 armi da 20 l'USAAF si orientava sulle 6 mitragliatrici da 12,7. La velocità arrivava ai 700 Km/h, l'autonomia variava dai 1.600 ai 3.400 Km. con un peso totale di poco inferiore ai 4.300 Kg., tangenza sui 13.000 m. e velocità ascensionale con un tempo di 7'30" per arrivare ai 6.100 m., a ciò aggiungasi che la versione standard tipo D era corazzata avanti e dietro l'abitacolo, aveva una paratia a prova di proiettili dietro l'ogiva dell'elica e immagazzinava circa 1.900 proiettili. Una vera macchina da guerra volante.
Nel confronto con tali velivoli ricordo, come aspetto positivo, la spregiudicatezza con cui li affrontavamo anche disponendo di macchine tecnicamente e qualitativamente inferiori, riuscendo non di rado a batterli con lo sfruttamento intelligente delle qualità personali insite in alta misura nei nostri piloti.
Nel dopoguerra ebbi occasione di esaminare da vicino e di provare lungamente in volo i caccia made in USA: P. 47 e P. 51 e di convincermi maggiormente delle loro qualità combattive con
l'aggiungere all'aggettivo enunciato poc'anzi il sostantivo circa la « disinvoltura » con cui in combattimento ci eravamo impegnati in cosî difficile confronto.
Nel dopoguerra ritrovai anche il « Centauro » nella nuova versione G.59 migliorata e nel ruolo più modesto ed inconsueto di addestratore-caccia. In tale veste ebbi modo di ricredermi sulle sue qualità tecniche poiché esplicò questo compito con generale ed unanime soddisfazione per molti anni, ed anche fuori ruolo, continuò ad operare egregiamente presso i C. A.V. [Centro Addestramento al Volo], presso i reparti caccia ormai passati agli aviogetti come velivolo da collegamento veloce e allenamento ed infine nel ruolo, in verità non molto congeniale,di trainer per il volo strumentale.
Di tali esperienze conservo un ottimo e valido ricordo.
Se mi è ancora concesso di esprimere un mio personale giudizio sui caccia della serie 5: G. 55, Mc.205/V e Re.2005 ritengo che la decisione di immettere nei reparti da caccia questi aerei non appena pronti in numero sufficiente, rappresentò per noi piloti un avvenimento molto importante, da sempre auspicato e lungamente atteso.
Speravamo, dopo aver fatto quasi tutta la guerra sui CR.42, sui Mc.200 e sui Re.2001, che una volta dotati di tali tipi di aerei, sarebbe stato possibile controbattere efficacemente i velivoli alleati ed allinearci qualitativamente con i velivoli tedeschi.
Aspettavamo con ansia il Mc.205 che ci era stato promesso e che avemmo occasione di ammirare in Sicilia nella primavera del 1943 da poco assegnato ad altri reparti. Attendemmo invano! Mi fu consegnato al posto del Veltro il Messerschmitt 109/G: un velivolo che mi viziò aprendo alla mia esperienza di cacciatore un diverso e, per tanti motivi, positivo aspetto del velivolo da caccia: un nuovo orizzonte operativo non più limitato da plafond di velocità maneggevolezza, potenza e soprattutto capacità distruttiva. Da tale incontro nacque in me una nuova prospettiva sulla definizione costruttiva e d'impiego dell'aereo da caccia.
Gen. B.A. Mario Bellagambi
già comandante 5a squadriglia «Diavoli» - II gruppo A.N.R.