Volare è passione e vocazione, che riempie di sè una vita.
Adolf Galland
Caccia / Assalto
Aer. Macchi C.205 Veltro, immagini, scheda e storia
Velivolo da caccia, monoplano ad ala bassa a sbalzo, monomotore, monoposto a struttura interamente metallica.
[ vedi descrizione completa ]Scheda tecnica
CARATTERISTICHE
motore: Alfa Romeo RA. 1050 RC. 58 “Tifone” (Daimler Benz DB. 605 A)
potenza: cv 1.475
apertura alare: m 10,58
lunghezza totale m 8,85
altezza totale: m 3,48
superficie alare: mq 16,80
peso a vuoto: kg 2.581
peso a carico massimo: kg 3.408
velocità massima: km/h 595 a 6.000 m
velocità minima: km/h 143
tempo di salita: 5'03" a 6.000 m
tangenza massima m 11.500
autonomia: km 1.040
decollo: m 285
atterraggio: m 310
armamento: 2 mitragliatrici da 12,7 mm e 2 da 7,7 mm alari (in seguito sostituite da 2 da 20 mm)
progettista: Mario Castoldi
pilota collaudatore: Guido Carestiato
primo volo prototipo: MM. 9487 il 19 aprile 1942
località: Lonate Pozzolo (Varese)
Aer. Macchi C.205 Veltro
DESCRIZIONE TECNICA
Velivolo da caccia, monoplano ad ala bassa a sbalzo, monomotore, monoposto a struttura interamente metallica.
Fusoliera metallica con struttura a semiguscio costituita da quattro profilati in lega leggera con paratie ovoidali e correntini.
Ala metallica formata da due longheroni e centinatura; profilo alare variabile; alettoni con struttura metallica e rivestimento in tela; ipersostentatori ventrali interamente metallici.
Carrello retrattile per rotazione verso l'interno a scomparsa totale.
Ruotino di coda orientabile, retrattile, a parziale scomparsa.
Piani di coda a sbalzo completamente metallici tranne le superfici mobili rivestite in tela; stabilizzatore ad incidenza variabile in volo.
Posto di pilotaggio con cappottina vetrata ribaltabile lateralmente; seggiolino del pilota corazzato e pilone di protezione nella carenatura del poggiatesta; apparecchiatura radio rice-trasmittente.
Strumentazione standard.
Quattro serbatoi autostagnanti per il carburante: uno principale ed uno secondario in fusoliera, altri due alla radice delle semi-ali.
Motore con elica tripala metallica a passo variabile in volo.
Due mitragliatrici Breda-SAFAT da 12,7 mm. montate sopra la cappottatura motore, sincronizzate e sparanti attraverso il disco dell'elica, 400 colpi per arma; due cannoni Mauser da 20 mm. alari 250 colpi per arma.
PRODUZIONE:
MM. 9487 - prototipo C.205V
MM. 499 - primo prototipo C.205N
MM. 500 - secondo prototipo C.205N
MM. 9287 - 9386 - n. 99 (ottobre 1942-giugno 1943)
MM. 92153 - 92302 - n. 150 (consegnati circa 100 al settembre 1943)
Un’analitica trattazione delle matricole militari del C.205 è contenuta nel volume edito da “La Bancarella Aeronautica”.
Crediti
Autori Vari Dimensione Cielo Aerei italiani nella II guerra mondiale volume III Caccia/Assalto, Edizioni Bizzarri Roma 1972
Autori Vari Aer.Macchi MC.205 Monografie Aeronautiche italiane (n.70), Roma 1985
Nino Arena Macchi 205 “Veltro”, Mucchi Editore Modena 1994
Autori Vari Aermacchi C.205, La Bancarella Aeronautica Torino 2008
Storia aereo
Un rapido iter progettuale
Il C.205V « Veltro » MM.9487 vola per la prima volta il 19 aprile 1942 con un motore originale tedesco. L'installazione del DB.605 viene effettuata direttamente su una cellula di C.202 di IX serie: l'aereo, inizialmente definito C.202bis, ha dunque tutte le caratteristiche del predecessore, per quanto riguarda dimensioni e armamento, mentre risultano ovviamente aumentate prestazioni ed peso a vuoto.
Aer. Macchi C.205 Veltro (MM. 9339, I serie)
l’armamento alare è ancora costituito da due mitragliatrici da 7,7
Che il velivolo non sia un prototipo è testimoniato sotto il profilo burocratico dalla matricola assegnata propria degli aerei di serie (quattro cifre, anziché tre) e sotto quello più strettamente tecnico dai ristrettissimi tempi intercorsi tra la consegna del propulsore ed il primo volo di collaudo: esso giunge infatti alla Ditta di Varese nel febbraio 1942 ed il primo volo di collaudo avviene nel successivo aprile.
Nel maggio, l'aereo è estesamente provato a Guidonia. Il generale Guglielmo Cassinelli raggiunge in volo orizzontale a 8.000 metri i 651 km/h., facendo rilevare una media di 646 km/h. tra i vari passaggi. La salita a 6.000 metri viene effettuata in un tempo di 4' e 52". Grazie alla possibilità di utilizzare i componenti del C.202, si può varare con molta rapidità il piano di produzione. A soli sei mesi di distanza dal volo del prototipo, la Ditta è in condizioni di consegnare i primi esemplari di serie (ottobre 1942). La prova condotta dal colonnello Angelo Tondi sul primo esemplare. di serie (MM.9288) leggermente più pesante (40 kg.) e munito di motore DB.605 costruito su licenza dalla Fiat, che ha nel frattempo realizzato la catena di montaggio del motore tedesco, dà risultati solo di poco inferiori.
Il nuovo aereo è il primo caccia italiano a portare in combattimento i cannoni da 20 mm., unico armamento veramente efficace specie nell'intercettazione dei bombardieri. Infatti il C.205V installa quasi subito, in luogo delle 7,7 alari, due Mauser da 20 mm. con 250 colpi per arma, conservando le due 12,7 (400 colpi ciascuna) sulla cappottatura motore.
Monserrato (Sardegna), estate 1943. Le quattro immagini documentano i primissimi esemplari dell’Aer. Macchi C.205 Veltro in carico al 51° stormo. Anche in questo caso l’armamento alare consiste in armi da 7,7
L’immissione nei reparti operativi, le prime azioni belliche
Alla fine dell'aprile 1943 è il 1° stormo basato a Pantelleria che compie le prime missioni con i C.205 in relazione alle ultime operazioni belliche in territorio africano. Si tratta di attività connessa alla scorta dei convogli navali ed aerei, diretti o provenienti dalla Tunisia. Nella loro prima uscita, 22 C.205 affrontano con ottimi risultati formazioni più numerose di Supermarine Spitfires e di Curtiss P.40. Il crollo di quel fronte e, la vulnerabilità di Pantelleria, all'inizio di maggio determinano l'arretramento dello stormo sull'aeroporto di Sigonella (Catania) con l'utilizzo del campo-trampolino di Finocchiara. Ancora l'8 giugno 1943, 15 C.205 del 1° stormo scortano tre aerosiluranti nell'attacco delle unità navali che stanno bombardando le difese di Pantelleria. Poi l'impiego degli aerei è quasi esclusivamente difensivo nel tentativo di ostacolare i pesanti bombardamenti a cui sono sottoposti gli obiettivi militari ed i centri cittadini siciliani in preparazione allo sbarco anglo-americano.
E’ utile specificare che nessun reparto della Regia verrà mai integralmente dotato di C.205, che opererà sempre insieme al Folgore.
Alla fine di giugno, il 1° stormo, ormai ridotto senza aerei, è arretrato nel Veneto (Osoppo, quindi Ronchi dei Legionari) e sostituito dal 4°stormo.
Questo reparto, lasciata l'Africa nel gennaio 1943, affronta un periodo di ricostituzione sugli aeroporti di Campoformio (10° gruppo) e Bresso (9° gruppo), durante il quale vengono effettuati i passaggi sui C.205: quindi primo trasferimento a Roma-Ciampino.
Aer. Macchi C.205 Veltro preda bellica del 3° Squadron della Royal Australian Air Force
Le drammatiche operazioni di contrasto allo sbarco Alleato in Sicilia
Alla vigilia dello sbarco nemico in Sicilia (9 luglio 1943), 10 C.205 e 38 C.202 del 4° si trovano sugli aeroporti della piana catanese. Con loro, sono una cinquantina di C.202 ed altrettanti Me.109G, appartenenti a vari reparti: si fanno affluire nell'isola due ulteriori squadriglie da caccia, una con 10 C.205, l'altra con 8 Re.2005. Da parte sua la Luftwaffe allinea circa 400 caccia: di fronte, 4.900 aerei anglo-americani, da bombardamento, caccia e trasporto. La situazione è subito drammatica per la richiesta continua di interventi operativi: molti piloti arrivano a fare anche 6 missioni giornaliere. Alcuni aerei sono perduti in combattimento, altri in incidenti non escluse le cappottate in atterraggio per qualche buca che non si è fatto in tempo a riempire dopo l'ultimo bombardamento. Ma l'aspetto più doloroso è la impossibilità di riparare gli aerei danneggiati: il 4° stormo, che lascia l'aeroporto di Catania-Fontanarossa quando i primi nuclei di paracadutisti nemici cominciano ad agire nella piana catanese, è costretto ad incendiare 5 o 6 C.205 danneggiati che non è stato possibile trasferire su una base di raddobbo nella penisola. Il 14 luglio il reparto deve essere arretrato sull'aeroporto di Crotone. La lotta per il completo controllo del cielo dell'isola è durata pochi giorni ed è stata risolta, direttamente o indirettamente, dai pesantissimi bombardamenti contemporaneamente condotti su tutta la rete aeroportuale siciliana.
Riorganizzato e dotato nuovamente di velivoli, il 4° stormo tenta di ostacolare il successivo sbarco sulla costa calabrese. 16 C.205 intervengono il 3 settembre, mitragliando mezzi da sbarco e truppe nella zona tra Archi e Reggio Calabria; il giorno dopo, l'azione vi è ripetuta da 24 C.205, mentre il 5 settembre 12 velivoli attaccano la zona di Bagnara. In questa ultima fase lo stormo (aeroporti di Castrovillari e Gioia del Colle) ha in organico 30 C.205.
Un altro reparto che fa in tempo ad usare brevemente l'aereo, è il 3° stormo. Rimpatriato dalla Tunisia quasi alla fine di aprile, pochi giorni prima del crollo di quel fronte, lo stormo è basato a Caselle (Torino), ove riceve qualche C.202. Nel giugno, avviene il trasferimento a Ciampino. Dato il notevole numero di aerei concentrati su questo campo e la conseguente vulnerabilità nel caso di un improvviso bombardamento, in luglio il 30 è trasferito a Cerveteri. Qui il 18° gruppo (83a, 85a, 95a squadriglia) riceve alcuni C.205, mentre il 23° gruppo è con i Me.109G. I nuovi tipi di velivolo sono validamente impiegati dal 3° stormo in numerose missioni di intercettazione nel cielo del Lazio. Particolarmente violenti sono i combattimenti del 13 agosto in relazione al secondo bombardamento sugli scali ferroviari alla periferia di Roma: ma sono soltanto 75 caccia italiani e della Luftwaffe a decollare contro circa 400 velivoli americani. Alla vigilia dell'armistizio, il 3° stormo ha in carico ancora 12 C.205.
Nell'agosto 1943 il 60° gruppo (aeroporto di Lonate Pozzolo) riceve tre esemplari del velivolo, per compiti di intercettazione diurna.
Altro reparto a ricevere una piccola aliquota di C.205, è il 24° gruppo autonomo. Dopo aver effettuato i passaggi sull'aeroporto di Cagliari-Monserrato, prima una sezione (30 aprile) poi l'intero gruppo (14 maggio) si trasferiscono a Venafiorita (Olbia), lasciando l'area cagliaritana al subentrante 51° stormo. Il 24 maggio, l'aeroporto di Venafiorita è colpito da una violenta incursione nemica che sorprende alcuni velivoli in decollo. Mentre il C.205 del Comandante di Gruppo, maggiore Bruno Ricco, viene colpito gravemente, il tenente Cavalli riesce a far quota e ad abbattere due aerei attaccanti. L'attività del reparto continua da questa sede sino al 27 agosto 1943, data di trasferimento a Metato (Pisa).
Vicende operative presso il 51° stormo
La presenza dei Macchi è invece più lunga e consistente presso il 51° stormo. I nuovi aerei cominciano ad essere assegnati nell'aprile del 1943, mentre lo stormo è basato su aeroporti del Lazio e della Campania (Ciampino, Capua, Capodichino). A partire dal 16 maggio, il reparto inizia il trasferimento sugli aeroporti di Monserrato (155° gruppo) e di Capoterra, in provincia di Cagliari: già il 21 maggio quattro C.205 effettuano una prima e proficua uscita operativa. Al 9 luglio 1943, il 51° stormo ha in carico 20 C.205 e 23 C.202, ma due giorni dopo 10 C.205 della 351a squadriglia (cap. Riccardo Spagnolini) e della 360a (ten. Tullio Martinelli) debbono essere inviati a Chinisia (Trapani) per aumentare la caccia operante contro lo sbarco nemico.
Ad eccezione di questo trasferimento, tutta l'attività del 51° è rivolta a contrastare le numerose incursioni aeree sugli aeroporti e sugli obiettivi militari della Sardegna. Particolarmente violenti sono i combattimenti del 22 luglio al termine dei quali risultano abbattuti ben 10 Curtiss P.40 contro la perdita di tre Macchi. Il 26 luglio (Capo Carbonara) segna la fine per altri due P.40 ed un C.205. Il 2 agosto (Capo Pula) sei C.205 sorprendono venti caccia (P.38 e P.40) all'attacco di un nostro idro-soccorso CZ.506: cinque caccia americani ed un Macchi, abbattuti. Il 6 agosto la 351a e la 360a squadriglia del 155° gruppo si portano a Casa Zeppera (Oristano), mentre tra il 21 ed il 23 dello stesso mese la 378a (155° gruppo) e la 351a e 352a (20° gruppo) si trasferiscono a Milis. Tra maggio e settembre, lo stormo ha svolto un'attività eccezionalmente intensa perdendo numerosi piloti: alla memoria di quattro di Essi, il cap. Italo D'Amico, il ten. Paolo Damiani, il maresciallo Pietro Bianchi, il serg. Ferruccio Serafini, viene conferita la massima onorificenza militare. Al momento dell'armistizio il 51° stormo ha in Sardegna 14 C.205 e 14 C.202, mentre a Foligno (Gruppo Complementare) sono 4 C.205 e 6 C.202.
Aer. Macchi C.205 Veltro
- 85a squadriglia (3° stormo), Italia, estate 1943
- con insegne tedesche sovrapposte, probabilmente in dotazione al II./JG77 della Luftwaffe
- Italian Co-belligerant Air Force, 360a squadriglia (51° stormo), Italia meridionale, estate 1944
Il C.205 R.F. (Ricognizione fotografica), sviluppo e impiego operativo
La necessità di disporre di velivoli di elevate caratteristiche in grado di effettuare un quotidiano controllo delle basi aeree e navali del nord Africa, ormai definitivamente occupate dalle forze Alleate, porta alla definizione del C.205 R.F. (ricognizione fotografica).
Questo allestimento vede l’eliminazione del serbatoio del carburante supplementare da 80 l. situato in fusoliera alle spalle del posto di pilotaggio, l’installazione, nel vano resosi disponibile, una macchina fotoplanimetrica modello Kodak RB. 50 - 30 (Guidon Cine), dotata di obiettivo con fuoco 500, dal peso di circa 70 kg. disposta verticalmente nella fusoliera con l'obiettivo in prossimità del fondo dello scafo sagomato dove era praticato un foro di 30 cm. di diametro protetto con paratia scorrevole a comando manuale (sistema Tenente GARI Ing. Vittorio Lana) necessario per proteggere lente e apparato nelle fasi in decollo e atterraggio. La ridotta capacità dei serbatoi (348 l.) limita l’autonomia a circa 500 km. (Mc. 205/V-R.F. piccola autonomia). L’armamento è quello di 2 mitragliatrici da 12,7 mm. e 2 da 7,7mm. della I serie del C.205.
I primi velivoli R.F.(MM. 9301 / 9355 / 9365 / 9377 / 9379) vengono assegnati, oltre che alla 310a Squadriglia da R.F. (Cap. Adriano Visconti), al 4° e 51° Stormo dislocati rispettivamente in Sicilia e Sardegna, per l'assolvimento di missioni fotografiche locali con limitato raggio d'azione. L'addestramento del personale alla tecnica delle ripresa aerofotografica da grande altezza (10.000 m.) viene iniziato nel mese di luglio.
Nonostante la notevole quota di volo (10.000 metri) e la ridotta superficie di sostentazione, anche in tale ruolo il «Veltro» fornisce ottimi risultati operativi. Nel mese di giugno vengono attrezzati come R.F. altri 3 velivoli (MM. 9374 / 9377 / 9379) muniti di serbatoi di carburante sganciabili da 100/150 l. che portano l'autonomia rispettivamente a 760 km. (l. 548) o 920 (l. 648) e denominati “a media autonomia”. I 3 nuovi Macchi 205 fotografici venivano assegnati alla 310.a (Mc. 205/V-RF/media autonomia).
In luglio dopo le buone prove ottenute, vengono approntati i primi 4 aerei della versione fotografica standard del tipo a lunga autonomia caratterizzati dall'installazione di un serbatoio centrale da 180 l. di carburante in luogo delle 2 SAFAT da 12,7 mm. e la sostituzione delle armi alari con 2 MG. 151/20. Vengono pertanto modificati i velivoli di I serie MM. 9396 / 9378 / 9381; mentre vengono deliberati dalle officine Macchi i primi 4 Mc. 205/V-III Serie R.F. (MM. 92153 / 92154 / 92155 / 92157) assegnati al 51° Stormo, ed alla 310a Squadriglia che riceve anche i velivoli R.F. di I serie trasformati, portando l'organico del reparto a 10 velivoli. L'aumentato quantitativo di carburante (650/750 l.), porta l’autonomia da un minimo di 920 km. a un massimo di 1.080 km. equivalente a circa 3 ore di volo. L'adozione di serbatoi sub-alari supplementari sganciabili, rappresenta un’importante novità per i caccia italiani.
Nel mese di luglio la 310a squadriglia basata sull'aeroporto di Guidonia, inizia un ciclo di addestramento sull’aereo e sulle tecniche di aerofotografia da grande altezza.
Nella prima decade di agosto, una sezione di 3 velivoli con 9 specialisti viene trasferita sull'aeroporto di Decimomannu, per compiere missioni fotografiche strategiche in Tunisia, Algeria, Canale di Sicilia, Malta.
Per questa prima esperienza operativa il comando della sezione viene assunto dal Capitano Visconti che porta con sé il Sottotenente Sajeva, il Maresciallo Magnaghi ed il Sergente Laiolo .
Gli aerei effettuano quotidiane ricognizioni, due per turno giornaliero e uno di riserva, sui porti e campi aerei di Bone, Philippeville, Bougie, Biserta, isola dei Cani, La Calle, Kairouan e il suo gruppo di aeroporti. Alle missioni partecipa saltuariamente anche il maresciallo Magnaghi con un velivolo Mc.205 equipaggiato con macchina da ripresa cinefotografica necessaria per completare con panoramiche le zone segnalate come interessanti per concentramenti di navi o aerei. Al ritorno alla base un C.202 trasporta a Guidonia le pellicole impressionate, per il loro rapido sviluppo e analisi.
E’ evidente la grande importanza del servizio aerofotografico e la necessità di svilupparlo ulteriormente. A tale scopo vengono date disposizioni al comando della 310a per il trasferimento di altre 2 sezioni di 3 aerei ciascuna in Calabria e nelle Puglie per operare nel Mediterraneo centrale e medio-orientale e l'ordine produttivo mensile alla Macchi di 3 unità del velivolo.
Il 1° settembre la 310a veniva completata con l'assegnazione di altri 2 Mc.205/V-RF (MM.92196/92198) che portano a 12 il numero dei velivoli in dotazione.
La penultima ricognizione fotografica della sezione di Decimo, viene effettuata il 7 settembre sul porto di Biserta dal Capitano Visconti, con velivolo in non perfetta efficienza, per la durata complessiva di 1 ora e 40' a 10.000 m. di quota. Il giorno 8 il Sotto Tenente Sajeva è su Tunisi nel corso di una missione della durata di 80'.
Nella giornata dell'8 settembre vanno perduti i Mc.205/V R.F. MM.92153/92154 pilotati dal Capitano Zapponi e dal Tenente Ostinelli del CLV Gruppo C.T., decollati nel tardo pomeriggio da Casa Zeppera in Sardegna per una ricognizione presso l'isola dei Cani. Disperso il Capitano Zapponi precipitato in mare, si salva invece il Tenente Ostinelli, approdato sulle coste siciliane, dopo 5 giorni di drammatica permanenza sul battellino di salvataggio.
L’attività presso l’Aeronautica cobelligerante
Dopo l'8 settembre, l'Aeronautica cobelligerante riesce a raccogliere 37 C.205 in parte del 4° stormo (aeroporti pugliesi e Pescara) in parte del 51° (aeroporti della Sardegna).
La co-belligeranza è aperta il 12 settembre 1943 dalla ricognizione offensiva di 10 C.205 del 4° stormo, tra Brindisi e Bari. Tra il 18 ed il 25 settembre, i C.205 del 4° intervengono in appoggio ai difensori di Cefalonia e Corfù: il 25 avviene anche uno scontro tra due nostri C.205 e due Me.109G della Luftwaffe, al termine del quale un Messerschmitt è abbattuto in fiamme. Parallelamente il 4° stormo ha iniziato missioni di ricognizione é di attacco sugli aeroporti occupati dai tedeschi in territorio greco-albanese. Il 21 settembre, due C.205 inviati sull'aeroporto di Coritza vengono seriamente danneggiati dalla contraerea tedesca ed uno dei nostri piloti, il sottotenente Carlo Negri, è costretto ad un atterraggio di fortuna sullo stesso aeroporto. Catturato dai tedeschi viene immediatamente fucilato.
Aer. Macchi C.205 Veltro, Italian Co-belligerant Air Force. Il campo impantanato e le retrostanti tende rendono con molta immediatezza le durissime condizioni sostenute da Piloti e Personale
Il 6 ottobre, 2 C.205 pilotati dal maggiore Ruspoli e dal capitano Margotti del 4° stormo decollano da Foggia e sorvolano Roma a bassa quota, da Ponte Milvio a Porta S. Paolo, lanciando manifestini.
Il 12 ottobre, il 4° stormo comincia ad operare anche sulla Jugoslavia, in appoggio alle divisioni « Venezia » e « Taurinense » poi riunite nella Divisione Italiana Partigiana « Garibaldi »; mitragliamenti, ricognizioni, scorte ai velivoli da trasporto, attacchi sugli aeroporti: colpire a terra la caccia della Luftwaffe significa ridurre i rischi durante le missioni di aerorifornimento ai partigiani jugoslavi ed alle nostre truppe. A metà gennaio 1944 i C.205 del 4° stormo si portano, più a nord, sul campo di Palata (Foggia).
A Leverano (Lecce) rimangono quelli del 51° stormo, appena trasferiti dalla Sardegna (25-26 dicembre 1943).
Diciotto di questi aerei sono privati delle due mitragliatrici da 12,7 sistemate nel muso: al loro posto si installa un serbatoio appositamente costruito per occupare tutto lo spazio risultante e tale da contenere 200 litri aggiuntivi di carburante.
Il 3 marzo, 5 C.205 e 7 C.202 del 51° si portano a Palata per poi avanzare sull'aeroporto di Campomarino (Nuova). A fine giugno, quando il 4° stormo passa sui Bell P.39, tutti i C. 205 sono concentrati nel 51° (gruppi 20°, 21° e 155°). A metà agosto, 16 C.205 e 9 C.202 tornano indietro sugli aeroporti di Lecce per attaccare le truppe tedesche che ormai abbandonano il territorio greco. Successivamente la lontananza degli obiettivi jugoslavi dall'aeroporto di Galatina consente l'impiego dei soli C.205/S del 155° gruppo.
Nell'anno 1944 vanno perduti nove C.205: vediamo gli episodi. Il 18 marzo, 6 C.205 attaccano a volo radente una postazione contraerea a Lapad (Jugoslavia): il primo aereo la colpisce gravemente e la fa esplodere tanto che il secondo, in fila indiana, rimane investito dallo scoppio danneggiandosi seriamente. Sulla via del ritorno il pilota è costretto ad abbandonare il velivolo, sul mare, lanciandosi con il paracadute. L'11 aprile, un altro Macchi è abbattuto dalla contraerea tedesca su Dubrovnich. Il 4 maggio, un C.205/S di scorta ai Cant.Z.l007bis precipita in mare durante il percorso di rientro alla base: pilota disperso. Il 16 luglio, altro C.205 che precipita in mare: questa volta il pilota si salva con il paracadute. Il 3 agosto, durante un attacco alla stazione ferroviaria di Hutovo, un C.205 è abbattuto dalla contraerea. Il 25 agosto, un incidente di natura tecnica porta alla perdita di un altro velivolo. Il 13 settembre un C.205 è abbattuto dalla contraerea, in Epiro, mentre attacca un'autocolonna tedesca. Infine, in novembre, durante l'intenso martellamento delle truppe tedesche ripieganti in Albania ed Jugoslavia, il 51° stormo perde altri due aerei. Un terzo delle perdite è dunque causata da incidenti di natura tecnica, imputabili alle condizioni degli aerei ormai stracarichi di ore di volo e di missioni.
A causa delle lunghe percorrenze su mare aperto, i C.205 del 155° gruppo non parteciperanno all'ultimo ciclo operativo, dal febbraio al maggio 1945, sugli aeroporti di Canne e di Lissa. All'8 maggio 1945, il gruppo è sull'aeroporto di Galatina (Lecce) con 19 C.205 efficienti sui 30 in carico.
Galatina (Lecce) Aer. Macchi C.205 Veltro dell’Italian Co-belligerant Air Force
Il breve utilizzo da parte della Luftwaffe
In conseguenza dell’armistizio tre squadriglie della Luftwaffe (4, 5, 6 dello Jagdgeschwader 77) vengono equipaggiate con il C.205. l’addestramento non è scevro di problemi, primo dei quali la differente corsa della manetta motori. Comunque alla fine d’ottobre i reparti hanno completato i passaggi sul velivolo italiano con cui vengono conseguiti almeno due abbattimenti in danno ai P-38 del 14th Fighter Group. L’utilizzo da parte tedesca è comunque di breve durata, costituita l’Aviazione Nazionale Repubblicana i velivoli vengono ceduti al I gruppo caccia sul campo di Lagnasco, circostanza per effettuare una serie di foto propagandistiche.
Aer. Macchi C.205 Veltro della 2a squadriglia (I gruppo) dell’Aviazione Nazionale Repubblicana, già 3° stormo Regia Aeronautica. I distintivi alari, in un primo tempo di colore bianco, vennero successivamente ridipinti in nero. I velivoli da caccia dell’ANR conservarono generalmente la finitura mimetica posseduta nel periodo precedente l’armistizio
L’attività con l’Aviazione Nazionale Repubblicana
Assai più cospicuo è l'impiego dei Macchi C.205 nell'Aeronautica della Repubblica Sociale Italiana. Il numero dei velivoli recuperati inizialmente (29) è in effetti ridotto, ma poi questa Aviazione ha possibilità di avvalersi di 112 nuovi esemplari prodotti presso la Ditta. Per questa ragione la Macchi sarà, sottoposta a due pesanti incursioni aeree anglo-americane, nel marzo e nel maggio del 1944: la seconda di esse porterà all'interruzione del ciclo produttivo dei C.205V.
L'organizzazione dei caccia dell'Aviazione Nazionale Repubblicana è affrontata già nell'ultimo bimestre del 1943. Ogni gruppo è ora costituito su tre squadriglie di 20 velivoli ciascuna ed è destinato ad operare con grosse formazioni nelle missioni di intercettazione su allarme. In effetti questa forma d'impiego, attivata da stazioni di radiolocalizzazione, dalla rete di ascolto ed avvistamento, integrata alle batterie contraeree, darà notevoli risultati per tutto l'arco del 1944. Si può anzi dire che la nostra aviazione da caccia ha conseguito, in questo periodo, i risultati di maggior rilievo nell'intercettazione delle incursioni avversarie. Ciò è dipeso dall'aver usato gli aerei in massa nell'unico compito della difesa territoriale, dall'avere macchine dotate di cannoncini da 20 mm., dal potersi avvalere di un sufficiente preavviso. Non bisogna dimenticare che gli obiettivi del Piemonte e della Lombardia, di buona parte del Veneto e dell'Emilia, impediscono di sfruttare la « sorpresa » di un improvviso arrivo dal mare, come già succedeva in Sardegna, in Sicilia e su tutti gli obiettivi costieri.
Il primo nucleo di questa Aviazione può dirsi abbia preso le mosse dallo stesso 8 settembre 1943. Dopo l'annuncio dell'armistizio, sull'aeroporto di Decimomannu tre C.205 fotografici della 310a squadriglia sono velocemente privati di quanto non sia indispensabile al volo nel tentativo di guadagnare il maggior posto possibile. La mattina del 9, i tre aerei pilotati dal cap. Adriano Visconti, dal sottotenente Giovanni Sajeva e dal sergente Domenico Laiolo, attraversano il Tirreno ed atterrano regolarmente a Guidonia, sede del reparto. Dai tre caccia, quasi fossero aerei da trasporto, scendono insieme ai tre piloti, altri otto appartenenti alla squadriglia. Visconti, che è riuscito a compiere un'impresa quasi incredibile ed aderisce agli appelli per ricostituire un'aviazione che continui la guerra contro gli anglo-americani. Il 1° Gruppo Caccia si forma così, con una ventina di piloti volontari, all'inizio dell'ottobre 1943. Essi si riuniscono sull'aeroporto di Torino-Mirafiori, poi, all'aumentare degli organici e con una dotazione di C.205 recuperati, si trasferiscono sull'aeroporto di Lagnasco (Cuneo) ove svolgono intensa attività addestrativa. Al comando del Gruppo (I squadriglia « Asso di Bastoni », II « Vespa Arrabbiata », III « Arciere ») è il maggiore Borgogno.
Aer. Macchi C.205 Veltro della 1a squadriglia dell’Aviazione Nazionale Repubblicana. Italia settentrionale, primavera 1944
Campoformido (Udine) Aer. Macchi C.205 Veltro del 1° Gruppo caccia “Asso di Bastoni” dell’ANR
La prima azione avviene il 3 gennaio 1944. In tale occasione, i C.205 di Visconti intercettano, sull'area torinese, una grossa formazione di bombardieri americani scortati da P.38 Lightning: tre di questi ultimi sono abbattuti senza perdite da parte italiana. Nella seconda metà di gennaio tutto il I gruppo (una settantina di C.205, metà nuovi, metà di recupero) si porta nel Friuli sugli aeroporti di Campoformido, Aviano, Osoppo.
Il 22 febbraio, i principali aeroporti della regione sono attaccati da 615 quadrimotori americani che riescono momentaneamente a neutralizzarli ed a bloccare la caccia tedesca ed italiana. Tra la fine di febbraio e l'inizio di marzo, il I gruppo caccia riceve 34 nuovi C.205 con i quali riprende piena attività Agli inizi di aprile, il reparto svolge missioni di intercettazione anche sul territorio austriaco e su quello jugoslavo. Nella seconda metà del mese, il I gruppo si trasferisce più a sud sull'aeroporto di Reggio Emilia. Questa nuova dislocazione porta il reparto in una zona ove operano i P.51 Mustang. Nel primo scontro tra questi ed i C.205, due nostri aerei vanno perduti: ma il 2 ed il 12 maggio, sono i C.205 a prevalere sul nuovo avversario abbattendone due esemplari. In quest'ultima giornata, l'aeroporto di Reggio Emilia è colpito duramente da due incursioni americane: si è dunque costretti a portare i C.205 sui meno esposti campi di Parma e di Cavriago. Il tentativo di trasferire una squadriglia su questo piccolo aeroporto ha però tuttavia esito disastroso: tre C.205 rimangono distrutti a seguito di cappottate a fine campo.
Alla fine di maggio, la dotazione di C.205 è ormai notevolmente ridotta: perdite in combattimento, incidenti, aerei distrutti al suolo. Il 1° gruppo comincia così a passare sui Fiat G.55 (dotazione al completo verso la fine di giugno) mentre si festeggia la promozione a maggiore di Adriano Visconti e si conteggiano 58 abbattimenti di aerei americani. Finisce dunque in maggio il sistematico impiego operativo dei C.205. L'aereo è tuttavia presente in altri reparti dell'aviazione della Repubblica Sociale, quali la Squadriglia Addestramento Caccia, il Nucleo Comando del III gruppo.
Gli ultimi voli nel dopoguerra
Nel dopoguerra una trentina di C.205 sono in dotazione al 5° stormo che li impiega in Puglia, tra l'estate 1946 ed il maggio 1947. Quindi il reparto si trasferisce ad Orio al Serio ove viene dotato di Spitfire Mk. IX. Gli ultimi C.205 passano alla Scuola Caccia venendo utilizzati sino al 1951, per poi essere portati presso il poligono di Furbara o demoliti.
Aer. Macchi C.205 Veltro dell’AMI, Scuola Caccia di Brindisi, maggio 1947
I C.205 all’Egitto
La fine della II guerra mondiale non vede il termine della carriera bellica del Veltro. La Macchi, infatti, diviene fornitrice del governo Egiziano in virtù di un contratto per 24 C.205 stipulato nel giugno 1948. Non si tratta di macchine di nuova produzione bensì di velivoli revisionati o cellule di C.202 ricondizionate col DB605.
Spedite via mare i velivoli vengono montati e consegnati alla Royal Egyptian Air Force (REAF), vanno ad affiancare G.55 e Spitfire nel corso della prima guerra arabo-israeliana, operando col II squadron dalla base di al-Arish. Tre velivoli sono persi in combattimento. Positivo il parere dei piloti egiziani tra cui il futuro comandante Generale dell’Aeronautica Egiziana Shalabi al Hinnawi.
Successivamente all’armistizio del 7 gennaio 1949 vengono consegnati altri 18 Veltro.
Per quanto connesso al trasferimento, montaggio, collaudo dei velivoli Carestiato sarà lungamente distaccato in Egitto insieme al Colonnello Ettore Foschini già “asso” della Regia ed ispettore dell’ANR.
I caccia italiani continueranno a volare sino all’arrivo dei caccia a reazione e termineranno quali addestratori avanzati presso la scuola di Helwan.
L’Aer. Macchi C.205 Veltro conservato presso il Museo dell’AMI di Vigna di Valle
Sviluppi sperimentali
Il 1 novembre 1942 compie il primo volo di collaudo (pilota Guido Carestiato) il C.205N 1 Tipo “Orione” (MM.499), ovvero la versione del “Veltro” con superficie alare maggiorata (19 mq, rispetto ai 16,80 del “Veltro”) ed in grado, quindi, di offrire migliori prestazioni oltre i 7000 metri di quota. Qualche lieve difetto viene corretto nel secondo prototipo (MM.500) che compie a sua volta il primo volo il 19 maggio 1942.
L’N1 è armato con 4 mitragliatrici da 12,7 mm., due sulla cappottatura motore due alla radice delle semiali ed un cannone da 20 mm. sparante attraverso il mozzo dell’elica, mentre l’N2 possiede l’armamento proprio al G.55 e Re.2005: 3 cannoni da 20mm., 2 mitragliatrici da 12,7 mm.
Aer. Macchi C.205 N1 ed N2 Orione
Rispetto alle altre due macchine di “quinta serie” concorrenti l’Orione è la meno riuscita, o meglio quella che risente maggiormente del predecessore (C.202). Nonostante che il concorso sia stato vinto dal G.55 la Regia formula un cospicuo ordine di 1200 esemplari (600 alla Macchi, altrettanti alla Breda) che sarà cancellato in relazione all’ormai critico andamento bellico che sconsiglia qualsiasi variazione produttiva e trasformato in un ordinativo per 300 C.205V.
I due velivoli sono inviati a Guidonia ed a Furbara per il consueto ciclo di rilievo delle caratteristiche ed uno di essi è utilizzato in missioni d’intercettazione sul cielo di Roma. Dei due prototipi uno è distrutto nel bombardamento di Guidonia (24 ottobre 1942), mentre ignota è la sorte spettata all’altro.
Aer.Macchi C.206
Motore Daimler Benz DB.605 da cv. 1250 a 5.800 m, apertura alare 12.14 m, lunghezza 9.33 m, altezza 3.64 m, superficie alare 21 mq, peso a vuoto 2.578 kg, massimo 3.650 kg, velocità massima 640 km/h, salita ad 8000 m in 8’50”(*), armamento 2 mitragliatrici da 12.7 in fusoliera, 3 cannoni da 20 mm uno sparante attraverso il mozzo dell’elica due alari. (* stimati)
Il C.206 vuole essere, nei propositi di Castoldi, la “macchina definitiva” in attesa della disponibilità del DB.603 e come tale và considerato come un’iniziativa privata della Macchi; l’ala è incrementata a 21 mq al fine di ridurre ulteriormente il carico alare e portarlo ai valori del C.202. Il completamento del prototipo è previsto per l’ottobre 1943 ma un’esplosione accidentale ne danneggia un’ala. Il prototipo rimane pertanto accantonato sino al marzo 1944 quando, dietro parere di Castoldi, ne viene deciso il completamento dotandolo di radiatori di acqua e olio di minor ingombro aerodinamico. I bombardamenti dell’1 e 20 aprile colpiscono anche il capannone dove si trova il C.207 quasi completo.
Neppure il C.207, motorizzato col DB.603 da 1750 cv. Volerà mai. Il progetto prevede una velocità massima nell’ordine dei 700 km/h, quattro cannoni da 20 mm. con 250 colpi per arma e una nuova disposizione dei serbatoi. Gli avvenimenti armistiziali bloccano i lavori di costruzione alla fusoliera, nel dopoguerra la Macchi lo propone con la motorizzazione del Packard “Merlin”, come fatto dalla FIAT col G.55 ma l’offerta non ha seguito.
Aer.Macchi C.207
Motore Daimler Benz DB.603 da cv. 1510 a 5.700 m, apertura alare 12.14 m, lunghezza 9.73 m, altezza 3.65 m, superficie alare 21 mq, peso a vuoto 2.292 kg, massimo 4.340 kg, velocità massima 700 km/h (*), armamento 4 cannoni alari da 20 mm. (* stimata)
Storia pilota, aviatore
Il mio indimenticabile «Veltro»
Parlare del Macchi 205 significa per me ritornare col pensiero al ricordo bello e indimenticabile di quell'eccezionale aeroplano che fu il Veltro.
Da quel memorabile giorno di primavera in cui mi venne affidato per il collaudo del primo volo, sono passati ormai 33 anni, eppure, di quell'avvenimento, ricordo i particolari esattamente e l'impressione forte e piacevole nello stesso tempo del prototipo MM. 9487 che portai in volo nel cielo di Lonate.
Il pilota collaudatore dell’Aer. Macchi, Guido Carestiato in una foto postbellica
Avevo seguito nei giorni precedenti la messa a punto del velivolo, messa a punto non particolarmente laboriosa poiché il 205 derivava dal famoso C. 202 di cui conservava le ottime caratteristiche di maneggevolezza, la robusta costituzione strutturale, la pulita linea aerodinamica e l'armoniosità dei comandi.
Uniche differenze avvertite: l'incremento di spinta dovuto al più potente motore e l'accresciuto armamento che si notava al momento delle prove di sparo in volo. La serie «00» aveva 2 Safat da 12,7 che sparavano sincronizzate attraverso l'elica e altre due 7,7 sistemate sulle semiali. L'armamento non era molto efficiente e certamente inadeguato alle prestazioni che poteva offrire il 205, ma venne ben presto modificato con la sostituzione delle Safat da 7,7 con due cannoncini Mauser da 20. Così armato il velivolo divenne veramente un «signor Caccia».
Le prove di collaudo si svolsero normalmente come nelle previsioni, sembrava di pilotare un 202 Sprint... poiché rimasi impressionato favorevolmente dalla velocità che poteva sprigionare il 205, dalle accresciute possibilità di maneggevolezza che esprimeva il velivolo, dalle eccezionali caratteristiche di arrampicatore senza affanni che esaltavano al massimo la velocità ascensionale raggiungendo i 6 000 m. di quota in un soffio.
Ciò che mi rassicurava completamente durante le prove di collaudo, era la robustezza della cellula, lungamente valutata col C. 202 negli anni precedenti, e ciò mi spingeva a richiedere alla macchina ogni sforzo; dalle manovre più arrischiate alle sollecitazioni più gravose spinte sino ai limiti di sicurezza stabiliti ed oltre. Ricordo di aver raggiunto in affondata e senza particolari difficoltà, valori attorno ai 1.000 km/h, mai superati in precedenza e tale risultato consentì alla Macchi di non applicare all'anemometro alcun fermo di sicurezza per i limiti di velocità; chi s'intende di questi valori può valutare il vero significato di sicurezza che offriva la struttura del 205. Altro sorprendente risultato fu quello di raggiungere in orizzontale alla quota di 7.200 m. i 660 km/h, valore questo che rappresentava, se non vado errato, la più alta velocità raggiunta con un caccia munito di motore DB 605. L'unico punto controverso che costò alla Macchi un compromesso con l'Aeronautica militare, fu l'accettare come velocità massima in orizzontale, l'omologazione di 642 km/h valore medio questo stabilito dai piloti militari di Guidonia sulla base di alcune opinabili considerazioni: installazione dei due cannoncini Mauser da 20 mm., applicazione di un pattino di protezione del ruotino di coda. aumento dei radiatori dell'olio come dimensioni, per il miglior raffreddamento del lubrificante necessario al DB. 605.
Non c'era molto da scegliere sulle condizioni stabilite per l'accettazione del citato limite di velocità, anche se il valore omologato di 642 km/h garantiva comunque al Mc. 205 una posizione di superiorità rispetto agli altri due velivoli concorrenti omologati a velocità inferiori.
Per dovere d'informazione debbo però precisare che nelle prove di lotto m'impegnai personalmente per confermare i valori raggiunti in precedenza, riuscendo con mia grande soddisfazione a raggiungere velocità mai inferiori ai 650 km/h in più occasioni e controllate con strumenti a Guidonia dai piloti militari.
Tali risultati debbono accreditarsi alle ottime caratteristiche del «Veltro», alla sua perfetta messa a punto ed alle favorevoli condizioni in cui si svolsero le prove. L'aeronautica Macchi aveva superato brillantemente col 205 tutte le prove in programma.
Le caratteristiche positive ed inedite del C.2Ó5 rispetto ai precedenti velivoli da me collaudati, possono sintetizzarsi come segue:
1) il suo abitacolo spazioso e dotato di ottima visibilità.
2) il decollo facile e sicuro con il distacco quasi automatico dal terreno.
3) l'ottima velocità in cabrata con il raggiungimento di alta quota in tempi minimi.
4) la straordinaria robustezza nelle più gravose condizioni di manovra.
5) le eccezionali doti acrobatiche e la rapidità di esecuzione delle manovre.
6) la grande maneggevolezza per la pronta rispondenza dei comandi.
7) la naturale tendenza a facilitare l'atterraggio sui tre punti di stabilità.
Pur essendo piuttosto caricato per mq. a causa della sua limitata superficie alare, aveva sempre buone possibilità sugli 8.000/9.000 m. mentre era ottimo alle quote più basse.
Personalmente lo considero come uno dei più riusciti caccia messi in campo dai belligeranti nella seconda guerra mondiale; certamente il migliore di quelli italiani da me conosciuti. Con minore nostalgia ricordo invece le altre due versioni del 205/N «Orione» dotati di maggiore superficie alare e di più potente armamento. Pur essendo anch'essi degli ottimi velivoli non aveva la brillantezza e la personalità «grintosa» del C.205/Veltro.
Non ho dimenticato né potrei dimenticare le caratteristiche veramente insuperabili ed entusiasmanti del Macchi 205; così docile, fedele, sicuro e perché no, bello!.
Guido Carestiato
Capo Collaudatore dell'Aeronautica Macchi
Aer.Macchi C.205V “Veltro” 85a squadriglia 18° gruppo 3° stormo
Cerveteri, agosto 1943
«Quel giorno, sul cielo di Roma»
Credo, se non vado errato, di essere stato uno dei primi piloti del 3° Stormo Caccia ad avere in assegnazione un Macchi 205/V; assieme a me lo ebbero il Ten. Bordoni e il maresciallo Fibbia quale premio per il maggior numero di abbattimenti conseguiti nell'ultimo mese. Un assegnazione «ad personam» invidiata ed auspicata per tutti gli altri piloti dello stormo Falconi. Il primo esordio col «Veltro» lo ebbi il 27 agosto 1943 e per dire la verità, fu piuttosto positivo per risultati ottenuti. Questa è la descrizione di quella missione.
«Aeroporto di Cerveteri-base di guerra del 3° Stormo Caccia, giorno 27.8.43 ore 11.05. Partenza su allarme per avvistamento con RDL di bombardieri alleati in volo dal mare verso le coste laziali. Lo stormo della «Vespa arrabbiata» si arrampica in cielo con i suoi Mc.202 e Me.109 frammischiati nelle 6 squadriglie dei gruppi 18° e 23° che compongono lo stormo del Ten. Col. Tito 1' alconi. recordman mondiale di durata in volo rovescio. Fra i «Folgore» e i «Gustav» alcuni «Veltro». Appena in quota prendo posizione a fianco del Ten. Mario Melis comandante della 858, quale primo gregario sinistro. Nei giorni precedenti avevo avuto appena il tempo, fra un combattimento e l'altro, di provare il Mc.205 avuto in regalo... ed ero ansioso di provarlo ora in combattimento, sfruttando la sua eccezionale velocità, la sua maneggevolezza ed il potente armamento. Pochi minuti di volo ed avvistiamo il luccicare a distanza dei B.17. Sono impaziente e segnalo con tutti i mezzi al Ten. Melis di lasciarmi andare all'attacco. Ma il sardo nicchia e mi fa aspettare mentre continuo ad agitarmi facendogli altri segni d'insofferenza. Mi sembra di non poter sopportare oltre l'attesa ed insisto ancora, poi finalmente, mi molla non senza accennarmi a gesti di prudenza. Mi svincolo dalla formazione e mi portò verso l'alto sui m. 8.500 mentre il gruppo vira a sinistra per incontrare una seconda formazione di bombardieri segnalata in arrivo dal mare.
La formazione delle Fortezze è ora sotto di me imponente e maestosa nella sua disposizione tattica; scelgo l'ultimo aereo sulla destra e mi preparo per attaccarlo secondo il mio personale sistema consistente nel sopravanzare in leggera affondata l'aereo, picchiare sul davanti e rovesciarmi a 4 a destra o sinistra con angolo di circa 45 gradi e dirigermi in tale posizione sul muso del bombardiere; una manovra forse un po' complicata ma che mi aveva dato più volte eccellenti risultati. Eseguo velocemente i movimenti, inizio a collimare in fase di assestamento e a circa 200 m. tiro la prima raffica di aggiustamento e proseguo avanti mirando sui motori di destra che incendio rapidamente con una più prolungata scarica delle 4 armi del Macchi; passo a coltello, in piena velocità di disimpegno, sulla enorme fusoliera del quadrimotore inseguito da un serrato tiro di mitragliere degli altri aerei ed in virata mi porto fuori della formazione verso l'alto, pronto per un'altro passaggio. Vedo i primi paracadute che s'aprono nel cielo mentre il B.17 vola ancora tranquillo pur con i suoi motori in fiamme; mi fa rabbia e decido di fare un'altra passata per finirlo. Sotto la raffica dei miei proiettili l'ala destra si schianta di colpo e precipita con le due eliche ancora in movimento mentre il resto del velivolo si rovescia sul dorso privo ormai di stabilità, e precipita in strettissima vite verticale ai margini del poligono di Nettuno esplodendo in un enorme boato avvertito bruscamente sotto la fusoliera del Macchi. Il tempo di riprendere il controllo della situazione ed una scarica di traccianti mi supera sul davanti a destra; comprendo a volo la situazione in cui mi trovo e mi dirigo in forte cabrata verso l'alto forzando al massimo il motore per sfuggire ad un eventuale inseguitore che dopo molti contorcimenti col collo riesco a scorgere: un Lightning P.38 che sorpreso inizialmente dalla mia improvvisa manovra, mi stava ora inseguendo a breve distanza sparando come un forsennato con tutte le sue 5 armi. Mentre cercavo d'infilarmi in una nube pensavo da dove poteva essere arrivato e come cavarmela e non trovai di meglio che approfittare della scarsa visibilità del nuvolone in cui mi trovavo, per virare rovescio e riprendere poco dopo la cabrata verso il culmine della nube in tempo per vedere uscire il mio inseguitore trasformato in inseguito : breve diversione e a contatto balistico sparo una lunga raffica che fa esplodere in frammenti il bimotore i cui resti cadono nei pressi del lago di Nemi. Sono stato molto fortunato, me la sono cavata bene da un frangente ed ho abbattuto in poco tempo due aerei nemici.
Ora sono veramente solo nel cielo di Roma, ho però ancora benzina sufficiente e munizioni e decido d'inseguire la formazione dei B.17 in rotta verso est. Mi riporto in quota e ritrovo i B.17 fra Sulmona e Avezzano appena colpite dal bombardamento. Tento un nuovo attacco scegliendo questa volta l'ultimo aereo a sinistra della formazione. Ripeto con maggiore decisione la consueta e collaudata manovra d'attacco mirando alla cabina di pilotaggio che va in frantumi sotto le mie serrate scariche di colpi. L'equipaggio abbandona velocemente il velivolo e conto sino a 9 paracadute che si aprono nel cielo; forse qualcuno è rimasto a bordo considerando che il B.17 governa ancora bene e pur distaccato non accenna a cadere. Faccio un'altro passaggio sparando solo con le 12,7 e poco dopo altri due uomini saltano col paracadute. Il velivolo s'inclina leggermente sulla destra e con forte assetto picchiato s'infrange al suolo. Sono ormai tre i velivoli della giornata ma non ho il tempo di gioire per l'eccellente debutto col Macchi 205, che dall'alto sbucano improvvisamente una decina di P.38 della scorta a distanza che iniziano per mia fortuna a sparare a discreta distanza facendomi comprendere senza possibilità di equivoci le loro intenzioni. Mi butto in picchiata con vite comandata per evitare di essere inquadrato nei collimatori dei più vicini, scegliendo tale difficile figura acrobatica molto pericolosa per il suo assetto verticale, fidando soprattutto nella struttura del Macchi sottoposta a fortissima pressione sino ai limiti di sicurezza, e sperando che i Lightnings desistano dall'inseguirmi per via della loro particolare conformazione strutturale. Dopo un po' di questa sarabanda vorticosa, mi accorgo che i P.38 rinunciano e respiro più liberamente preoccupandomi ora di richiamare l'aereo il cui indicatore di velocità giunto al massimo della sua corsa, vibra con la sua lancetta impossibilitata a muoversi mentre l'aereo è tutto un tremito, gemente fra vibrazioni e scuotimenti preoccupanti, con sinistri scricchiolii delle lamiere sottoposte al formidabile attrito contro l'aria. Ad un tratto ad aggravare la situazione, sento una formidabile detonazione accompagnata da una vistosa fiammata sull'ala sinistra che mi gela il cuore; non ho il coraggio di guardare cosa è successo preoccupandomi sul momento della stabilità del velivolo che tiene ancora molto bene. Poi mi decido e noto uno squarcio nella lamiera del bordo d'uscita dell'ala provocato dallo scoppio della culatta del cannone per l'eccessivo surriscaldamento.
Ma i miei guai non sono finiti poichè poco dopo, vuoi per l'esplosione, la forte vibrazione e le pesanti sollecitazioni a cui veniva sottoposto il Macchi, il tettuccio si apre improvvisamente, si ribalta sulla destra e scardinandosi dai suoi perni ruota nel vuoto urtando prima l'antenna radio e successivamente il timone di profondità. L'aria s'ingolfa gelida nell'abitacolo strappando letteralmente tuttociò che non è fissato: oggetti, carte, portaistruzioni, pomelli. L'aereo fortunatamente resiste bravamente a questa nuova percossa violenta e imprevista. Ora il mio unico pensiero è concentrato sulla manovra di richiamare l'aereo senza sottoporlo ad ulteriori sforzi ma sollecitamente, visto che la terra si avvicina a grande velocità; tiro la cloche dolcemente ma progressivamente e la sento dura come un macigno, poi lentamente l'aereo risponde ai comandi e porta il muso verso l'alto sino a che riesco ad intravedere la rassicurante linea dell'orizzonte, lo raddrizzo sull'asse e il mare bellissimo, azzurro e incoraggiante si para dinanzi ai miei occhi. Sono salvo!
Faccio i consueti controlli sugli strumenti e noto tutto regolare anche se il televel è al minimo; voglio sapere dove mi trovo e chiamo la base per farmi radiogoniometrare: «Campanile da Vespa 2, Campanile da Vespa 2, rispondete».
Ripeto più volte la chiamata, poi finalmente dopo un tempo a me parso interminabile una voce amica mi risponde: «Vespa 2 avanti! qui Campanile». Spiego rapidamente la mia situazione sotto l'aspetto tecnico e mi giunge la conferma che mi trovo di fronte a Pescara. Mi consigliano di fare quota sino a 3.000 m. e di tenere il motore a 1.750 giri per ridurre il consumo. Mi assisteranno durante il volo di avvicinamento alle striscie di Palidoro su cui ho deciso di puntare il mio velivolo. Supero gli Appennini e mi dirigo verso la costa sperando sempre nella mia buona sorte; improvvisamente il motore farfuglia qualcosa con le pale dell'elica e come risultato dello strano colloquio quest'ultima si ferma con le tre pale in croce: il carburante è terminato!
Istintivamente faccio uscire flaps e carrello col risultato di frenare ancor più la velocità del velivolo con conseguente pericolo di stallo. Rapida manovra12.47 18/11/2009ella Tolfa sulla destra, la ferrovia mentre l'aria sibila ai lati sulle estremità alari. Mi abbasso ancor più e mi trovo davanti, a breve distanza, i cavi dell'alimentazione elettrica della ferrovia; che fare? Passare sotto è troppo rischioso a causa dello spazio molto limitato e non mi rimane altro da fare che saltarli tirando la cloche al ventre di colpo: il «Veltro» s'impenna come un purosangue, salta l'ostacolo e ricade pesante di muso mentre tempestivamente questa volta escono carrello e ipersostentatori. Tocco terra piuttosto rudemente mentre l'aereo smaltisce la sua corsa sul campo amico e si ferma di colpo rimanendo silenzioso, come per attendere un doveroso: grazie! Esco dall'abitacolo in tempo per vedermi assalire dal mio cane siberiano Flak che salta sull'ala e mi fa mille feste, poi arrivano correndo gli altri piloti assalendomi con tante domande; alzo la mano col segno di tre e dico: «ho abbattuto due quadri- motori e un caccia» mentre manate affettuose si abbattono sulle mie spalle assieme alle congratulazioni degli amici; poi gli sguardi di tutti si rivoltano verso l'aereo malridotto, con le ali a brandelli, l'antenna divelta e il timone deformato. Al mattino era ancora nuovissimo, non aveva neanche le insegne di riconoscimento all'infuori della fascia bianca in fusoliera; ora è irriconoscibile pur avendo volato per soli 95 minuti sparando 750 colpi da 12,7 e 380 da 20.
Aveva però compiuto il suo dovere fedelmente riportandomi indenne sino a casa e per di più con all'attivo 3 aerei abbattuti».
Questo fu il mio esordio col Macchi 205 «Veltro». Forse, se ce lo avessero dato un po' prima, avremmo potuto fare molte cose di indubbia utilità bellica, e gli avvenimenti avrebbero avuto un diverso epilogo.
Il Macchi C. 205V. era l'aeroplano da me atteso come la macchina che mi avrebbe posto in condizioni di parità con il nemico.
Se l'aspetto esteriore non lo faceva molto dissimile dal Mc.202, il rendimento nelle prestazioni era quanto di meglio si potesse desiderare. Con questo apparecchio ho raggiunto la quota massima di 10.800-11.000 m. notando a tale altezza il fenomeno di allentamento dei comandi, comune ad altri aerei. In questo fatto ho trovato che il 205 cedeva il passo al Fiat G.55 che, avendo una maggiore portanza alare e una più ampia sezione della cellula era in grado di tenere meglio il volo a tali altezze.
Il 205 rispondeva con assoluta fedeltà a qualsiasi manovra consentendo il decollo e l'atterraggio anche in spazi ristretti purché si sapesse come trattarlo agendo opportunamente sul motore e sui flaps. In certe condizioni ho eseguito atterraggi in scivolata d'ala come con il CR.42. L'entrata in campo non costituiva un problema con tale apparecchio sotto certi aspetti manovrabile come una bicicletta.
Ciò che forse mi ha impressionato in questo caccia è stata la risposta che sempre mi ha dato nelle condizioni più critiche. In particolare ho avuto modo di sperimentare personalmente la robustezza della sua cellula e la sicurezza del suo coefficiente di resistenza nel corso del combattimento del 27 agosto 1943 e in varie altre occasioni.
Possedeva anche un perfetto centraggio che permetteva il decollo con il «trim» a O. Tale sua caratteristica lo rendeva preferibile al Me.109 che, sebbene più potente, era piuttosto duro nei comandi. Più di una volta l'equilibrio delle sue superfici portanti mi ha consentito di pilotarlo per diversi chilometri in volo librato, come quando sono riuscito a rientrare planando dal Volturno a Pratica di Mare col motore colpito da proiettili e grippato per surriscaldamento.
Non so quanti altri aerei avrebbero consentito tanto in quelle condizioni.
Date le caratteristiche di velocità, di maneggevolezza e di robustezza che lo facevano anche un buon incassatore, aveva eccellenti doti di combattente, e possedeva una piattaforma di tiro che, in pratica, si rivelò più solida di quanto non fosse nelle aspettative del costruttore il quale aveva sconsigliato di sparare contemporaneamente con tutte le armi. Infatti il fuoco simultaneo delle mitragliatrici e dei cannoncini non incise mai sulla solidità delle strutture sottoposte alla vibrazione dei colpi.
E' stato il più bel aeroplano che ho avuto durante la guerra; apprezzato ed invidiato dagli stessi tedeschi, temuto dal nemico.
Luigi Gorrini (Maresciallo pilota del 3° Stormo Caccia - M.O.V.M.)
Italians Airplane story and details
Pietro BIANCHI
nato il 13 luglio 1915 a Stradelia (Pavia). Deceduto a Capo Pula (Cagliari) il 2 agosto 1943 in combattimento aereo
MEDAGLIA D'ORO (alla memoria)
R.D. 2 giugno 1944 (B.U. 1944 suppl. 2 pag. 4 e disp. 19 pag. 26 e B.U. 1959 suppl. 7 pag. 9)
MARESCIALLO 3° Cl. A.A.r.n.
Pilota, in Rafferma del 51° Stormo 20° Gruppo, 352.a Squadriglia
Pilota da caccia di eccezionale valore. La sua ala sempre vittoriosa in tutti i cieli di battaglia affermava sempre più la sua abilità, il coraggio e l'indomabile potenza della sua anima di soldato; in 27 aspri combattimenti quattro volte piegava personalmente il nemico e collaborava all'abbattimento di 56 aerei avversari. Durante l'ultimo ciclo operativo a difesa del suolo sardo, nella stessa giornata dopo un aspro combattimento vittorioso, volontario si offriva per incontrare ancora una volta il nemico e, sopraffatto dal numero, cadeva in un alone di gloria imperitura. Il mare accolse la sua spoglia di puro eroe per il quale il combattimento era la vita.
Cielo di Capo Pula (Cagliari), 2 agosto 1943.
Carlo NEGRI
nato il 26 settembre 1919 a Genova. Fucilato dai tedeschi a Koritza (Albania) il 23 settembre 1943.
MEDAGLIA D'ORO (alla memoria)
D.C.P.S. 9 maggio 1947 (B.U. 1947 disp. 15 pag. 1095) in commutazione della Medaglia di Bronzo di cui al R.D. 2 giugno 1944 (B.U. 1944 suppl. 2 pag. 10 e B.U. 1959 suppl. 7 pag. 27)
SOTTOTENENTE A.A.r.n.
Pilota di Compl. del 4° Stormo 91° Gruppo, 97.a Squadriglia
Ufficiale pilota di eccezionale virtù, combattente entusiasta e di provato valore nell'adempimento volontario di una missione di eccezionale importanza di lancio messaggio contenente disposizioni per un tentativo di salvezza di truppe italiane accerchiate dal tedesco nel campo di Koritza, veniva colpito nel velivolo dalla intensa reazione contraerea. Venutagli a mancare la sicurezza di effettuare un preciso lancio, preferiva atterrare per la consegna del messaggio, anziché tentare di salvarsi con il paracadute sulle vicine montagne. Catturato dal nemico, mentre consegnava il documento, veniva barbaramente fucilato. Immolava così la giovane nobilissima esistenza nel supremo adempimento del dovere e al sublime ideale della Patria.
Cielo della Calabria e della Grecia, 10 agosto 1943 - 21 settembre 1943.